giovedì, febbraio 24, 2011

mercoledì, febbraio 23, 2011

Gramellini da Fabio Fazio a Che tempo che fa. Le notizie della settimana...



Da guardare giusto gli ultimi due minut quando viene smontata la strategia difensiva della PDL

Facciamo come ci pare

Quanti deliri tra i filo Cav.
di Marco Travaglio


Fonte l'espressonline

Dicono che se il concusso nega di esserlo stato, il reato non c'è. Dicono che se Berlusconi ignorava la minore età della ragazza, il reato non sussiste. Tutte balle: urge un corso accelerato di diritto penale

Sentendo parlare Berlusconi, viene il dubbio che i suoi onorevoli avvocati, forse per un eccesso di umana pietà, non l'abbiano bene informato su quel che rischia dal processo Ruby. Infatti dice serafico: "Accuse infondate e risibili: il dirigente della polizia che sarebbe stato concusso nega di esserlo mai stato e la minorenne nega di aver mai avuto avances o rapporti sessuali e afferma di essersi presentata come ventiquattrenne". Non gli hanno spiegato che, per la concussione, non è necessario che il concusso si dichiari tale: trattandosi di un'estorsione commessa da un pubblico ufficiale, essa pone il concusso in uno stato di sudditanza. Di solito, nei processi per estorsione, la vittima del racket nega di aver pagato il pizzo, eppure chi gliel'ha imposto viene condannato lo stesso. Per la prostituzione minorile, basta provare che la prostituta era minorenne, non che l'indagato lo sapesse; se non lo sapeva, peggio per lui (altrimenti non si riuscirebbe mai a condannare nessuno).

È dunque consigliabile un corso accelerato di diritto penale non solo per il premier imputato, ma anche per la legione di commentatori che si esercitano sul caso Ruby. Maurizio Belpietro, giurista per caso, ripete che il Cavaliere è in una botte di ferro: "Se la Procura non incrimina i funzionari della Questura per aver rilasciato Ruby dopo la sua telefonata, è evidente che lui non li ha costretti a fare nulla di illecito". Ma per la concussione non occorre che il concusso faccia qualcosa di illecito: basta che il concussore, "abusando della sua qualità o dei suoi poteri", lo "induca" a "dare o promettere indebitamente, a lui o a un terzo, denaro o altra utilità". Ora, il pm minorile aveva raccomandato di trattenere Ruby o di affidarla a una comunità, invece i funzionari la affidarono "indebitamente" alla consigliera regionale Nicole Minetti ed, essendo vittime di concussione, non sono perseguibili. Piero Ostellino, in uno dei venti-trenta articoli pro Berlusconi scritti sul "Corriere", sempre con l'aria di difendere il liberalismo a nome di Locke, Stuart Mill, Tocqueville e gli altri suoi spiriti guida, insinua che "l'inchiesta sul capo del governo, e le relative intercettazioni, sarebbero partite prima della famosa telefonata in Questura, cioè prima di qualsiasi notitia criminis... un abuso di potere tipico dei regimi dittatoriali".

Due giorni dopo, sempre sul "Corriere", Ernesto Galli della Loggia ripete: "Qual era la notitia criminis che prima della famosa notte della Questura ha indotto a mettere sotto controllo la villa di Arcore?". Tutte balle. L'indagine partì a giugno e le intercettazioni a luglio, dunque dopo la notte della Questura (27 maggio); e mai fu controllata la villa di Arcore: lo furono solo i cellulari delle ragazze invitate dal trio Mora-Fede-Minetti, sospettato di organizzare un giro di prostituzione. Per scoprirlo non occorre nemmeno conoscere i codici. Basterebbe che gli opinionisti del "Corriere" leggessero le cronache del "Corriere".

Speech

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Gaddafi gives 15-second "speech" on state TV

Nord Corea

SEUL (ats/ansa) Gruppi di cittadini hanno protestato apertamente
in tre città della Corea del Nord per chiedere cibo ed elettricità.
Un evento più unico che raro a conferma delle severe difficoltà
economiche e alimentari cui è sottoposta la popolazione del regime
comunista.

