Pentma vuol dire pietra, ma questo blog è solo un sassolino, come ce ne sono tanti. Forse solo un po' più striato.
domenica, ottobre 31, 2010
È troppo un cazzaro
Semplicemente incredibile la facilità con cui mente.
(ANSA) - ROMA, 31 OTT - Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, conferma nuovamente di non volere elezioni anticipate. In una conversazione con Bruno Vespa per il suo nuovo libro, il premier spiega infatti che "ci sono ovvie ragioni per sconsigliarle. In un momento di crisi economica globale come questo, da cui ancora non si è usciti, le elezioni produrrebbero un danno grave al Paese. Si scatenerebbe - aggiunge - una campagna elettorale con forti contrasti tra le forze politiche e i cittadini si chiederebbero come mai invece di lavorare per uscire dalla crisi, i signori della politica si occupassero solo di litigare fra di loro. Si creerebbe una situazione davvero sconcertante".
(ANSA) - ROMA, 31 OTT - Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, conferma nuovamente di non volere elezioni anticipate. In una conversazione con Bruno Vespa per il suo nuovo libro, il premier spiega infatti che "ci sono ovvie ragioni per sconsigliarle. In un momento di crisi economica globale come questo, da cui ancora non si è usciti, le elezioni produrrebbero un danno grave al Paese. Si scatenerebbe - aggiunge - una campagna elettorale con forti contrasti tra le forze politiche e i cittadini si chiederebbero come mai invece di lavorare per uscire dalla crisi, i signori della politica si occupassero solo di litigare fra di loro. Si creerebbe una situazione davvero sconcertante".
Bananenrepublic
fonte la Repubblica
Il funzionario non volle firmare verbali. Nella relazione di servizio dell'assistente di polizia si capisce che le normali procedure sono state impedite. Nascosta al magistrato del tribunale dei minori l'identità della ragazza per la quale chiedeva un ricovero sicuro
di PIERO COLAPRICO e GIUSEPPE D'AVANZO L'abuso di potere di Berlusconi raggiunge il suo scopo nella notte tra il 27 e il 28 maggio. Con una menzogna (quella minorenne è nipote di Hosni Mubarak) e un avvertimento (potrebbe venirne fuori una crisi internazionale), il presidente del consiglio pretende che la sua giovanissima amica Karima El Mahroug, alias Karima Heyek, alias Ruby Rubacuori, 17 anni, accusata di furto, priva di documenti, in fuga dalla famiglia e scappata da una comunità, sia subito lasciata libera. E affidata a una persona di sua fiducia, Nicole Minetti, che si presenta come "consigliere regionale della Regione Lombardia con incarico presso la presidenza del consiglio dei ministri".Il Cavaliere teme - di quella cubista che ha ospitato ad Arcore in più occasioni - i ricordi, la lingua lunga, la volubilità: potrebbero questa volta metterlo davvero nei pasticci. Spaventati e intimiditi dalla pressione, i funzionari di polizia si fanno complici dell'interferenza illegale del capo del governo. Aggiustano le carte. Non applicano, come dovrebbero, le disposizioni del magistrato, che vuole la minorenne affidata a una comunità protetta. Trafficano tra Milano e Messina per consegnare Ruby a Nicole Minetti. Come appunto ha chiesto il presidente del Consiglio alle 23 del 27 maggio, con una telefonata al capo di gabinetto della questura di Milano, Pietro Ostuni.
Poi, i funzionari di via Fatebenefratelli "nascondono" al sostituto procuratore Annamaria Fiorillo il fascicolo e - solo per un caso - il magistrato dei minori riesce a leggerlo parecchi giorni dopo, quando Ruby viene di nuovo fermata.
L'abuso di potere di Silvio Berlusconi oggi si può raccontare proponendo anche gli stralci di due documenti e la ricostruzione delle disposizioni impartite quella notte alla polizia dalla magistratura.
* * *
Il primo documento è la relazione di servizio firmata dall'assistente di polizia Landolfi e dall'agente Ferrazzano della "Volante Monforte bis del 4° turno" al dirigente del commissariato Monforte-Vittoria il 28 luglio, cioè due mesi dopo un primo rapporto. In questura e in questo commissariato le voci di quanto è accaduto quella notte si sono rincorse, provocando un deluso disagio. Un vicequestore ha voluto sapere come sono andate le cose. Lo raccontano due testimoni diretti. Leggiamo:
Gli agenti ricordano "di aver preso in carico El Mahroug Karima, nata in Marocco il 01.11.1992" per "procedere al fotosegnalamento della minore e provvedere alla collocazione della ragazza presso una struttura di accoglienza per minori". Durante le fasi di quest'operazione, "l'assistente Landolfi veniva raggiunto di gran corsa, presso gli uffici della terza sezione, dal commissario capo dott. ssa Giorgia Iafrate, la quale riferiva di aver ricevuto una comunicazione telefonica da parte del capo di gabinetto della questura, dott. Ostuni, dove si doveva lasciar andare la minore e che non andava foto segnalata".
Dunque, c'è un'operazione di pura routine, quella notte uguale a tante altre. Una minore senza documenti, va identificata e le si deve cercare un ricovero sicuro. Arriva una telefonata. Di Berlusconi. Il meccanismo si ferma. La minore deve essere liberata. E non deve restare traccia negli archivi del suo passaggio. Lo stravagante capovolgimento della prassi incuriosisce. Leggiamo:
"L'assistente Landolfi chiedeva spiegazioni alla dott. ssa Iafrate. Il commissario riferiva che, detta telefonata, le era pervenuta da parte del capo di gabinetto che, a sua volta, era stato contattato telefonicamente da parte della presidenza presso il consiglio di ministri, dove era stato specificato che la ragazza fermata era la nipote del Presidente Moubarach (sic) e quindi doveva essere lasciata andare. La dott. ssa Iafrate continuava a ricevere numerose telefonate da parte del capo di gabinetto che sollecitava il rilascio della giovane donna, poiché egli aveva dato comunicazione alla presidenza del consiglio dei ministri dell'avvenuto rilascio della ragazza".
Berlusconi non si limita ad abusare del suo potere per chiedere che subito sia liberata Ruby. Mente sapendo di mentire, quando dice che la ragazza è la nipote di un capo di Stato. L'inganno gli serve per dare pressione al funzionario della questura. Suona come una minaccia all'interesse nazionale. Se non la libera subito, quel funzionario potrebbe diventare il responsabile di un incidente diplomatico. Berlusconi deliberatamente lo lascia frollare in quel timore quando ripete lentamente "lei capisce, vero?, non le dovrebbero sfuggire le possibili conseguenze". Il capo del governo, alimentata la tensione, offre la strada per liberare il campo da ogni preoccupazione. Arriverà da voi presto un consigliere regionale, affidatele la minorenne. Il piano ha una sua sincronia. Leggiamo:
"... giungeva tramite il centralino del corpo di guardia della questura comunicazione che all'ingresso erano giunte due amiche della minore, e cioè la signora Nicole Minetti, consigliere regionale della Regione Lombardia, con incarico presso la presidenza del consiglio dei ministri e la inquilina della minore, tale Coincecao Santos Oliveira Michele, nata il Brasile il 03.05.1978, residente a Milano in via V., che chiedevano un colloquio con gli operanti per conto della minore. (...) La signora Minetti si offriva di prendere in affidamento la minore e di provvedere per ogni necessità a carico della stessa".
