martedì, settembre 29, 2009

Se firma non è un buon presidente.


Il resto è fuffa. Napolitano sappia che la storia lo giudicherà.

Fonte: Corsera
Scudo fiscale, dal Colle verrà un sì, L’ipotesi è che il capo dello Stato chieda chiarimenti su alcuni aspetti delle misure

ROMA - La pressione del centro­sinistra contro lo «scudo fiscale» sta aumentando in modo vistoso. Ed è possibile che alla fine il Quirinale chieda al governo qualche chiarimen­to, o puntualizzi alcuni aspetti del de­creto: magari affidandosi ad una no­ta. Ma l’impressione è che Giorgio Napolitano si prepari a prendere atto del provvedimento ed a firmarlo, non a respingerlo. Per dare corpo al­la violazione di qualche principio del­la Carta fondamentale non basta che l’opposizione additi una sorta di am­nistia mascherata; né che usi aggetti­vi come «incostituzionale ed immo­rale ». Per il capo dello Stato conta di più che palazzo Chigi abbia accettato di modificarlo, escludendo dallo «scudo» i processi in corso.

Nonostante perplessità palpabili, l’esigenza è di non creare confusione e tensioni, bloccando gli effetti che il decreto sta già producendo dopo l’approvazione; e di permettere al go­verno un margine di manovra finan­ziaria altrimenti azzerato dalle di­mensioni della crisi. Le parole non proprio ottimistiche usate ieri a Na­poli dal ministro dell’Economia, Giu­lio Tremonti, trasmettono una sensa­zione di urgenza e di limbo psicologi­co. «È stata evitata la catastrofe, la cri­si è in fase di rallentamento ma non si può immaginare che si apra una stagione dell’oro nel bacino del Medi­terraneo. Quindi bisogna fare in fret­ta », ha ammonito Tremonti alluden­do alla questione del Mezzogiorno. Lo «scudo fiscale» sembra inserir­si in questa logica. D’altronde, la stes­sa possibilità del rinnovo dei contrat­ti del pubblico impiego viene fatta di­pendere proprio dal rientro dei capi­tali dall’estero degli evasori. È una misura che il governo presenta in piena emergenza; e che soltanto in un contesto del genere può essere as­secondata. Ma si tratta di un epilogo destinato a scontentare il centrosini­stra; e ad incrinare ulteriormente i rapporti fra Napolitano e quel fram­mento corposo di opposizione riuni­to intorno ad Antonio Di Pietro. Le pregiudiziali di costituzionalità pre­sentate ieri sia dal Pd, sia dall’Idv so­no la conferma di una polemica in crescendo; e forse della consapevo­lezza che il presidente della Repubbli­ca sta mettendo da parte gli ultimi dubbi.

Gli uffici del Quirinale stanno esa­minando ogni riga delle modifiche. Ma il «sì» viene dato per scontato. È inverosimile, tuttavia, che crei un fossato fra il partito di Dario France­schini ed il capo dello Stato. Fra l’al­tro, proprio ieri Napolitano ha dato atto alle «forze fondamentali dell’op­posizione » di avere sempre sostenu­to le missioni militari all’estero: una precisazione tesa a bilanciare l’attac­co alla sinistra fatto domenica da Sil­vio Berlusconi sull’Afghanistan. Pa­lazzo Chigi ha cercato di giustificare il premier, spiegando che in realtà non polemizzava con l’opposizione parlamentare ma solo con l’estremi­smo: quegli «episodi di becera e inde­gna contestazione» che il Quirinale ha liquidato come gravi ma margina­li. Ma dopo avere circoscritto un pos­sibile focolaio di tensioni in politica internazionale, Napolitano sa di do­vere affrontare contraccolpi quasi scontati in caso di «sì» al decreto che corregge quello anticrisi. L’altolà so­lo apparentemente supplichevole che gli arriva da Di Pietro lascia im­maginare i passi successivi. Il leader dell’Idv esordisce infatti assicurando di non voler minacciare il capo dello Stato: precisazione in sé già un po’ singolare. Preferisce invece presen­tarlo come una vittima di Berlusco­ni. Scarica sul leader del centrode­stra le intenzioni più bieche, accusan­dolo di avere «fregato il braccio» di Napolitano che gli aveva «dato il di­to ». Insomma, tende a raffigurare l’in­quilino del Quirinale come un inge­nuo che avrebbe però un’ultima ri­sorsa per impedire «un atto di rici­claggio ad opera di rei e favoreggiato­ri »: non firmare lo «scudo fiscale», che sarà approvato domani dalla Ca­mera e giovedì diventerà legge. È un’esortazione dal sapore strumenta­le, perché il decreto contiene le modi­fiche chieste da Napolitano e norme già operative. Ma può diventare la premessa per manifestare tutta la de­lusione dipietrista nei confronti del presidente della Repubblica, e maga­ri di un Pd troppo ragionevole; e per ripresentare il leader dell’Idv come unico vero oppositore di Berlusconi.

Massimo Franco

Ce qu'il faut faire pour la patrie.....

Lettre a Liberation

Par GIOVANNI CARACCIOLO DI VIETRI Ambassadeur d’Italie en France
Je me vois dans l’obligation de faire quelques remarques concernant l’article de M. Martin Rueff consacré au président du Conseil, Silvio Berlusconi, et à l’Italie ( Libération du 17 septembre). Soyez assuré que la liberté de la presse et la liberté de critique nous sont aussi chères au-delà des Alpes qu’elles le sont en France ; mais si l’esprit critique, l’ironie, la dialectique polémique de la presse libre sont des valeurs que nous partageons et respectons en Italie aussi bien qu’en France, il ne peut en être ainsi quand ils se traduisent dans l’insulte, la calomnie, voire l’injure. L’article en question relève plutôt, permettez-le moi, du paternalisme et du préjudice, lorsqu’il s’adresse de façon aussi ouvertement dénigratoire au chef du gouvernement d’un pays, l’Italie, qui est lié à la France par une longue tradition d’amitié et de collaboration, pour en tirer des conclusions apodictiques en terme de psychologie collective de son peuple et pour mettre en cause le sens de l’Etat et l’éthique civique de toute sa classe politique. La perception que le peuple italien est irréversiblement abruti par une culture de l’argent facile, qu’il n’apprécie désormais que la richesse et le luxe, et que la plupart des Italiens ignorent ce qui se passe réellement dans leur propre pays est totalement fausse et ne correspond pas à la réalité. Vous affirmez que le président du Conseil italien « exige de contrôler les nominations des directeurs de chaînes, le contenu des émissions [et que] son pouvoir s’étend aux journaux» . Pourtant, une partie importante de la presse italienne reste très critique vis-à-vis du chef du gouvernement sans, toutefois, être jamais parvenue, à ma connaissance, jusqu’au point de douter du mérite et des qualités de l’entrepreneur Berlusconi, en prétendant qu’il s’est illégalement «enrichi avec l’argent de la mafia [et qu’]il entretient encore des rapports étroits avec des organisations criminelles» . La gravité de telles affirmations et surtout le manque total d’un quelconque fondement relèvent, comme je le disais auparavant, de la calomnie pure et simple. Il est consternant de constater que, une fois encore et au nom d’une pensée unique sectaire, on dessine un profil de l’Italie qui ne tient aucun compte de ce qu’el l e e s t véritablement aujourd’hui sur les plans politique, social, économique et culturel, de ses succès et de ses difficultés, de ses bons et mauvais cotés tels qu’ils sont reconnus en Europe et dans les forums internationaux dont elle fait partie, à commencer par le G8 dont elle assure avec succès la présidence.

lunedì, settembre 28, 2009

Le vicende del tribüla




Fonte: il fatto quotidiano
Briatore, l'uomo che è finito contro un muro
28 settembre 2009
Lo scandalo della F1, ultimo capitolo di una saga in cui fanno capolino anche bombe e boss mafiosi.


Ora è fuori dalla Formula 1, Flavio Briatore, dopo essere stato accusato di aver pianificato l’incidente volontario di Nelson Piquet jr, che il 28 settembre 2008 a Singapore ha fatto vincere la Renault di Fernando Alonso e ha soffiato il titolo alla Ferrari. Ma il personaggio ci ha abituato a repentine cadute e a rapide resurrezioni. Briatore ha una storia piena di sorprese, che parte dall’autobomba che nel 1979 uccide il suo primo datore di lavoro, il finanziere di Cuneo Attilio Dutto, e arriva fino ai rapporti con Marcello Dell’Utri. Nel 2007 è stato interrogato a Palermo dal pubblico ministero Antonio Ingroia, nell’ambito di una indagine sul riciclaggio internazionale: «Ho conosciuto alcuni esponenti delle famiglie Gambino e Genovese, tra la fine degli anni Settanta e i primi anni Ottanta», ha ammesso Briatore. «Ricordo di averli conosciuti in occasione di un concerto tenuto da Iva Zanicchi e Riccardo Fogli a Brooklyn, erano loro che avevano organizzato questa manifestazione, ma con costoro non ho mai avuto rapporti di nessun tipo». Ecco i passaggi cruciali della sua vita da Formula 1, tratti dal libro “Campioni d’Italia” (G. ?Barbacetto, Tropea editore).

Partenza in salita. Giovanotto, a Cuneo lo ricordano un po’ playboy, un po’ gigolo. Il nomignolo che gli sibilano alle spalle, quando passa sotto i portici di corso Nizza, è Tribüla: in Piemonte si dice di uno che fa fatica, che si arrabatta. Ma Flavio Briatore ha fretta di arrivare. Gli sembra di aver fatto un bel salto quando diventa l’assistente di Attilio Dutto, che tra l’altro aveva rilevato la Paramatti Vernici, una ex azienda di Michele Sindona. Ma alle 8 di un mattino fine anni Settanta, Dutto salta in aria insieme alla sua auto: gran finale libanese per un piccolo uomo d’affari cuneese. La verità su quel botto del 1979 non si è mai saputa; in compenso sono fiorite leggende di provincia, secondo cui a far saltare in aria il finanziere sarebbe stato la mafia.

Di certo c’è solo che il Tribüla, dopo quel fuoco d’artificio, sparisce da Cuneo. Ricompare a Milano. Casa in piazza Tricolore, molta ricchezza esibita, occupazione incerta. Si dà arie da finanziere. Riesce a convincere il conte Achille Caproni a rilevare la Paramatti e ad affidargli la gestione della Cgi, la holding dei conti Caproni. Risultati disastrosi: la Paramatti naufraga nel crac; la Cgi lascia un buco di 14 miliardi. Briatore, però, non se ne preoccupa: per un certo periodo si presenta in pubblico come discografico, gira per feste e salotti con una cantante al seguito: Iva Zanicchi.

