sabato, febbraio 28, 2009

Scorie



Rai2 non delude MAI. Era da tempo che non vedevo una boiata del genere quasi in prime time. Chi voglia fare tv dovrebbe vederlo. È un condensato di come non si dovrebbe fare televisione. A parte il Moige, ma le donne vogliono davvero farsi vedere così in Italia?

Carabine per tutti



Fonte: l'espressonline

Carabina selvaggia
di Roberta Carlini
Sparare tutto l'anno. Anche nei parchi naturali. E possibilità di imbracciare il fucile già a 16 anni. Dal centrodestra un progetto di legge che minaccia l'ambiente Ragazzini con la doppietta. Spari nei parchi naturali. Restituzione delle armi ai bracconieri. E caccia libera per tutto l'anno nelle aziende faunistiche private. Sono solo alcune delle previsioni con le quali una nuova legge sulla caccia sta per abbattersi sulla fauna italiana. Ribaltando regole e divieti e liberalizzando gran parte dell'attività venatoria, in un testo unico affidato alle cure del senatore del Popolo delle libertà Franco Orsi, parlamentare ligure dalla brillante carriera regionale, all'insegna dello slogan: 'Per la caccia vota un cacciatore'.

Tanto per cominciare, si abbassa l'età in cui è consentito imbracciare il fucile: a 16 anni si potrà prendere un patentino e andare a sparare per boschi e contrade. Il popolo dei 700 mila cacciatori italiani dunque si potrà infoltire di figli e nipoti, che la legge considera immaturi per votare e guidare un'auto, ma non per impallinare un cinghiale. Come si regolerà la responsabilità civile e penale in caso di incidenti causati dai minorenni in doppietta, non è specificato dal progetto di legge. Che invece detta minuziosamente le norme per l'allargamento della libertà di caccia, unificando diverse proposte accumulatesi negli anni, tutte provenienti dai banchi del centrodestra.

Le intenzioni sono chiare, sin dall'articolo 1 che, dettando i principi generali, fa sparire la solenne affermazione dell'interesse della comunità nazionale alla protezione della fauna. Messa in chiaro la filosofia, si passa ai fatti. Nei parchi naturali si potrà sparare: sarà lecita la caccia in deroga "per piccole quantità" e quella per il "controllo faunistico", insomma quando ci sono animali in eccesso che danno fastidio. Conclusione: "Nei parchi si potranno cacciare peppole e fringuelli, con piani pluriennali", denuncia Legambiente.

Ma non è tutto: le regioni che hanno istituito parchi su più del 30 per cento del territorio saranno punite con sanzioni economiche. Nessuna sanzione, invece, per chi sta al di sotto del minimo di zone protette previsto dalla legge.

Se la deregulation arriva nei parchi, figuriamoci fuori. Mentre finora la legge del cacciatore è stata incentrata sul suo ancoraggio al territorio, in futuro le doppiette potranno spostarsi da una regione all'altra per seguire gli uccelli migratori: basterà comunicarlo alle autorità e pagare qualcosa. I poveri migratori se la vedranno brutta anche per la riduzione delle aree protette sui valichi montani, dove adesso passano indisturbati mentre in futuro sarà consentita la presenza di cacciatori.

Liberalizzazione totale anche per quanto riguarda l'uso di uccelli come esche o zimbelli: via il tetto massimo, via anche gli anellini per identificarli ed evitare abusi. "È una pratica arcaica oltre che crudele: per fortuna lo fanno in pochi, non si capisce perché la legge vuole questo ritorno al passato", dice Danilo Selvaggi della Lipu. A proposito di pratiche arcaiche: se un cacciatore vuole imbalsamare le sue prede, avrà carta bianca senza i vincoli e le regole che esistono per gli imbalsamatori ufficiali.

Il controllo della fauna, già evocato per aprire alla caccia nei parchi, permetterà ai sindaci di dare mano libera ovunque ai cacciatori per abbattere animali che fanno danni o causano fastidio: cervi, lupi ma anche cani e gatti. Non mancano infine le novità affidate al privato: nelle aziende faunistico-venatorie si potrà cacciare tutto l'anno e anche senza licenza, sparando su animali appositamente liberati per il divertimento di tiratori da luna park. E per coloro che violeranno le (poche) regole che restano, mano di velluto: ai bracconieri presi sul fatto basterà pagare una multa per riavere le proprie armi. E riprendere la caccia.

Il mondo si sbaglia... tutto?



La smentita di Palazzo Chigi. In tarda serata, una nota di Palazzo Chigi ha smentito i media che hanno riportato la battuta del premier. "La frase che il presidente Berlusconi ha detto sottovoce al presidente Sarkozy durante la conferenza stampa a Villa Madama, mentre si stava parlando del riconoscimento in Italia dei baccalaureati, era semplicemente: "Tu sais que j'ai ètudiè à la Sorbonne" ("tu sai che ho studiato alla Sorbona"). Al presidente Berlusconi hanno dato l'oscar della volgarità che non meritava. A loro spetta invece l'oscar della denigrazione che si meritano appieno". Per la precisione, Berlusconi (laureato alla Statale di Milano) alla Sorbona ha frequentato un corso estivo.

venerdì, febbraio 27, 2009

Everybody loves Obama....almost

I like this pic

I adore Velvet Underground and Nico was hot

La classe!

giovedì, febbraio 26, 2009

Rita Adria


In un Paese profondamente mafioso come l'Italia, le persone che combattono la mafia si ammazzano e poi gli si dedica un film. È sempre successo così e lo stanno rifacendo con Rita Adria. Un film onesto, ma non eccezionale. Io riposto invece un vecchio articolo dal Corsera su questa povera ragazza che si suicidò dopo la morte di Borsellino. Enjoy and be proud to be italian.

Adesso vuole trasferirla nella cappella della propria famiglia. Giovanna Cannova continua la sua guerra personale contro la figlia, Rita Adria, la giovanissima collaboratrice della giustizia che, dopo avere rivelato i segreti della mafia di Partanna al giudice Paolo Borsellino, si tolse la vita il 26 luglio del ' 92, ad appena una settimana dalla strage di via D' Amelio, dove il magistrato della lotta alle cosche trovo' la morte assieme alla sua scorta in uno spaventoso attentato. Giovanna Cannova non ha mai condiviso la scelta di Rita di collaborare con la giustizia. Per questo l' aveva rinnegata gia' da viva e dopo il suicidio non volle andare neanche ai suoi funerali. Attese poi la ricorrenza dei defunti per accanirsi a martellate sulla tomba: un odio che sembra inestinguibile, addirittura distrusse a martellate la foto sulla lapide della ragazza. Adesso vuole cancellarne la memoria, traslando la bara in una cappella chiusa da un cancello. Non le importa di contraddire la volonta' di Rita: "Sarei felice . aveva scritto nel suo diario la ragazza . se potessi stare dopo la mia morte insieme a Nicola e a mio padre". Era stata la cognata, Piera Aiello, moglie di Nicola, anche lei collaboratrice della giustizia, a disporre che la volonta' di Rita fosse rispettata. Da allora, la tomba e' diventata la meta abituale di centinaia di visitatori, soprattutto in occasione delle manifestazioni per la commemorazione delle vittime della strage di via D' Amelio. Era stato proprio quell' eccidio ad uccidere Rita, una ragazza di 17 anni, pentita di colpe che non erano sue e che aveva deciso di collaborare con la giustizia perche' dopo l' uccisione del padre Vito e del fratello Nicola da lei adorati, aveva capito che non poteva continuare a vivere in quel mondo sanguinario e violento. Per questo aveva deciso di rivelare al giudice Borsellino, allora procuratore della Repubblica di Marsala, tutto cio' che sapeva sulle cosche mafiose di Partanna e che aveva appreso dalle discussioni ascoltate in casa. Da quelle rivelazioni scaturi' un' inchiesta con ventiquattro imputati. Dopo la strage, Rita era sprofondata nella disperazione. Per lei Paolo Borsellino era come un padre, un punto di riferimento. Non le bastava piu' l' affetto della cognata, ne' della nipotina, Rita Maria di appena quattro anni. E cosi' , in una calda domenica di luglio decise di farla finita, lanciandosi dal balcone di un appartamento in un casermone della periferia romana che le era stato messo a disposizione dall' Alto Commissariato antimafia. Ed ora e' Piera Aiello a denunciare, in una lettera aperta inviata anche alla procura della Repubblica di Marsala, le intenzioni di Giovanna Cannova. Sarebbe la cancellazione della memoria della figlia lo scopo che spingerebbe la signora Cannova a chiedere l' autorizzazione al Comune di Partanna per traslare la salma di Rita e tumularla nella cappella della propria famiglia. "Diventerebbe impossibile . scrive Piera Aiello . avvicinarsi alle spoglie di Rita, perche' la cappella dei Cannova e' protetta dai cancelli". Lei, invece, vuole continuare a portarle "un fiore bianco sulla tomba", cosi' come si erano promesse reciprocamente, piangendo, il 19 luglio del ' 92, quando seppero dell' uccisione di Borsellino. "Vuole isolare Rita per la terza volta . continua Piera Aiello . perche' dopo la morte del padre la costringeva a vivere da reclusa, allontanandola dagli amici, ed e' stato per questo motivo che Rita si allontano' da lei, iniziando una nuova vita come collaboratrice di giustizia. La tomba dove si trova rappresenta per Rita la liberta' sempre negatale dalla madre ed ora finalmente raggiunta anche a costo della sua stessa vita". Denunciata per la profanazione del giorno dei morti, Giovanna Cannova e' stata condannata dal pretore di Partanna a due mesi e venti giorni di reclusione, pena sospesa. Ai giudici la donna tento' di spiegare durante il processo che non voleva oltraggiare la tomba, ma solo distruggere quella fotografia scelta da Piera Aiella, la nuora che, disse, "ha portato la disgrazia nella mia famiglia. Rita non sapeva nulla di quelle storie. E stata lei a convincerla a parlare. Se non l' avesse fatto, forse Rita sarebbe ancora viva".

Petta Giorgio
(6 settembre 1994) - Corriere della Sera)

Tutto comincia da lì




Non è possibile SEMPRE voltarsi e guardare dall'altra parte. L'Italiano è una delle cose che sa far meglio. Per quieto vivere, per un "finto" pudore che in realtà e vigliaccheria o menefreghismo. Il declino comincia da lì.


Fonte: Repubblica.it
COSENZA - Una donna romena di 34 anni è stata sequestrata e violentata per giorni a Cosenza da un immigrato marocchino, e poi da un connazionale, che sono stati arrestati dai carabinieri. I due sequestri sono avvenuti nella stessa stazione degli autobus, davanti a decine di persone: nell'indifferenza generale, la donna ha urlato e chiesto aiuto ai passanti, ma nessuno le ha dato ascolto.

La vittima lavora come badante per una famiglia di San Benedetto Ullano (Cosenza), alle porte della città. Il cittadino marocchino e quello romeno, accusati di averla violentata, sono entrambi disoccupati ed hanno precedenti penali non specifici. I carabinieri sono giunti ai due arresti grazie alle indicazioni molto particolareggiate fornite dalla donna. Che è stata condotta in ospedale, poi è stata dimessa e affidata a un istituto di accoglienza.