Si vedrà soltanto sei ore dopo quanto fosse concreta la disponibilità di Nicole ad occuparsi della ragazzina. Una volta "esfiltrata" dalla questura, Nicole l'abbonderà al suo destino di randagia.
Come se avvertissero dietro quell'arrivo improvviso un oscuro pericolo, i poliziotti ci vanno cauti. Leggiamo:
"Gli operanti chiedevano alla dott. ssa Iafrate se il pm di turno dei minori era stato informato della nuova situazione. E cioè del fatto che la ragazza era la nipote del presidente Moubarach (sic) e che la signora Minetti si era resa disponibile a prendere in affidamento la ragazza. La dott. ssa Iafrate chiedeva ai sottoscritti di contattare il pm. Il pm disponeva comunque l'affido della minore a una comunità o la temporanea custodia della minore presso gli uffici della questura".
Ingannati da Berlusconi, i funzionari trasmettono quell'inganno al magistrato. Le dicono: è la nipote di un capo di stato, la frenesia che è stata iniettata dal primo piano della questura, dal capo di gabinetto, viene rovesciata sulle spalle del sostituto procuratore, immaginando che quello accetti la rapida soluzione di liberarsi della ragazza, affidandola al consigliere regionale annunciato dal capo del governo. Ma il sostituto procuratore non cede di un passo e pretende - capo di Stato o no - che sia cercato per Ruby un ricovero sicuro o, in alternativa, una notte in questura. Le insistenze riprendono. Leggiamo:
"L'assistente Landolfi comunicava alla dott. ssa Iafrate quanto disposto dal pm e la dott. ssa Iafrate contattava telefonicamente il pm e raggiungeva il seguente accordo, e cioè bisognava avere la copia di un documento d'identità della minore per poi poterla affidare alla Minetti e lasciarla andare". Ma qual è l'identità del minore? È la nipote di Mubarak, come dice Berlusconi, o una randagia, nata in Marocco, da una famiglia poverissima, come in questura a Milano sanno? Infatti, stando alle carte, l'ispettore superiore Colletti contatta il commissariato di Letojanni, Messina, dove abitano i genitori di Ruby, e poi una volante arriva persino a casa loro, nel cuore della notte. Né il padre né la madre hanno alcun documento della ragazza. Inutile dire che una ricerca di questo genere è del tutto fuori dell'ordinario. In nessuna questura c'è un tale spiegamento di forze per trovare una carta d'identità. Un po' avventurosamente, il questore di Milano Vincenzo Indolfi ha sostenuto l'ordinarietà del caso, proprio appellandosi alle lunghe ore del soggiorno di Ruby in questura. In realtà, il tempo passa per darsi da fare, al di là di ogni routine, per ottemperare ai requisiti imposti dal magistrato.
Ritorniamo in questura. Ora l'assistente Landolfi contatta telefonicamente una casa famiglia, sempre a Messina, che aveva ospitato Ruby e chiede se conservano copia di un suo documento. La responsabile della struttura non è in ufficio. Risponde che il giorno dopo lo avrebbe inviato per fax. A questo punto, viene data per acquisita l'identificazione della ragazza, grazie alla copia di un documento che fisicamente non c'è e che forse arriverà. Ma, leggiamo, sembra sufficiente alla Iafrate, "come da accordi intercorsi con il capo di gabinetto e il pm di turno, per affidare la minore a Nicole Minetti".
L'imbroglio potrebbe essere alla sua conclusione. Berlusconi ha ottenuto quello che voleva. Abusando del suo potere, ha ottenuto Ruby. Quell'imbroglio è un sapore amaro nella bocca di chi è consapevole di aver aggirato le leggi, e soprattutto violato le regole di una leale collaborazione istituzionale. Non tutti sono disposti a buttar giù quel boccone. Leggiamo:
"Si precisa che gli operanti una volta stilato il verbale di affidamento della minore alla Nicole Minetti, lo sottoponevano per la firma alla dott. ssa Iafrate, ma questa non lo firmava".
Il trucco è nudo. Vediamo. Il pubblico ministero dei minori indica tre strade. La prima, una comunità protetta. La seconda, il soggiorno notturno in questura in attesa di un posto libero in una comunità. Terza possibilità, identificare Ruby con certezza e affidarla alla consigliera regionale, in considerazione del fatto - fasullissimo - che è "affine" di un capo di stato straniero. È questa menzogna, s'indignano ancora oggi al tribunale dei minori, che viene offerta al sostituto Annamaria Fiorillo. Un inganno lucido, dicono, perché in questura sanno che Ruby è marocchina e non egiziana; figlia di un modestissimo ambulante, sempre in fuga dalle comunità di accoglienza e dall'accusa di essere una ladra abituale. A nessuno è venuta la voglia di riferire al magistrato le condizioni di quella famiglia, decisamente contraddittorie rispetto allo status e ai privilegi del presidente egiziano. Bisogna dunque dar conto delle ragioni - anzi dello sconcerto - della magistratura dei minori di Milano.
Il pubblico ministero minorile viene molto spesso chiamato a intervenire in una situazione d'emergenza. L'intervento è obbligatorio sia se un minore commette un reato, come per esempio è il caso di Ruby, accusata di un furto di tremila euro. Sia se si tratta di un "minore non accompagnato e senza documenti", ed è sempre il caso di Ruby. Sia per minori con un pregiudizio familiare, che vanno "segnalati obbligatoriamente", e anche questo è il caso di Ruby. Che può fare il pm di turno minori, Annamaria Fiorillo, chiamata a dare le prime disposizioni - sono circa le 19 - e a stabilire che cosa fare di questa ragazza, se non ordinare di definire se "sia la persona che dice di essere"? La casa di Milano, dove potrebbe essere il suo passaporto, è chiusa e Ruby non ha le chiavi. Non resta che passare allo Sdi, il cervello elettronico che dalle impronte digitali riesce a "leggere" anche le vite giudiziarie delle persone. E così Ruby ritorna a essere "Karima El Mahroug", con la sua vita difficile. Quindi, non ci sono dubbi: deve andare in una comunità "protetta", dove sia "reperibile". "È una disposizione normale, ribadita a più riprese, ma non viene ottemperata quella notte", dicono alla procura dei minori.