Secondo le ricostruzioni del quotidiano sudcoreano Chosun Ilbo,
che cita una fonte nordcoreana, le dimostrazioni hanno avuto luogo
il 14 febbraio, due giorni prima del compleanno del leader Kim Jong-
il, nelle città di Jongju, Yongchon e Sonchon, nella provincia di
Pyongan del Nord, non lontane dal confine occidentale con la Cina.

Le proteste hanno visto all'inizio la partecipazione di una o due
persone, cui col passare del tempo se ne sono aggiunte numerose
altre attraverso un'adesione definita «spontanea». Lo dimostra,
rileva il Chosun Ilbo, l'uso di megafoni improvvisati ricavati dai
giornali da cui sono stati scanditi slogan del tipo «Dateci
elettricità e riso!» oppure «Non possiamo più vivere! Vogliamo
elettricità e riso!».

Il famigerato dipartimento per la sicurezza di stato avrebbe
cercato di individuare i responsabili delle manifestazioni di
protesta, arenandosi tuttavia di fronte all'inusuale riluttanza dei
cittadini a fornire informazioni, che hanno dato vita a un autentico
muro di silenzio.

«Quando eventi del genere si sono verificati nel passato -
racconta la fonte nordcoreana -, la gente non esitava a denunciare i
propri vicini alle autorità, mentre adesso le persone si coprono a
vicenda».

Alla base delle dimostrazioni popolari, scrive il quotidiano, vi
sarebbe la decisione del regime di interrompere la già scarsa
fornitura di energia elettrica, in gran parte generata dalle vecchie
centrali costruite dai giapponesi nel periodo di occupazione
coloniale, nelle aree di Jongju e Yongchon, per destinare tutte le
risorse disponibili a Pyongyang e permettere di illuminare la
capitale «come fosse giorno» proprio durante i festeggiamenti per il
compleanno del 'caro leader'.

«La fornitura - continua la fonte - è stata limitata a sole poche
ore al giorno, in aggiunta alle croniche difficoltà a portare il
cibo in tavola con il rialzo dei prezzi del riso». Il disagio,
almeno nella provincia, è arrivato al punto critico da interessare
allo stesso modo soldati e civili.

Secondo un nordcoreano rifugiatosi anni fa in Corea del Sud, le
aree di Jongju e Yongchon hanno creato più di un grattacapo alla
famiglia Kim. Nel 2004, infatti, una forte esplosione si registrò
alla stazione ferroviaria di Yongchon, proprio poco dopo il
passaggio del treno superblindato di Kim Jong-il. Un episodio che
fece subito pensare a un tentativo di attentato.

giovedì, febbraio 10, 2011

Una donna da sposare




Fonte corsera

Sara Tommasi: «Berlusconi mi ha delusa, lui dovrebbe dare il buon esempio»
La showgirl: «Non sono una escort. Sono vittima di persecuzioni e ricatti continui e non mi sento tutelata»

«il mio problema è un impulso insopprimibile a fare sesso»

Sara Tommasi: «Berlusconi mi ha delusa, lui dovrebbe dare il buon esempio»

La showgirl: «Non sono una escort. Sono vittima di persecuzioni e ricatti continui e non mi sento tutelata»

MILANO - «Non sono una escort. Sono vittima di persecuzioni e ricatti continui e non mi sento tutelata»: così Sara Tommasi, la showgirl e attrice che avrebbe avuto rapporti con il premier e anche con esponenti legati alla camorra, attualmente in vacanza a Dubai, parla all'Ansa dello scandalo che l'ha travolta.

BERLUSCONI - «Berlusconi mi ha colpita positivamente la prima volta che l'ho visto - aggiunge - Oggi posso dire di essere delusa. Uno scandalo del genere può coinvolgere una starlette come me ma non un politico, che dovrebbe dare il buon esempio». Sara Tommasi si dice poi «assolutamente tranquilla» e spiega: «Il mio lavoro mi porta a contatto con un certo ambiente e con personaggi del calibro di Berlusconi, Gheddafi, Putin. Non mi pento di niente, cosa avrei dovuto fare? Non lavorare nello spettacolo?».
Le parole della Tommasi arrivano proprio nel giorno in cui le forze dell'ordine hanno perquisito la sua casa milanese nell'ambito dell'inchiesta di Napoli che la vede coinvolta. E del botta e risposta indiretto con la figlia del premier Marina Berlusconi, che ha replicato alla pubblicazione del testo di alcuni sms dell'attrice che la coinvolgevano dicendo: «Scopro dalla lettura dei giornali che una signorina che non ho mai conosciuto, in un messaggino inviato ad una persona che non ho mai conosciuto, sostiene che farei parte di un non meglio precisato giro squallido, come è noto, gli unici "giri" che frequento sono quelli di mio marito e dei miei figli».