Milano da bere. Il Tribüla continua faticosamente a inseguire il colpo grosso, a sognare il grande affare. Nell’attesa, trova una compagnia da Amici miei con cui tira scherzi birboni ai polli di turno, spennati al tavolo verde. Cadono nella rete, tra gli altri, l’imprenditore Teofilo Sanson, quello dei gelati, il cantante Pupo, l’ex presidente della Confagricoltura Giandomenico Serra (che perde un miliardo tondo tondo, in buona parte in assegni intestati a Emilio Fede). Un gruppo di malavitosi di rango, eredi del boss Francis Turatello, aveva pianificato una truffa alla grande e Briatore era a capo di quello che i giudici chiamano “il gruppo di Milano”. Il gioco s’interrompe con una retata, una serie d’arresti, un’inchiesta giudiziaria e un paio di processi. Fede è assolto per insufficienza di prove, Briatore è condannato in primo grado a un anno e sei mesi a Bergamo, a tre anni a Milano. Ma non si fa un solo giorno di carcere, perché scappa per tempo a Saint Thomas, nelle isole Vergini, e poi una bella amnistia all’italiana cancella ogni peccato. Cancella anche dalla memoria un numero di telefono di New York (212-833337) segnato nell’agenda di Briatore accanto al nome “Genovese” e riportato negli atti giudiziari del processo per le bische: «È un numero intestato alla ditta G&G Concrete Corporation di John Gambino. Tanto il Gambino quanto il Genovese sono schedati dagli uffici di polizia americana quali esponenti di rilievo nell’organizzazione mafiosa Cosa Nostra».

Generali in giro. Nei primi anni Ottanta, il Tribüla entra anche nella vicenda complicata di un pacchetto di oltre 330 miliardi di azioni delle Generali. Protagonisti: Mazed Rashad Pharson, sceicco arabo, e Florio Fiorini, padrone della Sasea ed ex manager Eni. Il pacchetto di Generali passa di mano per sette anni, prima di tornare in Italia, perché diventa la garanzia di opache transazioni internazionali: di petrolio tra la Libia e l’Eni, di armi ed elicotteri da guerra che dopo qualche triangolazione finiscono a Gheddafi malgrado l’embargo. La vicenda è rimasta oscura. Certo è che, nel suo giro del mondo, il superpacchetto di Generali è passato anche per una sconosciuta fiduciaria milanese, la Finclaus, fondata nel 1978 da Luigi Clausetti, ma per qualche tempo nelle mani di Flavio Briatore.

Donne e motori. Dopo l’“incidente” delle bische, Flavio, ricercato, condannato e latitante, proprio alle isole Vergini spicca il volo definitivo verso il successo. Prima della tempesta, ai bei tempi della casa di piazza Tricolore, aveva conosciuto Luciano Benetton. A presentarglielo era stato Romano Luzi, maestro di tennis di Silvio Berlusconi e poi suo fabbricante di fondi neri. Briatore apre alle isole Vergini qualche negozio Benetton, ma fa rapidamente carriera. Come venditore è bravo, la sua specialità sono però gli affari off shore. E che cosa c’è di più off shore della Formula 1? All’inizio degli anni Novanta prende in mano la scuderia Benetton, nata sulle ceneri della Toleman. «La Formula 1 non è uno sport, è un business», ripete il Tribüla ormai arrivato al successo. Da questo business (off shore per definizione, fuori da ogni regola e da ogni trasparenza) sa spremere miliardi. E anche successi sportivi: nel 1994 e nel 1995, con Michael Schumacher come pilota, vince il titolo mondiale. A Londra, dove prende casa, Flavio diventa amico di Bernie Eccleston, il re della Formula 1, ma anche di David Mills, l’avvocato londinese specialista nella costruzione di sistemi finanziari internazionali “riservati”, che ha lavorato per Berlusconi, ma anche per la Benetton.

Stinchi di santo. Negli anni Novanta, Briatore finisce dritto in una megainchiesta antimafia dei magistrati di Catania. Niente di penalmente rilevante, intendiamoci; ma la sua voce resta registrata in conversazioni con personaggi come Felice Cultrera, uomo d’affari catanese ritenuto all’epoca vicino al boss di Cosa Nostra Nitto Santapaola. Nel maggio 1992, Cultrera si offre come mediatore di un contrasto nella fornitura di motori che era scoppiato tra Briatore e Cipriani jr (il figlio di Arrigo, quello dell’Harris Bar), che diceva di avere alle spalle boss come Angelo Bonanno, Tommaso Spadaro, Tanino Corallo. Pochi mesi dopo, il 10 febbraio 1993, una bomba esplode (è la seconda, nella vita di Briatore) davanti alla porta della sua splendida casa londinese in Cadogan Place, distruggendo una colonna del porticato, sporcando di calcinacci i libri finti della libreria e facendo saltare i vetri tutt’attorno. Ma i giornali inglesi scrivono che Flavio non c’entra: è solo una “piccola bomba” dell’Ira

Agenti?

Se vero gli agenti dovrebbero pagare per omissione di soccorso o sbaglio? Persino a Tor Bella Monaca, il bronx di Roma, queste cose non dovrebbero accadere.

Roma, insulti razzisti a nigeriana aveva chiesto di non fumare sul bus
L'amica della vittima: "La polizia non è intervenuta"

ROMA - Presa a schiaffi davanti alla sua bambina e insultata con epiteti razzisti da due ragazzine italiane a cui la donna, di origini nigeriane, aveva chiesto di spegnere la sigaretta che le due fumavano tranquillamente a bordo di autobus.

E' accaduto a Tor Bella Monaca sulla linea 059 intorno alle 7.40 e a raccontare la vicenda è un'amica della donna e testimone del fatto. "Stavamo sull'autobus per portare a scuola i nostri bambini che frequentano il nostro istituto - ha detto la testimone, Maria Edima Venancio Rocha, di origine brasiliana - la mia amica ha visto queste due quindicenni che avevano acceso una sigaretta all'interno della vettura e ha chiesto loro di spegnerla perché dava fastidio alla sua bambina. Per tutta risposta, le due hanno cominciato a insultarla con frasi come 'Brutta negra, stai zitta, tornatene al paese tuo'. Quando siamo scese alla fermata le due ci hanno seguito e hanno preso a schiaffi la mia amica".

In quel momento, continua il racconto, è passato un camper della polizia. Secondo quanto sostiene Venancio Rocha, "la roulotte si è fermata e quello che è accaduto è incredibile. Le due ragazze, che stavano ancora lì sul posto, sono state mandate via dagli agenti senza essere identificate. E' stata, invece, identificata la mia amica a cui hanno comminato pure una multa di 3mila euro, non abbiamo capito perché. Ora andremo a fare immediatamente la denuncia. E' assurdo, la mia amica è una persona per bene, che lavora e queste cose non devono succedere".

domenica, settembre 27, 2009

Portatelo via!




La follìa di un uomo che non sta bene è ormai chiara a tutti fuorché agli italiani.

Una frase del genere nello stesso comizio in cui chiama abbronzati Michelle e Barack Obama sarebbe costata la carriera politica a chiunqu. Dovunque tranne che nel paese dei limoni.

DIFESA DELLA LIBERTA': «NOI SAREMO QUI PER SEMPRE» - Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi nel suo discorso ha parlato anche della differenza tra la libertà del centrodestra e quella del centrosinistra e ha garantito che non ci sarà mai, fino a quando al governo ci sarà il centrodestra, «uno Stato di polizia tributaria come voleva Visco». «Fino a quando saremo qui, e dato che saremo qui per sempre - ha detto - questo Stato non lo permetteremo mai».

Procuratori in cerca di notorietà




SAMANTHA, 45 ANNI E TRE FIGLI, CHIESE CHIUSURA CASO A GENNAIO

(ANSA) - ROMA, 27 SET - "Ho chiesto che il caso venga chiuso, che le accuse siano ritirate. Sono diventata vittima delle azioni del procuratore": così Samantha Geimer, la vittima della violenza sessuale perpetrata nel 1978 da Romam Polanski, il regista di origine polacca per il quale sono scattate le manette oggi in Svizzera.
La vicenda emerge da una memoria depositata al tribunale di Los Angeles, datata gennaio 2009, che era chiamata a valutare il ricorso con cui Polanski chiedeva l'archiviazione delle accuse, e pubblicata dal magazine online The Hollywood Reporter.
La donna, che oggi ha 45 anni, accusa la corte di aver rifiutato la chiusura del caso, nonostante una sorta di accordo tra le parti risalente a 32 anni fa, teso ad evitare un processo pubblico.
"Polanski si dichiarò colpevole, in parte, per salvarmi da un processo pubblico, in cambio, le altre accuse nei suoi confronti vennero fatte cadere", si legge nella memoria.
"Sono arrabbiata con il procuratore distrettuale che ha rifiutato di chiudere il caso, dando ancora pubblicità ai luridi dettagli di questi eventi - scriveva Geimer -. Che siano vere o no, la pubblicazione di queste cose causa danno a me, al mio amato marito, ai miei tre figli, e mia madre. Sono diventata vittima delle azioni del procuratore".
"Non sono più una bambina di 13 anni... Sono sopravvissuta, sono riuscita a prevalere su ogni eventuale danno che il signor Polanski mi abbia causato", aggiungeva Samantha.
In un'altra occasione, partecipando alla proiezione del documentario intitolato "Roman Polanski: Ricercato e Desiderato", la donna riferendosi al regista ebbe a dire che: "Non credo che sia un soggetto pericoloso per la società. Non credo che debba essere rinchiuso per sempre. Credo volessimo metterci questa storia alle spalle, vedere Roman Polanski in una prigione non ci avrebbe aiutato a raggiungere questo obiettivo".
Samantha, che ora vive alle Hawaii, possiede una piccola società in cui lavora assieme al marito David, ed al resto della famiglia.

Berlusconi: anche Michelle è abbronzata

Il cattivo gusto di questa persona non conosce limiti




PREMIER APRE INTERVENTO A FESTA PDL MILANO CON BATTUTA SU OBAMA
''Vi devo portare tanti tanti saluti da un signore che e' abbronzato e si chiama, si chiama... Barack Obama. In spiaggia vanno in due perche' e' abbronzata anche la moglie Michelle''. Con questa battuta il premier Silvio Berlusconi apre il suo discorso alla Festa del Pdl a Milano.

Laboratorio del piffero

Fonte Micromega

Quelli che capiscono Berlusconi
di Peter Schneider, da Die Zeit, 27 agosto 2009, n° 36, traduzione di José Padova

Il successo di Silvio Berlusconi in Italia è così durevole e incomprensibile che nel frattempo anche gli intellettuali suoi oppositori battono altri tasti. Nel caso di George W. Bush valeva la regola empirica: si può perdonare che gli americani abbiano eletto la prima volta quest’uomo, tenuto conto specialmente come egli abbia «rubato» ad Al Gore la vittoria. Che poi nel 2004 – e stavolta con significativa maggioranza – lo abbiano confermato nella sua carica dimostra che essi hanno perso il lume della ragione.

Nel caso di Berlusconi le cose stanno diversamente. In fin dei conti gli elettori italiani hanno scelto il farsesco miliardario tre volte – e l’ultima volta con una maggioranza trionfale – come primo cittadino del loro Paese. Per paura di ripetersi – notoriamente il peggior peccato per un intellettuale – e per la preoccupazione di perdere se possibile un trend storico, alcuni commentatori hanno recentemente rettificato le loro argomentazioni contro Berlusconi. Un illusionista che viene eletto tre volte non è più un illusionista, ma se possibile un fenomeno storico, un avanguardista, un genio politico. E a coloro che da poco interpretano il fenomeno si prospetta un titolo nobiliare che si definisce così: dominio dell’opinione pubblica. E in questo modo al tempo dell’indignarsi segue l’era del capire. E ammettiamolo: comprendere e interpretare in modo sorprendente è più opportuno che non accusare.