Annamaria Fiorillo finisce il turno il giorno dopo e non riceve nulla dalla questura, ovviamente pensa che sia tutto a posto. Ma tutto a posto non è. Karima è uscita con Nicole Minetti, se n'è andata via insieme con l'amica Michele Coincecao. Poco tempo dopo, un furibondo litigio tra le due fa intervenire di nuovo una volante di polizia e Ruby incappa di nuovo nella rete dei controlli. Nuova identificazione, nuovo verbale, che si aggiunge ai primi, quelli del 27 maggio, e tutto quanto arriva sul tavolo di un altro pm della procura minori. Che legge le carte e sobbalza sulla sedia. Chiama la collega. Avvisano il procuratore capo dei minori, che a sua volta avvisa il procuratore della repubblica a palazzo di giustizia. "Ma io non ho mai saputo come avevano descritto il mio intervento", si lamenta con i colleghi il sostituto Fiorillo. La sua amarezza è palese e anche in questi giorni tutti i magistrati - le carte sono chiarissime - confermano una dinamica distorta: "È incredibile che un pm dia disposizioni su un minore e sembra che non importi a chi le deve eseguire, noi siamo abituati ad avere a che fare con cittadini che violano la legge. Ma se a violare la legge è la polizia, si spezza la fiducia, il principio di legalità viene violato all'interno stesso del sistema".
È un altro esito di questa vicenda che va afferrato. L'intervento illegittimo di Berlusconi deforma i comportamenti della polizia, che rifiuta di rispettare i primi ordini della magistratura. È il mondo che il capo del governo immagina. Lui è lassù. Decide. L'intera sua vita privata diventa pubblica. I suoi interessi sono pubblici e pubblica diventa anche la personalissima urgenza di contenere le pericolose esuberanze di una giovanissima amica. Manipola accortamente i fatti per rendere il suo comando meno indigesto. Le burocrazie dello Stato ubbidiscono. Anche a costo di entrare in conflitto con istituzioni di controllo come la magistratura. E non solo con quella, e per rendersene conto bisogna leggere un secondo documento.
È la relazione che la questura di Milano invia al Viminale in questi giorni, a scandalo scoppiato: sarebbe diventato la bozza dell'intervento del ministro dell'Interno. Leggiamo:
"... essendo stata identificata la minore e che la stessa aveva dato il consenso conoscendo la Minetti, si procedeva ad affidare la minore d'intesa con l'Autorità Giudiziaria".
Una sola frase, due frottole. Uno. Identificata la minore? Come? Con l'identità stabilita al telefono dal presidente del Consiglio? O con quella, indiscutibile, assicurata dal cervello elettronico del Viminale? Egiziana o marocchina? Due. Di quale "intesa con l'autorità giudiziaria" si discute? Il pubblico ministero ha indicato, come suo dovere, la via maestra: una comunità protetta, capace di alleggerire il disagio del minore. Dove finisce Ruby? In mezzo a una strada. E chi ce l'ha cacciata? Lo stesso tipo che dice oggi di essersi comportato "come un buon padre di famiglia". In questa storia, tra gli inganni organizzati da Silvio Berlusconi, 74 anni, quest'ultimo è il più deprimente.
(ha collaborato Massimo Pisa)
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Una risposta ineccepibile
"La signora non ha nulla da dire. Ha deciso di attenersi al riserbo più assoluto e chiede che questa sua scelta venga rispettata". Non parlerà, è inutile insistere. "In fondo - dicono -, ha già detto tutto in almeno tre occasioni. Non sta certo a lei difendere il prestigio e la dignità del Paese. Fino a prova contraria esiste una volontà popolare".
Le balle del pornovecchietto alla questura
Caso Ruby, il bluff del Cavaliere
Tra Procura e finto affidamento
di PIERO COLAPRICO E GIUSEPPE D'AVANZO da RepubblicaNON è successo niente, vuol fare credere Berlusconi. È vero, telefona al capo di gabinetto della questura di Milano, lo fa per tirare fuori dai guai la sua giovanissima amica marocchina. È accusata ancora una volta di furto, ma è persecutorio vedere in questa mossa un abuso di potere, perché poi le regole in questura sono state rispettate fino in fondo, no? Dunque, nessun illegalismo. Karima Heyek, 17 anni, "alias Ruby Rubabaci", alias "Ruby Rubacuori", doveva essere affidata a qualcuno e Berlusconi ha soltanto indicato, come un buon padre di famiglia, come una persona di buon cuore, a chi affidare la minorenne (che, fino a quel momento, pensava fosse maggiorenne).
Prima di intervenire su quel funzionario, il Cavaliere si è preoccupato di spedire in via Fatebenefratelli una sua amica, Nicole Minetti, 25 anni, igienista dentale diventata consigliere regionale. È questo che, raccontando una menzogna e ipotizzando un iperbolico incidente internazionale, chiede alle 23 del 27 maggio il premier al capo di gabinetto: affidate la ragazza, che è nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak al consigliere regionale, che tra qualche minuto sarà da voi.
Ora qui s'incontra una prima incoerenza. Nicole Minetti, in tutte le dichiarazioni di queste ore, sostiene di non aver mai ospitato in casa sua Ruby.
"Conosco Ruby come conosco numerose altre persone del mondo televisivo. Ci tengo a precisare che conla signorina Ruby non ho rapporti di amicizia, né l'ho mai ospitata in casa mia". Quindi, delle due l'una. O Ruby è stata affidata alla Minetti e Nicole non ha assolto al suo impegno. Oppure Ruby non è mai stata affidata effettivamente alla Minetti. Lei è soltanto uno "schermo", l'asso truccato che il Cavaliere gioca nella sua affannosa partita.
C'è un unico luogo dov'è possibile sciogliere il dilemma. E' la riservatissima procura dei minori di Milano. Le regole prevedono infatti che sia il sostituto procuratore di turno, interpellato dalla polizia, ad autorizzare il rilascio del minore: per indirizzarlo in un luogo preciso e protetto, o sotto la tutela di una persona affidabile. La risposta che si raccoglie al tribunale dei minori sul "caso Ruby" è questa: va controllato se le disposizioni che quella notte il sostituto procuratore dà alle forze di polizia sono state rispettate.
Già porre in questi termini la questione rivela che c'è quanto meno una possibile sconnessione tra le indicazioni di quella notte del sostituto procuratore e le mosse di chi decide, alle 2 del 28 maggio, di lasciare andare via la diciassettenne Ruby con Nicole Minetti. Una Ruby che finirà poi in una specie di porto di mare, di quei posti che terrorizzano i buoni padri di famiglia: la casa di una ragazza brasiliana dall'incerto mestiere, incapace - per usare le formule del tribunale dei minori - di offrire la tutela doverosa e necessaria. Anzi, Ruby e la coinquilina si accapiglieranno per una gelosia sessuale con tale violenza da rendere necessario l'intervento degli agenti d'una volante per "lite in condominio", come si legge nella relazione di servizio.
