lunedì, novembre 30, 2009

Il dittatore dello stato libero di Bananas

Meglio non parlarne vero?



Riassumendo: la giustizia

Ecco un'ottima spiegazione del perché l'Italia è diventata un paese di pulcinella peggio che mai. Le cose sono molto semplici. Chi le complica le fa in malafede.

domenica, novembre 29, 2009

Dal Tg3

Trovato girando in Internet. Difficile che un italiano reagisca a una cosa del genere.

Segreti & ricatti

Un Ordine dei giornalisti ridicolo, pavido, di mussoliniana memoria, sostanzialmente inutile, non trova nulla da ridire sul comportamento di uno come Vittorio Feltri. Mi chiedo, ma io cosa ci faccio nello stesso Ordine di uno così? Ma quale credibilità ha un giornalismo così?


Un articolo da Dagospia

Leggendo l'articolo di Gianni Pennacchi, la versione del 'Giornale' è che sia stato "costretto" dare la notizia del video hard di Alessandra Mussolini con Roberto Fiore perché chiamato in causa da Indymedia, il sito molto amato dall'estrema sinistra ma non proprio un organo di informazione di massa.
E così, con la scusa di dover smentire di aver mai visionato il video, il quotidiano di Littorio Feltri spara in prima a piene colonne la fotona della Duciona e a pagina tre una foto che la ritrae insieme a Roberto Fiore, dando il massimo risalto alla storia. L'articolo racconta nei particolari la vicenda, parlando del "sesso esplicito" citato da Indymedia.

La Duciona ha fatto parte del nucleo dei "cinquanta" che a settembre, capitanati da Italo Bocchino, hanno firmato alla Camera una lettera contro Berlusconi. Viene puntualmente inserita tra i fedelissimi del presidente della Camera, con cui il rapporto è di questo tenore: "Meno male che Gianfranco c'è!". Questo, infatti, era il titolo di un'intervista rilasciata un paio di mesi fa all'Unità di Concita De Gregorio. "Ho una perversione politica: mi piace Fini", diceva a Natalia Lombardo.Un altro scalpo per la rotativa armata di Feltrusconi? La campagna contro Fini procede a cannonate quotidiane, quasi sempre con il titolo di apertura, oppure con almeno una paginata interna. Ed evidentemente sullo "scoop difensivo" di oggi pesa anche un elemento: la Mussolini fa parte integrante ormai da tempo della cosiddetta pattuglia dei "finiani".
A Montecitorio la Mussolini è una delle finiane più attive nel fare intelligence col "nemico" e organizzare insieme operazioni parlamentari. Qualche giorno fa Luca Telese ricordava sul Fatto Quotidiano che quando la Lega cercò di far passare la norma sui "medici-spia", fu la Duciona a mettere insieme la "carica" di 101 firme per contrastare i leghisti. La stessa Mussolini, in un articolo sull'Unità, ricordava la battaglia comune che sta intraprendendo con l'ape operosa Linda Lanzillotta sui temi della parità.

Quando Marina s'incazza

bisognerebbe sempre essere tranquilli che poi si dicono sciocchezze. Come in questo caso. Ma non si era sempre detto che Silvio con la Fininvest non c'entrava più?
Fonte corriere


Marina Berlusconi annuncia querele
«Fininvest, nessuna zona d'ombra»

La presidente del gruppo e figlia del premier: «La nostra azienda infangata da professionisti della diffamazione»


Marina Berlusconi (La Presse)
Marina Berlusconi (La Presse)
ROMA - Nell'azionariato Finivest non esistono zone d'ombra e anni ed anni di indagini e perizie della procura di Palermo lo hanno sottoscritto. A parlare è Marina Berlusconi. La presidente di Fininvest replica così in una nota all'articolo «L'asso nella manica dei boss Graviano, i soldi del Cavaliere» pubblicato sabato da Repubblica, per il quale Mediaset ha deciso di citare in giudizio il quotidiano. «Non è degno di un Paese civile che la storia e il presente di un grande gruppo di livello internazionale, portato al successo dal lavoro, dal talento e dal coraggio di un grande imprenditore, di tutti coloro che con lui e dopo di lui vi hanno lavorato e vi lavorano - si legge nella nota di Marina Berlusconi -, vengano così vilmente e senza il minimo fondamento infangati e insultati da questi professionisti della diffamazione, della calunnia, della disinformazione».

«AFFERMAZIONI GRAVEMENTE DIFFAMATORIE» - Con riferimento alle affermazioni gravemente diffamatorie contenute in un articolo odierno di Repubblica in cui si insinua che il 20% di Mediaset appartenga alla mafia, Mediaset agirà giudizialmente contro gli autori dell'articolo e il direttore responsabile di Repubblica - rende noto un comunicato dell'azienda -. L'azione verrà effettuata a tutela dell'onore e della reputazione di una società quotata al cui capitale partecipano primari investitori istituzionali - nazionali e internazionali - e più di 200.000 risparmiatori italiani».
«IL 100% DELLA FININVEST APPARTIENE A NOI» - «Il 100% della Fininvest, come emerge incontrovertibilmente da tutti i documenti, appartiene alla nostra famiglia, a Silvio Berlusconi e ai suoi figli» spiega la figlia del premier e presidente della Fininvest riferendosi alla seconda puntata dell'inchiesta di Attilio Bolzoni e Giuseppe D'Avanzo. «Così è oggi e così è da sempre, non c'è mai stata una sola azione della Fininvest che non facesse capo alla famiglia Berlusconi -prosegue-. Anni e anni di indagini e perizie ordinate proprio dalla Procura di Palermo, durante i quali è stato rovistato in ogni angolo della nostra storia, si sono conclusi con l'unico possibile risultato, sottoscritto dal consulente della stessa Procura: nell'azionariato Fininvest non sono mai entrati una lira o un euro dall'esterno, non esistono zone d'ombra. Ma tutto questo per chi persegue un preciso disegno politico di annientamento non conta nulla. L'importante è mettere su, senza nessun appiglio minimamente credibile, una sconcertante operazione di killeraggio per la quale provo rabbia e disgusto. Abbiamo già dato mandato ai legali di Fininvest -conclude Marina Berlusconi- di procedere sia in sede penale sia in sede civile, con un'azione adeguata all'enormità della calunnia, nei confronti di Repubblica e dei signori Bolzoni e D'Avanzo».

sabato, novembre 28, 2009

Ciampi o Napolitano?


Fonte Repubblica


Ciampi: "Basta leggi ad personam
Berlusconi delegittima le istituzioni"

di MASSIMO GIANNINI


Ciampi: "Basta leggi ad personam Berlusconi delegittima le istituzioni"
Carlo Azeglio Ciampi

«Viviamo un tempo triste. Negli anni finali della mia vita, non immaginavo davvero di dover assistere ad un simile imbarbarimento dell'azione politica, ad una aggressione così brutale e sistematica delle istituzioni e dei valori nei quali ho creduto...». La prima cosa che colpisce, nelle parole di Carlo Azeglio Ciampi, è l'amarezza. Un'amarezza profonda, sul destino dell´Italia e sulle condizioni della nostra democrazia.

E mai come in questa occasione l'ex capo dello Stato, da vero "padre nobile" della Repubblica, lancia il suo atto d'accusa contro chi è responsabile di questo "imbarbarimento" e di questa "aggressione": Silvio Berlusconi, il suo governo e la sua maggioranza, che stanno abbattendo a "colpi di piccone" i principi sui quali si regge la Costituzione, cioè "la nostra Bibbia civile".