IL RAPPORTO CON LA MINETTI - In un'altra intervista, questa volta a Novella 2000 in edicola giovedì la Tommasi precisa alcuni aspetti del suo carattere: «Il mio problema è un impulso insopprimibile a fare sesso. Ma non sono una prostituta. È che mi sciolgono la droga nei bicchieri...» Però ammette: «Certo, se un ministro mi offrisse 15mila euro... ma è solo un'ipotesi». E poi ancora su Ronaldhino: «Frequenta gente che sembrano narcotrafficanti», racconta Sara. E su Sgarbi: «Mi ha portato con Berlusconi in Bulgaria, il giugno scorso». Infine della Minetti, attuale fidanzata del suo ex Giancola, la Tommasi dice che «pensa solo ai soldi ed è malata di shopping».

IL MISTERO DEL CELLULARE - In un'intervista a La7 poi ha dato la sua versione su suoi sms al premier: «Il cellulare l'ho perso un migliaio di volte. Il numero di Berlusconi ce l'ho in rubrica: avendolo perso in taxi, magari qualcuno ha trovato il cellulare e ha mandato dei messaggi. Magari un agente, un agentucolo, gente legata a Corona, a Lele Mora, che poi l'ha usato per far casino, per far le serate». Sull'ambiente in cui si sta sviluppando l'inchiesta ha aggiunto: «Vuol dire che c'è un sistema che mette droga nei bicchieri. Capita con Corona, capita con Lele Mora». Alla domanda se intende andare dai Pm di Napoli ha risposto: «Spero di sì, spero che mi chiamino perchè finora mi hanno chiamato soltanto i giornalisti».

lunedì, febbraio 07, 2011

Barbareschi: un uomo piccolo piccolo?

Secondo quanto dice Angela Napoli (Fli):

«Così Barbareschi ha cambiato il suo voto»: «Giovedì ha scelto tasto rosso (voto contrario) e ha scattato una foto, poi però ha premuto il tasto bianco»

Barbareschi ha cambiato il suo voto»

«Giovedì ha scelto tasto rosso (voto contrario) e ha scattato una foto, poi però ha premuto il tasto bianco»

Angela Napoli davanti alla Camera dei Deputati a Montecitorio (Ansa)
Angela Napoli davanti alla Camera dei Deputati a Montecitorio (Ansa)
MILANO - «Barbareschi ha premuto il rosso, cioè contrario al deliberato della Giunta, così come era stato concordato da tutto il Fli. Poi ha messo il telefonino sulla lucetta rossa e ha scattato una foto. Che cinema... quindi ha lasciato il telefonino sopra la lucetta rossa. Ho capito che stava per fare qualcosa e ho toccato il braccio di Buonfiglio, facendogli segno di guardare lì. Alla fine, mentre il presidente Fini stava dicendo "votazione chiusa", Barbareschi ha cambiato premendo il bianco, e dunque votando l'astensione, così come è apparso sul quadro generale d'Aula». Angela Napoli, deputata di Futuro e Libertà e capogruppo di Fli in commissione Antimafia racconta così all'Adnkronos il voto di Luca Barbareschi, giovedì a Montecitorio sulla proposta di restituire gli atti sul caso Ruby alla Procura di Milano.