Il tableau giustifica una prima approssimata radiografia dell'abuso di potere di Silvio Berlusconi. A cominciare da una bizzarria. E' irragionevole e anomalo che il premier telefoni personalmente al capo di gabinetto di via Fatebenefratelli nella notte tra il 27 e 28 maggio per tirare fuori dai guai l'amica minorenne accusata di furto. C'è un eccesso d'urgenza nel suo intervento precipitoso. Un'angosciosa pena. Una concitazione che, nelle ore successive, travolgerà la routine della questura di Milano per riaffiorare nelle forme dell'apprensione oggi, quando i protagonisti affastellano contraddittorie ricostruzioni della loro amicizia con Ruby. Che cosa spinge Berlusconi a muoversi direttamente? Che cosa teme? Senza nessun moralismo, ci si può chiedere: possibile che il capo del governo, che vuole proteggere una giovanissima amica che si è messa nei guai, non abbia accanto nessuno, a Palazzo Chigi, al ministero dell'Interno, nel suo staff ristretto che sbrighi affari border line di quel tipo, con la telefonata giusta al numero giusto? Sembra incredibile, ma pare di no.
Chi conosce il Cavaliere sostiene che si è mosso da solo "perché è sempre ghe pensi mi". Sembra troppo che il superomismo del Cavaliere si eserciti con un evento in apparenza alquanto trascurabile. Forse l'evento non è trascurabile, per il Cavaliere. E c'è chi avanza un'altra ipotesi: il premier vede materializzarsi, con la presenza di Ruby in questura, il fantasma che i suoi consiglieri più affidabili gli hanno da tempo annunciato. Prima o poi, qualcuna di queste amiche ti tradirà.
Ruby ha tutte le caratteristiche per combinare un pasticcio catastrofico per il premier (e non è affatto detto che questo non stia accadendo). Parla troppo. E' fantasiosa. Ha un talento particolare a confondere e mescolare il vero con il falso. Ma è sufficientemente intrigante e si fa voler bene. E' ragionevole che sia questa leva che spinge Berlusconi a muoversi in prima persona e con irruenza. Nella relazione che è stata consegnata al ministro dell'Interno, Roberto Maroni, si legge anche l'ora e la modalità dell'intervento del capo del governo, che avviene a poche ore dalla lite in strada tra Ruby e la ballerina trentunenne Caterina P., che lavora con l'agenzia Lele Mora.
L'amica del premier le ha rubato 3mila euro, è andata via da casa sua con due anellini e le magliette della ragazza. E Caterina P., che alle 18.15 l'ha riconosciuta in un centro benessere di corso Buenos Aires, chiama il 113 "per fare arrestare la ladra. Ruby - racconta la bruna Caterina - sale su un taxi, che segue la volante, e io che non ho nemmeno un euro vado a piedi per fare la denuncia. Non vedrò più Ruby, né so ancora oggi delle indagini sul furto, si sono dimenticati tutti dei soldi trafugati a me da quella lì, una da paura, veniva a cercarla certa gente che ho i brividi ancora adesso". Non è, insomma, Ruby esattamente la "brava gente" che frequenta le ville e i palazzi del premier, secondo il premier.
Ora c'è un nodo ben stretto da sciogliere. Chi ha avvisato il presidente del consiglio del fermo di Ruby? Si conosce la versione della ragazza: al momento dell'intervento della polizia nel centro benessere è presente un'amica comune, che allerta Nicole Minetti. Questa ricostruzione è però contraddetta dalla Minetti: non conosco così bene Ruby, in realtà è stato Berlusconi a chiamarmi e a dirmi di andare in via Fatebenefratelli. E' una versione che ne sostiene un'altra che si raccoglie in questura: ai minori noi non togliamo il telefono cellulare. Può essere dunque stata Ruby a telefonare direttamente al capo del governo. Un'ipotesi non stramba perché Ruby ha certamente il numero del caposcorta di Berlusconi: nelle indagini della procura milanese - i tabulati sono stati richiesti già da tempo - ci sono i riscontri di molte telefonate tra i due cellulari.
Ricapitoliamo. Tra le 18.15 (Ruby arriva in questura) e le 23 (Berlusconi parla con il capo di gabinetto) comincia una partita a due. Ruby è nei guai, si rivolge all'amico Silvio. Silvio si attiva. Chiama Nicole Minetti. Le ordina di andare in questura.
E' un'ora prima di mezzanotte quando, come ha anticipato il Corriere della Sera, il capo di gabinetto della questura di Milano riceve una telefonata dal "caposcorta" di Berlusconi. L'ufficiale si limita a presentarsi e ad annunciare al funzionario che gli sta per passare il capo del governo. Ora è Berlusconi che parla. Quel che gli dice, il Cavaliere lo ripete in queste ore in pubblico: "Ho voluto dare aiuto a una persona che poteva essere consegnata non a una comunità o alle carceri, che non è una bella cosa, ma data in affidamento. Siccome mi aveva rappresentato un quadro di vita a dir poco tragico, l'ho aiutata. Tutto qui".
Berlusconi vuole dimostrare che il suo intervento è stato trascurabile, forse inutile. Non si accorge di confessare la sua vera intenzione: cambiare le carte in tavola. Determinare un esito diverso da quel che egli temeva potesse essere, immaginava dovesse essere: la ragazza ristretta in una comunità, o addirittura in gattabuia. E' questo l'incubo del Cavaliere, quella notte. Come avrebbe potuto reagire quella ragazza imprevedibile, che tre mesi prima era stata con lui alla festa di San Valentino ad Arcore? E che, ancora a marzo, aveva passato la notte a Villa San Martino? Che cosa avrebbe potuto raccontare? Che cosa si sarebbe potuta inventare? Meglio metterla al sicuro. Meglio piazzarle accanto una persona di fiducia, in grado di controllarne le mattane. Berlusconi sceglie Nicole Minetti, una sua creatura, inventata dal niente da lui e che a lui deve tutto.
La questura di Milano e, non c'è dubbio, il ministro dell'Interno in Parlamento (risponderà a un question time) sosterranno che "sono state eseguite tutte le ordinarie procedure previste dal protocollo per i casi di rintraccio di persona minorenne. Solo dopo che la questura ebbe accertata la mancanza di posti presso le comunità della zona, dopo l'autorizzazione del magistrato competente e con il consenso della giovane marocchina, ella fu affidata alla signora Minetti". Né poteva essere diversamente, se si dà retta a Berlusconi. Che dice: "Non ho influenzato assolutamente nessuno. Non avrei potuto pensare di esercitare un potere che non ho. Tra l'altro tutti sanno che in Italia il primo ministro non ha nessun potere". Come se fosse del tutto trascurabile per un funzionario dello Stato - nel nostro caso, il capo di gabinetto della questura di Milano - ricevere nel cuore della notte la telefonata del presidente del consiglio che gli chiede se è in stato di fermo una "egiziana" e se la si può affidare a una signora che presto arriverà lì, "da voi", magari senza lasciare traccia del passaggio della ragazza. Quindi nessuna foto, nessun verbale. Berlusconi ridimensiona. In fondo, che avrò fatto mai?, domanda.