Uno che si rende benemerito da sempre nella comprensione del fenomeno Berlusconi e della cultura maschile da lui introdotta della «pacca sul didietro» (Dario Fo) è il corrispondente della Frankfurter Allgemeine Zeitung, Heinz-Joachim Fischer. Fischer prende del tutto sul serio un uomo, la cui ascesa è stata accompagnata da dozzine di processi per corruzione, istigazione allo spergiuro, falsificazione dei bilanci, eccetera, come un «imprenditore edile di successo», «con nuove idee e astuti metodi finanziari e con idee ancor più ardite sulla televisione privata che può crescere ancora di più». Del resto sembra che Fischer ritenga una questione umoristica che si trovi comprensione oppure no per lo stile di Berlusconi – per le sue famigerate «barzellette» (si pensi alla sua osservazione circa il presidente americano Obama, «ben abbronzato»), per la promozione delle sue compagne di giochi al Parlamento o per l’abuso del suo potere mediatico. Si tratterebbe di una «lotta fra la serietà nordica e la leggerezza meridionale», che sarebbe già perduta per il nord, commenta Fischer. Ma lasciamo da solo sulla sua terrazza romana Fischer, che in Italia ha scoperto con la leggerezza anche l’ammirazione per Berlusconi, mediante la sua precoce capacità di capire.

Il sociologo Peter Kammerer, come Fischer un conoscitore dell’Italia, vuole comprendere Berlusconi (nella Berliner Zeitung del 1 agosto 2009) in una maniera nuova. Sarebbe «senza importanza», pensa Kammerer, che Berlusconi possieda canali televisivi. Sarebbe invece decisivo il fatto che tutti i media si siano adattati al metodo Berlusconi – sostituire i dibattiti con l’intrattenimento e le emozioni. «L’Italia era già da sempre un laboratorio politico: per il fascismo, per l’eurocomunismo e adesso per Berlusconi?». Il punto di domanda, pieno di presentimenti, di Kammerer, vuole significare che noi, in Germania e in Europa, siamo da non molto tempo sulla via del berlusconismo?

Il filosofo Slavoj Žižek si è sostanzialmente occupato a fondo del fenomeno Berlusconi. Žižek è una persona ricca di idee stravaganti e un provocatore, che si è inclini a seguire anche se si sbaglia. Nel suo saggio "Berlusconi in Teheran" (sulla London Review of Books) egli fa il tentativo di descrivere il presidente iraniano Ahmadinejad come un fantasma, replicante di Berlusconi. Il nesso fra i due diseguali antagonisti è visto da Žižek nel progetto di un nuovo «capitalismo autoritario e tecnocratico», al quale sono, ai suoi occhi, orientati entrambi.

Pur con tutta la simpatia per il sorprendente confronto: non sussiste forse una fondamentale diversità fra una dittatura in un Paese emergente come l’Iran, che della democrazia ha sempre vissuto soltanto gli accenni, e una democrazia occidentale di nome Italia, che è in procinto di degenerare in una mediocrazia? Che cosa è, per favore, il tertium comparationis fra un dittatore mosso da motivi religiosi, che crede nel «celato» dodicesimo imam Mahdi e nella fine del mondo, si procura armamento atomico e in ogni occasione minaccia l’estinzione d’Israele, e un miliardario italiano, cui è riuscito con uno strisciante coup d’État di abusare dello Stato e del Parlamento per l’imposizione dei propri interessi economici? E che ne è della asserzione di Žižek che la grande prestazione di Berlusconi consisterebbe nel matrimonio di una «tecnocrazia permissiva-liberale con un populismo fondamentalistico»? Il copyright di questo accostamento non spetta forse più ad Adolf Hitler e – con le debite riduzioni – a Benito Mussolini piuttosto che a Silvio Berlusconi? Berlusconi gestisce un Paese che presenta il più alto indebitamento pubblico d’Europa e uno dei minori tassi di investimento in formazione e ricerca e scaccia le sue nuove generazioni di cervelli dotati costringendoli a espatriare.

Il triste segreto del persistente successo di Berlusconi, come temo, è ben noto e non ha bisogno di alcuna nuova spiegazione. Esso consiste nella persistente debolezza delle istituzioni democratiche italiane – del Parlamento, dell’amministrazione e della giustizia. L’esperienza di molti italiani indica molto semplicemente che senza corruzione in questa vita nulla si ottiene. Come meravigliarsi che essi eleggano il gran maestro della corruzione alla carica più elevata e seguano con segreto divertimento come egli prenda in giro tutte le imputazioni e i processi?

L’opposizione democratica durante gli scorsi anni aveva avuto due volte la sua chance. Purtroppo essa non ha studiato i trucchi e i sotterfugi del grande illusionista Berlusconi e nulla ha imparato da lui. Perché da un certo punto di vista egli è di fatto geniale: sia che si presenti come antesignano della lotta contro la giungla della burocrazia italiana, sia che si impegni per la semplificazione rispettivamente l’abolizione di imposte come quella sulla proprietà della prima casa o per ulteriori condoni [ndt.: in ital. nel testo] a favore degli evasori fiscali – egli ha sempre capito come vendere i suoi propri interessi di affari come interessi strettamente personali dell’uomo della strada. E ancora la sua assurda campagna contro «l’Armata Rossa dei giudici» ha potuto fare presa sulla consenziente disperazione di molti cittadini a causa della notoria inefficienza e lungaggine della giustizia. Perché i Democratici hanno lasciato a Berlusconi questi e molti altri argomenti popolari?

A ragione coloro che comprendono Berlusconi mettono in guardia contro il virus, in espansione, di un capitalismo autoritario. Ma come testimoni di questi timori sono più indicati i banchieri d’investimenti che operano a livello internazionale e i loro assistenti politici negli USA e nell’Unione Europea che non Berlusconi. Le banche italiane, a causa del loro insufficiente collegamento in rete – detto in linguaggio tecnico: per la loro arretratezza – hanno contribuito poco al disastro finanziario mondiale.

Mi dispiace, ma non vedo alcun motivo per ammirare e nobilitare l’Italia di Berlusconi come «laboratorio» o modello di un nuovo capitalismo, minaccioso su scala mondiale. La vera e propria base di potere di Berlusconi, proprio il semplice fatto che il presidente dell’Italia [sic!] «casualmente» controlla più dell’90% della televisione italiana, rivela più l’arretratezza che la modernità. Si tratta di un caso particolare, che è possibile trovare nelle società pre-democratiche, come il Venezuela di Chávez o la Russia di Putin. Né nel resto dell’Europa né negli Stati Uniti è immaginabile un simile caso di ritorno indietro nel tempo. L’Unione Europea farebbe molto bene ad approvare una dichiarazione nella quale si chiarisca che il potere mediatico di Berlusconi contraddice i principi di una democrazia europea.

(23 settembre 2009)

32 anni dopo??????


Fonte Corsera

Svizzera: fermato Roman Polanski. Le autorità svizzere hanno eseguito il mandato di cattura statunitense del 1978. Stupore in Francia

ZURIGO (SVIZZERA) - Il regista polacco Roman Polanski si trova in stato di fermo in Svizzera. E’ stato fermato sabato (ma la notizia si è appresa solo oggi) quando ha messo piede sul territorio elvetico sulla base di un mandato d’arresto spiccato dagli Stati Uniti nel 1978, hanno annunciato gli organizzatori del Zurich Film Festival, che sta promuovendo una retrospettiva dedicata al cineasta di origini polacche. Polanski, che doveva ricevere un premio alla carriera al festival, vive in esilio in Europa da 30 anni. E’ fuggito dagli Stati Uniti, dove è accusato di avere avuto delle relazioni sessuali con una minorenne. Polanski è «in detenzione provvisoria in attesa di estradizione». Lo riferisce un portavoce del ministero della giustizia svizzero precisando che il regista può presentare un appello sulla decisione.


LA VICENDA - Polansky, 76 anni, era fuggito dagli Usa proprio nel 1978 dopo aver confessato di aver fatto sesso con una ragazza di 13 anni. Polanski aveva a suo tempo patteggiato la condanna con il tribunale di Santa Monica a Los Angeles. Il procuratore in cambio della sua ammissione gli aveva risparmiato il carcere lasciando perdere le altre accuse, tra cui stupro con uso di stupefacenti, perversione e sodomia, che erano emerse dalla testimonianza della ragazza, che successivamente a distanza di quasi 30 anni dai fatti, aveva però perdonato il regista. Un accordo, quello fatto dalla procura di Los Angeles, che non era però piaciuto al tribunale che si apprestava ad incarcerare Polanski, che, a questo punto, aveva scelto la fuga. Nello scorso mese di dicembre gli avvocati di Polanski avevano chiesto la ricusazione dei giudici di Los Angeles. Una richiesta che era stata respinta dal giudice Peter Espinoza che aveva detto di non poter esaminare il caso fino a quando Polanski non si fosse presentato in aula, affrontando così l'arresto. Espinoza aveva dato tempo fino al 7 maggio scorso a Polanski per presentarsi. Se Polanski sarà estradato negli Stati Uniti potrebbe quindi dover affrontare un nuovo processo per stupro a Los Angeles.

VITA DEGNA DI UN FILM - Ma tutta la vita di Polanski è degna di un film. Nato a Parigi da una famiglia ebrea di origine polacca tornò nel 1937 in Polonia ma, dopo l'arrivo dei nazisti venne rinchiuso con la famiglia nel ghetto di Varsavia. Ghetto dal quale Roman fuggì, riuscendo così a salvarsi, ma dove morì invece sua madre. Sposatosi con l'attrice Sharon Tate negli Usa la scoprì cadavere incinta dell'ottavo mese uccisa dal satanista Chales Manson e dalla sua banda a Los Angeles nel 1969. Nella strage scoperta il 9 agosto del 1969, oltre alla Tate vennero uccise altre quattro persone: l'ereditiera Abigal Folger, figlia dell'imprenditore del caffè «Folger», il suo fidanzato e scrittore Wojciech Frykowsky, il parrucchiere delle star Jay Sebring e il custode della villa, Steven Parent.

STUPORE DEL MINISTRO FRANCESE - Nel pomeriggio il ministro della Cultura francese, Frederic Mitterrand si è detto «stupito» per l'arresto in Svizzera di Roman Polanski e ha fatto sapere di aver discusso della questione con il presidente Nicolas Sarkozy. «Sono venuto a sapere con stupore del procedimento avviato contro Roman Polanski, un regista noto in tutto il mondo e un cittadino francese attualmente detenuto in Svizzera», ha affermato in un comunicato. Sarkozy, ha spiegato Mitterrand, «sta seguendo la questione con grande attenzione e condivide la speranza di una rapida soluzione di questa situazione». «Senza voler interferire in un processo giudiziario che va avanti da molto tempo, esprimo il mio più profondo rammarico che si sia voluto sottoporre a una nuova prova una persona che ne ha già dovute superare così tante», ha aggiunto Mitterrand.