«RESPONSABILITÀ» - «Quando è apparsa la lucetta bianca sul quadro - aggiunge Napoli - in mezzo a tutti i rossi, dagli scranni in alto alle mie spalle ho sentito gridare dai banchi del mio gruppo: "Chi è stato?". Io ho subito detto: Barbareschi. Perché l'avevo visto. Ma lui mi ha mostrato la foto che aveva sul cellulare. A quel punto gli ho risposto che era uno sciocco». «Il voto - rimarca l'esponente di Fli - è quello che appare sul quadro e viene registrato. Quando ha capito che aveva fatto un'eresia, Barbareschi ha detto "ho sbagliato" ed è andato giù a dirlo agli stenografi. Ma il suo voto non è stato cambiato e non sappiamo se si sia realmente avvicinato a loro e abbia detto qualcosa». «Da venerdì - spiega - non l'ho più sentito. Ammesso che effettivamente abbia voluto scherzare - conclude Angela Napoli - ritengo che questo non sia però il momento di farlo, perché credo che in ogni parlamentare, considerata la situazione politica, debba prevalere il senso di responsabilità». (fonte: Adnkronos)

giovedì, febbraio 03, 2011

intervista di Berlusconi al Tg1 del 02 febbraio 2011

Banane per cena


Fonte Repubblica
E sul Tg1 va in onda
l'intervista brezneviana
di SEBASTIANO MESSINA
C'ERA una volta il videomessaggio a reti unificate, con librerie di scena e telecamere velate. Oggi anche Berlusconi s'è adeguato ai tempi: gli bastano quattro minuti all'apertura del Tg1. Un Tg1 al cui confronto il mitico telegiornale Vremia dell'era brezneviana brilla ormai per indipendenza, autonomia e spirito critico. Chi ha visto ieri sera l'edizione delle 20 ha assistito a un evento scientificamente rilevante, una mutazione genetica in diretta televisiva: il videomessaggio con intervistatore embedded.

Nel pieno di una tempesta che sta squassando la sua maggioranza, mettendo in pericolo il passaggio del federalismo fiscale e la stessa sopravvivenza del governo, nel bel mezzo di una bufera giudiziaria che vede il presidente del Consiglio indagato per reati infamanti, nel cuore di uno scandalo senza precedenti sugli eccessi imbarazzanti della sua vita privata, il principale telegiornale del servizio pubblico ottiene una "intervista esclusiva" con Berlusconi, la mette in cima al suo menù dell'ora di cena, la annuncia con toni emozionati nei titoli di testa, e poi cosa gli va a domandare l'intervistatore presidenziale? La verità sui cinque milioni promessi a Ruby, già "nipote di Mubarak" prima della rivolta del Cairo? La sua versione sul giro di denaro e di regali alle disponibili signorine del residence Olgettina? La sua linea di difesa al processo che lo aspetta a Milano? Macché. Il telegiornalista Renzulli, evidentemente appena tornato da un lungo viaggio nel pianeta Papalla, gli fa i complimenti per i brillantissimi risultati ottenuti dal governo italiano nel contenimento dei conti pubblici, la cui eco - ci informa con un sussurro zelante - si è ormai diffusa in tutta l'Europa.

Dopodiché indossa la maglia della mezzala di complemento e invece di fargli non diciamo delle contestazioni, ma anche solo delle garbate domande, fa partire verso il premier uno dietro l'altro dei passaggi sotto rete, degli assist imbarazzanti a porta vuota, fino a raggiungere l'apice con un quesito con risposta incorporata: "Dietro il no dell'opposizione, secondo lei, aleggia il partito della patrimoniale, la vecchia ricetta che per risolvere i nodi della nostra economia punta sempre sulla scorciatoia dell'aumento della pressione fiscale?".

A una simile domanda, perfetta nella sua efficacia propagandistica, il presidente del Consiglio avrebbe potuto limitarsi a rispondere, annuendo con soddisfazione: "È proprio così, amico mio, vedo che lei ha capito tutto". E invece, nel generoso intento di corroborare con parole sue la tesi così splendidamente esposta dallo sparring partner speditogli dall'amico Minzolini, Berlusconi ci ha spiegato che lui sta facendo i conti con un debito pubblico che "dal 1980 al 1992", è stato moltiplicato "otto volte" dai governi di allora, "con i comunisti in primo piano". Ed è stato a questo punto che è venuta a galla la classe, l'eleganza, lo stile del buon Renzulli. Un altro gli avrebbe domandato: scusi, sta parlando dei governi dei suoi amici socialisti e democristiani, quando il Pci stava all'opposizione? E invece lui, che è un artista dell'intervista senza domande, non ha voluto inquinare quel momento con un'obiezione, un "ma" o un sopracciglio inarcato. E ha infiocchettato con il suo sorriso rassicurante il pacco regalo del videomessaggio presidenziale, che il "direttorissimo" s'è incaricato di consegnarci giusto in tempo per l'ora di cena.