"Vede - ragiona Ciampi - la mia amarezza deriva dalla constatazione ormai quotidiana di quanto sta accadendo sulla giustizia, ma non solo sulla giustizia. È in corso un vero e proprio degrado dei valori collettivi, si percepisce un senso di continua manipolazione delle regole, una perdita inesorabile di quelli che sono i punti cardinali del nostro vivere civile". Vale per tutto: non solo i rapporti tra politica e magistratura. Le relazioni tra potere esecutivo e Parlamento, tra governo e presidenza della Repubblica, tra premier e organi di garanzia, a partire dalla Corte costituzionale. L'intero sistema istituzionale, secondo Ciampi, è esposto ad un'opera di progressiva "destrutturazione". "Qui non è più una questione di battaglia politica, che può essere anche aspra, come è naturale in ogni democrazia. Qui si destabilizzano i riferimenti più solidi dell'edificio democratico, cioè le istituzioni, e si umiliano i valori che le istituzioni rappresentano. Questa è la mia amara riflessione...".



Ciampi, forse per la prima volta, parla senza mezzi termini del Cavaliere, e di ciò che ha rappresentato e rappresenta in questo "paesaggio in decomposizione". "Mi ricordo un bel libro di Marc Lazar, uscito un paio d'anni fa, nel quale io e Berlusconi venivamo raccontati come gli estremi di un pendolo: da una parte Ciampi, l'uomo che difende le istituzioni, e dall'altra parte Berlusconi, l'uomo che delegittima le istituzioni. Mai come oggi mi sento di dire che questa immagine riassume alla perfezione quello che penso. Io ho vissuto tutta la mia vita nelle istituzioni e per le istituzioni, che sono il cuore della democrazia. E non dimentico la lezioni di Vincenzo Cuoco sulla Rivoluzione napoletana del 1797: alla felicità dei popoli sono più necessari gli ordini che gli uomini, le istituzioni oltrepassano i limiti delle generazioni. Ma poi, a rendere vitali le istituzioni, occorrono gli uomini, le loro passioni civili, i loro ideali di democrazia. Ed io, oggi, è proprio questo che vedo mancare in chi ci governa...".

L'ultimo capitolo di questa nefasta "riscrittura" della nostra Costituzione formale e materiale riguarda ovviamente la giustizia, il Lodo Alfano e ora anche il disegno di legge sul processo breve con il quale il premier, per azzerare i due processi che lo riguardano, fa terra bruciata dell'intera amministrazione giudiziaria corrente. Anche su questo la condanna di Ciampi è senza appello: "Le riforme si fanno per i cittadini, non per i singoli. L'ho sempre pensato, ed oggi ne sono più che mai convinto: basta con le leggi ad personam, che non risolvono i problemi della gente e non aiutano il Paese a migliorare". Fa di più, l'ex presidente della Repubblica. E si spinge a riflettere su ciò che potrà accadere, se e quando questa nuova legge-vergogna sarà approvata: "Io non do consigli a nessuno, meno che mai a chi mi ha succeduto al Quirinale. Ma il capo dello Stato, tra i suoi poteri, ha quello della promulgazione. Se una legge non va non si firma. E non si deve usare come argomento che giustifica sempre e comunque la promulgazione che tanto, se il Parlamento riapprova la legge respinta la prima volta, il presidente è poi costretto a firmarla. Intanto non si promulghi la legge in prima lettura: la Costituzione prevede espressamente questa prerogativa presidenziale. La si usi: è un modo per lanciare un segnale forte, a chi vuole alterare le regole, al Parlamento e all'opinione pubblica". Ciampi non nomina Napolitano, ma fa un riferimento implicito a Francesco Saverio Borrelli: "Credo che per chi ha a cuore le istituzioni, oggi, l'unica regola da rispettare sia quella del "quantum potes": fai ciò che puoi. Detto altrimenti: resisti".

Lui stesso, nel suo settennato sul Colle, ha resistito più volte alle spallate del Cavaliere. Dalla legge Gasparri per le tv alla riforma dell'ordinamento giudiziario di Castelli: "È vero, ma ho fatto solo il mio dovere. C'è solo una cosa, della quale mi rammarico ancora oggi: il mio unico messaggio alle Camere, quello sul pluralismo del sistema radiotelevisivo e dell'informazione. Allora era un tema cruciale, per la qualità della nostra democrazia. Il Parlamento non lo raccolse, e da allora non si è fatto niente. Oggi, e basta guardare la televisione per rendersene conto, quel tema è ancora più grave. Una vera e propria emergenza".


Ma in tanto buio, secondo Ciampi c'è anche qualche spiraglio di luce. Per esempio l'appello lanciato su "Repubblica" da Roberto Saviano, che chiede al premier di ritirare la legge sull'abbreviazione dei processi, la "norma del privilegio". "Io - commenta il presidente emerito della Repubblica - per il ruolo che ho ricoperto non uso firmare appelli. Ma condivido dalla prima all'ultima riga quello di Saviano. Risponde a uno dei principi che mi hanno guidato per tutta la vita. E il fatto che abbia ottenuto così tante adesioni rappresenta una speranza, soprattutto per i giovani. È il vecchio motto dei fratelli Rosselli: non mollare. Loro pagarono con la vita la fedeltà a questo principio. Qui ed ora, in Italia, non c'è in gioco la vita delle persone. Ma ci sono i valori per i quali abbiamo combattuto e nei quali abbiamo creduto. In ballo c'è la buona democrazia: credetemi, è abbastanza per non mollare".

Discorso su di un presidente minuscolo...

La dimostrazione che i comunisti sempre simili sono.


giovedì, novembre 26, 2009

Vigliacchi a Canale 5?

E certo, magari adesso pagherà solo la giornalista autrice del pezzo. Schifoso, ma si sa come vanno certe cose quando un capo ti chiede certe cose non tutti possono rifiutarsi. Soprattutto i precari
 
Emilio Randacio per "il Corriere della Sera"


Il  giudice Leonardo Mesiano volutamente trattato come un personaggio del mondo del gossip, sbeffeggiato per i «calzini turchesi» o per presunte «stravaganze».

È quello che è successo il 15 ottobre nella redazione di Mattino 5, secondo la versione dell´autrice del servizio, verbalizzata nel procedimento disciplinare dell´Ordine giornalisti della Sicilia, al quale la giornalista risulta iscritta.



Sono tre i giornalisti Mediaset messi sotto accusa dall´Ordine per il servizio sul giudice Mesiano, autore della sentenza civile che ha condannato la Fininvest a risarcire la Cir (cui fa capo il Gruppo Espresso-Repubblica) con 750 milioni. Oltre alla cronista Annalisa Spinoso, dovranno dare ragione della loro condotta professionale il direttore del programma Claudio Brachino e il caporedattore Antonello Sette.



Il taglio dato al servizio, secondo l´atto di incolpazione contro la cronista, avrebbe avuto la finalità di «rendere ridicolo» il magistrato, «evidenziando pretesi comportamenti impropri e strani». Contro la Spinoso l´aggravante «di aver agito nei confronti del giudice autore di una sentenza che aveva condannato la Fininvest, società cui è riconducibile la rete televisiva per la quale l´incolpata lavora».


L´atto d´accusa è successivo all´interrogatorio reso il 23 ottobre all´Ordine siciliano. Quarantadue pagine che ricostruiscono l´accaduto. Il direttore del programma Brachino, la sera del 14, ha un dvd che riprende di nascosto Mesiano. La giornalista non è in grado di dire chi ne è l´autore. Per l´Ordine «è stato illecitamente acquisito e non aveva alcun riferimento al ruolo del giudice e alla sua vita pubblica».



Alle 7 del 15 ottobre, la cronista riceve le telefonate di Brachino e del caporedattore: le chiedono di fare «un pezzo di colore». L´Ordine chiede: «Di gossip?». «Sì, di gossip», risponde la cronista, specificando di aver fatto altri servizi del genere, per esempio «su Pietro Maso» (che assassinò i genitori), «o Marco Furlan» (componente del sodalizio criminale Ludwig).