Ad abusare della donna è stato dapprima il marocchino, Said Echi Chercki, di 36 anni. Dopo averla sequestrata, l'ha portata, sotto la minaccia di un coltello, in un capannone, dove l'ha tenuta segregata per circa dieci giorni.

L'uomo ha poi portato con sé la donna alla stessa stazione degli autobus nella quale l'aveva sequestrata. Qui le si è avvicinato un connazionale, il romeno Marin Tanase, di 34 anni, che, con la scusa di aiutarla, ha minacciato il marocchino. Salvo poi, a sua volta, portarla in un altro capannone dove per altri cinque giorni l'ha sottoposta a violenze ed abusi sessuali. La donna, approfittando di un momento in cui Tanase si era allontanato, è riuscita a liberarsi ed ha denunciato le violenze subite ai carabinieri.

E che problema c'è?



Il caro direttore di Libero, Feltri, è sempre in sevizio permanente effettivo nella difesa dell'amato leader. Con la solita verve cerca di banalizzare un fatto gravissimo che avrebbe provocato la fine politica di qualsiasi uomo politico in qualsiasi paese del mondo ovviamente civilizzato (anche se persino in Camerun la gente ha cominciato a scendere in strada). Al coraggioso anticomunista appare illogico criticare Berlusconi per aver cercato di piazzare un paio di atrici in Rai (lui, proprietario di Mediaset). Tutto normale, direttore. E che problema c'è? Oltretutto adesso quelle intercettazioni saranno distrutte (per una legge voluta dall'esecutivo Berlusconi).....

Fonte:libero-news

"Tanto rumore per nulla. La scandalosa vicenda delle telefonate malandrine fra Berlusconi e il direttore di Rai Fiction, Saccà, si è risolta in una bolla di sapone. È perfino imbarazzante scriverne. All’epoca fu talmente montata dai media da apparire compromettente per il futuro del premier. D’altronde non c’è come spargere fango col ventilatore: qualche schizzo arriva sempre a destinazione. E anche in questo caso, per quanto a lieto fine dal punto di vista dei protagonisti, i danni compiuti sono e saranno difficili da eliminare. I diffamatori professionali non si erano risparmiati nel dipingere il Cavaliere e il suo fido scudiero come un binomio di mascalzoni dedito a sporchi affari: favori, donnine (nel senso di attrici e attricette da piazzare magari per ottenerne le grazie), programmi di successo e relativi cachet. A supporto della tesi lubrica c’era una collezione di intercettazioni telefoniche sulle quali fiorirono romanzi osé (...) (...) e pornoipotesi. Circolarono a velocità supersonica voci spacciate per notizie: la magistratura è in possesso di bobine dal contenuto così piccante che se fossero divulgate Berlusconi sarebbe costretto a espatriare per la vergogna. Senza tenerla lunga: tutte fandonie, materiale da mandare al macero, inservibile a fini giudiziari. La stessa Procura ne chiede la distruzione al Gip. Quanto alle accuse di corruzione, da archiviare. Una pietra tombale sul preteso scandalo rivelatosi fuffa, robaccia da portineria. Cosa resta da dire se non che il tentativo di ridisciplinare l’uso delle intercettazioni è più che giustificato? Qui non si tratta di sottrarre agli inquirenti un prezioso strumento di indagine, ma di vietarne il ricorso indiscriminato nonché la diffusione acritica a mezzo..." (continua su Libero...)

Rechstradikale

Le dimissioni di Mentana

...punti di vista

Gli approfondimenti di Elkann

Senza parole.....

mercoledì, febbraio 25, 2009

Di cosa stiamo parlando?

I due emendamenti. Il testo sottoscritto da Finocchiaro recita: "L'idratazione e la nutrizione, indicate nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono da considerarsi sostegno vitale e sono comunque e sempre assicurate al paziente in qualunque fase della vita. Nell'ambito del principio di autodeterminazione, nel rispetto dell'articolo 32, secondo comma, della Costituzione, è ammessa l'eccezionalità del caso in cui la sospensione di idratazione e nutrizione sia espressamente oggetto della dichiarazione anticipata di trattamento". Oltre alla firma di Finocchiaro ci sono quelle dei parlamentari Luigi Zanda, Nicola Latorre, Fiorenza Bassoli, Daniele Bosone, Franca Chiaromonte, Lionello Cosentino, Leopoldo Di Girolamo, Ignazio Marino, Donatella Poretti.

L'emendamento di Rutelli dice invece che "alimentazione e idratazione sono forme di sostegno vitale e sono fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze, non possono quindi essere oggetto di dichiarazione anticipata di trattamento. Nelle fasi terminali della vita o qualora il soggetto sia minore o incapace di intendere e di volere, la loro modulazione e la via di somministrazione, da commisurarsi alle aspettative di sopravvivenza, alle condizioni del paziente e alla necessità di non dar corso ad accanimento terapeutico, debbono essere il frutto di una interazione e comune di valutazione tra il medico curante, cui spetta la decisione finale, l'eventuale fiduciario e i familiari".

Lettera aperta all’onorevole Franceschini

Fonte: Micromega

Chi decide sulla propria vita?

La legge del governo sul fine vita viola i diritti umani
Il testo del disegno di legge su fine vita e testamento biologico
Non ci sarà nessun testamento biologico. La legge prevede il "sondino di stato" obbligatorio, anche contro la tua volontàUmberto Veronesi, Andrea Camilleri, Stefano Rodotà, Paolo Flores d'Arcais: Gli emendamenti del Pd sulla legge "fine-vita" non sono una mediazione, sono una resa.

Stimato onorevole Franceschini,
appena eletto segretario del Partito democratico, lei ha fatto riferimento alla laicità come valore irrinunciabile del suo partito, in quanto valore irrinunciabile della carta costituzionale. Il banco di prova della coerenza pratica rispetto a questa affermazione è costituito dall’atteggiamento che il suo partito assumerà nella discussione sulla legge cosiddetta “fine-vita”.
Laicità significa che nessuna convinzione religiosa o morale viene imposta per legge da un gruppo di persone, per quanto ampio, alla totalità dei cittadini. E questo vale più che mai per quanto riguarda ciò che è più proprio di ciascuno, che fa anzi tutt’uno con la propria esistenza, la sua stessa vita, e la parte finale di essa.
E infatti la Costituzione della Repubblica nel suo articolo 32, e la convenzione di Oviedo ratificata dall’Italia, la legge sul servizio sanitario nazionale, e numerose e univoche sentenze della Cassazione negli ultimi anni, stabiliscono in modo tassativo che nessun cittadino può essere sottomesso a “interventi nel campo della salute” senza il suo consenso (debitamente informato) e che tale consenso può essere ritirato in qualsiasi momento. La convenzione di Oviedo evita ogni distinzione tra “cure” e altri interventi (“di sostegno vitale”, ecc.) proprio perché non si possa giocare sulle parole e violare così il diritto del paziente di rifiutare qualsiasi trattamento medico e/o ospedaliero (tranne che per gli eccezionali motivi di sicurezza pubblica: epidemie, vaccini e simili).
Sulla propria vita, insomma, può decidere solo chi la vive, e nessun altro. Questo l’abc della laicità che l’Europa tutta ha adottato in campo medico, confermando l’essenzialità del consenso informato nell’articolo 3 della carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea.
Il disegno di legge Calabrò distrugge tale diritto. All’art. 2, comma 2 dice infatti: “L'attività medica, in quanto esclusivamente finalizzata alla tutela della vita e della salute, nonché all'alleviamento della sofferenza non può in nessun caso essere orientata al prodursi o consentirsi della morte del paziente, attraverso la non attivazione o disattivazione di trattamenti sanitari ordinari e proporzionati alla salvaguardia della sua vita o della sua salute, da cui in scienza e coscienza si possa fondatamente attendere un beneficio per il paziente”.
Il che significa che Piergiorgio Welby non potrebbe far disattivare il respiratore artificiale, e che Luca Coscioni non avrebbe potuto rifiutare la tracheotomia, e che l’amputazione di un arto che va in gangrena diventerebbe coatto, e così la trasfusione di sangue anche a chi la rifiuta per motivi religiosi (tutti rifiuti garantiti oggi dalla legge e più volte applicati fino al “prodursi della morte del paziente”).
Non basta. L’articolo 5 comma 6 stabilisce che “Alimentazione ed idratazione, nelle diverse forme in cui la scienza e la tecnica possono fornirle al paziente, sono forme di sostegno vitale e fisiologicamente finalizzate ad alleviare le sofferenze e non possono formare oggetto di Dichiarazione Anticipata di Trattamento”. In tal modo il cosiddetto testamento biologico diventa una beffa. Qualsiasi cosa abbia stabilito il cittadino, davanti a un notaio e reiterando le sue volontà ogni tre anni, il sondino gli sarà messo in gola a forza. I medici delle cure palliative hanno del resto spiegato drammaticamente che alimentazione e idratazione non alleviano ma moltiplicano e intensificano le sofferenze nei malati terminali. Queste sofferenze aggiuntive, che è difficile non definire torture in malati in quelle condizioni, diventano con questa legge obbligatorie.
E’ evidente il carattere anticostituzionale di tale legge, ma anche il suo carattere semplicemente disumano. Purtroppo gli emendamenti proposti dal suo partito (primo firmatario Anna Finocchiaro) lasciano intatta la violenza dell’articolo 2 comma 2, e aprono solo un modesto spiraglio rispetto a quella dell’articolo 5 comma 6. Non parliamo della cosiddetta “mediazione” di Rutelli, praticamente indistinguibile dal disegno di legge della maggioranza, e che non a caso è stata benevolmente accolta dall’on. Quagliariello.
Il Partito democratico aveva il suo progetto di legge da anni, e con tale programma andò alle elezioni che portarono al secondo governo Prodi: la legge firmata da Ignazio Marino. Ogni passo indietro rispetto a tale proposta sarebbe una rinuncia pura e semplice ai diritti elementari sanciti dalla Costituzione, dalla convenzione di Oviedo, dalle sentenze della Cassazione.
Abbiamo letto che il suo partito sarebbe comunque orientato a dare ai suoi parlamentari “libertà di coscienza” al momento del voto. Ci sembra che tale atteggiamento sia frutto di un fraintendimento molto grave.
Se venisse presentato un disegno di legge che stabilisce la religione cattolica come religione di Stato, proibisce il culto ai protestanti valdesi e obbliga gli ebrei a battezzare i propri figli, sarebbe pensabile - per un partito politico che prenda sul serio la Costituzione - lasciare i propri parlamentari liberi di “votare secondo coscienza”, a favore, contro, astenendosi? O non sarebbe un elementare dovere, vincolante, opporsi a una legge tanto liberticida?
La legge ora in discussione sulle volontà di fine vita è, se possibile, ancora più liberticida (e disumana) di quella sopra evocata. Non costringe al battesimo forzato, costringe al sondino forzato, al respiratore forzato, a qualsiasi accanimento che prolunghi artificialmente una vita che, per la persona che la vive, non è più vita ma solo tortura. Peggiore quindi della morte.
In ogni caso la libertà di coscienza del parlamentare non può essere invocata per violare e cancellare la libertà di coscienza delle persone.
Siamo certi perciò che nulla di tutto questo accadrà, e che in coerenza con il valore della laicità da lei riaffermato, il Partito democratico non tollererà scelte che violino, opprimano e vanifichino l’elementare diritto di ciascuno sulla propria vita.