Che cosa succede in questura tra le 23 (Berlusconi chiama) e le 2.00 (Ruby esce) lo si conosce leggendo le relazioni di servizio, oggi nel fascicolo dei pubblici ministeri che indagano per sfruttamento della prostituzione Lele Mora, Emilio Fede, Nicole Minetti. Raccontano gli agenti: la giovane funzionaria di turno nella centrale operativa arriva trafelata nel corridoio del piano terra, dove si affaccia l'ufficio del "Fotosegnalamento". Secondo la prassi, Ruby deve appoggiare le dita sulla lastra fotografica che si collega al Cerved, il cervellone del ministero dell'Interno. Questa semplice operazione consente agli agenti di dare un'identità a chi è sprovvisto - come lei - di documenti ed è stato già ospite - come lei - di una questura italiana. Consente di conoscere in tempo reale quali sono i precedenti penali e se - come lei - ci si è allontanati da una casa-famiglia. La relazione inviata al ministro Maroni conferma che questo protocollo è stato rispettato. Quel che non è chiaro nel soggiorno di Ruby in questura non è il rispetto formale delle procedure, ma l'esito delle procedure. Qui affiora più di qualche dubbio. Che nesso c'è tra una marocchina minorenne con residenza a Letojanni, Messina, scappata dalla comunità La Glicine per farsi randagia di lusso a Milano, accusata di furto in più d'una occasione, e nientemeno che - parola del presidente - la nipote dell'egiziano Hosni Mubarak? E' un fatto che questa storia del prestigioso e fasullo legame familiare non viene raccontato alla procura dei minori. E' un fatto che quella notte la polizia interpella il sostituto di "turno minori", più volte. E' un fatto, però, che quelle disposizioni, in quelle ore, saranno com'è prassi soltanto orali. Diventeranno rapporto scritto il giorno successivo. E' un fatto che la procura della Repubblica ha acquisito questo documento per verificare se c'è una corretta corrispondenza tra le disposizioni impartite a voce tra il 27 e 28 maggio dal magistrato alla polizia e quel che effettivamente la questura ha fatto. Tasto dolente è sempre il ruolo di Nicole Minetti, alla quale - come abbiamo visto - la polizia affida Ruby, ma che una volta in strada se ne lava le mani.
Una volta in strada Nicole, sostiene Ruby, non si comporta come il consapevole affidatario che si deve occupare di lei. Nicole è lì perché c'è stata mandata: ora sono passate le due e Nicole ha soltanto un'ultima faccenda da spicciare. Deve chiamare Berlusconi, che l'ha spedita lì, aggiornarlo su quanto accaduto, rassicurarlo che Ruby non gli è ostile, anzi gli è riconoscente. Silvio rabbonisce la ragazza: ti voglio bene anche se non sei egiziana e non sei maggiorenne. Come dire, non ce l'ho con te, ti voglio ancora bene anche se mi hai mentito. Addirittura sulla nazionalità. Peggio, sull'età. L'asso truccato calato dal premier ha fatto la sua parte nel gioco affannoso di quella notte anche se la questura, forse avventurosamente, ancora oggi si ostina a sostenere che Nicole Minetti sia stata l'affidataria della minorenne marocchina. Nella prossima settimana, si verrà a capo della questione. In fondo, non è un'operazione complicata. La procura di Milano dovrà confrontare le disposizioni del sostituto procuratore dei minori e i verbali e le condotte della polizia. Sullo sfondo, i tabulati delle telefonate ricevute e fatte dagli attori di questa storia che è meno cristallina di quanto vuol far credere il Cavaliere e ha solo una certezza: l'abuso di potere che ha deformato il lavoro della polizia.
Prima di intervenire su quel funzionario, il Cavaliere si è preoccupato di spedire in via Fatebenefratelli una sua amica, Nicole Minetti, 25 anni, igienista dentale diventata consigliere regionale. È questo che, raccontando una menzogna e ipotizzando un iperbolico incidente internazionale, chiede alle 23 del 27 maggio il premier al capo di gabinetto: affidate la ragazza, che è nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak al consigliere regionale, che tra qualche minuto sarà da voi.
Ora qui s'incontra una prima incoerenza. Nicole Minetti, in tutte le dichiarazioni di queste ore, sostiene di non aver mai ospitato in casa sua Ruby.
"Conosco Ruby come conosco numerose altre persone del mondo televisivo. Ci tengo a precisare che conla signorina Ruby non ho rapporti di amicizia, né l'ho mai ospitata in casa mia". Quindi, delle due l'una. O Ruby è stata affidata alla Minetti e Nicole non ha assolto al suo impegno. Oppure Ruby non è mai stata affidata effettivamente alla Minetti. Lei è soltanto uno "schermo", l'asso truccato che il Cavaliere gioca nella sua affannosa partita.
C'è un unico luogo dov'è possibile sciogliere il dilemma. E' la riservatissima procura dei minori di Milano. Le regole prevedono infatti che sia il sostituto procuratore di turno, interpellato dalla polizia, ad autorizzare il rilascio del minore: per indirizzarlo in un luogo preciso e protetto, o sotto la tutela di una persona affidabile. La risposta che si raccoglie al tribunale dei minori sul "caso Ruby" è questa: va controllato se le disposizioni che quella notte il sostituto procuratore dà alle forze di polizia sono state rispettate.
Già porre in questi termini la questione rivela che c'è quanto meno una possibile sconnessione tra le indicazioni di quella notte del sostituto procuratore e le mosse di chi decide, alle 2 del 28 maggio, di lasciare andare via la diciassettenne Ruby con Nicole Minetti. Una Ruby che finirà poi in una specie di porto di mare, di quei posti che terrorizzano i buoni padri di famiglia: la casa di una ragazza brasiliana dall'incerto mestiere, incapace - per usare le formule del tribunale dei minori - di offrire la tutela doverosa e necessaria. Anzi, Ruby e la coinquilina si accapiglieranno per una gelosia sessuale con tale violenza da rendere necessario l'intervento degli agenti d'una volante per "lite in condominio", come si legge nella relazione di servizio.