La giornalista precisa: «Non voglio equiparare la figura di un magistrato a quella di Furlan...». Le chiedono «se abbia cercato il giudice Mesiano per sapere la sua versione». Risposta negativa. La giovane giornalista confessa che non sapeva nulla sul giudice. «Ho sentito dei colleghi del Giornale. Dicevano di averlo visto in piazza del Duomo vestito da turista berlinese». Da qui la decisione di definire «stravaganti» i comportamenti di Mesiano. Il 19 dicembre sarà esaminata la proposta di un provvedimento disciplinare per la giornalista.

Il gioco delle parti

Ora io mi chiedo come si faccia a invitare a un matrimonio de genere una come la Carfagna dopo quanto affermato sugli omosessuali. Ancora una volta la dimostrazione che quanto tollerato per sé stessi viene impedito agli altri. Ancora una volta la dimostrazione di potere della casta che nel suo privato fa come cazzo gli pare. 




Cinzia Leone per "Il Riformista"

Per Paola Concia "personale è politico" è un fardello da portare con il sorriso. Superfotografata con la futura sposa, Ricarda Trautmann, psicologa e criminologa, dal settimanale "Chi". Sorridenti e affettuose, le camicie abbinate, come una coppia qualunque. Ma per sposarsi, questa coppia qualunque, dovrà emigrare in Germania.
Lei è già stata sposata con un uomo. E ha avuto altri amori. Cos'ha in più Ricarda?
Nei rapporti mi sono sempre sentita soffocare. Con lei no. In casa siamo due single che stanno insieme. Ciascuna sa stare da sola, ma insieme all'altra.

Perfetto... perché sposarsi allora?
La nostra vita sarà tra Roma e Francoforte. Mettiamo un punto fermo tra un aereo e l'altro.

Valido in Germania e non in Italia. Quali diritti acquisirà?La visibilità mediatica disturba Ricarda?

È sorpresa di tutta questa attenzione attorno a un fatto normale. In Germania dal 2001, la lebenspartnersschaften, il matrimonio tra omosessuali, è accettata da tutti. Lì nessuno ci avrebbe fotografato...
Il cognome, la cittadinanza, la pensione, l'eredità...
E la sua futura moglie?
Ricarda in Italia non avrà nessun diritto.
Quanto ci vorrà perché il matrimonio tra omosessuali venga riconosciuto anche in Italia? Dieci anni?
Meno.
Chiederà il riconoscimento?
Certo, ma, ancora prima che in Italia, alla Corte di Giustizia Europea. È soprattutto Ricarda a volerlo.
Un atto privato ma anche una battaglia pubblica?
Una come me non poteva sposarsi e non farlo sapere... E nemmeno una come lei.
Ricarda è una liberal di sinistra. Avrebbe sposato una donna di destra?
Sono stata fidanzata a lungo con una di destra. Ma sul rispetto delle diversità, dei diritti e delle libertà individuali, è necessario pensarla allo stesso modo.
Matrimonio in pompa magna?
Una festa all'aperto, in mezzo ai vigneti di Riesling.
Invitati? Destra e sinistra...
Gli amici, le persone più vicine. Flavia Perina, Renata Polverini, Melania Rizzoli, la Carfagna, la Bindi...

Lei è una sportiva. Qualche tennista?Molte di destra...

Ci saranno tutti quelli della mia fila di scranni in Parlamento. E le giovani del Pd.
Claudio Pistolesi, naturalmente.
E Bersani?
Forse, dipende da Ricarda... Fino a Francoforte, verrà chi potrà, ma conto su un mega brindisi romano.
ANNA PAOLA CONCIA CON RICCARDA TRAUTMAN
Il viaggio di nozze?
Non potendo usufruire di un permesso matrimoniale, abbiamo fissato la data in prossimità delle ferie estive, a Camere chiuse. Poi insieme a mollo da qualche parte.
Torniamo alla politica. Sabato a Roma una manifestazione contro la violenza sulle donne. 
Ne muoiono più per le botte che per il tumore.
Nelle coppie lesbiche?
Le lesbiche sono donne... zero violenza.

Sono naturali e affettuose. Due donne che si amano e vogliono sposarsi, come capita a tutti. La rivoluzione per me è la normalità. Con la mia visibilità posso dare una mano a tutti.
Una foto che vale più di un gay pride?
Darà un mano...

domenica, novembre 22, 2009

Casa Mia



Fonte la Repubblica Bari
Taranto, le dichirazioni choc di Riva, "I morti di tumore sono un'invenzione"
La battuta in un'intervista a una televisione locale. Gli ambientalisti: "Ora deve chiedere scusa"

di Giuliano Foschini

Inutili le belle parole durante i tavoli con le istituzioni. Inutili le aperture di credito nei confronti delle associazioni ambientaliste e della politica. Emilio Riva ha sintetizzato in poche parole il suo pensiero sulla situazione di Taranto: "Il dibattito sui tumori in questa città - dice il patron dell'Ilva - è completamente inventato". La frase è dettata da Riva al giornalista Luigi Abbate di Bs Television, al termine della conferenza stampa che l'azienda ha tenuto sull'ambientalizzazione nei giorni scorsi. Appena conclusa la dichiarazione, si è avventato sul giornalista il responsabile per i rapporti istituzionali dell'Ilva, Girolamo Archinà, che ha strappato dalle mani del reporter il microfono e lo ha portato via. Le telecamere hanno però ripreso tutto. Ieri il filmato è finito su You Tube scatenando l'ira degli ambientalisti.
Da Alessandro Marescotti di Peacelink è arrivato il primo, durissimo, commento: "Di fronte a questi episodi - dice - la nostra associazione ritira ogni credito alle aperture di facciata della dirigenza Ilva al dialogo con le associazioni ambientaliste e con la società civile". Durissima anche Legambiente che con il presidente regionale, Francesco Tarantini e il direttore nazionale, Sebastiano Venneri, invita Riva a "chiedere immediatamente scusa alla gente di Taranto. Una tale arroganza non è più sopportabile". Sdegno tra la gente anche sui social network e nei forum.
Intanto prosegue l'organizzazione per la grande manifestazione del 29 novembre.

sabato, novembre 21, 2009

Mostri & malati

Donatella Papi: «Sposo Izzo per dimostrare la sua innocenza»
La giornalista in tv: «Farò riaprire il processo». RaiDue si dissocia: «Scuse ai familiari delle vittime»

ROMA - Donatella Papi sposerà Angelo Izzo per «dimostrare la sua innocenza», farà riaprire - garantisce - il processo sul delitto Ferrazzano e porterà nuove prove sulla strage del Circeo. La giornalista era stata invitata all'Italia sul due, il programma condotto da Lorenza Bianchetti e Milo Infante, per parlare del tema della puntata, "innamorarsi di un criminale'. Ma ha preferito leggere un comunicato - spiazzando tutti, conduttori e ospiti - nel quale ha difeso Izzo, condannato a suo giudizio «a una pena ingiusta». E in studio è scoppiata la bagarre. Dalle dichiarazioni della Papi hanno preso le distanze sia i conduttori, sia gli ospiti: in studio a Roma, con la Bianchetti, l'avvocato Nino Marazzita e l'avvocato di Izzo, Filomena Fusco, che ha ricordato come l'uomo si sia sempre dichiarato colpevole; in collegamento da Milano, con Infante, Silvana Giacobini, Lella Costa e la criminologa Roberta Bruzzone. In particolare Costa e Bruzzone hanno lasciato lo studio in segno di protesta. È inoltre intervenuta al telefono Daniela Lopez, sorella di una delle vittime, alla quale tutti i presenti hanno testimoniato la loro solidarietà.