Andrea Camilleri
Paolo Flores d’Arcais
Stefano Rodotà
Umberto Veronesi

martedì, febbraio 24, 2009

Bambole non c'è una lira



Già gli Istituti di Cultura all'estero fanno vergognare un italiano di essere tale, poi la crisi non fa che aggravare una situazione già da terzo mondo (ma dicono che noi siamo il popolo di Dante, Leonardo... ecc ecc)

Frattini culture club
fonte: l'espressonline

Grossi cambiamenti all'Istituto italiano di cultura a Londra. Il direttore Carlo Presenti, grande amico del ministro degli Esteri, ha chiuso la biblioteca e ridotto i corsi di italiano

Circolano malumori sul direttore dell'Istituto italiano di cultura a Londra, Carlo Presenti, coetaneo, collaboratore e grande amico del ministro degli Esteri Franco Frattini, che colà lo ha destinato. Dal 20 gennaio Presenti ha chiuso la biblioteca intitolata a Eugenio Montale ("Per ristrutturazione"; ma è stata rinnovata nel 2004), ha abolito il notiziario degli eventi, notevolmente ridotto gli inviti a scrittori e artisti, diminuito i corsi d'italiano chiudendo alcune aule.

Eliminata l'installazione luminosa all'ingresso che non gli garbava, ha voluto ripavimentare gli uffici in marmo senza informare il Westminster Council, benché il palazzo di Belgrave Square sia sotto tutela. Quando si è rimediato, dal Council è arrivata la bocciatura e il blocco dei lavori. Infine è stata tagliata la collaborazione con l'Italian Bookshop, l'unica libreria italiana a Londra. Presenti si è irritato perché un libro divertente ('How to Live Like an Italian') presentato dal Bookshop conteneva un passo irrispettoso verso Berlusconi.

"Quella è troppo di sinistra": così ha bollato la direttrice Ornella Tarantola, rea di avere ospitato alcune riunioni dell'associazione Libertà e Giustizia. Presenti, a differenza dei suoi predecessori, non risiede nell'alloggio del direttore sul retro dell'Istituto (si è affittato un appartamento a Vauxhall) e non è un intellettuale (è ingegnere chimico). Però è stato il capo di gabinetto a Bruxelles di Frattini, quand'era vicepresidente della Commissione europea, e male non gli ha fatto.
E. A.

Si spoglia nudo




Dal Corriere.it:

Grande Fratello: fuori il sexy idraulico. Paolo Mari s'infuria e si spoglia nudo.

Domanda: sarebbe stato meno scandaloso se si fosse spogliato vestito? Misteri del giornalismo italiano....

"Solo" 17 anni




Grande Mentana, appena 17 anni per accorgersi di una cosa sotto gli occhi di tutti.

NON HO PAURA DEL LUPO BERLUSCONI
Germano Morosillo per "Pocket"

Voleva il suo momento di celebrità, nulla di più. E invece è passata, in maniera del tutto accidentale, alla storia recente della televisione italiana. E' successo tutto la sera del 9 febbraio. Mentre l'Italia si commuoveva per la morte di Eluana Englaro, Federica Rosatelli piangeva davanti alle telecamere per l'esclusione dal Grande Fratello.

Un contrasto stridente tra dramma autentico e dolore televisivo. Troppo per Enrico Mentana che si dimetteva da direttore editoriale di Mediaset, in polemica con le scelte dell'azienda sulla programmazione di Canale 5.

Un abbandono improvviso, non inatteso. Diciassette anni scanditi da molti successi e poche polemiche. E poi un disagio, cresciuto negli ultimi anni, con l'avvento della nuova dirigenza. L'asse di equilibrio tra vocazione informativa e commerciale di Mediaset si sarebbe gradualmente spostato, fino ad anteporre il reality alla realtà.

Si dice che quando si danno le dimissioni il vero rischio è che vengano accettate. In questo caso non c'erano margini di incertezza: divorzio doveva essere e così è stato. Da quel momento Mentana è diventato un caso politico: denunce, polemiche, dichiarazioni, rivendicazioni. Tutti hanno detto, tanti hanno scritto. E adesso parla lui.

Rimpianti?
"Quando si prendono decisioni come questa non si può parlare di rimpianto. Il rimpianto ci sarebbe stato se non avessi fatto nulla di fronte alla scelta di Mediaset".

Forse avresti voluto spiegare al pubblico i motivi delle tue dimissioni.
"Un po' dispiace non averlo potuto fare, ma sono convinto che il pubblico li abbia capiti".

La solidarietà dei giornalisti del Tg5?
"Mi ha molto colpito e commosso. Non era scontata, per ovvi motivi. Un fatto importante".

Hai detto che la tua decisone era nell'aria da tempo. Perché?
"C'è stato un allontanamento dalla mission di Mediaset, di Canale 5 in particolare. L'equilibrio tra fascino commerciale e responsabilità di servizio pubblico è progressivamente venuto meno. Oggi si constata una maggiore compenetrazione con le sorti di una parte politica del Paese".

Più intensa dopo il ritorno del centrodestra al governo?
"Si può dire che le ragioni del proprietario sono tenute in conto dalla dirigenza."

L'informazione a Mediaset oggi è meno credibile?
"Tre giorni dopo la morte di Eluana, sul Corriere della Sera, un sondaggio Ipsos di Mannheimer metteva in rilievo la perdita di credibilità delle istituzioni. Nell'elenco erano presenti anche i mass media, chi ne usciva peggio nel giudizio degli intervistati era Mediaset. Non spetta a me dire se oggi l'informazione a Mediaset è meno credibile. Nel corso degli ultimi anni comunque qualcosa è cambiato".

Questo cambiamento è coinciso con l'arrivo di Piersilvio?
"Non so personalizzare gli eventi, posso descriverli. E' un processo che ho progressivamente visualizzato e che si è accelerato con la nuova generazione del gruppo dirigente. E' scemato l'interesse per l'informazione giornalistica. Si è puntato sulla ricerca di audience, sui proventi della raccolta pubblicitaria, sulla ricerca dell'incasso per l'incasso.

L'insieme dei canali Mediaset non offre un programma di informazione in prima serata. Per di più gli appuntamenti di news di seconda serata come Matrix, Terra, lo stesso Costanzo Show, che pur è una cosa diversa dal puro programma di informazione, sono stati relegati oltre la mezzanotte".

Ti ha deluso il silenzio di Berlusconi dopo le tue dimissioni?
"Non lo sento da mesi, e in ogni caso sono anni che non ho rapporti diretti con lui".

E il fatto che Piersilvio, Confalonieri, non ti abbiano chiamato?
"Da un punto di vista umano si commenta da solo. Ma voglio chiarire una cosa: non sono uno che mangia per 17 anni nello stesso ristorante e all'improvviso dice che la cucina era pessima. Mediaset è stata un'avventura esaltante. Berlusconi nel '91 mi ha chiamato e mi ha dato un sogno: costruire un Tg partendo da zero. Ho vissuto i 13 anni al Tg5 in perfetta libertà, anche quando Berlusconi è diventato politico.

Ho rispettato la scelta dell'azienda di rimuovermi dalla direzione del Tg5, pur non condividendola. Sono rimasto, ho accettato la scommessa di Matrix, che poteva non essere un successo, un prodotto nuovo per la rete e per me, come passare dai cento metri alla maratona. L'ultima pagina è stata brutta, non per questo vanno cancellate quelle che l'hanno preceduta".

Quante belle pagine in questi anni?
"Tante. Me ne vengono in mente alcune recenti. La puntata di Matrix con Saviano che parlava di camorra, quella con Genchi, l'intervista a Veltroni e Berlusconi, al quale ho tolto la parola..".

Puoi ricostruire cosa accadde a Mediaset la sera del 9 febbraio ?
"Quel giorno il Parlamento era stato convocato a tappe forzate per la legge "salva-Eluana". Alle 20,25 Tg1 e Tg5 danno la notizia. Il primo si allunga di venti minuti, mentre il Tg5 si chiude nel classico orario, dedicandogli sette minuti. Dopodiché Canale 5 non se ne occupa più, fin dopo mezzanotte.

Che modo è di dare informazioni? Stiamo parlando di una vicenda che interessava l'intero Paese, basta fare una panoramica sulle prime pagine dei quotidiani di quei giorni. Non era una notizia come un'altra, era l'avvenimento di cui tutta l'Italia era stata messa al corrente".

Non bastava lo speciale su Rete4?
"Quella dello speciale su Rete4 è una giustificazione a posteriori. Se avessero voluto davvero puntare su quel programma, sarebbe bastato uno scorrevole sotto il Grande Fratello per informarne gli spettatori. Invece si è deciso di non fare nulla. Ho saputo solo alle 23 che non avrei fatto Matrix. A me interessava il rapporto umano con i telespettatori, con quella famiglia. Per ragioni di audience si è fatta una scelta sbagliata".

Quella sera come l'hai passata?
"Ho avvisato i vertici aziendali, dopo che un sms mi aveva preavvertito della morte di Eluana. Mi hanno chiesto se ero pronto, ho risposto di sì. Ho fatto tre proposte diverse, nessuna che prevedeva la cancellazione del Grande Fratello".

Quali?
"Far precedere il Grande Fratello da un'edizione speciale del Tg5 e farlo seguire da Matrix. Intervallare il Grande Fratello con delle finestre del Tg5 o Matrix. Anticipare la chiusura alle 23. Nessun riscontro".

Stavi guardando il Grande Fratello?
"Lo stavo guardando quando ho visto quella ragazza che piangeva, ma non per Eluana. Piangeva perché doveva uscire dal programma. Mi sono cadute le braccia. Irridere l'emozione di una parte del Paese trasmettendo un dolore finto, un pianto in vitro. L'ho trovato intollerabile. E' stato in quel momento che ho capito quale fosse la decisione da prendere".

Un tuo errore?
"Forse restare convinto che Canale 5 fosse obbligato a informare. Comunque l'aria era quella da settimane. C'è un ridimensionamento progressivo funzionale a una catena editoriale, slegato da compiti di informazione".

Conosci Alessio Vinci?
"Meglio di tutti, lo conosco privatamente".

Ti ha detto lui che avrebbe preso il tuo posto a Matrix?
"Me l'ha comunicato Mediaset".

Pensi possa cavarsela bene?
"Non sta a me dirlo. Sono stato giocatore tanto tempo, non voglio mettermi in cattedra per dare giudizi su chi scende in campo ora".