Il tableau giustifica una prima approssimata radiografia dell'abuso di potere di Silvio Berlusconi. A cominciare da una bizzarria. E' irragionevole e anomalo che il premier telefoni personalmente al capo di gabinetto di via Fatebenefratelli nella notte tra il 27 e 28 maggio per tirare fuori dai guai l'amica minorenne accusata di furto. C'è un eccesso d'urgenza nel suo intervento precipitoso. Un'angosciosa pena. Una concitazione che, nelle ore successive, travolgerà la routine della questura di Milano per riaffiorare nelle forme dell'apprensione oggi, quando i protagonisti affastellano contraddittorie ricostruzioni della loro amicizia con Ruby. Che cosa spinge Berlusconi a muoversi direttamente? Che cosa teme? Senza nessun moralismo, ci si può chiedere: possibile che il capo del governo, che vuole proteggere una giovanissima amica che si è messa nei guai, non abbia accanto nessuno, a Palazzo Chigi, al ministero dell'Interno, nel suo staff ristretto che sbrighi affari border line di quel tipo, con la telefonata giusta al numero giusto? Sembra incredibile, ma pare di no.
Chi conosce il Cavaliere sostiene che si è mosso da solo "perché è sempre ghe pensi mi". Sembra troppo che il superomismo del Cavaliere si eserciti con un evento in apparenza alquanto trascurabile. Forse l'evento non è trascurabile, per il Cavaliere. E c'è chi avanza un'altra ipotesi: il premier vede materializzarsi, con la presenza di Ruby in questura, il fantasma che i suoi consiglieri più affidabili gli hanno da tempo annunciato. Prima o poi, qualcuna di queste amiche ti tradirà.
Ruby ha tutte le caratteristiche per combinare un pasticcio catastrofico per il premier (e non è affatto detto che questo non stia accadendo). Parla troppo. E' fantasiosa. Ha un talento particolare a confondere e mescolare il vero con il falso. Ma è sufficientemente intrigante e si fa voler bene. E' ragionevole che sia questa leva che spinge Berlusconi a muoversi in prima persona e con irruenza. Nella relazione che è stata consegnata al ministro dell'Interno, Roberto Maroni, si legge anche l'ora e la modalità dell'intervento del capo del governo, che avviene a poche ore dalla lite in strada tra Ruby e la ballerina trentunenne Caterina P., che lavora con l'agenzia Lele Mora.
L'amica del premier le ha rubato 3mila euro, è andata via da casa sua con due anellini e le magliette della ragazza. E Caterina P., che alle 18.15 l'ha riconosciuta in un centro benessere di corso Buenos Aires, chiama il 113 "per fare arrestare la ladra. Ruby - racconta la bruna Caterina - sale su un taxi, che segue la volante, e io che non ho nemmeno un euro vado a piedi per fare la denuncia. Non vedrò più Ruby, né so ancora oggi delle indagini sul furto, si sono dimenticati tutti dei soldi trafugati a me da quella lì, una da paura, veniva a cercarla certa gente che ho i brividi ancora adesso". Non è, insomma, Ruby esattamente la "brava gente" che frequenta le ville e i palazzi del premier, secondo il premier.
Ora c'è un nodo ben stretto da sciogliere. Chi ha avvisato il presidente del consiglio del fermo di Ruby? Si conosce la versione della ragazza: al momento dell'intervento della polizia nel centro benessere è presente un'amica comune, che allerta Nicole Minetti. Questa ricostruzione è però contraddetta dalla Minetti: non conosco così bene Ruby, in realtà è stato Berlusconi a chiamarmi e a dirmi di andare in via Fatebenefratelli. E' una versione che ne sostiene un'altra che si raccoglie in questura: ai minori noi non togliamo il telefono cellulare. Può essere dunque stata Ruby a telefonare direttamente al capo del governo. Un'ipotesi non stramba perché Ruby ha certamente il numero del caposcorta di Berlusconi: nelle indagini della procura milanese - i tabulati sono stati richiesti già da tempo - ci sono i riscontri di molte telefonate tra i due cellulari.
Ricapitoliamo. Tra le 18.15 (Ruby arriva in questura) e le 23 (Berlusconi parla con il capo di gabinetto) comincia una partita a due. Ruby è nei guai, si rivolge all'amico Silvio. Silvio si attiva. Chiama Nicole Minetti. Le ordina di andare in questura.
E' un'ora prima di mezzanotte quando, come ha anticipato il Corriere della Sera, il capo di gabinetto della questura di Milano riceve una telefonata dal "caposcorta" di Berlusconi. L'ufficiale si limita a presentarsi e ad annunciare al funzionario che gli sta per passare il capo del governo. Ora è Berlusconi che parla. Quel che gli dice, il Cavaliere lo ripete in queste ore in pubblico: "Ho voluto dare aiuto a una persona che poteva essere consegnata non a una comunità o alle carceri, che non è una bella cosa, ma data in affidamento. Siccome mi aveva rappresentato un quadro di vita a dir poco tragico, l'ho aiutata. Tutto qui".
Berlusconi vuole dimostrare che il suo intervento è stato trascurabile, forse inutile. Non si accorge di confessare la sua vera intenzione: cambiare le carte in tavola. Determinare un esito diverso da quel che egli temeva potesse essere, immaginava dovesse essere: la ragazza ristretta in una comunità, o addirittura in gattabuia. E' questo l'incubo del Cavaliere, quella notte. Come avrebbe potuto reagire quella ragazza imprevedibile, che tre mesi prima era stata con lui alla festa di San Valentino ad Arcore? E che, ancora a marzo, aveva passato la notte a Villa San Martino? Che cosa avrebbe potuto raccontare? Che cosa si sarebbe potuta inventare? Meglio metterla al sicuro. Meglio piazzarle accanto una persona di fiducia, in grado di controllarne le mattane. Berlusconi sceglie Nicole Minetti, una sua creatura, inventata dal niente da lui e che a lui deve tutto.
La questura di Milano e, non c'è dubbio, il ministro dell'Interno in Parlamento (risponderà a un question time) sosterranno che "sono state eseguite tutte le ordinarie procedure previste dal protocollo per i casi di rintraccio di persona minorenne. Solo dopo che la questura ebbe accertata la mancanza di posti presso le comunità della zona, dopo l'autorizzazione del magistrato competente e con il consenso della giovane marocchina, ella fu affidata alla signora Minetti". Né poteva essere diversamente, se si dà retta a Berlusconi. Che dice: "Non ho influenzato assolutamente nessuno. Non avrei potuto pensare di esercitare un potere che non ho. Tra l'altro tutti sanno che in Italia il primo ministro non ha nessun potere". Come se fosse del tutto trascurabile per un funzionario dello Stato - nel nostro caso, il capo di gabinetto della questura di Milano - ricevere nel cuore della notte la telefonata del presidente del consiglio che gli chiede se è in stato di fermo una "egiziana" e se la si può affidare a una signora che presto arriverà lì, "da voi", magari senza lasciare traccia del passaggio della ragazza. Quindi nessuna foto, nessun verbale. Berlusconi ridimensiona. In fondo, che avrò fatto mai?, domanda.