LE DICHIARAZIONI - «Sono una giornalista, ho 53 anni, conosciuta e stimata, nell'ultimo anno mi sono occupata totalmente di solidarietà e casi difficili in cui ho acquisito esperienza e conoscenze specifiche», ha affermato la Papi. «Da oltre vent'anni seguo sia la vicenda del Circeo sia l'omicidio di Ferrazzano che hanno coinvolto il detenuto Angelo Izzo, condannato per ben due volte a una pena ingiusta», per questo assicura, «farò riaprire il processo per il delitto di Ferrazzano fin da oggi, porterò prove, documenti e spero testimonianze chiave. Così come farò in modo che si riparli soprattutto del primo caso che vide coinvolto Izzo, quello del Circeo, da cui ha origine tutto». «Purtroppo - prosegue - come anche nella società di oggi si conferma in tanti agghiaccianti casi, droga e ideologie (che in questo senso sono lo stesso) possono determinare nella vita di ciascuno di noi tragedie umani così immani. Cioè pagare cose mai commesse. Come è stato nel caso del Circeo, su cui porterò prove sconvolgenti e come accadde peggio nel caso di Ferrazzano, con modalità che vanno spiegate ai giovani e alla gente». Papi garantisce che prima di muovermi si è «ben preparata», raccogliendo «da mesi nelle strade la solidarietà della gente, e posso dire che a parte le perplessità iniziali, moltissimi mi incoraggiano a dire tutto». Rivolge anche «un appello accorato alle famiglie delle vittime, che in qualche modo conosco, e che vorrò andare a trovare dicendo loro che non c'è giustizia più grande della verità» e «un messaggio caloroso e rispettoso alla famiglia Izzo, Ghira e anche Guido», che essendo in libertà spera voglia «parlare» e unirsi a lei «in questa battaglia. Se non lo farà, almeno all'inizio, lo capisco e lo rispetto».

LA NOTA - Poco dopo Viale Mazzini fa diffondere una nota, spiegando che Raidue «si dissocia totalmente». «In relazione a quanto affermato nella puntata odierna di Italia sul Due dalla signora Donatella Papi in merito alle vicende giudiziarie del signor Angelo Izzo, già condannato con sentenza definiva a due ergastoli per omicidio - si legge- Raidue, come peraltro fatto più volte in diretta dagli stessi conduttori del programma, Lorena Bianchetti e Milo Infante, si dissocia totalmente dalle dichiarazioni rese dalla signora Papi, tanto nella forma che nel contenuto». «Tali affermazioni, del tutto gratuite, sono state fatte dalla signora, invitata in qualità di ospite, violando apertamente gli accordi preliminari alla trasmissione - continua la nota - il cui tema era esclusivamente legato alla relazione sentimentale che si sarebbe instaurata tra la signora Papi stessa e il signor Izzo, come peraltro riportato da alcuni quotidiani nazionali. Ogni altra valutazione è stata dunque fatta in modo arbitrario e senza che conduttori, responsabili del programma e redazione ne fossero a conoscenza». Raidue «esprime le proprie scuse e la propria vicinanza ai familiari delle vittime dei delitti commessi da Angelo Izzo, e respinge ogni tentativo fatto dalla signora Papi per inquinare una verità storica inequivocabilmente stabilita da due sentenze - definitive - di condanna».

mercoledì, novembre 18, 2009

Aliladri

Ho pagato Ginevra - Bogotà via Parigi 450 euro

Massimo Giannini per "Affari&Finanza" di "Repubblica"

Venerdì 13 novembre. Con alcuni colleghi chiediamo informazioni sui voli del fine settimana. Alcuni di noi devono andare da Roma a Torino, altri volano su Milano. Si parte il sabato, e si rientra il lunedì mattina presto, per essere in redazione in tempo per la riunione di inizio settimana. Inoltriamo la richiesta, e in pochi secondi arriva la risposta: voli disponibili, andata Alitalia e ritorno AirOne (ormai sono la stessa cosa). Si tratta di scegliere la tariffa.

Ci serve la «Economy piena», cosiddetta «libera», per esigenze orarie. Risultato: 709,02 euro a testa. Avete capito bene, ma voglio ripeterlo: 709,02 euro a testa. Poco più del compenso di un co.co.pro, o poco meno del salario di un metalmeccanico appena assunto. Verrebbe da dire: è il mercato, bellezza. In realtà è il suo esatto contrario.
Per salvare «l'italianità» della nostra compagnia di bandiera il mercato l'hanno ammazzato. Hanno sospeso le norme antitrust, e lasciato che su diverse tratte la gloriosa fenice possa continuare a volare indisturbata in regime di monopolio. Il risultato è questo: tariffe pazzesche, prendere o lasciare.

British Airways e Iberia si sono appena fuse, facendo nascere il terzo vettore europeo. Gli analisti stimano che questa fusione anglospagnola possa generare sinergie per 663 milioni di dollari. È inutile girarci intorno. Apprezziamo il coraggio di Colaninno. Apprezziamo il lavoro di Sabelli. Speriamo che tutti i loro sforzi per risanare i conti e recuperare l'efficienza siano coronati dal successo.
PASSERA

Ma per il bene di Alitalia (e degli italiani) ci chiediamo se non sarebbe meglio arrivare quanto prima ad una analoga fusione anche tra Air FranceKlm e Alitalia. La «cordata tricolore» è stata una bella trovata da campagna elettorale, ma ci è costata una barca di soldi. Prima 2 miliardi di euro di denaro pubblico, sacrificati dal governo Berlusconi dentro un già disastrato bilancio dello Stato. Ora altre palate di euro, per comprare biglietti su tratte «blindate» dove non esiste concorrenza. Quante ci deve costare questa Alitalia, come contribuenti e come utenti?

venerdì, novembre 13, 2009

Banane for everyone

Due anni è la "durata ragionevole"
Dopo il processo si estingue

Due anni è la "durata ragionevole" Dopo il processo si estingue
ROMA - La maggioranza ha presentato al Senato il disegno di legge sul 'processo breve': 'Misure per la tutela del cittadino contro la durata indeterminata dei processi, in attuazione dell'articolo 111 della costituzione e dell'articolo 6 della convenzione europea sui diritti dell'uomo'. Tra le firme dei presentatori, quella del capigruppo e del vicecapogruppo del Pdl Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello e del presidente dei senatori leghisti Federico Bricolo.

Durata ragionevole. Nell'articolo 1 del disegno di legge si fissano le modalità per la durata "ragionevole" dei processi, oltre la quale, se il ddl diventasse legge, il processo verrà estinto: "Non sono considerati irragionevoli i periodi che non eccedono la durata di due anni per il primo grado, di due anni per il grado di appello e di ulteriori due anni per il giudizio di legittimità, nonché di un altro anno in ogni caso di giudizio di rinvio. Il giudice, in applicazione dei parametri di cui al comma 2, può aumentare fino alla metà i termini di cui al presente comma".

Applicabilità ai processi pendenti. Nella conclusione dell'articolato viene chiarito che "le disposizioni dell'articolo 2 (sull'estinzione dei processi) si applicano ai processi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge, ad eccezione di quelli che sono pendenti avanti alla corte d'appello o alla corte di cassazione".

Inizio del processo. Nel provvedimento si precisa che "il processo si considera iniziato, in ciascun grado, alla data di deposito del ricorso introduttivo del giudizio o dell'udienza di comparizione indicata nell'atto di citazione, ovvero alla data del deposito dell`istanza di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, ove applicabile, e termina con la pubblicazione della decisione che definisce lo stesso grado. Il processo penale si considera iniziato alla data di assunzione della qualità di imputato", il che fissa l'inizio del processo alla data in cui l'accusa chiude le indagini e avanza la richiesta di rinvio a giudizio. "Non rilevano, agli stessi fini, i periodi conseguenti ai rinvii del procedimento richiesti o consentiti dalla parte, nel limite di 90 giorni ciascuno".