Come li stai trascorrendo questi giorni?
"Come ogni anno quando iniziano le vacanze. Con i miei figli, con i miei impegni giornalistici che continuano in radio, con Vanity Fair. E passando molto tempo in mezzo alla gente... anche perché non ho la patente".

Non avverti il distacco?
"Tra un po', forse. Adesso è passato troppo poco tempo".

Sembra che tu abbia una voce triste.
"Al contrario, sono completamente rilassato: il tono dipende dal fatto che sono sdraiato! Per la prima volta da dieci giorni non alzo la voce, non mi tocca agitarmi. Sono sereno: ho fatto la cosa giusta e sono pronto a rimettermi in gioco".

In Rai?
"Non tornerei a viale Mazzini dopo tanto tempo: mi sono dimostrato indocile rispetto a Mediaset, figuriamoci la Rai".

La voce di tuoi contatti con Sky?
"Falsa. Mai sentito i vertici di Sky, né prima né dopo le mie dimissioni. Qualcuno ha voluto a farlo credere. E' una voce messa in giro dall'interno".

Di Mediaset?
"Sì".

Adesso si va dal giudice.
"Io ho presentato le mie dimissioni da direttore editoriale, Mediaset dice che mi sono licenziato. A Berlusconi non piace la costituzione sovietica ma Mediaset nei miei confronti ha adottato un comportamento di tipo sovietico, con l'espulsione dal partito e la sentenza pronunciata da Crippa. Ma non farò la fine della pecora davanti al lupo. Del lupo non ho paura".

lunedì, febbraio 23, 2009

A great movie

Corriere's correspondent said this movie didn't deserve 8 awards. Listen to me....shut up

domenica, febbraio 22, 2009

Let's stay zen

Argute provocazioni




Siparietto idiota fra la giornalista di Libero e Povia al dopofestival di domenica su Raiuno. La tizia (che io non posso considerare una collega manco per niente), dice:

"Per onestà intellettuale (chissà se la tizia conosce il significato di questa affermazione lavorando in un giornale equilibrato come Libero), se Luca dovesse tornare gay farà un'altra canzone?"

A questa arguta, intelligente provocazione, il genio della musica risponde:

"Ti faccio un fax".

Le radio la potranno pure passare come hai detto tu caro Povia, ma questa canzone è immondizia.

Balle spaziali




Da 'il Sole 24 ore'

Sulle risorse anti-crisi un puzzle ancora da comporre
di Marco Rogari

Una storia che parte da lontano. È quella della "dote" del piano anti-crisi italiano. È infatti il 15 novembre 2008 quando, alla fine del G-20 convocato negli stati Uniti per affrontare "l'emergenza globale", il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, e il ministro Giulio Tremonti annunciano per la prima volta che l'Italia è pronta a mettere in campo complessivamente 80 miliardi di euro. Un intervento, precisano il premier e il titolare dell'Economia, pari a 5 punti di Pil, destinato per circa 40 miliardi ad essere "alimentato" dall'accelerazione della spesa pubblica e privata derivante dallo sblocco di fondi in compartecipazione europea.Due settimane più tardi, il 28 novembre, il Consiglio dei ministri vara il decreto anti-crisi (n. 185/2008), poi approvato dal Parlamento alla fine di gennaio. Il Dl diventa la terza punta del tridente utilizzato dall'Esecutivo per fronteggiare l'emergenza, di cui fanno parte anche i due provvedimenti cosiddetti "salva-banche" che però non hanno una ricaduta diretta sui conti pubblici.Quando esce da palazzo Chigi il valore per il 2009 del decreto anti-crisi è di circa 6,3 miliardi. Ma alcuni giorni dopo, nel passaggio del testo alla Camera, si scopre che il reale impatto sul 2009 delle misure varate dall'Esecutivo è di poco inferiore ai 5 miliardi e che la copertura finanziaria scende anche per il 2010 (da 2.347 a 2.112 milioni) e per il 2011 (da 2.670 a 2.434,5 milioni). I relatori di maggioranza del provvedimento a Montecitorio affermano che i ritocchi al ribasso sono da imputare ad errori tecnici nella "contabilizzazione" originaria.Anche dopo la conversione in legge del decreto il Governo continua a far riferimento ad un intervento da 40 miliardi per il triennio 2009-2011, potenzialmente elevabili a 80 miliardi grazie all'utilizzo dei fondi Ue. Lunedì scorso il premier spiega come si arriva a quota 40 miliardi: «Basta sommare i 6 miliardi di riduzione del decreto sull'Iva, i 16 miliardi per le infrastrutture che siamo finalmente riusciti a sbloccare, i 10 miliardi di finanziamento alle imprese e gli 8 miliardi per gli ammortizzatori sociali». Quasi tutte queste voci hanno una loro storia e, di fatto, uno specifico iter.Sul fronte delle infrastrutture, dei 16,6 miliardi citati dal Governo, l'iniezione vera di risorse pubbliche per i cantieri ammonta al momento a 5,9 miliardi, tutte provenienti dal Dl 185 e dalla sua attuazione: 3,7 miliardi sono alimentati dalla riprogrammazione del Fas (ma con la cassa tutta da definire) e 2,3 miliardi di legge obiettivo, ancora da distribuire. Per arrivare alla cifra di 16,6 miliardi si devono includere: circa 3,7 miliardi distribuiti effettivamente dal decreto anti-crisi a valere sui fondi Fas ma destinati al finanziamento dei treni regionali delle Ferrovie e all'emergenza Tirrenia; circa 7 miliardi di opere autofinanziate da concessionari privati delle autostrade del Nord che hanno avuto un iter lungo dieci anni e potrebbero aprire i cantieri nel 2009.La riduzione Iva citata dal premier sembra collegata, a differenza dei 10 miliardi di finanziamenti alle imprese che non appaiono facilmente delimitabili, all'articolo 9 del decreto anti-crisi relativo alla restituzione dei rimborsi fiscali ultradecennali. Articolo che, nella versione approvata dal Parlamento, riguarda anche la velocizzazione dei crediti vantati dalle imprese nei confronti della pubblica amministrazione. Entrambe le operazioni dovrebbero scattare sulla base delle risorse (5,7 miliardi l'anno) in origine destinate al "saldo" delle "pendenze" sull'Iva auto aziendale (legate alla nota sentenza della Corte di giustizia Ue) poi però rimaste in larga parte inutilizzate a causa del ridimensionamento della portata della vicenda. Risorse che, tra l'altro, secondo quanto affermato dall'Agenzia delle entrate il 30 dicembre scorso sarebbero già state parzialmente utilizzate per avviare i pagamenti (nei primi mesi del 2009) di rimborsi Irpeg per 3 miliardi e di rimborsi Irpef per 300 milioni (e non quindi di rimborsi Iva).Quanto agli ammortizzatori sociali, a tutt'oggi le risorse stanziate raggiungono quota un miliardo e 26 milioni, (che potrebbe salire a quasi 1,2 miliardi per effetto di alcuni interventi "collaterali). In origine la manovra estiva aveva autorizzato fondi per 600 milioni poi quasi raddoppiati con la Finanziaria e il Dl anti-crisi. Decreto che contiene anche la cornice legislativa per irrobustire ulteriormente la dote. Il negoziato con le regioni, oltre che con la Ue, è ancora in corso: il Governo chiede 2,7 miliardi alle autonomie, mettendo sul piatto 5,3 miliardi (non facili da reperire). C'è poi la partita sugli eventuali 40 miliardi da attingere da fondi Ue e regionali. Operazione non semplice, visto che l'obiettivo sembrano essere i fondi del Quadro strategico nazionale 2007-2013 che si compone sia di fondi strutturali (contributo comunitario) sia di cofinanziamento nazionale. Questi fondi, indirizzati a singoli assi e priorità, sono contenuti in Programmi operativi regionali e nazionali già approvati da Bruxelles. E rinegoziarne i contenuti con la Ue potrebbe richiedere tempi più lunghi di quelli richiesti da interventi di urgenza.

Che affondi



"Vorrei qui sottolineare che il mio Paese si trova in una situazione relativamente migliore rispetto a quello che i miei colleghi hanno riferito dei loro Paesi". Lo ha detto il premier Silvio Berlusconi nel corso di una conferenza stampa congiunta con gli altri leader al vertice dei Paesi europei del G20 a Berlino.

L'intero intervento è stato imbarazzante. Vergognoso. Se un paese in ginocchio come l'Italia si lascia prendere per culo così, semplicemente esso merita di affondare. Punto.

La twingo

sabato, febbraio 21, 2009

Dopo ponderata analisi...

..... mi permetto di esprimere la mia opinione sulla canzone di Povia "Luca era gay". Questa canzone è una cagata pazzesca. È talmente brutta da essere imbarazzante. Non si capisce come sia possibile che venga cantata. È una furba operazione per ingraziarsi determinate fette di pubblico, ma non ha la stoffa. La cosa migliore è la bonona che canta seduta sullo sgabello.

Non sono d'accordo sul contenuto del testo ma metto qui una canzone di Shakyra contro l'aborto che ha fatto sfracelli perché era semplicemente una buona canzone.

Povia, dia retta, o cambia mestiere o prova a produrre canzoni migliori.

Come eravamo...

Berlusconi all'Onu

venerdì, febbraio 20, 2009

La grande cultura italiana




La si può pensare come si vuole e la legge, come si dice sempre, farà il suo corso. A me comunque che uno così fosse alla testa di un premio talmente importante fa un certo effetto. Ovviamente negativo.

«Multato per un cappuccino», Soria, parla il maggiordomo. «Via 30 euro in caso di pulizie contestate. Provò a entrare nel mio letto, mi chiamava schiavo»

di Giusi Fasano
FONTE: Corriere

TORINO — «Quando provavo a difendermi diceva: forse non hai capito bene. La legge qui sono io. Io sono grande e tu sei piccolo, ti schiaccio come e quando voglio, chiaro?». Nitish si schiarisce un po' la voce e scandisce ogni sillaba: «Era ve-ra-mente ca-tti-vo». Mette assieme i ricordi di un anno e tre mesi «da incubo», come dice lui: quelli passati al servizio (come aiutante tuttofare) di Giuliano Soria, fondatore, padre e padrone del Premio letterario Grinzane Cavour. Oggi le parti sono invertite. Il «grande» adesso è lui, il ragazzo mauriziano di 28 anni che si fa chiamare Nitish (in realtà si chiama Hemratjing Dabeedin) e che con la sua denuncia, con le sue quattro ore di interrogatorio davanti ai pubblici ministeri, con la sua audio-prova registrata con il telefonino ha fatto decollare uno scandalo che rischia di distruggere il Premio Grinzane. E il «piccolo» del momento, Soria, per adesso incassa i colpi di Nitish, comprese le accuse di molestie sessuali e di maltrattamenti e vessazioni di ogni genere.