S-premiato Benigni



Devono dirlo gli americani perché agli italiani manca il coraggio. Un comico
simpatico, ma non eccezionale come Roberto Benigni, considerato "un genio" per un solo film realizzato e furbo come "la Vita à bella", ha inanellato da allora una serie di insuccessi dopo l'altra. Se fosse stato bene utilizzato e diretto da qualcun altro probabilmente sarebbe riuscito ad avere un'altra carriera. Ma siccome è un "genio" ha voluto fare tutto lui incluso imporre sempre la moglie, non certo una grandissima attrice. Ovviamente ci saranno levate di scudi a favore del genio, ma un motivo ci sarà se si è buttato sulla Divina Commedia e se grandi film fuori dall'Italia dopo la Pantera Rosa e quella cagata de La Tigre e la Neve, non gliene fanno piû fare. Ancora una volta non è per sputare sull'Italia, ma nemmeno il cinema è più quello di una volta nel Belpaese. E allora was Bleibt? Che cosa resta?

Pinocchio nella hit dei 100 film più brutti. Il film diretto da Benigni nel 2002 è stato il più costoso nella storia del cinema italiano: 45 milioni di euro

Alcuni hanno avuto brillanti successi al botteghino. Altri invece sono rimasti nelle sale solo qualche giorno. Ciò che li unisce sono le pessime recensioni ottenute dai critici. RottenTomatoes.com, sito che si occupa di cinema e il cui nome, come sottolinea Wikipedia, deriva dall'antica pratica, ormai in disuso, di «tirare pomodori agli attori dopo una brutta esibizione», ha stilato la classifica dei 100 film più brutti degli ultimi 10 anni. Alcune pellicole in classifica hanno come protagonisti celebri attori di Hollywood e la maggior parte sono costate diversi milioni di dollari alle case di produzione.

PINOCCHIO - La nota più triste della rassegna è che sul podio troviamo anche l’unico film italiano presente in classifica: si tratta di «Pinocchio», pellicola di Roberto Benigni del 2002 che si piazza al terzo posto. Atteso con grande entusiasmo dal pubblico del Belpaese (pochi anni prima il comico toscano aveva incantato il mondo con «La vita è bella»), «Pinocchio», in assoluto, è stato il film più costoso nella storia del cinema italiano (45 milioni di euro). La pellicola nel 2002 ottenne 3 nomination ai «Razzie Awards» (gli Oscar dei film peggiori dell'anno) e Roberto Benigni fu premiato come peggior attore protagonista per la sua interpretazione. Nella sua recensione RottenTomatoes.com sostiene che Benigni «fa cilecca clamorosamente con quest’adattamento di Pinocchio e il risultato è un progetto poco divertente, malfatto e che mette i brividi».

sabato, settembre 26, 2009

Stupid etc etc

Stupid & old white guy


Michelle Obama keeps Silvio Berlusconi at arm's length at G20. Silvio Berlusconi is the 5ft 6ins ladies' man with the flair for the tactless remark, Michelle Obama is the 5ft 11ins tough cookie First Lady with a determination as steely as her arms.

Source: the Telegraph

By Tom Leonard in New York

Silvio Berlusconi reacts as Michelle Obama holds out her hand for a formal handshake Photo: AFP/GETTY
The meeting between the pair at the opening reception for the G20 summit in Pittsburgh bore all the hallmarks of a classic US-European impasse, with the American president in the middle, looking daggers at his Italian counterpart.
While Mrs Obama exchanged hugs and kisses with Browns, the Sarkozys, the Medvedevs and Germany's Angela Merkel, she didn't appear to want to come too close to Mr Berlusconi.

The Italian prime minister came alone to the reception at the Phipps Conservatory and Botanical Garden, primarily because his wife is divorcing him.
He has been embroiled in a series of scandals involving call girls and a lingerie model, and even his staff have suggested he is a sex addict. Mr Berlusconi's mastership of the public gaffe has also been extended to President Obama, whom he memorably described as "young, handsome and tanned".
Mrs Obama may have decided that if any woman was going to be snapped with Mr Berlusconi on Thursday night, it wasn't going to be her.
A handshake, delivered with the caution of someone feeding a dead mouse to a crocodile, was all the Italian president got from her despite his best efforts to turn on the Latin charm.
As Barack Obama gestured to his wife in introduction, Mr Berlusconi threw up his arms in apparent delight.
It is not clear whether he was merely appraising her appearance or encouraging her to come to him for a hug but a severe-looking Mr Obama clearly wanted to move him along, dispatching Mr Berlusconi with a series of back pats which probably in no way made up for the one that he didn't get from the First Lady.
Fresh from reports that he was snubbed by the American leader at the United Nations in New York, Mr Brown looked delighted as he and his wife, Sarah, were pictured, smiles all round, in a line-up with the Obamas. Mr Berlusconi missed a second chance to eke a warmer greeting from Mrs Obama as the First Lady whisked off the leaders' spouses for a separate dinner at a farm where they ate food raised through sustainable agriculture.

L'informazione secondo Schifani

Il "buongusto" di Schifani in azione




Dopo che Annozero ha mostrato in tivu cose apparse su tutti i media del mondo tranne che in Italia e dopo che il soldato Belpietro ha cercato in tutti i modi di dfendere l'indifendibile premier mollato persino da Italo Bocchino (uno che magari un lavoro ce l'ha e potrebbe davvero farsi rieleggere anche se non ci fosse Berlusconi ergo non è sotto scacco del premier come moltissimi del Pdl) ecco l'impareggiabile Schifani tira fuori il buongusto per criticare un aatrasmissione. Feltri dà dell'impotente al premier e Annozero è accusata di mancanza di buongusto. Schifani si mostra per quello che è.

SCHIFANI: «INFORMAZONE ATTENTA AL BUON GUSTO» - La Rai è «un servizio pubblico» e come tale «è tenuta a dare ai cittadini un'informazione, una critica politica sempre attenta al buon gusto e a quello che interessa effettivamente». Quindi, secondo il presidente del Senato Renato Schifani, «niente gossip e niente cattivo gusto: quello che mi preoccupa è che l'imbarbarimento della politica si stia spostando anche sul mezzo televisivo».

venerdì, settembre 25, 2009

Cane non mangia...elefantino

La ministra che diceva no alle donne-oggetto




Due pesi e una sola misura

Fonte Repubblica
La Carfagna querela Repubblica. "Ha riportato frasi ingiuriose della Guzzanti"

ROMA - Dopo Berlusconi la Carfagna. Anche il ministro delle Pari Opportunità ha deciso, a oltre un anno di distanza dai fatti, di citare in giudizio la Repubblica. Gli articoli oggetto dell'azione civile di risarcimento sono due, uno del 9 luglio del 2008, ovvero il resoconto del "No Cav Day", compreso il comizio di Sabina Guzzanti, e un altro del 6 agosto scorso, che riassume quanto riportato dai giornali stranieri sull'inchiesta di Bari.

"L'autore dell'articolo del 9 luglio 2008 - scrive l'avvocato Federica Mondani - ritiene di dover riportare testualmente le frasi "osteria delle ministre... se a letto sei un portento figuriamoci in Parlamento". "... Non può diventare ministro una che gli ha succhiato l'uccello", riferendosi evidentemente al presidente del Consiglio". Nel secondo articolo il legale della Carfagna contesta un'altra frase, che il giornalista riportava dal Nouvel Observateur: "Un ipotetico nastro... nel quale Mara Carfagna (amante quasi ufficiale) e Maria Stella Gelmini (le due sono definite bimbe) addirittura si interrogano reciprocamente per sapere come soddisfare al meglio il primo ministro, evocano le iniezioni che deve farsi prima di ogni rapporto".

Secondo l'avvocato si tratta di "parole talmente offensive della reputazione e della dignità di un personaggio politico con incarico istituzionale", che "non trovano precedenti nel nostro paese". Il legale insiste innumerevoli volte sullo stesso tasto: "Le espressioni "succhiato l'uccello", "amante quasi ufficiale", "come soddisfare il primo ministro" e "evocano le iniezioni che deve farsi prima di ogni rapporto" hanno travalicato il limite della continenza".

"Le locuzioni suggeriscono il riferimento all'attività, data per certa, di "concessione" del ministro", mentre la fonte sarebbe rappresentata "da un lato dai contenuti blasfemi di un aspirante comico (nella fattispecie Sig. ra Sabina Guzzanti) e dall'altra dall'articolo di un giornale estero che richiama una presunta, mai esistita, "registrazione"". Quindi il legale si lancia in una "umile riflessione a sfondo giuridico", ovvero "se l'argomento intercettazioni a sfondo sesso-volgare siano davvero di "interesse pubblico" o se piuttosto i quotidiani, anche per una crescente crisi del settore, rifondino speranze nel trarre beneficio quando i medesimi argomenti diventino di "interesse del pubblico"". Insomma, la stampa si occuperebbe di queste vicende solo per vendere più copie.

L'avvocato della Carfagna, nella lunga citazione, sottopone al tribunale anche il presunto "danno" arrecato al ministro. La "ricezione dell'insulto a livello popolare" avrebbe infatti implicato la possibilità "per l'On. Ministro di aver perduto connotati politici di stima e carisma oltreché la capacità di proselitismo". La Carfagna denuncia "una notevole flessione negativa" nei sondaggi e pretende nei suoi confronti quel "diritto all'oblio di cui ciascun soggetto pubblico gode". Poi, oltre al "danno morale", l'avvocato elenca il presunto danno biologico: "In seguito alla lettura degli articoli imputati il Ministro Carfagna registrava anche sofferenze fisiche che portavano la stessa a perdere peso e a soffrire di insonnia e forti emicranie".

C'è di più: "Il Ministro si è trovato nella condizione di dover evitare interviste al fine di non dare ulteriore eco alle false notizie". E, per questo, la Carfagna chiede in totale ai giornalisti e all'editore di Repubblica 900 mila euro. Nulla invece, a quanto risulta, chiede al Foglio di Giuliano Ferrara, che pubblicò insieme le stesse invettive di Sabina Guzzanti.

lunedì, settembre 21, 2009

Sometimes

...even on this blog we want to breathe easy

domenica, settembre 20, 2009

Piersilvio in tivvù

Al drive in c'erano un sacco di vipppppp invitati. Anche il figlio del presidente del consiglio

venerdì, settembre 18, 2009

Arrestato il Lenone




Se nemmeno in questo caso è giustificato l'arresto. Meno male che se ne sono accorti in tempo...

Inchiesta Bari, fermato Tarantini. L'imprenditore delle escort
Ascoltate le ragazze invitate a Palazzo Grazioli: verità diverse dall'industriale

BARI - Fermato l'imprenditore delle escort. Gianpaolo Tarantini è stato fermato all'aeroporto di Bari. Al centro delle inchieste sugli appalti nella sanità in Puglia e sul giro di escort invitate alle feste nelle residenze di Silvio Berlusconi, l'imprenditore è stato fermato dalla Guardia di finanza per "spaccio di sostanze stupefacenti". "Ho ordinato il provvedimento - ha spiegato il procuratore della Repubblica Antonio Laudati - perché c'era un forte rischio di inquinamento delle prove ed un reale pericolo di fuga".

Intreccio politica-affari. Mentre nelle caserme della Guardia di Finanza le ragazze reclutate dall'imprenditore per allietare le feste a casa di Berlusconi raccontano al giudice una verità diversa da quella confessata da Tarantini, il pm di Bari avverte: Il fermo dell'industriale è stato giustificato da spaccio, "ma le indagini che seguiranno riguarderanno tutte le posizioni processuali dell'imputato". Il vasto intreccio tra affari e politica che ha coinvolto anche l'ex vicepresidente Pd della giunta regionale pugliese Sandro Frisullo e il dirigente della Asl di Bari Alessandro Colella ai quali l'imprenditore barese dice di aver pagato Maria Teresa De Nicolò per barattare appalti e benevolenza.