Quali processi si estinguono. Se vengono superati i limiti di ragionevole durata, il processo è estinto (articolo 2) "nei processi per i quali la pena edittale determinata ai sensi dell'art. 157 del codice penale è inferiore nel massimo ai dieci anni di reclusione".

Le eccezioni. Fanno eccezione alle disposizioni sull'estinzione del processo una serie di fattispecie penali. Questo il testo del paragrafo sui reati per i quali i processi non posso essere estinti anche oltre la 'ragionevole durata': "delitto di associazione per delinquere previsto dall'articolo 416 del codice penale; delitto di incendio previsto dall'articolo 423 del codice penale; delitti di pornografia minorile previsti dall'articolo 600-ter del codice penale; delitto di sequestro di persona previsto dall'articolo 605 del codice penale; delitto di atti persecutori previsto dall'articolo 612-bis del codice penale; delitto di furto quando ricorre la circostanza aggravante prevista dall'art.4 della legge 8 agosto 1977, n.533, o taluna delle circostanze aggravanti previste dall'articolo 625 del codice penale; delitti di furto previsti dall'articolo 624-bis del codice penale; delitto di circonvenzione di persone incapaci, previsto dall'articolo 643 del codice penale; delitti previsti dall'articolo 51, commi 3-bis e 3-quater, del codice di procedura penale; delitti previsti dall'articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale; delitti commessi in violazione delle norme relative alla prevenzione degli infortuni e all'igiene sul lavoro e delle norme in materia di circolazione stradale; reati previsti nel testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n.286; delitti di attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti previsti dall'art. 260, commi 1 e 2, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n.152".

giovedì, novembre 12, 2009

Vedremo come si comporteranno allora...

Fonte Corriere

Ddl processo breve, ira della Finocchiaro. E Baldassarre: «Legge imbarazzante»

L'ex presidente della Consulta: «E' incostituzionale» L'opposizione insorge contro le norme volute dal Pdl

MILANO - Non piace all'opposizione il disegno di legge sul processo breve presentato dalla maggioranza al Senato. Ma non piace neppure ad Antonio Baldassarre, ex presidente della Corte costituzionale ed ex presidente Rai in quota centrodestra, secondo cui il provvedimento sarebbe «incostituzionale» e «imbarazzante». Baldassarre, dicendosi «desolato innanzitutto come cittadino», spiega che il provvedimento viola il principio di uguaglianza soprattutto perchè si applica a «reati gravissimi, come quelli di corruzione e concussione» mentre tra quelli esclusi ce ne sono alcuni «lievi». «Non è una cosa seria,visto che stiamo parlando di leggi e non di regali».

I DUBBI DELL'ANM - Dubbi analoghi sono stati avanzati dal presidente e dal segretario dell'Associazione nazionale magistrati, Luca Palamara e Giuseppe Cascini: «Gli unici processi che potranno essere portati a termine saranno quelli nei confronti dei recidivi e quelli relativi ai fatti indicati in un elenco di eccezioni (articolo 2, comma 5 del disegno di legge) che pone forti dubbi di costituzionalità». «È impensabile - hanno sottolineato i due - che il processo per una truffa di milioni di euro nei confronti dell'imputato incensurato si estingua, mentre debba proseguire il processo per una truffa da pochi euro, commessa da una persona già condannata, magari anni prima, per altro reato» (ASCOLTA l'intervista a Luca Palamara).

L'IRA DELLA FINOCCHIARO - Il testo prevede che la prescrizione scatti dopo due anni dalla richiesta di rinvio a giudizio del pubblico ministero per i processi in corso in primo grado e per reati «inferiori nel massimo ai dieci anni di reclusione». Contenuti che hanno fatto andare su tutte le furie Anna Finocchiaro. Dopo le interviste di rito con i giornalisti, la capogruppo dei senatori Pd ha letteralmente lanciato il testo del disegno di legge contro lo stipite della porta della sala Maccari dove un attimo prima aveva espresso le prime «perplessità» sul provvedimento. «Il ddl - ha tuonato - non si applicherà per il furto aggravato. Così per il rom che ruba il processo rimarrà, mentre processi come Eternit, Thyssen, Cirio e Parmalat andranno al macero». «Si tratta - aveva detto davanti alle telecamere prima del gesto di stizza - di una sorta di salviamo tutti per salvare uno».

«RISCHIO DI NON COSTITUZIONALITÀ» - Per il leader del Pd, Pierluigi Bersani, la legge sul processo breve «rischia» di essere incostituzionale. «Il mio slogan - ha spiegato il segretario democratico - è "processo breve, purché ci sia". Norme per snellire i processi sono auspicabili, ma se si vuole usare delle norme titolate "processi brevi" per non fare i processi o per non fare qualche processo, allora essa diventa non accettabile per l'opinione pubblica. La maggioranza se ne convinca». L'avvertimento di Bersani è chiaro: se la maggioranza tenterà una forzatura in Parlamento sarà inevitabile uno «scontro». E anche la Presidente dell'Assemblea nazionale dei democratici, Rosy Bindi, fa sentire la sua voce. «Non siamo disponibili né ad una riforma tagliata sulle esigenze processuali di Berlusconi né ad una revisione dell'immunità parlamentare che trasformi le garanzie, peraltro già esistenti, in una sorta di impunità parlamentare». Chiediamo, ha aggiunto la Bindi, «chiarezza e verità» su quanto accade nelle carceri italiane, alla luce della morte di Stefano Cucchi e Giuseppe Saladino.

«PRONTI AL REFERENDUM» - Assai critico nei confronti del ddl è il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro. «Il disegno di legge dice che dopo due anni il processo non si deve fare più e per questa ragione migliaia di processi dei maggiori scandali italiani andranno tutti dichiarati estinti - ha spiegato l'ex pm -. È la più grossa amnistia mascherata della storia e ancora una volta l'Italia dei valori, dal 5 dicembre si impegnerà a raccogliere le firme per un nuovo referendum perché anche questa volta questa legge è incostituzionale, immorale e contro gli interessi del Paese». A Di Pietro fa eco il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero: «Se passerà il ddl sul processo breve Rifondazione avvierà la raccolta di firme per il referendum abrogativo».

«IL TEMA ESISTE E VA RISOLTO» - La maggioranza si difende: «È evidente che ci saranno polemiche sui beneficiari di questa norma o meno, ma il tema esiste e va risolto» ha detto il presidente del Senato, Renato Schifani. «Questa iniziativa - ha aggiunto - tende ad attuare il principio della ragionevole durata dei processi, sostenuto sia nella Convenzione europea dei diritti dell'Uomo e sia dalla nostra Carta costituzionale». Per Sandro Bondi, coordinatore del Pdl, «o la politica, nel suo complesso, si riappropria della propria responsabilità di guidare il Paese verso traguardi di sviluppo economico e civile, oppure il rischio che si profila è quello di una grave alterazione degli equilibri democratici e di una sostanziale ingovernabilità». «Legge ad personam? No, è una legge che riguarda tutti» è la rassicurazione di Gaetano Pecorella, deputato Pdl nonché avvocato del premier.

mercoledì, novembre 11, 2009

Deliri & sciocchezze

Pericolosissimo commentare i deliri del Rossella perché la querela è dietro l'angolo. Sempre dell'opinione che in un paese serio uno così non lo ascolterebbe nessuno, ma che si dica anche cossuttiano. Ed è considerato un grande giornalista....