«Voleva che io fossi a disposizione giorno e notte, magari per dirmi di lavare le scale all'una del mattino. Si arrabbiava ogni volta che non era soddisfatto: mi diceva "ti butto giù dal balcone" e mi toglieva soldi dalla paga, 30 euro se pulivo male, 50 per un cappuccino che non gli piaceva. Ma le parole che mi ferivano di più erano quelle razziste: negro, non sei fatto per vivere qui, sei un bastardo schiavo, mi diceva. E quando l'altra domestica lo pregava di smetterla lui urlava ancora di più: "È qui per lavorare, non per dormire. E deve fare quello che dico io". Mi costringeva perfino a mangiare carne rossa che per gli induisti come me non è consentito». Nitish dice di temere ritorsioni. «Ho paura che mi faccia cacciare dal-l'Italia. Lo diceva sempre: "Io ho tanti amici in polizia... una persona del suo giro mi ha mandato un sms di minaccia... ma io non ho fatto nulla di male. Ho studiato biologia e vorrei finire gli studi e vivere in Italia. Lo so che sono stato sfortunato. A parte lui io sono grato a questo Paese».

La procura torinese accusa Soria di maltrattamenti («qualche volta mi ha dato sberle», racconta Nitish), di violenza sessuale per le avances registrate in audio dal ragazzo («ha provato a entrare nel mio letto, mi ha messo le mani addosso») e di malversazione, perché avrebbe usato illecitamente i fondi pubblici destinati alle attività culturali. Ma di quest'ultima accusa non è Nitish l'autore. Sono le decine di suoi ex collaboratori che stanno aiutando i pm a ricostruire il puzzle del potere di Soria, capace come nessun altro, in Piemonte, di raccogliere milioni di euro di finanziamenti. Su una cosa sono tutti d'accordo, amici e nemici: Giuliano Soria non è un campione di rapporti umani. Conosce la diplomazia se deve trattare con premi Nobel e letterati, «ma è anche un uomo che vive di prepotenza, forse perché alla fine è un tipo insicuro » valuta Luciano De Venezia, per un anno e mezzo suo consulente per le comunicazioni esterne. «Io sono di Napoli e quando mi vide la prima volta mi disse "tu saresti il terrone che vuole venire a lavorare qui al Nord...". Fortuna che ero stato avvertito del suo carattere. Gli ho risposto per le rime ed è rimasto così spiazzato che poi andavamo quasi d'accordo. Ma se ti mostravi più debole era un disastro. Si partiva da cose tipo "oggi lei è vestito che è uno schifo" oppure "lei è troppo idiota per restare qui" fino alle fobie sulla segretezza dei computer».

Eppure quel «disastro» di padre- padrone in questa settimana nera ha raccolto un migliaio di messaggi di solidarietà. Il mondo letterario lo difende. Primo fra tutti il suo amico Sepúlveda. L'ultima a fargli sapere che lo stima è stata Ingrid Betancourt, qualche giorno fa. Lui passa di tanto in tanto dai suoi dipendenti, al Grinzane, prova a convincerli che la bufera passerà: «Lo so che è dura, ragazzi, ma vedrete che ce la faremo. Contro di me hanno montato attacchi personali. Tanto onore, tanti nemici. Ma il Premio deve andare avanti ».

I deliri del giovane Berlusconi




Fonte Ansa/Corriere

Piersilvio: «Sky è solo la tv delle élite. Vogliamo incalzare Murdoch ovunque». Berlusconi junior: «Mi fa tenerezza la sinistra che appoggia l'australiano: è il loro opposto»

MILANO — «Mi fanno quasi tenerezza, per non dire altro, quelli che nel centrosinistra si sono innamorati di Murdoch. Pensi: un signore che ha scalato e conquistato il Wall Street Journal, bibbia dei repubblicani americani e del capitalismo globale, che ha lanciato Fox-tv, il network che ha sostenuto per due mandati George W. Bush... ». Sorride Pier Silvio Berlusconi raccontando l'apparente paradosso italiano. Apparente soprattutto alla luce dello psicodramma che stanno attraversando i democratici dopo le elezioni sarde. Forse a renderlo così tranquillo è anche il fatto di aver superato il caso Mentana in scioltezza con il colpo di aver preso Alessio Vinci dalla Cnn, incassando anche i complimenti del network tv roccaforte del giornalismo mondiale. Ma concede ben poco alla diplomazia il vicepresidente esecutivo di Mediaset quando parla di concorrenza. Soprattutto dopo avere letto le cronache da Davos e le parole di James Murdoch, figlio di Rupert, e numero uno delle attività europee del colosso multimediale NewsCorp. «Ho letto che in Italia si sente ostacolato dall'establishment... Sarà, ma a noi sembra esattamente il contrario».

In Italia però Murdoch c'è arrivato come vaso di coccio tra le due corazzate Rai e Mediaset...
«No, si è insediato come monopolista del satellite. Un monopolio che ancora oggi ha ben saldo nelle sue mani».

Mi scusi ma i suoi accenti sembrano tanto dovuti alla reazione di chi soffre la concorrenza sul proprio territorio...
«Esattamente il contrario. Noi facciamo tv generalista gratuita. Loro tv tematica a pagamento. Sono due modelli di business completamente diversi. E gli ascolti lo dimostrano: Canale 5 da sola con il 23% è la prima rete italiana, gli oltre cento canali Sky fanno l'8-9% tutti insieme».

A dire il vero Sky è sulla bocca di tutti...
«Più che altro è sulla bocca del sistema mediatico. Sky può essere vista da 4,7 milioni di famiglie italiane su un totale di 24 milioni. A volte le élite scambiano le proprie abitudini e i propri consumi come fossero quelli di tutti. Ma non è così».

Ora non faccia lei la vittima.
«Tutt'altro. Senza voler parlare della crisi economica, e guardando agli ascolti televisivi, questo per noi è uno dei periodi migliori. Come le dicevo, Canale 5 è la prima rete italiana, si sta facendo un ottimo lavoro. Italia 1 è terza rete assoluta e Retequattro è sopra gli obiettivi. E se guardiamo al target commerciale, gli ascolti del pubblico tra 15 e 64 anni, quelli più interessanti per gli investitori pubblicitari, la nostra leadership è ancora più netta».

A proposito di pubblicità: che aria tira? La tv è il primo mezzo a captare i segnali di ripresa.
«Per ora oggettivamente di segnali di ripresa non se ne captano. Noi ci stiamo difendendo bene, ma il mercato è ancora molto complicato e la visibilità sul futuro è scarsissima».

Torniamo a Sky: ha appena detto che non vi dà fastidio, questa è una notizia.
«Un momento. Noi siamo in concorrenza, in forte concorrenza con Sky».

Decida, concorrenza o no?
«Mi faccia dire: sul fronte del fatturato le dimensioni di Sky Italia sono già simili alle nostre. E certo non sono i nuovi arrivati, nati in un garage, che si battono contro una multinazionale. Il gruppo Newscorp nel 2008 ha fatturato dieci volte il gruppo Mediaset e il loro utile netto è pari ai nostri ricavi in Italia».

D'accordo ma è concorrenza o no?
«Loro hanno tanti canali di nicchia con prodotti principalmente acquistati, professionali ma freddi, preconfezionati. Noi investiamo oltre un miliardo di euro ogni anno in contenuti italiani e offriamo gratuitamente una tv calda, fatta con i talenti più forti: riusciamo ad aggregare i migliori conduttori, autori e produttori. E regaliamo al pubblico il grande intrattenimento, fiction di alta qualità, informazione. E poi film e telefilm da tutto il mondo. Siamo in concorrenza con Sky, ma la loro è un'offerta complementare alla nostra. Tanto è vero che anche chi paga la pay via satellite guarda soprattutto le nostre reti gratuite».

Così calda la vostra tv che ogni tanto qualcosa vi scappa di mano, vedi il caso Mentana. Chi ha preso la decisione di metterlo fuori?
«Nessuno l'ha messo fuori, si è dimesso lui con un comunicato. Ho deciso io di non affidargli le finestre dentro il Grande Fratello. E l'ho fatto più per motivi editoriali che commerciali. Intanto la notizia era stata ampiamente data da tutti i tg. E a fronte di novità cruciali eravamo pronti a dare spazio al Tg5. Ma farlo a prescindere da nuove notizie sarebbe stato un approccio troppo sensazionalistico. E comunque Matrix è un programma di approfondimento: che senso avrebbero avuto dei commenti nel bel mezzo del Grande Fratello?
I commenti li abbiamo affidati a Emilio Fede con tutto il tempo necessario ».

Mentana come Veltroni, dimissioni pubbliche.
«Dimissioni quelle di Veltroni senza sceneggiate. Date pubblicamente e confermate. Un comportamento serio».

Dicono però che con Mentana vi siete tolti dalle scatole un giornalista che è sempre stato scomodo. Magari con il consenso del centro-destra e di suo padre.
«Questa è grossa. Che c'entra mio padre? Mi ha chiamato a cose fatte, stupito: "Ma che cosa è successo?". Non sapeva nulla di Mentana come da anni non sa quasi nulla della vita quotidiana di Mediaset. Anche della scelta di Alessio Vinci non era al corrente».

Un colpo di reni la mossa di bussare alla Cnn...
«È successo tutto in 48 ore. Mercoledì scorso abbiamo iniziato a pensare alla nuova conduzione. Siamo partiti da una rosa ampia, con nomi noti e professionisti capaci. Ma a un certo punto abbiamo capito che dovevamo uscire dal quadrato, innovare davvero, anche rischiando di più. Abbiamo consultato Alessio Vinci e giovedì l'ho incontrato con Mauro Crippa ».

Vi deve aver convinto vista la velocità.
«Mi è piaciuto subito: davvero preparato e con un piglio molto televisivo. Lui era onorato della proposta e la Cnn ha accettato subito di liberarlo perché Mediaset e Canale 5 sono un marchio di qualità internazionale. Con buona pace di chi in Italia finge atteggiamenti snob verso la tv generalista».

A sentir Mentana dalle parti di Mediaset i metodi sono sovietici.
«E certo… Per questo Vinci condurrà con il colbacco...».

Battute a parte, Fiorello intanto ha scelto Sky: ed è chiara la volontà di Sky di offrire anche contenuti «caldi» come i vostri.
«È la concorrenza. E le dico onestamente che noi non siamo stati a guardare: abbiamo deciso di iniziare un'avventura tostissima, provare a rompere il monopolio nella pay tv con Mediaset Premium. Ci siamo inventati, primi al mondo, l'offerta tv con carta prepagata e dopo un esordio solo con partite di calcio in pay-per-view, dall'anno scorso abbiamo lanciato una proposta completa, con offerte 24 ore su 24 ricchissime per qualità e quantità. Risultato: già nel 2008 circa 400 milioni di fatturato. E trasmettiamo sul digitale terrestre, la piattaforma che entro il 2012 vedranno tutti gli italiani».

E allora perché state facendo un'offerta satellitare con la Rai e Telecom alternativa a Sky?
«Non è alternativa a Sky. Vogliamo solo far vedere il digitale terrestre anche nelle zone più sperdute dove solo il satellite riesce a far giungere il segnale. Non è giusto che chi può ricevere la tv generalista solo via satellite, pagando il canone per la Rai o gratuitamente nel caso di Mediaset, non possa accedere a tutta la nostra offerta. Noi la concorrenza a Murdoch la facciamo già non sul satellite ma con Premium, la pay sul digitale terrestre. E per il futuro non escludo che ci misureremo con loro anche all'estero».