Ascoltate le ragazze di Palazzo Grazioli. In tutto, ad ascoltare la confessione di Tarantini, furono non meno di una trentina le ospiti che allietarono il premier in 18 serate organizzate tra Palazzo Grazioli e Villa Certosa in Sardegna. Il giudice ha deciso di interrogarle tutte quelle trenta ragazze. Stamane è stata la volta di Vanessa Di Meglio che Tarantini assicura di essersi fermata a Palazzo Grazioli almeno una volta ("Era il 5 settembre 2008", ha detto l'industriale al pm). Ascoltata anche Francesca Lana, una "soubrette" nota alle cronache mondane soprattutto per essere l'amica del cuore di Manuela Arcuri, intercettata mentre parla di cocaina e jet set.

"Sono solo testimoni". Insieme a loro, altre sei ragazze sono state convocate nella caserma della Tributaria a Roma per ricordare quelle sere allegre nelle residenze del premier. Ieri è toccato ad un altro gruppo di otto ragazze ascoltate dai finanzieri di Milano. "Sono solo delle testimoni", si sono affrettati a precisare gli investigatori: "Non c'è alcun arresto".

Verità diverse da Tarantini. Nell'interrogatorio di fine luglio, Tarantini sostenne di aver pagato alcune di loro per prestazioni sessuali che dovevano offrire a personalità utili per lo sviluppo economico della sua azienda. La maggior parte delle ragazze sembra però che non abbia confermato agli investigatori il racconto di Tarantini.

Gli arresti di un mese fa. L'arresto dell'imprenditore all'aeroporto di Bari giunge ad un mese dal fermo, con la stessa accusa di spaccio, di Massimiliano Verdoscia, l'uomo che presentò a Tarantini Patrizia D'Addario, la escort che ha raccontato di aver preso mille euro dall'amico industriale per trascorrere una notte a palazzo Grazioli in compagnia del presidente del Consiglio. Insieme a Verdoscia, ad agosto finì agli arresti anche Stefano Iacovelli, accusato di comprare e distribuire la cocaina ai party che Tarantini organizzava per conquistarsi amicizie politiche utili ad ottenere appalti alla sua azienda specializzata in forniture sanitarie.

Se non fossero il Paese che sono....



Non vuol dire essere senza cuore, ma il padre di questa ragazza in carcere dovrebbe morirci. I fanatici non sono recuperabili e sono pericolosi per sé stessi e per la società. È drammatico, ma è così. Non chiedo i lavori forzati, ma una pena commisurata alla colpa, sì. Non si può morire così.

Fonte Repubblica

Sanaa, il padre omicida ammette. "Era una settimana che ci provavo"
Il fidanzato: "Era rantolante a terra e lui le ha spaccato una bottiglia in testa"

PORDENONE - "Era una settimana che ci provavo". Il padre di Sanaa resta in carcere ma con il giudice non parla. Si lascia sfuggire solo quella frase con il maresciallo che gli mette le manette ai polsi. A Montereale Valcellina, vicino Pordenone, martedì sera ha ucciso con una coltellata la figlia diciottenne perché si era innamorata di un italiano. Non sopportava che la sua "piccola" Sanaa fosse scappata di casa per vivere con un uomo più grande di lei e neppure musulmano.

Il giudice ha convalidato il fermo di El Ketawi Dafani, aiuto cuoco marocchino di 45 anni, trattenuto in carcere con l'aggravante di aver "agito con sevizie e crudeltà", una formula che non gli permetterà di ottenere sconti di pena. Forse la difesa chiederà la perizia psichiatrica ma finora l'avvocato non ha deciso.

Domani a Pordenone la cerimonia funebre. Sarà l'imam della città friulana, Mohamed Ouatik, a lavare la salma come prevede la tradizione musulmana. La sepoltura a Ramat, in Marocco, "seguendo scrupolosamente il precetto - ha spiegato l'imam - che prevede che il defunto sia rivolto verso la Mecca".

Il fidanzato di Sanaa è ancora in ospedale: si è ferito alle mani nel tentativo di bloccare il coltello puntato alla gola della ragazza. "L'aveva già colpita - ricorda Massimo De Biasio, 31 anni - Sanaa rantolava, ma non gli è bastato. E' tornato verso la sua auto, ha preso una bottiglia e gliel'ha rotta sulla testa".

Erano sulla macchina quella sera Massimo e Sanaa. Andavano al ristorante Monte Spia di Montereale Valcellina, di cui Massimo è socio e dove Sanaa lavorava come cameriera. "L'ha trascinata fuori tirandola per i capelli. Voleva farla salire sulla sua auto - ha raccontato Massimo agli inquirenti - Poi ha preso il coltello e ci ha inseguito per il boschetto che c'è lì vicino. Io sono scivolato; lui mi è passato accanto, ha raggiunto la figlia e l'ha colpita al collo". "Ho cercato di strappargli il coltello - ha proseguito il fidanzato di Sanaa - ho preso la lama con le mani e mi sono ferito, ma non c'è stato scampo. Quando la mia ragazza era già a terra agonizzante, l'ha colpita con una bottiglia sulla testa".

La scelta della figlia di andare a vivere con un italiano lo tormentava da mesi. Tornava a casa dal lavoro a ora tarda, e taceva, anche con la moglie. Restava a camminare in silenzio su e giù per la cucina, o andava al "Roxy bar" a farsi una birra, sempre disperatamente solo, a ruminare la sua ossessione.

La moglie l'ha perdonato: "Forse è stata Sanaa che ha sbagliato", dice Fatna, 39 anni, da otto in Italia. Hijab rosa stretta attorno al mento, sigillata nell'abito della tradizione, Fatna parla in arabo: "Perdono mio martio, non per ciò che ha fatto, ma perché è il padre dei miei figli". Dice di non aver intuito il gesto del marito, e lo giustifica: "Dormiva poco, restava sveglio fino alle 4 di mattina; era sempre arrabbiato, non mangiava e fumava sempre".

giovedì, settembre 17, 2009

Il pornoevasore



...ci facesse un film adesso

Scudo fiscale, indagini a tappeto . Nei guai anche Rocco Siffredi
Le Fiamme Gialle scoprono 130 evasori: trasferiti a San Marino capitali per 50 milioni. Al vaglio 700 nominativi

ROMA - Rocco Siffredi è finito nel mirino della Guardia di Finanza. Il principe degli attori porno deve giustificare di aver occultato all'erario redditi per centinaia di migliaia di euro attraverso la fittizia istituzione di società in paradisi fiscali. Un comunicato delle Fiamme Gialle parla in particolare di società in Ungheria. Per effetto delle indagini della Guardia di Finanza «l'attore ormai non potrà più chiedere di far rientrare in Italia le somme evase con le agevolazioni dello scudo fiscale. Solo, infatti, chi è nelle condizioni previste dalla legge (non è stato cioè già scoperto dal Fisco) potrà rimpatriare o regolarizzare - entro il 15 aprile 2010 - i patrimoni e le disponibilità finanziarie detenute illecitamente all'estero. Dagli accertamenti effettuati sul conto dell'uomo e di sua moglie - anche questa ex pornodiva - è emerso tra l'altro che i due, residenti fino al 2005 in provincia di Chieti, avrebbero fissato la propria dimora a Roma, in una villa risultata intestata ad una società britannica, anch'essa oggetto di indagini».

LE INDAGINI - Gli accertamenti su Siffredi rientrano nelle attività di contrasto delle Fiamme Gialle all’evasione fiscale internazionale, attività accelerata con l’entrata in vigore dello scudo fiscale. Sono 130 in tutto le persone finite nelle maglie del fisco. La Guardia di Finanza ha infatti avviato una serie di controlli su persone che hanno trasferito a San Marino capitali per 50 milioni di euro frutto probabile di evasione. Parallelamente, attraverso un'indagine che ha già portato lo scorso maggio all'arresto di 5 persone, sono state rintracciate ingenti somme riciclate ritenute il frutto dell'evasione fiscale di industriali delle province di Forlì, Bologna, Rimini e Pesaro: il sospetto - giustificato da consistenti elementi - è che gli industriali abbiano utilizzato banche di Forlì per trasferire il denaro evaso a società finanziarie di San Marino per poi farlo rientrare «ripulito» in Italia, sotto forma di concessione di crediti a società «amiche».

AL VAGLIO 700 NOMINATIVI - In un'altra inchiesta, le Fiamme Gialle stanno setacciando le posizioni di 700 nominativi, tra aziende e persone fisiche, residenti a San Marino ma con domicilio fiscale al Consolato Generale della Repubblica del Titano a Rimini. L'ultimo ad essere pizzicato dalla Guardia di Finanza è un noto pornoattore che deve giustificare di aver occultato all'erario redditi per centinaia di migliaia di euro attraverso la fittizia istituzione di società in paradisi fiscal.

Uè Uè Rivellini parla napùlitano

Altri sei morti "di pace"




Le parole sono importanti e sempre lo saranno. In un paese dove il termine "teorema", che significa proposizione la cui tesi può essere dimostrata utilizzando assiomi, postulati o teoremi precedentemente dimostrati, viene considerato alla stregua di aggettivi come "incerto, vago", in un paese così dicevo, una guerra come quella che si sta combattendo con armi non convenzionali in Afghanistan viene considerata missione di pace. Ed è fatta per difendere gli interessi di grandi multinazionali e di un buffone come Ahmid Karzai (il sindaco di Kabul che si crede Presidente).

Fonte: Corsera

Attentato a Kabul, colpiti due nostri blindati: morti 6 parà della Folgore
Due kamikaze in auto si fanno saltare in aria sulla strada dell'aeroporto. Tra i nostri soldati 3 feriti gravissimi


KABUL - Almeno 6 militari italiani sono morti e altri tre sono rimasti feriti in modo grave in Afghanistan in seguito ad un attentato kamikaze che ha colpito un convoglio della Nato sulla strada che porta dal centro cittadino all'aeroporto di Kabul. Sia i morti che i feriti sono tutti del 186esimo Reggimento Paracadutisti Folgore. Nello scoppio sono rimasti coinvolti due blindati italiani di scorta al convoglio. Lo confermano fonti del ministero della Difesa e dello Stato maggiore della Difesa. «Gli effetti sono stati devastanti, dunque è da escludere un attacco con esplosivo piazzato sulla strada», ha sottolineato una fonte militare, confermando che «le sei vittime sono tutte italiane».
Oltre ai nostri 6 militari morti ci sarebbero, tra i civili, anche due vittime afghane, forse i due kamikaze.


COINVOLTI DUE BLINDATi LINCE - L'attentato in cui sono rimasti coivolti due nostri blindati Lince, è avvenuto alle 12.10 locali, le 9.40 in Italia, nei pressi della rotonda Massud, dove il traffico è rallentato per i controlli sul traffico diretto verso l'ambasciata Usa, il comando Isaf e l'aeroporto. Sui due lati delle strade sono stati distrutti case e negozi. Secondo le prime ricostruzioni, un automezzo civile con a bordo i due kamikaze con un notevole carico di esplosivo sarebbe riuscito ad infilarsi tra i mezzi prima di esplodere.