Barbara Romano per "Libero"

Carlo Rossella è l'unico uomo al mondo che gira per casa in doppiopetto blu, cravatta e Tod's. Sarà che a Palazzo Ruspoli nessuno se ne starebbe in canotta su cuscini di velluto alti un metro, tra pareti a specchio e tende di broccato. Ma lui è proprio dandy dentro. È stato il suo british style, più del suo chilometrico curriculum giornalistico (direttore di Tg1, Tg5, Stampa, Panorama), ad aver spinto Berlusconi a nominarlo suo frontman in tv nei giorni più caldi del gossip sessual-politico. Rossella è anche diventato uno dei pochi a poter sussurrare all'orecchio del Cavaliere. Lui, ovviamente, si schermisce: «Io non Sono un consigliere del premier».

E allora perché va sempre a Ballarò a fare il suo difensore? «Perché sono un amico di Berlusconi, gli voglio bene, lo considero un uomo unico al mondo».

Ora non esageriamo.
«Chi c'è come lui? È partito dal niente e ha costruito un impero, è un uomo di un'intelligenza straordinaria e di una cultura profondissima, ha ottimi rapporti con tutti i grandi della terra, mentre in Italia si dà di lui l'immagine di un politico isolato. Sono tutte stronzate quelle che dicono i giornali di sinistra».

Sì, ma lei va fin nella tana del lupo a difendere il capo.
«Mi trovo a mio agio nella tana del lupo, l'importante è avere l'antidoto».

Cioè?
«Quell'affare urticante che dà tanto fastidio alla sinistra: l'ironia, che è la forza di Berlusconi, un uomo pieno di battute».

Qualche volta fuori luogo.
«Quella su Obama abbronzato, per cui lo hanno legato al palo come Tex Willer, ha divertito moltissimo il presidente degli Stati Uniti. La sinistra, invece,non sa ridere. E i suoi comici mi fanno piangere».

Tipo?
«Vauro, Ellekappa, Dandini. Solo Crozza mi fa un po' ridere. I talk show non sono divertenti in Italia, non c'è un David Letterman o un Jay Leno. Sono tutti seriosi. Tranne Vespa e Matrix, sono tutti incazzati con Berlusconi».

Lei ha un curriculum giornalistico come pochi. Non teme di sputtanarsi andando nei talk show a difendere Berlusconi?
«Mi sputtanerò con la sinistra, ma non me ne frega niente, perché vado a svolgere un compito civile: difendere una persona linciata ingiustamente. C'è una character assassination, una denigrazione, nei confronti di Berlusconi, da parte della sinistra. Spero che Bersani cambi un po'il tono».

A sentire Berlusconi, con Bersani al vertice del Pd non è cambiato niente.
«Per ora così sembra. Però l'uomo è di Bettola, vicino Piacenza, abita vicino a me. Gli emiliani hanno più cuore».

Lo conosce?
«Sì, mi è molto simpatico, abbiamo cantato insieme ».

Canzoni di Vasco Rossi?
«Certo, ma anche Lucio Battisti. Una volta a un convegno confindustriale in Calabria dove c'era anche Diego Della Valle cantammo "Eppure mi sono scordato di te"».

Visto di recentoe?
«Ho fatto con lui il viaggio in aereo la domenica delle primarie. E cosa ha letto Bersani da Milano a Roma il giorno in cui sarebbe stato incoronato nuovo leader del Pd?».

Che cosa?
«Il supplemento letterario del Sole 24 Ore».

Lei è presidente della Medusa Film. Percepisce anche un'indennità di consulente politico?
«Macché. Anche perché a Berlusconi dei miei consigli non frega niente».

Quindi è vero che lei gliene dà.
«Sì, ma è come dire a Filippo La Mantia, lo chef siciliano più famoso a Roma, come deve fare la caponata di melanzane».

Dev'essere tosta dare consigli politici al premier con gli alleati che si ritrova.
«In effetti, gli alleati del premier a volte sono molti difficili. Per non dire urticanti».


Ce l'ha con Bossi o con Fini?
«Più che alleati, Bossi e Fini sono compagni di viaggio che lo disturbano con i boatos delle loro polemiche. Quando andavo a scuola a Corte Olona, provincia di Pavia, sull'autobus c'era un cartello: "Si prega di non disturbare il conducente". Noi invece facevamo casino, allora l'autista fermava il pullmino e diceva: "Non rompetemi i coglioni sennò vi faccio scendere" ».

Il premier è tentato di scaricarli e tirare dritto per la sua strada?
«Ogni tanto lui si rompe veramente. Ma ha la pazienza di Giobbe e di Buddha messi insieme».

Cosa dovrebbe fare con Fini, mandarlo in Europa al posto di D'Alema, regalarlo alla sinistra o sostituirlo con Pier Ferdinando Casini?
«Sarebbe un grande errore regalare Fini alla sinistra, come lo sarebbe regalarle Casini. Ma il problema chiave di questo Paese è la giustizia. Bisogna assolutamente fare la riforma».


Gli alleati non vogliono saperne di prescrizione breve e riduzione dei poteri del pm.
«Bossi e Fini fanno male. Devono dimostrare la loro buona volontà su questo problema chiave, altrimenti che alleati sono? È inutile discutere».

Berlusconi dovrebbe imporre loro un aut-aut?
«Deve picchiare un pugno sul tavolo e dire: "La riforma della giustizia si fa. E subito". Berlusconi ha avuto diversi processi per reati dai quali è stato sempre assolto. Tutte le volte che c'è di mezzo lui si mette in moto la macchina orwelliana di una certa giustizia».

È stato lei a consigliare a Berlusconi di chiamare Piero Marrazzo per avvertirlo che circolava quel video nelle redazioni della Mondadori?
«No, ma ha fatto benissimo a chiamarlo».


obamaNon ha aspettato un po' troppo? Repubblica ha subito gridato al ricatto.
«Tu fai un favore a uno e questi pensano al complotto ».

Forse perché Alfonso Signorini, direttore di "Chi", il filmato se l'è tenuto due settimane.
«Cosa vuol dire? Copie di quel video le hanno avute tutti. Qualcuno ci ha pensato su, ma poi nessuno l'ha pubblicato».

Il Cav non ha accolto come una manna lo scandalo Marrazzo?
«Le rispondo con una battuta che ho fatto a un mio amico che in treno mi chiedeva come mai questi della sinistra vengono sempre beccati con i transessuali: perché le donne belle gliele scopa tutte Berlusconi».

A proposito: lei ha fatto parte della "war room" allestita dal premier per fronteggiare il caso D'Addario.
«Quello della D'Addario è un caso sospetto».

Un complotto?
«Una signora che si infila in casa con microfono direzionale, strumenti d'intercettazione ed evidenziazione da 007 ha dietro qualcuno».

Chi?
«Qualcuno dell'ambiente politico avverso a Berlusconi. Si è molto indagato sul premier, ma non sappiamo quasi nulla di lei. Indaghiamo sulla D'Addario, no? Fossi stato direttore di un giornale, le avrei messo alle costole sei cronisti».

Lei ha fatto di più: ha proclamato «lo stato di emergenza sulla gnocca».
«Ho invocato un'emergency room: bisogna vigilare su chi ti entra in casa».

Forse al premier basterebbe avere un atteggiamento consono al suo ruolo e alla sua età.
«A settant'anni Charlie Chaplin scopava, Sartre pure. Anche Borges ha sempre scopato. Pur cieco, il tatto l'aveva».

Ma non erano capi di governo.
«Fidel Castro era uno scopatore eccezionale. Stalin, Chirac, Mitterrand, scopavano tutti. L'unico che non può fare allora è Berlusconi?».