Che cosa succede in questura tra le 23 (Berlusconi chiama) e le 2.00 (Ruby esce) lo si conosce leggendo le relazioni di servizio, oggi nel fascicolo dei pubblici ministeri che indagano per sfruttamento della prostituzione Lele Mora, Emilio Fede, Nicole Minetti. Raccontano gli agenti: la giovane funzionaria di turno nella centrale operativa arriva trafelata nel corridoio del piano terra, dove si affaccia l'ufficio del "Fotosegnalamento". Secondo la prassi, Ruby deve appoggiare le dita sulla lastra fotografica che si collega al Cerved, il cervellone del ministero dell'Interno. Questa semplice operazione consente agli agenti di dare un'identità a chi è sprovvisto - come lei - di documenti ed è stato già ospite - come lei - di una questura italiana. Consente di conoscere in tempo reale quali sono i precedenti penali e se - come lei - ci si è allontanati da una casa-famiglia. La relazione inviata al ministro Maroni conferma che questo protocollo è stato rispettato. Quel che non è chiaro nel soggiorno di Ruby in questura non è il rispetto formale delle procedure, ma l'esito delle procedure. Qui affiora più di qualche dubbio. Che nesso c'è tra una marocchina minorenne con residenza a Letojanni, Messina, scappata dalla comunità La Glicine per farsi randagia di lusso a Milano, accusata di furto in più d'una occasione, e nientemeno che - parola del presidente - la nipote dell'egiziano Hosni Mubarak? E' un fatto che questa storia del prestigioso e fasullo legame familiare non viene raccontato alla procura dei minori. E' un fatto che quella notte la polizia interpella il sostituto di "turno minori", più volte. E' un fatto, però, che quelle disposizioni, in quelle ore, saranno com'è prassi soltanto orali. Diventeranno rapporto scritto il giorno successivo. E' un fatto che la procura della Repubblica ha acquisito questo documento per verificare se c'è una corretta corrispondenza tra le disposizioni impartite a voce tra il 27 e 28 maggio dal magistrato alla polizia e quel che effettivamente la questura ha fatto. Tasto dolente è sempre il ruolo di Nicole Minetti, alla quale - come abbiamo visto - la polizia affida Ruby, ma che una volta in strada se ne lava le mani.
Una volta in strada Nicole, sostiene Ruby, non si comporta come il consapevole affidatario che si deve occupare di lei. Nicole è lì perché c'è stata mandata: ora sono passate le due e Nicole ha soltanto un'ultima faccenda da spicciare. Deve chiamare Berlusconi, che l'ha spedita lì, aggiornarlo su quanto accaduto, rassicurarlo che Ruby non gli è ostile, anzi gli è riconoscente. Silvio rabbonisce la ragazza: ti voglio bene anche se non sei egiziana e non sei maggiorenne. Come dire, non ce l'ho con te, ti voglio ancora bene anche se mi hai mentito. Addirittura sulla nazionalità. Peggio, sull'età. L'asso truccato calato dal premier ha fatto la sua parte nel gioco affannoso di quella notte anche se la questura, forse avventurosamente, ancora oggi si ostina a sostenere che Nicole Minetti sia stata l'affidataria della minorenne marocchina. Nella prossima settimana, si verrà a capo della questione. In fondo, non è un'operazione complicata. La procura di Milano dovrà confrontare le disposizioni del sostituto procuratore dei minori e i verbali e le condotte della polizia. Sullo sfondo, i tabulati delle telefonate ricevute e fatte dagli attori di questa storia che è meno cristallina di quanto vuol far credere il Cavaliere e ha solo una certezza: l'abuso di potere che ha deformato il lavoro della polizia.
sabato, ottobre 30, 2010
venerdì, ottobre 29, 2010
Saldi da fine impero
È inutile scrivere commenti su Silvio Berlusconi. Basta usare le sue parole da fine impero:
«SONO UN OSPITE UNICO» - «Io faccio una vita terribile con sforzi disumani - continua poi Berlusconi. - Lavoro fino alle due e mezzo di notte, mi arrivano i giornali, li leggo e non resto di buonumore, faccio bigliettini per dare direttive al partito e al gruppo. La mattina alle 7 e mezzo sono in piedi». Quindi, si giustifica, «se ogni tanto sento il bisogno di una serata distensiva come terapia mentale per pulire il cervello da tutte le preoccupazioni, nessuno alla mia età mi farà cambiare stile di vita del quale vado orgoglioso. Sono un ospite unico, direi irripetibile, gioioso e pieno di vita: amo la vita e le donne». E il "bunga bunga", diventato ormai un vero e proprio tormentone? «È una vecchia storiella di tanti anni fa che mi ha fatto ridere molto. Anche questa volta mi ha fatto ridere».
«SONO UN OSPITE UNICO» - «Io faccio una vita terribile con sforzi disumani - continua poi Berlusconi. - Lavoro fino alle due e mezzo di notte, mi arrivano i giornali, li leggo e non resto di buonumore, faccio bigliettini per dare direttive al partito e al gruppo. La mattina alle 7 e mezzo sono in piedi». Quindi, si giustifica, «se ogni tanto sento il bisogno di una serata distensiva come terapia mentale per pulire il cervello da tutte le preoccupazioni, nessuno alla mia età mi farà cambiare stile di vita del quale vado orgoglioso. Sono un ospite unico, direi irripetibile, gioioso e pieno di vita: amo la vita e le donne». E il "bunga bunga", diventato ormai un vero e proprio tormentone? «È una vecchia storiella di tanti anni fa che mi ha fatto ridere molto. Anche questa volta mi ha fatto ridere».
martedì, ottobre 19, 2010
Lodi retro-attivi
Berlusconi SA ormai fare politica. Con che faccia Fini potrà dire di essere "il nuovo" dopo aver votato questa schifezza? Ma non poteva fare altro. Se si votasse adesso sarebbe spazzato via, anche se un sacco di parlamentari per non perdere la pensione sarebbero stati pronti a NON andare alle urne. Ma siccome nel parlamento italiano il migliore c'ha la rogna....
Fonte Repubblica
Lodo Alfano può essere retroattivo
Blitz della maggioranza in commissione
L'opposizione ha definito l'emendamento, presentato dal relatore Vizzini, "un mostro giuridico". Bersani: "E' una vergogna, faremo le barricate". Bongiorno conferma il via libera Fli: "Non condivido le polemiche". Alfano incontra Fini: "Spirito costruttivo". Il presidente della Camera: "Riforma necessaria, ma no a norme inaccettabili". Casini: "Nessun veto, Italia è anomalia". Il Quirinale ribadisce "estraneità" alla discussione in corso alle Camere
Il ministro della Giustizia Alfano con il premier Berlusconi
ROMA - Approvato l'emendamento Vizzini che sospende i procedimenti contro le alte cariche dello Stato anche per i fatti precedenti l'elezione. Il via libera all'emendamento al Lodo Alfano è arrivato dalla commissione Affari costituzionali del Senato con 15 voti a favore e 7 contrari. Hanno votato a favore 13 senatori del Pdl e Lega più il senatore finiano Maurizio Saia e il senatore dell'Mpa. In base ad esso, "i processi nei confronti del presidente della Repubblica o del presidente del Consiglio, anche relativi a fattiantecedenti l'assunzione della carica, possono essere sospesi con deliberazione parlamentare".