Come all'estero?
«Si tende a dimenticare che Murdoch oltre ai giornali, ai network tv in tutto il mondo e alla major cinematografica, possiede anche il primo canale pay in Gran Bretagna, il primo in Germania e l'elenco può continuare. Se noi non cresciamo c'è il rischio che l'Italia perda un altro presidio industriale, quello televisivo. È già successo nell'informatica, nella farmaceutica… Mediaset è un'eccellenza italiana, andrebbe perlomeno difesa».

Ci sta dicendo che dopo Telecinco ci sarà una Mediaset inglese, tedesca...
«Non vogliamo perdere terreno nel nostro Paese, anzi vorremmo conquistarne. E per continuare a competere davvero dobbiamo pensare anche a una solida presenza in Europa».

Allora è vero che avete aperto vari dossier: Prosieben in Germania, Itv in Gran Bretagna, Digital Plus in Spagna.
«Guardi, noi siamo un'azienda sana che non ha mai fatto follie. E con questa crisi ci vuole ancora più prudenza ma ci potrebbero anche essere grandi opportunità. Come sempre, se ci fosse l'occasione giusta saremmo pronti a coglierla. È già successo con Endemol che è leader mondiale dell'intrattenimento tv e continua a crescere».
Daniele Manca

E il commento ce lo metto alla fine. Mediaset non tollera la concorrenza. Tutto il resto è fuffa. In un vero mercato aperto la pubblicità non sarebbe appannaggio quasi esclusivo di Raiset, La prima (Mediaset) fa una programmazione francamente scandalosa. Brutta. La seconda che vive di canone, ma si comporta peggio della tv commerciale. Ovvio che Murdoch, chiamato "lo squalo", sia un imprenditore, ma ha portato professionalità in Italia (dove chiunque abbia cercato di fare tv satellitare ha fallito) e soprattutto democrazia. Nei suoi programmi si può vedere di tutto a differenza che nelle reti Mediaset dove il padrone di casa Silvio, non verrà mai criticato. Sky ha mandato in onda, per dire, un documentario non certo apologetico su Murdoch, Ve lo immaginate un servizio serio sul caso Mills a Retequatro o Studio Aperto? È vero che Fox ha sostenuto Bush (in Inghilterra ha appoggiato Blair), ma in Italia si è comportata diversamente e francamente in questo caso è l'Italia che interessa. Hanno cercato di strozzarla con l'Iva (quando Berlusconi aveva combattuto in prima persona contro questi aumenti qualche anno fa). E infine, se davvero Mediaset spende un miliardo l'anno per produzioni e poi il risultato è quello sotto gli occhi di tutti, dovrebbe licenziare qualcuno. La cassaforte dell'azienda ormai è Endemol. Per anni l'unica peculiarità di Mediaset sono stati noiosisissime boiate con pupe scosciate. Non mi sembra poi che Paperissima sia un successo planetario (per dire, in Francia la fanno la domenica pomeriggio, mai la manderebbero in onda in prima serata). Come al solito la famiglia Berlusconi "nun ce vo stà", come dicono a Roma. Ma è l'Italia e quindi nessuno osa mettersi di traverso. A meno che non si chiami Rupert Murdoch.

mercoledì, febbraio 18, 2009

But nothing happens!

British lawyer convicted of shielding Berlusconi
By Rachel Donadio Published: February 17, 2009

Source:Iht

ROME: In one of the most high-profile Italian corruption trials, a British lawyer was found guilty Tuesday for lying under oath to protect Prime Minister Silvio Berlusconi.

A Milan court sentenced David Mills to four years and six months in prison for taking $600,000 in 2000 in exchange for providing favorable testimony in two trials against Berlusconi in the late 1990s.

Mills was not present for the sentencing. In a statement issued by a London public relations firm, he said he would appeal the decision. "I am innocent, but this is a highly political case," he said.

Berlusconi, 72, was a co-defendant in the case until last year, when Parliament passed a law granting Italy's top political officials immunity from prosecution.

Under Italian law, Mills will not be sent to prison until the case goes through two more levels of appeals. It remains to be seen whether the appeals process will take place before 2010, when the statute of limitations in the case runs out.

Lawyer convicted of taking bribe to shield Berlusconi

Second trial begins in plot to bomb flights to U.S. and Canada
In December, prosecutors asked that Mills be sentenced to four years and eight months in prison for providing false testimony in trials in 1997 and 1998 relating to off-shore companies that Mills helped set up in the '90s for Berlusconi's holding company Fininvest.

Milan prosecutors began investigating Mills in 2004 after a tip-off from the authorities in London, where Mills's tax accountant had come forward with concerns about potential improper use of funds.

In 2004, Mills wrote to his accountant, Bob Drennan, concerned about the tax status of a payment from Berlusconi.

In a letter to Drennan, Mills wrote: "I told no lies, but I turned some very tricky corners, to put it mildly, and so kept Mr B. out of a great deal of trouble he would have been in had I said all I knew," according to a copy of the letter posted on the Web site of the British newspaper The Guardian.

The accuracy of the letter posted online was confirmed by prosecutors.

In July 2004, Mills told Milan prosecutors that the letter was accurate, and that he had received $600,000 from Berlusconi in recognition for providing favorable testimony.

But later that year, Mills retracted his statement.

In a statement to the court last month, Mills apologized to Berlusconi and said he had never been corrupted.

Berlusconi has been convicted of corruption several times, only to see the charges overturned on appeal. He has repeatedly accused the judiciary of unjustly targeting him.

Berlusconi has also tried unsuccessfully to have the judge hearing the Mills case, Nicoletta Gandus, removed, saying that she is politically motivated.

On Tuesday, Berlusconi's lawyer, Niccolò Ghedini, called Gandus "a member of the far left" and said the ruling was "fanciful" and not supported by the evidence.

Mills is the estranged husband of Britain's Olympics minister, Tessa Jowell, who in a statement issued by her office Tuesday said: "This is a terrible blow to David, and although we are separated I have never doubted his innocence."

Under Italian law, the court has three months to issue its reasoning.

In a statement, Mills said, "The judges have not yet given their reasons for their decision, so I cannot say how they dealt with the prosecutor's own admission that he had no proof."

The prosecutor in the Mills trial, Fabio de Pasquale, has challenged the legality of the law granting Berlusconi immunity. The Italian Constitutional Court has not yet ruled on the matter.

El simpatico



Fuente: clarin.com

Berlusconi: escándalo por un chiste sobre los desaparecidos argentinos
Se burló de los vuelos de la muerte y del destino de los secuestrados.Por: Julio Algañaraz

LARGA LISTA DE DERRAPES. BERLUSCONI SUELE NEGAR SUS DECLARACIONES POLEMICAS. TODAVIA NO SE PRONUNCIO.
Parece inaudito y no es imposible que, como hace siempre, Silvio Berlusconi niegue haber dicho lo que dijo. Pero esta vez se pasó de la raya con un chiste que ofende la memoria de los desaparecidos y "alivia" la mano de sus asesinos. En Cagliari, la capital de Cerdeña, dedicó una parte de su discurso en un mitin de la campaña electoral, el sábado pasado, a su plato fuerte: los chistes, o como dicen los italianos le barzellette.

Inesperadamente le llegó un nuevo tema sobre el que nunca había hablado, ni siquiera en serio. Los miles de desaparecidos durante la dictadura militar argentina. Muchos fueron arrojados de los aviones. "Eran bellas jornadas, los hacían descender de los aéreos".

No fue clara la razón para haber dicho semejante cosa. Pero el enviado del diario L'Unita, Marco Bucciantini, informó en una crónica de la frase infame.

De aquel discurso debe haber una versión grabada. Si Berlusconi no hizo otro de sus chistes terribles, el gobierno argentino no deberá pedir explicaciones y protestar tras investigar el caso.

Puede ser que haya querido Berlusconi burlarse del tema desaparecidos. La justicia italiana estudia la extradición del almirante Emilio Massera, represor que dirigía a los verdugos de la "Fuerza de Tareas" de la Escuela de Mecánica de la Armada. Por las mazmorras de ese campo de exterminio pasaron 5.000 detenidos y la mayoría desaparecieron tras sufrir tormentos y "traslados". Entre ellos, la sobrina de este corresponsal, Patricia Villa Algañaraz, de la agencia Interpress Service, arrojada de un avión.

Massera era como Berlusconi miembro de la logia masónica Propaganda Dos, P2, dirigida por el Maestro Venerable Licio Gelli, que fue disuelta por el Parlamento italiano tras contaminar la vida del país más que ninguna otra organización. Esa adhesión a la P2, que al principio Berlusconi negó hasta que la justicia le probó lo contrario, era tal vez otro de sus chistes.

La colección de gaffes y metidas de pata es enorme porque "il Cavalliere" no puede con su genio. Una de las últimas fue llamar "bronceado" (que en Estados Unidos es un insulto racial) al presidente Barack Obama. Por supuesto dijo, guiñando un ojo con su vasta sonrisa, que era un cariñoso adjetivo.

Otra vez, a un periodista inglés, que es actualmente el alcalde conservador de Londres, le dijo que la única represión de Mussolini había consistido en mandar de vacaciones a los opositores a varias islas. Se refería a los confinamientos. Después lo negó, pero sus amigos ingleses insistieron en que lo había dicho.

Durante la campaña electoral de 2006 se hizo el gracioso con los chinos. Pidió a la multitud que leyeran el libro rojo del comunismo. "Descubrirán que Mao no se comía a los chicos crudos pero los había hervido para fertilizar los campos", dijo. El gobierno de China no lo apreció.

La mayoría de los italianos le perdonan todo, ríen con él. También en 2006 dijo que confiaba en la inteligencia de los italianos cuando fueran a las urnas y esperaba "que no haya boludos capaces de votar contra sus intereses". La izquierda protestó inútilmente, cada día cosecha menos votos.

A veces hace líos en las citas, pero esto aumenta su popularidad. "Los fundadores de Roma fueron Rómulo y Rémolo", dijo en otra ocasión causando hilaridad por su retorsión histórica contra el pobre Remo. Las mujeres son su especialidad y le costaron una pública crisis matrimonial cuando su esposa Verónica le exigió en una carta abierta un público pedido de excusas, después de que en una fiesta de sus redes de televisión dijo a una actriz que hoy es ministro: "Si no estuviera ya casado te pediría de esposarme".

El primer ministro Berlusconi manifestó también que había "seducido" a la presidente de Finlandia, una señora que quedó estupefacta, para obtener el voto de Helsinski en favor de Parma como capital de un centro de agricultura europeo. El gobierno finlandés protestó oficialmente.