Repubblica preferirebbe di no.
«Che deve fare il premier, andare a dormire nella redazione di Repubblica? Allora che gli preparassero un appartamento sulla Cristoforo Colombo».

Ha fatto bene Berlusconi a difendersi pubblicamente?
«Io non sarei andato da Vespa».

Ha fatto bene a non rispondere alle domande di Repubblica?
«Certo. Che si metteva a rispondere a D'Avanzo?».

Lo ha fatto per interposta persona sull'ultimo libro di Vespa.
«Ha fatto benissimo a rispondere a Vespa».

Non sarebbe stato meglio andare a chiarire in Parlamento?
«Se tu organizzi una festa a casa tua e trovi una donna che ci sta, cosa diavolo devi chiarire e a chi? Se Berlusconi avesse avuto ancora una moglie, a lei forse avrebbe dovuto dare qualche spiegazione».

Come giudica l'atteggiamento di Veronica Lario?
«Ha commesso due errori: confidarsi con la stampa e con il giornale nemico dichiarato di Berlusconi. I panni sporchi si lavano in casa».

La Lario avrebbe addirittura usato la parola «maiale» contro il marito nella mail che inviò all'agenzia Ansa per annunciare l'intenzione di divorziare.
«Mi sembra una bufala. Conoscendo la signora, non credo possa aver usato una simile espressione».

Veronica finora non ha smentito. Se non fosse una bufala, ha fatto bene il direttore dell'Ansa a censurarla?
«Benissimo. Nelle agenzie di stampa ufficiali non si mettono le brutte parole».

Insomma, Berlusconi è solo una vittima.
«Una volta che ti fidi di un amico e questo ti porta delle ragazze, non vai mai a pensare che facciano le escort».

Quindi è vero che Tarantini era amico di Berlusconi.
«Era un invitato come altri. Se il premier, che vive a Roma ormai separato di fatto dalla moglie da sette anni, organizza delle feste a casa sua, io non ci trovo nulla di scandaloso».

Anche perché lei ha preso parte ad alcune di quelle feste. Figura tra i cinque uomini, compreso Fabrizio Del Noce, che si trattenevano fino a tardi.
«Fino a tardi vuol dire mezzanotte. A quell'ora Berlusconi manda via tutti, arrivano i dossier e comincia a lavorare».

Lei non ha mai incrociato una escort a Palazzo Grazioli?
«Lì ho sempre visto le ragazze dei club "Meno male che Silvio c'è", che gli cantavano pure la canzone quando arrivava. Non ne ho mai viste altre».

Si è mai appartato con una escort?
«Io non mi apparterei mai con una escort. A Palazzo Grazioli poi. Sarebbe irrispettoso nei confronti dell'ospite».

Però lei ballò il tango con una delle ragazze che si trattenevano a Palazzo Grazioli per il dopo cena, come ha ricordato Signorini a Libero.
«Forse una volta, sollecitato da Apicella. Ma non sono mai stato a Villa Certosa. Io ho ballato una sola estate».

Quando?
«Nel 1964. Stavo per laurearmi, ma mi presi un anno sabbatico e mi divertii come un pazzo».

Sesso folle e disperato?
«Non solo nel 1964, anche prima e dopo. A me le donne piacciono, anche se sono sposato da 32 anni».

Non sembra l'identikit del marito fedele.
«Non mi piace la doppia vita».

Lei è il principe della mondanità, mentre di sua moglie non si sa niente. Che tipo è?
«Il contrario di me: io abito a Roma, lei a Pavia. Io sto sempre in giro e sui giornali, lei è un medico pediatra, insegna all'università e passa il tempo a studiare. Io oggi sto qui a cazzeggiare, lei è a un convegno a Napoli ».

Vi vedete mai?
«Nel week-end».

Dove vi siete conosciuti?
«A una conferenza dell'organizzazione giovanile del Rotary, nel 1971, io ero il relatore in quanto inviato di Panorama. Fu subito colpo di fulmine».

Lei è mai stato con un trans?
«Non è il mio genere. Dal barbiere ho sfogliato la rivista "Chiamami" dove ho visto questi viados con grandi seni ed enormi falli: dei mostri. Io sono per l'amore tradizionale, che certa gente oggi considera banale. Ma leggete il Kamasutra, il Kamashastra, il buddismo tantrico...».

Scusi ma lei la prima volta lo fece Kamasutra alla mano?
«No, lo feci sul plaid, sotto le stelle, con una mia amica austriaca con dei bellissimi seni, sui colli di Rimini, a Covignano. Avevo 18 anni, ebbi una eiaculatio precox. Una figura di merda».

Ha mai preso cocaina?
«Mai fatto uso di droghe pesanti».

Le canne sì.
«Da ragazzo mi è capitato di fumare marijuana a Copenaghen ».

Cosa ricorda degli anni in cui militava in Lotta Continua?
«Non ho mai militato, ero à-côtés. Quando scoppiò il '68 entrai in crisi. Fino ad allora avevo fatto politica universitaria nell'Unione goliardica italiana. Mi accostai al movimento studentesco. Stavo con una ragazza di Lotta Continua, che mi fece incuriosire. Ma non mi piaceva quel clima di violenza, quindi entrai nel Pci».


Però firmò l'appello dell'Espresso contro il commissario Mario Calabresi.
«Lo feci perché firmavano tutti negli ambienti intellettuali di sinistra e se non lo facevi ti sputavano in faccia. Fu un gravissimo errore. È l'unica cosa di cui mi vergogno del mio passato comunista. Anche nel Pci mi dissero tutti che avevo fatto una grande stronzata a firmare l'appello».

Sono tanti i firmatari di quell'appello che oggi occupano posti di potere in Italia.
«Dovrebbero abiurare tutti come ho fatto io, ma quasi nessuno finora l'ha fatto. Calabresi... Vede, mi commuovo.Io ero in questura a Milano come inviato di Stampa Sera quando l'anarchico Pino Pinelli cadde dalla finestra. Andai in bagno perché avevo avuto un attacco di diarrea. Uscii e non c'era più nessuno nel salone dei cronisti. Li trovai tutti nel cortile attorno al corpo di Pinelli. Io ed Enzo Passanisi del Corriere andammo subito a casa della vedova. Ci raggiunsero anche Camilla Cederna e Corrado Stajano ».

Ha detto che frequentava gli ambienti extraparlamentari perché trovava splendide fidanzate.
«Sì, mi sono fatto delle gran scopate, erano donne libere ».


Lei era comunista di famiglia?
«No, i miei erano cattolici. Mio padre aveva un laboratorio di confezioni sartoriali dove lavorava con mia madre. Anch'io sono cattolico, praticante. Seguo la messa in latino, secondo il rito di San Pio V, tutte le domeniche alle 9,30, nella Chiesa di San Giovanni Domnarum, a Pavia».

Perché era cossuttiano?
«Perché mi piaceva Armando Cossutta, è una persona molto onesta, di grandi ideali. Ci sentiamo ancora al telefono».

Poi però uscì dal Pci per andare in Forza Italia. Opportunista?
«No, è il comunismo che uscì da me».

Cosa è rimasto del compagno Rossella?
«Un grande amore per le persone umili e bisognose, che ho riscoperto in Berlusconi».

Quindi anche il Cav è comunista.
«Berlusconi è l'uomo più a sinistra che ci sia in Italia».

A lui l'ha detto?
«Sì, e si è messo a ridere. Ma è vero. Infatti, lui a certi aristocratici al caviale non piace».

Fu nella fase cossuttiana che conobbe Massimo D'Alema?
«Sì, e non ho mai smesso di stimarlo. Spero davvero che diventi lui Mister Pesc».