ATTENTATO RIVENDICATO DAI TALEBANI - Un portavoce dei talebani, Zabiullah Mujahid, ha rivendicato l’attentato. In un messaggio sms il portavoce ha riferito che un uomo di nome Hayutullah si è fatto esplodere contro il convoglio militare dell’Isaf, nel centro della capitale.

ATTACCHI SUICIDI - Negli ultimi mesi, nonostante la massiccia presenza di forze armate internazionali, a Kabul si sono moltiplicati gli attacchi suicidi dei talebani. L'ultimo è stato l'8 settembre scorso, quando un'autobomba ha ucciso tre civili esplodendo davanti all'entrata della base aerea della Nato.

Specchietti per le allodole




Me l'ero perso e riparo

Rosaria Capacchione non eletta. Stop a donna coraggio, la camorra ringrazia

PROTAGONISTE E SORPRESE DELLE ELEZIONI

Rosaria Capacchione , «capolista» del Pd al Sud, sconfitta nel voto per Bruxelles

di Mauro Suttora

Oggi, 24 giugno 2009

Incredibile: la «capolista» del Partito democratico alle Europee nella circoscrizione meridionale, Rosaria Capacchione, 49 anni, non è stata eletta. I dirigenti le avevano offerto il secondo posto in lista, dietro all' ex ministro dell' Agricoltura Paolo De Castro. Lei, giornalista del quotidiano Il Mattino nella redazione di Caserta, aveva accettato. Non che tenesse particolarmente alla carriera politica. Era diventata famosa per i suoi articoli sulla camorra, come lo scrittore Roberto Saviano, autore di Gomorra . Il suo libro sui boss casalesi, L' oro della camorra, pubblicato lo scorso dicembre da Rizzoli, è alla terza edizione. E lei ha ottenuto 73 mila preferenze. Ma questo non le è valso uno dei quattro seggi a Bruxelles conquistati dal Pd nel Sud.

SUPERATA DAGLI ASSESSORI
È arrivata soltanto all' ottavo posto in classifica, superata non solo da De Castro che la precedeva e dall' eurodeputato uscente Pittella, ma da altri rodati politici locali, fra i quali alcuni assessori regionali alle Attività produttive. Cioè proprio il settore più appetito per i fondi europei che distribuisce. E che troppo spesso finisce nella cronaca nera, per le truffe perpetrate ai danni del bilancio comunitario. Naturalmente Rosaria è amareggiata, ma non vuole polemizzare: «Da lunedì sono tornata al mio lavoro a Caserta, e dovrò pagare 20 mila euro di debiti con la tipografia per i volantini. Tutti i ragazzi che hanno lavorato con me era no volontari, ed è stata un' esperienza entusiasmante. Per lottare contro la camorra non c' è bisogno di andare a Bruxelles. In Campania abbiamo avuto 60 mila voti. Però il Partito democratico non mi ha appoggiato come forse era nelle previsioni».

Rosaria, in effetti, era stata invitata a stare in testa alla lista dei candidati. Ma adesso la sensazione è che il suo nome sia stato usato come uno specchio per le allodole. Se il Partito democratico non è più in grado di fare eleggere un «capolista», esponendolo alla figuraccia della «trombatura», forse ha ragione Gustavo Zagrebelski. L' ex presidente della Corte costituzionale ha lanciato l'allarme: «Nel Partito democratico al Sud si è aperta una questione morale. Il partito è in mano a cacicchi locali». I cacicchi erano dei capipopolo dell' America Latina. «Purtroppo i cacicchi imperversano non solo al Sud», commenta sconsolato Nando dalla Chiesa, esponente di quella «società civile antimafia» di cui fa parte la Capacchione.

Superguido



Un articolo che non mi trova d'accordo, ma che comunque spiega tante cose

SUPERGUIDO

Non solo Protezione civile: Bertolaso organizza tutti i grandi eventi, dal G8 ai Mondiali di nuoto, restaura monumenti, toglie la spazzatura, gestisce aree archeologiche, distribuisce indennizzi. In nome di un'eterna emergenza. Perché Berlusconi si fida solo di lui

di Mauro Suttora

Oggi, 8 luglio 2009

Una volta, disastri come quella di Viareggio venivano affrontate da prefetti e questori. Oggi arriva Bertolaso. Per i terremoti c’erano vigili del fuoco ed esercito. Ora c’è Bertolaso. Per ricostruire dopo i terremoti c’erano regioni e ministri dei Lavori pubblici. Adesso, Guido Bertolaso. E chi ha organizzato gli spettacolari funerali del Papa nel 2005? Sempre Bertolaso.

Bertolaso di qua, Bertolaso di là. “Ha 106 controfigure”, scherza Fiorello. Superbertolaso. L’eroe della spazzatura di Napoli e Sicilia. Il trionfatore della piena del Tevere: il sindaco di Roma Alemanno si affidò a lui lo scorso dicembre, e poi lo ha nominato commissario straordinario per tutte le zone archeologiche di Roma. Soprintendenti, addio.

L’apoteosi di Bertolaso si compie in questi giorni, con l’appalto totale del vertice G8 all’Aquila. Esautorato il ministero degli Esteri, è la Protezione civile a gestire tutto. Perfino l’ordine pubblico: polizia e carabinieri sono agli ordini di Bertolaso. «Coordinati», bisogna dire, per non irritare troppo i ministri dell’Interno e della Difesa ormai bypassati.
Ma chi è questo bell’uomo 59enne, faccia da attore, poche parole e molti fatti, diventato più potente di tutti i ministri non essendo neanche sottosegretario?

Romano, figlio di un generale dell’Aviazione, nel ‘63 vide sfrecciare il padre all’aeroporto, primo collaudatore di un F104: «Ero con mia madre, ci passò sopra quell’uccello di ferro che urlava. Un’emozione indimenticabile”.
Poi, narra la leggenda, quand’era ragazzino in collegio organizzò squadre di volontari per spegnere un incendio vicino all’abbazia di Farfa, in Sabina. Vocazione precoce. Oggi sono 15 i Canadair che fa volare ogni estate per (cercare di) proteggere i nostri boschi. Anche qui, è lui il capo di tutti: un milione e 300 mila volontari della protezione civile divisi in 2.500 organizzazioni, diecimila guardie forestali, trentamila pompieri, Cnr, Aeronautica, Agenzie regionali dell’Ambiente.

Superguido si laurea in medicina a Roma. Sarebbe diventato medico ai Parioli, il suo quartiere, se lo spirito d’avventura non lo avesse spinto a Liverpool, per specializzarsi in malattie tropicali. E poi via, in Africa: missionario laico in Algeria, Burkina Faso, Mali. Nel 1980, a trent’anni, la Farnesina lo manda in Thailandia a gestire un ospedale italiano.

Poi se lo piglia Giulio Andreotti, allora ministro degli Esteri, per lavorare alla Cooperazione internazionale. Tanto basta agli invidiosi per catalogarlo come democristiano, e sussurrare: «È nipote del cardinale Camillo Ruini». Gli schizzi non lo colpiscono: «Sono un tecnico, non ho tessere».

Intanto Bertolaso sposa Gloria Piermarini, architetto paesaggista, famiglia della Roma-benissimo. Due figlie, Olivia e Chiara. Carattere non facile, si distrae giocando a golf all’Olgiata. Quando Andreotti lascia gli Esteri nell’89 va al ministero Affari sociali sotto Rosa Russo Iervolino, oggi sindaco della Napoli da lui ripulita. Una breve incursione nel volontariato internazionale (Unicef Italia), poi di nuovo a iniettare managerialità nel parastato nostrano: il sindaco di Roma Francesco Rutelli lo chiama nel ‘97 a gestire il Giubileo 2000. Il suo capolavoro: guidare l’auto che, fendendo la folla di papa-boys, portò Giovanni Paolo II in mezzo al prato dello storico raduno di Tor Vergata.

Dopo il Vaticano, ad maiora: capo della Protezione civile. Silvio Berlusconi si innamora di questo antesignano di Sergio Marchionne, sempre in maglioncino blu o grigio (ma bordato di tricolore), che sprizza efficienza da tutti i pori. Gli fa organizzare il vertice Nato di Pratica di Mare, ne rimane soddisfatto. Da allora, se c’è un problema, chiama sempre Bertolaso. Tutti i summit sono suoi: Fao 2002, presidenza Ue 2003, costituzione europea 2004.

Non si capisce bene cosa c’entri con i «grandi eventi» la Protezione civile, che dovrebbe proteggerci dalle emergenze naturali. Ma per velocizzare la burocrazia è comodo catalogare tutto come «emergenza».
Quindi a Bertolaso vengono affidati anche i mondiali di ciclismo a Varese l’anno scorso, quelli imminenti di nuoto a Roma (con appalti costosissimi per opere non finite o abbandonate a metà, come il megastadio di Calatrava) e i Giochi del Mediterraneo a Pescara. SuperGuido organizzerà pure le celebrazioni per i 150 anni dell’Italia, nel 2011.
Non pago, Bertolaso sta soppiantando pure il ministero dei Beni culturali: ha restaurato la cattedrale di Noto (Ragusa) e perfino la statua del David di Donatello a Firenze, oltre a ricostruire in Umbria e Marche dopo il terremoto del ‘97.

La sua bravura ha un riconoscimento bipartisan: il primo governo Prodi lo fece capo della Protezione civile nel ‘96, e dieci anni dopo lo ha lasciato al suo posto.

Unica grossa polemica, quella con la Croce Rossa di Maurizio Scelli (oggi deputato Pdl) sui 25 milioni inviati via sms per lo tsunami del 2004. Unico infortunio giudiziario, il processo per tangenti sui rifiuti in Campania: 25 arresti, incriminata il suo ex braccio destro Marta Di Gennaro. Prima udienza il 15 luglio.

Per il G8 alla Maddalena Bertolaso aveva speso 363 milioni, prima che Berlusconi decidesse di spostarlo all’Aquila. La Protezione civile ci costa 1,6 miliardi l’anno. Il grosso va per le calamità naturali: 1,1 miliardi. Dopo la strage della classe di San Giuliano di Puglia del 2002, Bertolaso si occupa anche di sicurezza nelle scuole al posto del ministero dell’Istruzione: venti milioni di euro quest’anno. E distribuisce indennizzi per 37 milioni annui ai contadini danneggiati da alluvioni e siccità, al posto del ministero dell’Agricoltura.

Per far fronte all’espansione di compiti i 700 uomini della Protezione civile hanno ottenuto un raddoppio di sedi: oltre a quella vecchia di via Ulpiano, accanto al Palazzaccio di giustizia di Roma, una nuova di zecca in via Flaminia, alla confluenza con la Flaminia vecchia. E Bertolaso è ricompensato (dichiarazione 2007) con un milione di euro l’anno.

mercoledì, settembre 16, 2009

Casini imbestialito con Berlusconi

Il/al vecchietto non tira più

I problemi di trucco del macho...




Scandalosa la decisione di spostare Ballarò (anche se non è certo buon giornalismo), I sondaggi (ma di chi?) lo danno oltre il 50% eppure quando parla ormai il vecchietto non lo ascolta nessuno.