Le gaffeur



Dopo la vittoria del figlio del commercialista di Berlusconi in Sardegna senza che nessuno abbia detto che era uno scandalo, da premier, mettersi a fare campagna elettorale, ecco l'ultima boutade del miliardario ridens. Naturalmente in Italia non accadrà nulla perché l'italiano non è più in grado di capire che certe cose non si possono dire se sei un uomo politico.

da Corriere.it

BUENOS AIRES - Il ministero degli Esteri dell'Argentina ha convocato l'ambasciatore italiano, Stefano Ronca, per esprimere «la profonda preoccupazione» per le presunte frasi attribuite al premier Silvio Berlusconi sulla tragedia dei desaparecidos.

SCHERZO MACABRO - Tutto nasce venerdì scorso durante la chiusura della campagna elettorale a Cagliari per le regionali della Sardegna. Secondo il quotidiano argentino Clarin, che cita un servizio dell'Unità, Berlusconi avrebbe «scherzato» sulla vicenda dei desaparecidos in Argentina e sulla fine delle persone sequestrate dai militari. «Li portavano sull'aereo poi dicevano: è una bella giornata, andate fuori un po' a giocare», avrebbe detto il Cavaliere riferendosi voli della morte, con i quali venivano eliminati gli oppositori (spesso dopo essere stati torturati) del regime militare tra il 1976 e il 1983). Le vittime venivano lanciate vive e sedate da aerei militari nelle acque del Rio de la Plata.

EQUIVOCO - Fonti del governo italiano precisano che si tratta di un equivoco. Il presidente del Consiglio intendeva all'opposto sottolineare l'efferatezza dei crimini commessi contro i dissidenti e la tragedia dei desaparecidos per spiegare, aggiungono le fonti, come si sentisse offeso e insultato dai suoi oppositori che lo paragonano ai dittatori.

CLAMORE IN ARGENTINA - L'articolo di Clarin ha un richiamo in prima pagina dal titolo «Berlusconi, macabro con i desaparecidos», e precisa che «non è chiara la ragione» delle frasi del primo ministro italiano sui desaparecidos. L'articolo del quotidiano è stato ripreso dall'agenzia locale Telam e ha subito avuto ampia eco nelle tv e nei siti online a Buenos Aires, dove la presidente delle Nonne di Plaza de Mayo, Estela de Carlotto, ha detto di «sentirsi offesa» dopo aver letto quanto riferito dal quotidiano. «Nei confronti degli argentini - ha ricordato - c'è sempre stata grande solidarietà, sia dai precedenti governi italiani sia da parte della giustizia».

domenica, febbraio 15, 2009

Tutti i trucchi per farsi trasferire al Sud



da Corriere.it
IL CASO- LE Guardie carcerarie
Cariche nei consorzi ed elezioni nei paesini. Il cambio di città è dovuto in caso di un incarico pubblico.
Chi canta le arie liriche? I cantanti lirici. Chi pedala in bicicletta? I ciclisti. Chi avvia le imprese? Gli imprenditori, direte voi. No: gli agenti carcerari. Almeno ad Agrigento. Dove i secondini (nominati dalla politica) sono quasi un terzo dei membri dell'Asi, il consorzio che dovrebbe sviluppare il sistema industriale locale.

Hanno scoperto un trucco: un dipendente pubblico che ricopre un incarico pubblico può chiedere d'essere trasferito vicino a casa sua. Sia chiaro: non dipende da questi furbetti se esiste da anni l'andazzo di segretari, impiegati, postini, tecnici catastali e lavoratori pubblici vari che, assunti per coprire i buchi di organico nel Nord del Paese, cercano appena possibile di tornare vicino alla famiglia. Diciamolo, il tentativo di rientrare nei dintorni dei luoghi in cui magari vivono i vecchi genitori, la moglie, i parenti è umanamente comprensibile. Che però debbano rimetterci il funzionamento dei pubblici uffici e i cittadini che se ne servono, è assai discutibile. Anzi, è inaccettabile. Tanto più quando la sproporzione nella copertura degli organici nelle diverse parti del paese grida vendetta. Prendiamo, appunto, le guardie di custodia.

All'estero, dicono i dati del Consiglio d'Europa elaborati dal Centro Studi dell'organizzazione non-profit «Ristretti Orizzonti », per ogni cento agenti carcerari ci sono 157 detenuti in Inghilterra, 165 in Olanda, 176 nella Repubblica Ceca, 199 in Scozia, 207 in Portogallo, 209 in Francia, 218 in Austria, 227 in Germania, 237 in Grecia, 283 in Spagna. Per non parlare di certi paesi ex comunisti quali la Russia (332) o l'Ucraina, dove ogni 100 secondini i carcerati sono addirittura 393. Bene: in Italia il rapporto è uno a uno: 101 detenuti ogni cento agenti. Questo sulla carta. In realtà l'enorme accumulo di persone finite in cella (o ritornateci dopo essere state rimesse in libertà con l'indulto del 2006 votato dalla sinistra e da una parte della destra, Forza Italia in testa) fa sì che i numeri siano del tutto sballati. A dispetto dei limiti fissati dall'Ue (8 metri cubi di spazio per ogni detenuto), limiti che imporrebbero all'Italia di avere nei penitenziari attuali non più di 43.102 «ospiti», i nostri carcerati sono già saliti, stando ai dati di tre giorni fa a 59.419. Sedicimila in più del consentito. Un esubero esplosivo. Al contrario, gli agenti di custodia effettivamente in forza dentro le 205 strutture penitenziarie (160 case circondariali, 37 case di reclusione, 8 istituti per le misure di sicurezza), al di là di tutti quelli che negli anni sono stati distaccati negli uffici ministeriali o addirittura in altre amministrazioni statali, sono scesi a 37.853. Cioè circa quattromila in meno rispetto alla pianta organica stabilita nel lontano 2001. Risultato: in questo preciso momento ogni cento secondini ci sono 156 detenuti.

Ma anche qui, solo sulla carta. Le differenze tra le diverse aree del Paese, e torniamo al tema iniziale, sono infatti fortissime. Per ogni cento agenti «virtuali» in organico, ce ne sono infatti 16 in meno in Emilia Romagna e in Friuli ma 15 in più in Molise, 17 in meno in Val d'Aosta ma 6 in più in Puglia, 20 in meno in Piemonte e in Liguria ma quasi 16 in più in Calabria. Quanto al rapporto tra agenti e detenuti, valga per tutti questo confronto: ogni cento guardie ci sono oggi 192 carcerati in Lombardia, 201 nel Veneto, 231 in Emilia Romagna e 100 nel Lazio. Uno squilibrio intollerabile. Che è ancora più vistoso contando non solo gli operatori che stanno fisicamente dentro i penitenziari ma anche quelli distaccati in uffici vari della capitale. Domanda: come si sono creati questi squilibri? Una risposta è, appunto, nella storia dell'Asi di Agrigento. Cosa sia lo lasciamo dire al sito internet ufficiale: è un «ente di diritto pubblico» che «mira a favorire l'insediamento delle piccole e medie imprese nelle aree già individuate della Regione Siciliana». Presieduto dall'avvocato Stefano Catuara, un ex-comunista di Raffadali che da anni è diventato uomo di fiducia del suo compaesano Totò Cuffaro (al punto che se gli chiedi di che partito è risponde: «Udc: Unione di Cuffaro»), il consorzio ha otto membri del comitato direttivo e 49 consiglieri, nominati da comuni, sindacati, alcune associazioni di categoria, partiti. Teste d'uovo scelte per la preparazione, gli studi alla London School of Economics e la capacità di aiutare la nascita di nuove imprese in un territorio difficile? Magari! Quindici dei 49 consiglieri, quasi uno ogni tre, fanno gli agenti di custodia. Cosa c'entrano con l'industrializzazione di aree disperate come quella di cui parliamo? Niente: zero carbonella. La poltrona serve però ai titolari per lavorare, invece che in Friuli o in Piemonte, nelle carceri di Agrigento e di Sciacca. La prova è in una sentenza di pochi giorni fa emessa dal Tar del Lazio che, come ha raccontato «Il Giornale di Sicilia», ha dato torto al Ministero di Grazia e Giustizia che inutilmente aveva cercato di smistare «alcuni agenti di polizia penitenziaria, componenti del consiglio generale del consorzio industriale di Agrigento» in penitenziari del Nord dove potevano essere più utili. Sono consiglieri del consorzio? Devono restare dove stanno, almeno per ora. Un'altra sentenza del Tar, stupefacente, aveva dato ragione poche settimane fa a un altro siciliano refrattario agli spostamenti.

Il tenente colonnello medico Aurelio Mulè, destinato a una missione in Afghanistan, aveva fatto ricorso al Tribunale amministrativo spiegando che proprio non poteva andare in missione laggiù perché aveva una missione quaggiù. Per la precisione a Cattolica Eraclea, dove è consigliere comunale. E' vero che, come hanno raccontato i quotidiani locali, l'uomo è tra i più assenteisti alle riunioni. Ma mandarlo a fare il suo lavoro all'estero, secondo il suo avvocato avrebbe «configurato una lesione del suo diritto all' espletamento delle funzioni elettive ». Funzioni non a caso appetite dagli stessi agenti di custodia. Un esempio? Alle ultime elezioni di Comitini, un paese piccolissimo dove bastavano 24 voti (un paio di famiglie, un paio di cugini) per entrare in consiglio comunale, erano presenti due liste. In una, su dodici candidati, c'erano quattro secondini. Nell'altra, sempre su dodici, quattro secondini, un poliziotto e un finanziere.

Gian Antonio Stella

Bravo Pif!




In una Berlinale in cui ancora manca un titolo italiano (ma noi siamo il popolo di Dante, Leonardo ecc ecc) spicca la performance di Riccardo Scamarcio nel film di Costa-Gavras, "verso l'Eden". Non è forse il miglior film della produzione del greco, ma è comunque una medaglia nel CV di Scamarcio che ha fatto dimenticare la sua partecipazione all'ennesima cagata all'italiana, "Italians" appunto, una boiata immane lanciata in "appena" 700 sale nella penisola. Queste furbate non pagano. Funzionano in un mercato chiuso come quello italiano dove lavorano sempre gli stessi, ma fuori CHIUNQUE lo abbia visto ha detto che è una schifezza. In Italia semplicemente non si fa più cinema.

sabato, febbraio 14, 2009

La rinascita della politica



Mi autodenuncio, sono uno delle varie migliaia di farabutti.....

Europee, Mastella candidato con il Pdl. "Il premier paga debito? Farabutto chi lo dice"

Annunciata una verifica negli enti locali in cui il Campanile è con il centrosinistra

a Repubblica.it

ROMA - L'ex ministro della Giustizia Clemente Mastella sarà candidato alle elezioni europee di giugno nelle liste del Pdl. E' quanto stabilito nell'accordo reso noto oggi dal Popolo della libertà ma firmato giovedì scorso a Roma dai coordinatori campani di Forza Italia, Nicola Cosentino, e di Alleanza Nazionale, Mario Landolfi, e dal segretario campano dell'Udeur, Antonio Fantini. Annunciate anche un'intesa per le prossime comunali e provinciali e una "verifica politica", nelle amministrazioni dove l'Udeur è in coalizione con il centrosinistra "a partire dalla provincia di Benevento".