Nel paese dei viados




Nel paese dei limoni puo' accadere che due criminali, due trans coscienti di essere sieropositivi, si fanno 600 clienti al mese (quanti senza preservativo) e quando vengono presi vengono espulsi. In USA sarebbero condannati per omicidio colposo e prenderebbero 20 anni minimo. Qui li buttano fuori sapendo che fra due settimane questi rientrano. Via, fuori dall'Europa a calci in culo un paese cosi'.

Fonte Corsera

I due viados sieropositivi
Ogni mese 600 clienti
Fermati i brasiliani. Timori per il contagio

MILANO - Due monolocali a Milano, in via Ferrante Aporti, vicino alla stazione Centrale. Il marciapiede, il sesso, la paura di morire da un momento all'altro di Aids. Due viados brasiliani che nei rispettivi 45 metri quadrati vendevano il proprio corpo minato dall'Hiv. Trecento clienti a testa al mese per un giro complessivo di affari di 250 mila euro all'anno. Una sorta di untori, indagati l'altro giorno dagli agenti della polizia locale. Due brasiliani clandestini. Uno di 26 anni, già espulso. L'altro di 38 anni, con un ordine di espulsione della questura di Rimini.
I due sono stati sorpresi a prostituirsi. Ma, di fronte agli agenti che pensavano di arrestarli perché già espulsi, hanno detto di essere sieropositivi e di essere in cura in ospedale. Una malattia grave che gli ha evitato l'arresto, ma che non gli impedisce di continuare a prostituirsi.
«Il pm - dice il vicesindaco Riccardo De Corato - ha negato l'arresto. In questo modo il contrasto alla clandestinità, in particolare di chi è recidivo e non rispetta gli ordini di allontanamento, risulterà sempre più virtuale. E' infatti presumibile che queste persone li ritroveremo ancora in giro, creando problemi di sicurezza e un rischio per la salute pubblica vista la condizione di sieropositività della quale dubito informassero i clienti».

I brasiliani in Italia possono venire senza visto. E rimanere nel nostro Paese per tre mesi dal timbro di ingresso sul passaporto. Così viados e prostitute brasiliani iniziano a battere i marciapiedi. Anche se sanno di avere l' Aids. E quando i tre mesi scadono, si presentano in ospedale per farsi rilasciare un documento che attesti l'infezione: così possono chiedere un permesso di soggiorno «per cure mediche». Un permesso concesso per dare loro la possibilità di curarsi: da noi ci si cura gratis, nei loro Paesi no. E la legge è chiara: «Questo permesso ha una durata pari a quella del trattamento, è rinnovabile finché durano le necessità terapeutiche e deve essere richiesto insieme con un visto specifico per cure mediche della durata massima di un anno». Quindi gli immigrati sieropositivi, anche se irregolari, hanno diritto di restare in Italia se nel loro Paese di origine non hanno la possibilità di ricevere cure adeguate. In casi di sieropositività conclamata non si può procedere con l'espulsione e il malato va assistito qui. Ma il problema non è la malattia, è che molti continuano a prostituirsi.

«I due transessuali sieropositivi indagati - spiega l'assessore alla salute Giampaolo Landi di Chiavenna - non sono le uniche mine vaganti presenti sui nostri marciapiedi. Il fenomeno è ampio: una "lucciola" su due, tra prostitute e trans, è positiva al virus Hiv. L'unica soluzione che potrebbe arginare l'emergenza sanitaria è legalizzare la prostituzione. E il problema non è solo quella su strada, ma anche quella negli apparenti centri estetici, dello scambio di coppie e più in generale della mancanza di educazione sulla buona salute anche nei rapporti sessuali. La legalizzazione comporterebbe miglioramenti igienico sanitari, farebbe emergere il "nero" ed aiuterebbe, tra l'altro, le casse nazionali. Disarmando così la malavita. Basti pensare che ogni giorno delle 11 persone che contraggono il virus dell'Aids in Italia, due vivono a Milano».

Michele Focarete