Porta a Porta con Berlusconi, battuto da "L'Onore e il rispetto"
Vespa ha avuto un ascolto del 13,47%, mentre la fiction di Canale 5 ha fatto oltre il 22%
MILANO - Porta a Porta, nello speciale con Berlusconi sulla consegna delle case ai terremotati, ha avuto un ascolto del 13,47%, per un totale di 3.219mila spettatori. Di solito il programma di Vespa ha un ascolto del 18,30% per le prime serate e del 17,50% per le seconde (dati ufficio stampa Rai 2008-2009). Martedì sera sarebbe quindi stato battuto dalla "corrazzata" di Canale 5 "L'Onore e il rispetto", che avrebbe raggiunto il 22,61% con oltre 5 milioni di spettatori con il programma "Onore e rispetto" con Gabriel Garco.

El caudillo italiano




Il pezzo è di Repubblica, ma il premier non sta bene sul serio. Ma agli italiani non sembra importare.

Fonte Repuiubblica

Berlusconi: "Farabutti in tv, stampa e politica. Repubblica superpartito che mi attacca". Sulla trasmissione in prima serata, il Cavaliere confessa: "Avrei preferito il Milan"

ROMA - Mentre su Rai2 va in onda un poliziesco all'italiana, su Rai3 un film sugli ultimi giorni di Hitler (Ballarò è stato cancellato), e su Canale 5 Matrix è sostituito da un serial sulla mafia, Berlusconi è "costretto" a monopolizzare Rai1 per più di tre ore. "Costretto" perché se fosse stato per lui, avrebbe preferito guardare il Milan: "Ero nettamente contrario allo spostamento in prima serata della trasmissione. Come proprietario del Milan, avrei grandemente voluto assistere alla partita di stasera di Champions league. Ma ho accettato l'invito".

Trascorsi i primi 45 miniuti sul terremoto all'Aquila e i progetti di ricostruzione ("Entro dicembre tutti gli sfollati avranno un tetto sulla testa e senza alcuna tassa aggiuntiva perché stanzieremo 30 miliardi di euro"), Silvio Berlusconi ha aperto il fuoco sulla libertà di stampa: "Siamo circondati da farabutti in tivù, stampa e politica. La Rai è l'unica rete pubblica che parla male del governo con i soldi dei contribuenti".

E poi una bordata a Repubblica: "E' un giornale retto da un editore svizzero, con un direttore dichiaratamente evasore fiscale". Vespa prova ad interromperlo: "Mauro dice che non è vero", ma Berlusconi insiste: "Lei ha un gran senso dell'umorismo, ma è delinquenziale parlare di attentato alla libertà di stampa. Denunciare quella testata era il minimo che potessi fare".

Non poteva mancare un accenno ai dissapori in casa Pdl: "Con Fini non ci sono problemi da parte mia", ha detto Berlusconi. "Ci sono due concezioni diverse in campo. Io vedo i partiti come movimenti che devono organizzarsi nei momenti elettorali. Per Fini e i professionisti della politica - e io non lo sono - il partito deve discutere le decisioni che devono essere prese dal governo. Due concezioni diverse, ma nessun problema con Fini".

Spara invece sull'Udc: "Fa parte del PPE e mi parrebbe logico e conseguente che si alleasse con noi, mentre fa calcoli di convenienza con la sinistra nelle regioni rosse solo per avere assessori e fette di potere". Pier Ferdinando Casini interviene in diretta per spiegare che è l'unica forza politica all'opposizione con il vecchio governo e con l'attuale: "Perché a noi - dice il presidente dell'Udc - piace stare con chi governa bene. E comunque, se Berlusconi dice che puntiamo alle clientele, vuol dire che non faremo alleanze con il Pdl alle regionali". Ma il Berlusconi gela il dialogo prima ancora che nasca, e laconico replica: "Auguri".

Poi il Cavaliere torna ad incensarsi. "Il mio esecutivo è meglio quello di De Gasperi", dice convinto: "Lui fu il padre della patria, ma il mio esecutivo è il migliore". E quando parla dell'opposizione, Berlusconi non perde l'abitudine di definarla "comunista". Anche Vespa tenta timidamente di contraddirlo ("Non esistono più i comunisti. Si chiamano Pd"), ma il premier ha insistito: "Sono e saranno sempre dei vecchi comunisti. D'Alema è un vetero comunista che sta lì a fare il comunista da 40 anni. Le accuse che rivolge al governo sono espressioni da puro stalinista. Serve un cambiamento generazionale".

E a Vespa che gli fa osservare come sia paradossale che a invocare il cambiamento generazionale sia proprio lui, Berlusconi, che di anni ne ha 73, il premier replica piccato: "Io sono il più giovane: non è l'età che fa l'innovazione. E' il cervello, caro dottore".

martedì, settembre 15, 2009

La giustizia nel paese dei limoni

I "ragazzi che sbagliano"




Fatemi capire perché sono tardo. 5 buzzurri bighellonano per strada. Incontrano un tizio, lo pestano e sangue e lo ammazzano. È la massima pena che gli danno sono 14 anni? E vogliamo scommettere che fra 6 questo sta ai domiciliari? Si è smantellato pezzo pezzo il sistema penale e queste sono le conseguenze. L'Italia è il principale problema d'Europa.


Verona, omicidio Tommasoli, condanne per 50 anni a 4 naziskin

VERONA - Era morto dopo essere stato picchiato da quattro naziskin. Per l'omicidio di Nicola Tommasoli la Corte d'Assise della città veneta ha emesso condanne per complessivi 50 anni di carcere. Il giovane grafico 28enne era stato aggredito la notte del primo maggio 2008 ed era morto dopo cinque giorni di agonia. Un fatto che aveva sollevato grande clamore. Poche ore dopo il pestaggio, i responsabili erano stati individuati e catturati dalla polizia. Si trattava di giovanissimi, legati agli Ultras del Verona e vicini a movimenti di estrema destra.

La corte ha condannato a 14 anni di detenzione i ventunenni Nicolò Veneri e Federico Perini, a 12 anni il ventenne Raffaele Dalle Donne, a dieci anni Guglielmo Corsi, ventunenne. Assolto invece un quinto imputato, Andrea Vesentini. I quattro condannati dovranno inoltre pagare 100 mila euro a favore dei genitori di Tommasoli, 80 mila euro a favore della ex fidanzata della vittima e 30 mila euro per il fratello. Il collegio giudicante, composto da sette giudici popolari e presieduto da Dario Bertezzolo, ha accolto quasi completamente la richiesta del pm Francesco Rombaldoni che aveva chiesto 72 anni di carcere complessivi.

Il commento della famiglia. Soddisfatta la famiglia di Tommasoli, secondo quanto riferito dall'avvocato Franco Rossi Galante: "Fu un'aggressione, il povero Nicola passava di lì per caso, la gravità del fatto è proprio questa".

La ricostruzione dell'aggressione. "Si mossero tutti come un sol uomo, i cinque ragazzi che gironzolavano per la città erano una miscela esplosiva: Perini, Veneri e Dalle Donne sono noti e noto è il gruppo di appartenenza nel quale si è inserito Corsi, fisicamente prestante. Lui è stato il detonatore a cui gli altri sono andati dietro, senza esitazione", ha detto il pm Rombaldoni riferendosi al gruppo di ragazzi che mise in atto l'aggressione mortale.

Bel gesto di Franceschini




LA REPLICA DEL CONDUTTORE TV: «MOTIVAZIONI PRETESTUOSE»

Franceschini a Vespa: «Non andrò a Porta a Porta il 23, non sarò complice»
«Sarebbe da intendere come una sorta di par condicio per coprire la scelta della Rai di stravolgere i palinsesti»

(Ansa )ROMA - Il segretario del Pd, Dario Franceschini, ha inviato a Bruno Vespa una lettera per comunicargli la sua indisponibilità a partecipare alla trasmissione del 23 settembre prossimo.
LA LETTERA - «Caro dottor Vespa, Le scrivo per comunicarle la mia indisponibilità a partecipare alla puntata di Porta a Porta del 23 settembre». È quanto scrive il segretario del Pd nella lettera inviata al conduttore televisivo. «Quando nei giorni scorsi il mio ufficio stampa ha ricevuto l'invito dalla sua redazione a partecipare alla trasmissione ho comunicato la mia disponibilità ritenendo si trattasse della programmazione ordinaria. Leggo ora alcune sue dichiarazioni secondo le quali la mia presenza a Porta a Porta sarebbe da intendere come una sorta di par condicio per coprire l'incredibile scelta della Rai di stravolgere i palinsesti dell'azienda allo scopo di garantire al Presidente del Consiglio una vetrina strumentalizzando e spettacolarizzando il dramma dei terremotati d'Abruzzo. È un'operazione grave di cui non posso e non voglio rendermi complice in nessun modo», conclude Franceschini.

LA REPLICA DI VESPA - Immediata la replica del celebre conduttore tv al segretario del Pd. «Caro Segretario, - scrive Vespa in una lettera - debbo dirLe con franchezza che le motivazioni del Suo rifiuto mi paiono pretestuose. Nei giorni scorsi - si legge nella lettera - abbiamo invitato il presidente del Consiglio come facciamo da 15 anni (si veda il caso di Prodi, D'Alema e Amato) per la seconda serata che apre la nostra stagione. Contestualmente, fedeli alla correttezza che ci ha sempre caratterizzato, abbiamo invitato il leader dell'opposizione. Nello scorso fine settimana, la direzione generale della Rai ha deciso di portare in prima serata l'evento di oggi e non vedo come questa scelta possa essere attribuita a noi e stravolgere il senso dell'invito che Le abbiamo rivolto. Non Le consento peraltro - prosegue Vespa - di definire una nostra trasmissione che Lei ancora non ha visto, come una vetrina al servizio del presidente del Consiglio. Esigo da Lei - conclude - lo stesso rispetto rivolto ad altre trasmissioni che dal pluralismo di Porta a Porta hanno tutto da imparare».

D'ALEMA - E sulla questione "Porta a Porta" interviene anche Massimo D'Alema. «Non vedrò "Porta a Porta" stasera, ad ogni modo spero che stasera sia protagonista il presidente della provincia di Trento e che si festeggi il dono dei prefabbricati costruiti dalla provincia di Trento, non le villette promesse da Berlusconi che non sono pronte» sottolinea l'ex premier e attuale dirigente del Pd dialogando con i giornalisti a margine della presentazione del "Festival della Salute" di Viareggio. «Spero inoltre - aggiunge D'Alema - che Berlusconi comunichi la lista dei terremotati ospitati a casa sua, visto che aveva preso questo nobile impegno»

lunedì, settembre 14, 2009

domenica, settembre 13, 2009

Carrozzone Basilicata



Fonte Blog: http://astronik.ilcannocchiale.it/post/2330494.html
NON VOTATELA!!!!!!