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Veramente lei lo aveva sponsorizzato anche per il Quirinale.
«Sì, facemmo l'appello sul Foglio con Giuliano Ferrara. Ma oggi mi auguro che ci vada Berlusconi al Colle. O, se non lui, Gianni Letta».

La portò Cesare Romiti alla direzione della Stampa. Che rapporto aveva con l'Avvocato?
«Gli piaceva il mio cosmopolitismo, diceva che avevo "il viaggio incorporato". Avevamo un'ottima relazione che conservammo anche quando lasciai la direzione della Stampa per andare a fare l'inviato speciale a Washington. Mi chiamava sempre perché voleva sapere della Lewinsky».

Berlusconi le ha mai proposto una candidatura?
«Sì, mi ha proposto di fare il senatore alle ultime Politiche. Gli ho risposto: "Senatores boni viri, Senatus mala bestia"».

Non vorrà far credere che non è attratto neanche un po'dalla "mala bestia".
«Altroché. Alle prossime elezioni vorrei candidarmi ».

Punta al governo o si accontenta di un posto in Parlamento?
«No, farò il buon soldato Sc'vèik».

lunedì, novembre 09, 2009

La grande programmazione Rai

Perché naturalmente Milioni di persone ascoltano la soporifera Palombelli

Fonte: l'Espresso

Piovono Crocs
Un lancio dei noti zoccoli di plastica, contro la sede di Radiodue. E' la protesta che stanno preparando gruppi di internauti contro la cancellazione di alcuni programmi, quelli dal taglio più anticonformista e ironico, dal palinsesto della radio Il sito di RadiodueUn lancio di Crocs - le note scarpe di plastica - contro la sede di Radiodue. È l'iniziativa che stanno preparando i gruppi spontanei - su Facebook ma non solo - nati a difesa dei programmi cancellati dal nuovo direttore Flavio Mucciante. Dopo 'Sumo' (condotto da Giovanna Zucconi) spariranno anche 'Condor' (Luca Sofri e Matteo Bordone) e 'L'altro lato' (Federico Taddia), definiti da Mucciante "prodotti non eccellenti e non in linea con l'emittente". In compenso arriveranno Tiberio Timperi e un non meglio definito 'reality show radiofonico'.

Confermatissima invece Barbara Palombelli ('28 minuti'), decisione che qualcuno ha messo in relazione con l'avvicinamento di Rutelli all'Udc (il partito di Mucciante). Alcune delle trasmissioni (come 'Condor') avevano un taglio anticonformista e ironico molto amato dai blogger, altre (come 'Sumo') erano state violentemente attaccate dal 'Giornale' di Feltri. Alle centinaia di mail di protesta, finora Mucciante ha risposto con una lettera standard, in cui definisce 'zoccolo duro' gli ascoltatori delle trasmissioni cancellate. Di qui l'idea di un lancio di Crocs su via Asiago, perché "non fanno male ma sono indistruttibili", come spiegano gli ideatori della protesta.
A. G.

domenica, novembre 08, 2009

Fini & Sting

Fonte la Repubblica

Si farà il vertice sulla giustizia. Fini: "Firme? Le chiedano a Sting"
Al centro del summit il piano del Cavaliere per sfuggire ai processi a suo carico

ROMA - "Quello che scrive Feltri mi lascia del tutto indifferente. Mi preoccuperei se alcuni intendimenti attribuiti a Berlusconi fossero veri ma al momento non ci sono elementi per pensare così". Gianfranco Fini bolla così l'idea preannunciata da Vittorio Feltri sul Giornale secondo cui in settimana ai parlamentari della maggioranza verrà fatto sottoscrivere un documento di impegno personale a favore della riforma della giustizia. "Gli autografi si chiedono a Sting - ironizza il presidente della Camera durante la trasmissione di Fabio Fazio - Il presidente della Camera non firma nulla". Fini torna ancora sull'affondo di Feltri e, con un sorriso ironico, lancia una stilettata: "Berlusconi sa per certo che Feltri quando spara a palle incatenate nel campo amico danneggia il premier stesso in primo luogo. Il fatto è che lui è l'editore, e questo è quello che non mi quadra".

Poi il "compagno" Fini ("centrodestra e centrosinistra sono etichette su contenitori, c'è chi cerca di mettere come me qualcosa nei contenitori") torna al tema della giustizia, con un nuovo stop alla prescrizione breve, invocata dal premier: "Il problema è dare al cittadino danneggiato il diritto di veder tutelata la propria volontà di arrivare a una sentenza. Se con una leggina si annullano processi il cittadino che ha già pagato l'avvocato, che si è imbarcato in un processo, quel cittadino si arrabbia".

Fini rilancia, poi, tutte le sue perplessità sul Pdl: "Così come è organizzato non mi seduce al 100%. Non mi piace la caserma. Vorrei che ci fosse un po' più di rispetto delle opinioni degli altri, anche se queste dovessero apparire eretiche". E a Berlusconi manda a dire: "Quando si è leali con una persona, occorre dire cosa non si condivide, se no non si è leali, si è supini".

Duro il monito che il presidente lancia sulla lotta alla criminalità organizzata. Anche in relazione al dibattito sulle candidature in vista delle regionali. "Certe candidature sono inopportune, anche se portano voti, magari quei voti dipendono da poteri non trasparenti". Parole che suonano come un nuovo stop alla scelta del Pdl in Campania che punta su Nicola Cosentino.

Giustizia. Tema delicato quello della giustizia, che porterà ad un vertice tra Berlusconi, Fini e Bossi nei primi giorni della settimana. Il premier spinge per una soluzione che lo metta al riparo dai processi dopo la bocciatura del lodo Alfano. Una fretta che non piace a Fini che punta a riforme condivise con l'opposizione. Per trovare una soluzione servirà un summit per verificare se esiste nella maggioranza la volontà dichiarata di "scudare" politicamente il presidente del Consiglio sulle questioni della giustizia. L'attenzione è tutta sulla "durata del processo", cioè sulla prescrizione. Accorciarla significherebbe mettere al riparo Berlusconi dai processi milanesi. Agli alleati il premier chiederà un impegno chiaro e deciso su cinque punti: la riforma del processo penale e delle intercettazioni (i due provvedimenti, approvati alla Camera, sono fermi al Senato); la riforma costituzionale della giustizia; la riforma del meccanismo di elezione del Csm; e, appunto, la durata dei processi. Resta da capire che farà Fini.

La posizione di Casini. Il leader dell'Udc oggi ha detto che "'è bisogno di una grande modernizzazione del Paese e c'è bisogno anche di una riforma della giustizia, mi chiedo perchè Berlusconi abbia aspettato fino ad oggi a impostare un grande rinnovamento della giustizia che non sia penalizzante per qualcuno, che sia rispettosa di tutti, dell'autonomia dei magistrati in primis, ma che sia anche finalmente la risposta che i cittadini attendono".

L'ottimismo della Lega. "Sono ottimista sul fatto che si sia vicini a una soluzione condivisa, credo che si sia quasi al testo finale. Risolto questo si creerà il clima per poter lavorare per l'interesse del Paese, con le riforme". Il ministro leghista Roberto Calderoli sottolinea che "va superato il problema che tutti sono uguali davanti alla legge ma anche la legge è uguale per tutti e Berlusconi non può essere stato un santo finchè era un imprenditore e poi è entrato in politica ed è cambiato tutto". "Deve essere messo nelle condizioni di governare - conclude - perchè così ha deciso il popolo".

Pd, "si discuta la nostra proposta". "Perché non discutiamo la proposta sull aprescrizione già depositata dal Pd alla Camera che ripristina termini ragionevoli per la celebrazione dei processi e la sanzione dei comportamenti dilatori che possono mettere in atto le parti?". Lo chiede la capogruppo del Pd in commissione Giustizia, Donatella Ferranti