Mastella "più motivato che mai". Il leader dell'Udeur si augura "una campagna elettorale senza veleni e cattiverie, senza cose come quelle successe nel recente passato dalle parti di catanzaro. Un riferimento all'inchiesta per la quale diede le dimissioni da ministro della Giustizia aprendo di fatto la crisi del governo Prodi. "Mi batterò per le cose per le quali mi sono sempre battuto. Riparto con umiltà e determinazione - continua Mastella - dopo un periodo di umiliazioni e amarezze di ogni tipo. Riparto con la coscienza dell'uomo libero, con la serenità di chi riprende a vedere un po' di luce". Poi gli attacchi agli ex alleati: "Faremo un'alleanza con il Pdl alle europee. Dove si andrà a votare per le amministrative in Campania faremo una verifica e visto come mi hanno trattato non credo che ci saranno altre alleanze a sinistra". L'ex ministro definisce "farabutti e ipocriti sul piano morale" coloro secondo i quali con questo accordo Silvio Berlusconi ha pagato il "debito" contratto con il leader del Campanile per aver fatto cadere il governo Prodi. "Vadano a controllare i numeri del Senato - aggiunge Mastella - e voglio proprio vedere se diranno ancora che sono stati io a far cadere il governo Prodi. Ma ce ne sarà per tutti questi sepolcri imbiacati nel mio libro che uscirà a giugno". Poi spiega il suo stato d'animo: "Ero fermamente angosciato prima, ora sono fermamente motivato. Sono più che motivato". Parole che suonano come una sfida aperta agli ex alleati.

Il comunicato. Il Popolo della Libertà e l'Udeur fanno sapere in un comunicato congiunto di aver sottoscritto un'intesa strategica "che parte dalle prossime elezioni comunali e provinciali che si terranno a giugno, per proseguire poi in un cammino fatto di programmi e scelte condivise, con l'obiettivo di imprimere, nel solco di una rinnovata cultura bipolare, una svolta vera alle imminenti consultazioni elettorali"

Verifica politica. "In tal senso - prosegue il comunicato - e al fine di contribuire a realizzare un quadro di alleanze organico, chiaro e coerente, l'Udeur si impegna ad avviare rapidamente una verifica politica in quegli enti locali, a partire dalla provincia di Benevento, dove tale partito è tuttora in coalizione con il centrosinistra. Anche in questo modo si vuole rendere evidente che in Campania è tempo di cambiare mentalità e metodo di governo della cosa pubblica".

Campania e Mezzogiorno. "Dalla Campania - si legge ancora nella nota - può e deve partire l'attenzione per l'intero Mezzogiorno, la cui promozione sociale ed economica è interesse dell'intera nazione. Si tratta di agevolare un processo che non punti solo sul rilancio nominalistico dell'atavica 'questione meridionale' ma che abbia come punto fermo la valorizzazione delle risorse naturali e delle aspirazioni territoriali di cui è dotato l'intero Sud".

"Si apre una rinnovata stagione politica". "E' questo un tema che accomuna la storia e la tradizione politica sia delle forze che stanno dando vita al Pdl sia dell'Udeur e che è solo una delle ragioni fondanti l'alleanza oggi sancita in Campania. La stessa collocazione all'interno del Ppe comporta la candidatura del segretario dell'Udeur Clemente Mastella alle prossime elezioni europee, nelle liste del Pdl". "Oggi - conclude il comunicato - si apre una rinnovata stagione politica, foriera di importanti novità, che ricadranno positivamente sui cittadini della Campania".

A shitty law for an undemocratic country

Facebook Says Italy’s Plan to Block Web Content Goes Too Far

Source: Bloomberg
By Steve Scherer and Giovanni Salzano

Feb. 12 (Bloomberg) -- Facebook Inc., the world’s largest social-networking site, said that it is concerned about Italy’s proposed law to force Internet providers to block access to Web sites that incite or justify criminal behavior.

“We have not seen the language of the bill, but reports about it concern us,” said Debbie Frost, a Facebook spokeswoman, in an e-mail. The legislation is “akin to shutting down the country’s entire railroad network because of some objectionable graffiti in one train station.”

The bill, passed in the Senate last week, would give the Interior Ministry the power to order Internet providers including Fastweb SpA, Telecom Italia SpA or Tiscali SpA to remove criminal content within 24 hours or face a fine as high as 250,000 euros ($320,850). Prosecutors would have to verify criminal content before the ministry can act, according to the bill.

Italian Senator Gianpiero D’Alia introduced the measure after the Italian press, including the country’s biggest newspaper Corriere della Sera, reported that there were fan groups on Facebook for convicted Corleone-born mafia bosses Salvatore Riina and Bernardo Provenzano, who have been convicted of dozens of homicides and are serving multiple life prison sentences.

“We take content that incites violence very seriously and we will work quickly to remove it,” Frost said. “For every piece of controversial content posted to Facebook there are literally thousands of positive interactions fostering communication, fellowship, and commerce.”

Sainthood for a Murderer

While a fan group invoking “sainthood” for Provenzano -- with 433 members -- was still posted today, Facebook also has a group hailing as heroes Palermo prosecutors Giovanni Falcone and Paolo Borsellino, who were assassinated on the orders of Riina after successfully prosecuting hundreds of mobsters. That group has 369,463 fans.

The aim isn’t to block sites like Facebook or YouTube totally if they contain criminal content, D’Alia said yesterday in an interview. Instead, the law is intended to force them to remove individual pages or groups, the senator said. The language of the bill itself doesn’t distinguish between blacking out pages or entire Web sites.

The legislation is flawed because Internet providers aren’t able to eliminate single elements from Web sites, Marco Pancini, European Public Policy Counsel for Google Inc., which owns YouTube, said yesterday in an interview. That will lead to the blocking of entire platforms if the law is passed, Pancini said.

Mediaset, YouTube

YouTube has the ability to eliminate potentially criminal or offensive material, Pancini said, adding that laws regulating criminal content in Italy already exist. An April 2003 law says that material must be removed immediately once a Web site is informed of illicit material in its domain.

Italian Prime Minister Silvio Berlusconi, whose allies in the Senate helped pass the measure, owns Mediaset SpA, the country’s largest private broadcaster. Mediaset in July said it sued YouTube and Google for illegally distributing the television company’s content, seeking “at least” 500 million euros in damages.

Berlusconi has campaigned every weekend for the last month for his candidate, Ugo Cappellacci, against rival Renato Soru in the elections for governor of the island of Sardinia, which are scheduled to be held on Feb. 15 and 16. Soru is the founder and owner of 17.7 percent -- through a blind trust -- of Internet- service provider Tiscali.

The Internet legislation was inserted as an amendment to a bill aimed at cracking down on crime that the Senate passed on Feb. 5. The measure still must pass in the Chamber of Deputies without being changed to become law.

venerdì, febbraio 13, 2009

giovedì, febbraio 12, 2009

L'emendamento del D'Alia



Una proposta che può mettere l'Italia al posto della Cina

Proposta di modifica n. 50.0.100 al DDL n. 733

50.0.100 (testo 2)
D'ALIA
V. testo 3
Dopo l'articolo 50, inserire il seguente:
«Art. 50-bis.
(Repressione di attività di apologia o istigazione a delinquere compiuta a mezzo internet)
1. Quando si procede per delitti di istigazione a delinquere o a disobbedire alle leggi, ovvero per delitti di apologia di reato, previsti dal codice penale o da altre disposizioni penali, e sussistono concreti elementi che consentano di ritenere che alcuno compia detta attività di apologia o di istigazione in via telematica sulla rete internet, il Ministro dell'interno, in seguito a comunicazione dell'autorità giudiziaria, può disporre con proprio decreto l'interruzione della attività indicata, ordinando ai fornitori di connettività alla rete internet di utilizzare gli appositi strumenti di filtraggio necessari a tal fine.
2. Il Ministro dell'interno si avvale, per gli accertamenti finalizzati all'adozione del decreto di cui al comma 1, della polizia postale e delle comunicazioni. Avverso il provvedimento di interruzione è ammesso ricorso all'autorità giudiziaria. Il provvedimento di cui al comma 1 è revocato in ogni momento quando vengano meno i presupposti indicati nel medesimo comma.
3. I fornitori dei servizi di connettività alla rete internet, per l'effetto del decreto di cui al comma 1, devono provvedere ad eseguire l'attività di filtraggio imposta entro il termine di 24 ore. La violazione di tale obbligo comporta una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 50.000 a euro 250.000, alla cui irrogazione provvede il Ministro dell'interno con proprio provvedimento.
4. Entro 60 giorni dalla pubblicazione della presente legge il Ministro dell'interno, con proprio decreto, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico e con quello della pubblica amministrazione e innovazione, individua e definisce i requisiti tecnici degli strumenti di filtraggio di cui al comma 1, con le relative soluzioni tecnologiche.
5. Al quarto comma dell'articolo 266 del codice penale, il numero 1) è così sostituito: "col mezzo della stampa, in via telematica sulla rete internet, o con altro mezzo di propaganda".».

Fermiamo INTERNET

Il grande censore Gianpiero D'Alia un altro frutto della Sicilia arrivato a Roma. Ma al sud solo questa gente deve fare carriera?




Il governo contro Internet
da l'espressonline

Un emendamento approvato nel decreto sicurezza potrebbe imporre la chiusura di molti siti (da YouTube a Facebook) e di migliaia di blog. Come spiega l'autore della norma, il senatore Gianpiero D'Alia

«Facebook è un sito indegno, perché consente l'esistenza di gruppi che inneggiano a Raffaele Cutolo, a Salvatore Riina e agli stupratori. Se il gestore del sito non si fa carico di cancellare questi soggetti dal sito, è giusto che tutto Facebook venga oscurato»

E' quanto ha dichiarato al sito de "L'espresso" il senatore Gianpiero D'Alia (Udc), in merito all'emendamento 50 bis da lui introdotto nel decreto Sicurezza (e approvato al Senato) che consente al ministero degli Interni di procedere all'oscuramento di siti Internet che siano sottoposti a indagine giudiziaria per contenuti che contemplino l'istigazione a delinquere a l'apologia di reato.

«Secondo il mio emendamento», ha spiega D'Alia, «in presenza di questi contenuti il ministero diffiderà il gestore, e questi avrà due possibilità: o ottemperare e quindi cancellare questi contenuti oppure non ottemperare. Se non ottempera diventa complice di chi inneggia a Provenzano e Riina e quindi è giusto che venga oscurato».

Lo stesso discorso, secondo quanto dichiarato da D'Alia a "L'espresso" «deve valere per i video su YouTube, per eventuali scambi di insulti e minacce tra utenti nei forum e anche per i commenti ai blog».

Alla domanda se questo tipo di interventi non rischi di censurare pesantemente la Rete, a iniziare dall'oscuramento completo di YouTube e Facebook, il senatore D'Alia ha risposta: «Io non sono né per chiudere Facebook né per chiudere YouTube, io sono perché Facebook e YouTube rispettino le vittime di mafia, le vittime del terrorismo e le vittime degli stupri. Se non le rispettano non possono avere il rispetto dello Stato, quindi vanno chiusi».