Fino a ieri non ci avevo fatto caso, avevo visto su alcuni manifesti 3x6 l’immagine di una bella figliola con un sorriso ammiccante che pareva salutare gli automobilisti alle prese con il traffico convulso post vacanze. Poi oggi mi sono fermato nei pressi di una “vela”, i manifesti itineranti, ed ho capito di cosa si trattava, stasera al supermercato ho trovato un volantino con lo stesso contenuto del manifesto e lo stesso volantino ho trovato nel negozio del fruttivendolo.
Si tratta di una strana pubblicità, si chiede di dare il voto, televoto in questo caso, a Miss Basilicata, nulla di male se l’iniziativa di sostenere questa bellezza nostrana venisse dai famigliari, dagli amici, dai suoi paesani, miss Basilicata è di Picerno. Ed invece la belloccia lucana è sponsorizzata niente meno con i fondi FERS della Regione Basilicata! Si avete capito bene, i fondi che servono ad accrescere la competitività della nostra regione! Mi sono stropicciato gli occhi credendo di aver preso un abbaglio, macchè, tutto vero! In calce al volantino così come sul manifesto compaiono i loghi della Regione Basilicata, dell’APT, la bandiera dell’Europa, il simbolo dello Stato che suggellano il patrocinio all’iniziativa.
Non è certo questo il modo per far competere la Basilicata, di attrarre investitori che portano lavoro e benessere, è semplicemente un modo per sprecare le risorse.
Questa boutade arriva dopo che per tutta l’estate in tanti hanno ferocemente criticato il modo con cui sono stati ripartiti i fondi regionali per le manifestazioni, le sagre, le iniziative che hanno fatto da leit motiv alla bella estate nei borghi lucani. Le Pro Loco in particolare hanno lamentato tagli di fondi ed hanno contestato l’assegnazione dei contributi.
Leggo sulle colonne de Il Quotidiano un intervento del senatore Di Gilio che contesta l’iniziativa di finanziare con i soldi del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale una campagna tendente a far votare Miss Basilicata. Una volta tanto la penso come il senatore del PDL e censuro senza riserve questa singolare quanto stupida iniziativa che mette in evidenza la mancanza di idee per portare lo sviluppo ad una regione che lentamente si sta spegnendo.
Ai lucani consiglio di non votare la nostra Miss Basilicata per protesta contro la Regione Basilicata che ha deciso di sperperare fondi necessari a creare sviluppo!

sabato, settembre 12, 2009

La Lega che divide


Fonte Antefatto

La Congregazione del SS.Sacramento, di cui faceva parte padre Giancarlo Baggi, regala al sindaco leghista di Ponteranica, in provincia di Bergamo, una perla di civiltà. Quella che segue è la lettera inviata al leghista Cristiano Aldegani, sindaco di Ponteranica, paese dove Vittorio Feltri è nato e risiede, anche se il Giornale, da lui diretto, ha ignorato la notizia, che ha deciso di togliere la targa in memoria di Peppino Impastato per sostituirla con quella di padre Giancarlo Baggi, considerato sacerdote nordista.

*****

La Congregazione del SS. Sacramento Curia Provinciale Italiana
I Sacramentini: “la biblioteca comunale torni ad essere dedicata a Peppino Impastato”
Prato, 11 settembre 2009

In relazione agli articoli pubblicati oggi dalla stampa sulla decisione di dedicare la biblioteca del Comune di Ponteranica (BG) a un religioso sacramentino rimuovendo la targa di Peppino
Impastato, Padre Santi Rizieri, Superiore Provinciale della Provincia Italiana dei Padri Sacramentini, precisa che: questa decisione è stata presa in assoluta autonomia dall’Amministrazione di Ponteranica e i religiosi sacramentini ne sono venuti a conoscenza solamente dopo che la delibera in questione era già stata approvata. La Comunità dei Padri Sacramentini riconosce e stima l’operato che contraddistinse il lavoro di padre Giancarlo Baggi, ma non può approvare che la memoria di un confratello sia usata in una logica di contrapposizione e di divisione, tanto più se questa contrapposizione riguarda un testimone di giustizia come Peppino Impastato, ucciso per il suo impegno civile. I religiosi sacramentini auspicano dunque che la biblioteca comunale torni ad essere dedicata a Peppino Impastato, fiduciosi che l’Amministrazione comunale riuscirà a trovare soluzioni alternative per ricordare l’opera di padre Baggi.

Giuseppe Bettoni, vicario provinciale

Chi era Peppino Impastato da wikipedia

Peppino Impastato nacque a Cinisi, in provincia di Palermo, il 5 gennaio 1948, da una famiglia mafiosa (il padre Luigi era stato inviato al confino durante il periodo fascista, lo zio e altri parenti erano mafiosi e il cognato del padre era il capomafia Cesare Manzella, ucciso nel 1978 in un agguato nella sua Giulietta imbottita di tritolo).

Ancora ragazzo rompe con il padre, che lo caccia di casa, ed avvia un'attività politico-culturale antimafiosa. Nel 1965 fonda il giornalino L'idea socialista e aderisce al PSIUP. Dal 1968 in poi, partecipa, con ruolo dirigente, alle attività dei gruppi di Nuova Sinistra. Conduce le lotte dei contadini espropriati per la costruzione della terza pista dell'aeroporto di Palermo, in territorio di Cinisi, degli edili e dei disoccupati.

Nel 1976 costituisce il gruppo Musica e cultura, che svolge attività culturali (cineforum, musica, teatro, dibattiti, ecc.); nel 1977 fonda Radio Aut, radio libera autofinanziata, con cui denuncia i delitti e gli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, in primo luogo del capomafia Gaetano Badalamenti, che avevano un ruolo di primo piano nei traffici internazionali di droga, attraverso il controllo dell'aeroporto. Il programma più seguito era Onda pazza, trasmissione satirica con cui sbeffeggiava mafiosi e politici.

Nel 1978 si candida nella lista di Democrazia Proletaria alle elezioni comunali. Viene assassinato nella notte tra l'8 e il 9 maggio del 1978, nel corso della campagna elettorale, con una carica di tritolo posta sotto il corpo adagiato sui binari della ferrovia. Pochi giorni dopo, gli elettori di Cinisi votano il suo nome, riuscendo ad eleggerlo, simbolicamente, al Consiglio comunale.[1]

Stampa, forze dell'ordine e magistratura parlano di atto terroristico in cui l'attentatore sarebbe rimasto vittima e di suicidio dopo la scoperta di una lettera scritta in realtà molti mesi prima. L'uccisione, avvenuta in piena notte, riuscì a passare la mattina seguente quasi inosservata poichè proprio in quelle ore veniva "restituito" il corpo del presidente della DC Aldo Moro in via Caetani a Roma.


Le accuse e le scoperte [modifica]
Grazie all'attività del fratello Giovanni e della madre Felicia Bartolotta Impastato, che rompono pubblicamente con la parentela mafiosa, dei compagni di militanza e del Centro siciliano di documentazione[2] di Palermo, nato nel 1977 e che nel 1980 si sarebbe intitolato proprio a Giuseppe Impastato, viene individuata la matrice mafiosa del delitto e sulla base della documentazione raccolta e delle denunce presentate viene riaperta l'inchiesta giudiziaria.

Il 9 maggio del 1979, il Centro siciliano di documentazione organizza, con Democrazia Proletaria, la prima manifestazione nazionale contro la mafia della storia d'Italia, a cui parteciparono 2000 persone provenienti da tutto il paese.

Nel maggio del 1984 l'Ufficio Istruzione del Tribunale di Palermo, sulla base delle indicazioni del Consigliere istruttore Rocco Chinnici, che aveva avviato il lavoro del primo pool antimafia ed era stato assassinato nel luglio del 1983, emette una sentenza, firmata dal Consigliere Istruttore Antonino Caponnetto, in cui si riconosce la matrice mafiosa del delitto, attribuito però ad ignoti.

venerdì, settembre 11, 2009

Zetapè al Tg1



Il Tg1 del mitico direttore Minzolini ha dedicato 10 secondi, DIECI, a questo ennesimo scandalo internazionale. Ovviamente gli spettatori non avranno capito un accidente del perché Zapatero abbia deciso di tacere sulle affermazioni del premier italiano. Usando a esempio quello che da sempre afferma il Capo del Governo, Minzolini e tutto il Tg1 sono pagati con soldi pubblici per fornire un'informazione completa. Altrimenti potrebbero andare altrove.

Ma questa è naturalmente un'opinione personale.

Fonte La repubblica

"Se mantengo il silenzio è per un segno di rispetto e cortesia istituzionale". Il primo ministro spagnolo Josè Luis Zapatero risponde ai giornalisti, a margine del suo incontro a Parigi con il presidente francese Sarkozy, e così si esprime all'indomani della conferenza stampa che ha tenuto alla Maddalena con Silvio Berlusconi al termine dell'incontro bilaterale Italia-Spagna. Durante la quale il presidente del Consiglio si è visto costretto a rispondere (e lo ha fatto con durezza, tornando ad attaccare la stampa) a una domanda di un giornalista del quotidiano spagnolo El Pais che gli ha chiesto se avesse mai pensato di dimettersi dopo lo scandalo-escort.

Nel corso della conferenza stampa Berlusconi è anche tornato sulle critiche che una sua battuta aveva suscitato, nel 2008, quando cioè riferendosi all'alto numero di ministri donna nel governo Zapatero aveva parlato di un "governo troppo rosa". Ieri, il chiarimento di Berlusconi ("era solo ammirazione"), oggi il commento del primo ministro spagnolo: "Tutti conoscono la mia opinione sull'eguaglianza fra uomo e donna - ha detto - ma fra governi abbiamo buone relazioni, abbiamo progetti comuni. Sono incontri istituzionali e dunque io rispetto sempre questi incontri e il ruolo che dobbiamo mantenere. Tra governi siamo obbligati a mantenere una politica di prudenza".

A rincarare la dose, anche la vicepresidente del Consiglio, Elena Salgado, che secondo quanto riferito dal quotidiano El Periodico, rispondendo a una domanda su come mai nessun esponente del governo avesse risposto a Berlusconi, ha detto che quel silenzio "non può essere interpretato in altro modo che come gesto di cortesia nei confronti della persona che in quel momento rappresentava il nostro ospite". Sulla stessa linea l'altra vicepresidente spagnola, Maria Teresa Fernandez de la Vega, che ha ricordato il carattere istituzionale dell'incontro di ieri alla Maddalena. Quanto alle frasi di Berlusconi, "è evidente che si può essere d'accordo con lui o no, ma sono dichiarazioni fatte da un presidente del governo e non sono solita commentare, come vicepresidente, le esternazioni di alti rappresentanti e capi del governo di altri Stati".

giovedì, settembre 10, 2009

Sicurezza bancaria




Da un forum del Corriere auello che accade nella capitale di uno stato allo sbando

1819,25 euro in 11 giorni

09.09|14:31Ltn.Col.Kurtz
Tanto mi hanno rubato ad inizio aprile, utilizzando una funzionalità della carta che non avevo mai richiesto (prelievo da conto internazionale). Inutile dire che a quasi cinque mesi di distanza dal furto, e interminabili giri tra banca e caserme dei carabinieri, non ho rivisto ancora una lira, figuriamoci gli interessi maturati su quella cifra. La clonazione è avvenuta in una filiale in cui fatti del genere capitano abbastanza spesso. Mi chiedo come sia possibile un fatto del genere, e come sia possibile che a Roma sia diventato impossibile trovare uno sportello bancomat in cui non ci siano i segni delle manomissioni per installare gli skimmer e le videocamere con cui vengono compiute: segni di lima, tracce di attack. Tutto questo sotto le telecamere di videosorveglianza. Ma le banche che fanno? Dormono o che cosa?