L'approvazione dell'emendamento in questione segue il via libera della precedente proposta di modifica, sempre a firma di Vizzini, che la settimana scorsa aveva equiparato presidente della Repubblica e presidente del Consiglio nella tutela dello scudo, e inserito fatti e reati anche extra funzionali tra quelli suscettibili di copertura. I lavori della commissione proseguiranno domani e giovedì pomeriggio con l'esame ed il voto sugli emendamenti. Intanto il Quirinale ribadisce: la Presidenza della Repubblica è estranea alla discussione sulla riforma in corso alle Camere.
Il Pd: "Una vergogna, faremo le barricate". Insorge l'opposizione secondo la quale, con questo emendamento, si è creato un "mostro giuridico". Quanto alle modifiche, il segretario del Pd Pierluigi Bersani parla di "una vergogna": "Viaggiamo ai limiti dell'assurdo, è indecoroso e vergognoso pensare di procedere a un'assoluzione per via parlamentare. Faremo le barricate con tutte le forze che abbiamo". Duro Antonio Di Pietro: il vito dei finiani "smaschera il finto ritorno alla legalità di Fli". E continua: "Facciamo un ulteriore, estremo, appello al presidente Finiaffinché dica ai suoi di non cedere a questo che oggi sembra un ricatto o una compravendita. Alla Camera vogliamo guardare in faccia uno per uno gli esponenti di Fli".
I finiani: "Lo voteremo anche alla Camera". Ma i finiani confermano: ìanche a Montecitorio voteranno l'emendamento. "Non condivido le polemiche sulla retroattività del Lodo Alfano - dice Giulia Bongiorno, presidente della Commissione Giustizia della Camera ed esponente di Fli - e infatti la sua finalità è quella di salvaguardare la serenità nello svolgimento delle funzioni da parte delle alte cariche dello Stato che, ovviamente, potrebbe essere compromessa nel caso in cui non venissero sospesi processi per fatti antecedenti all'assunzione della carica".
L'incontro con Alfano e i paletti di Fini. Giudizio sospeso sulla bozza di riforma della giustizia fino a che non sarà riempita di contenuti: i 'titoli' non bastano se poi verranno stravolti da emendamenti o norme che possono risultare "controverse o inaccettabili". Fini mette i suoi paletti alla riforma della giustizia che Alfano gli illustra in un'ora di colloquio a Montecitorio. E chiarisce che Fli è disponibile a discutere della riforma e anzi, considera "necessario" mettere mano al sistema della giustizia in Italia. Ma che ciò può avvenire solo se si verificheranno una serie di condizioni. In primo luogo, non deve essere messa in discussione l'indipendenza della magistratura: ed è per questo, spiega Fini, che ad esempio "l'auspicata separazione delle carriere andrà disciplinata in modo tale da non comportare alcuna ingerenza del potere esecutivo su quello giudiziario". Dunque, serve "chiarezza" nella formulazione "delle norme che disciplineranno e delineeranno i poteri e le funzioni del Csm, della istituenda Alta Corte di Disciplina e dello stesso Ministro Guardasigilli". Per questo, conclude il presidente della Camera, "trattandosi di una riforma che inciderà fortemente sulla Costituzione e non di un mero manifesto politico di intenti, è doveroso sospendere il giudizio in attesa di conoscere il testo che il Consiglio dei ministri approverà e di verificare, con spirito costruttivo, le eventuali modifiche apportate dal Parlamento".
Fini e il Lodo. Presidente della Camera e il Guardasigilli hanno anche affrontato la questione del Lodo Alfano. Fini si sarebbe sorpreso dell'effetto mediatico avuto dal voto espresso dal senatore di Fli sulla 'retroattivita' delle norme. Questa è la posizione di Fli da sempre, avrebbe lasciato intendere, non si tratta di norme che estinguono i reati, ma semplicemente che congelano i processi per le alte cariche il cui ruolo istituzionale va tutelato nel momento in cui esercitano la loro funzione, avrebbe ribadito. Per questo anche alla Camera è lecito attendersi un voto favorevole da parte di Fli. Anche Alfano ha spiegato di aver riscontrato in Fini "uno spirito costruttivo ma, avendogli esposto solo le linee guida" del progetto di riforma della giustizia "non ho ricevuto né un sì né un no".
Casini: "Anomalia, accettabile soluzione sui generis". "Anche se gli scudi per le alte cariche in tutti i Paesi sono connessi temporalmente e sostanzialmente all'incarico, l'anomalia italiana giustifica una soluzione 'sui generis'". Cosi il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini chiarisce il suo pensiero sull'approvazione della norma. "Si tratta di un'anomalia, quindi la retroattività è un errore ma non metteremo veti perché nostra intenzione è dare un segnale di stabilità e tentare di rimuovere il macigno dei processi del premier una volta per tutte".
Quando il giornalismo è grande
Fonte Corsera
Da uno dei nostri inviati Goffredo Buccini
AVETRANA (Taranto) - Lei non ha mai smesso di chiamarlo «paparino». E i paparini, si sa, stanno al mondo proprio per aggiustare le cose, quando le cose si mettono male. Con quelle mani che la moglie Cosima, «Mimina», ancora rimpiange ogni volta che le si spacca un tubo del lavandino o le va in tilt una lampada del salotto («essì, per queste faccende mi manca pure adesso che per me è morto»), Miche' il tuttofare magari ci aveva provato anche stavolta.
Non sapeva dire di no alla sua Sabrina, e dunque ora che, sballottato dall'avvocato d'ufficio e dal peso delle prove, cambia una versione dietro l'altra arretrando dalla linea di difesa della figlia, Sabrina è frastornata come una bambina tradita nel gioco: «Deve guardarmi negli occhi e ripetermi le accuse, non lo chiamerò mai più papà», e addio anche a paparino. «Gli dicevo: Miche', ma non la sgridi mai a Sabrina nostra?», ricorda Mimina, che nella villetta di via Deledda era il maresciallo e il ragioniere. «E se io la sgrido, poi quella non mi vuole più bene», abbassava gli occhi lui, quegli occhioni azzurro-cerbiatto così incongrui sulla sua faccia di forzato delle campagne da far dire a Sabrina: «Papà è bellissimo, il più bello della famiglia. Se mi sposo,devo sposare uno così, uguale pittato».
Cosima racconta ancora: «Chiedevo a Sabrina di dare una mano in casa, chessò, di spostare una scala in corridoio... e lei zero, restava a letto. Glielo richiedevo. Zero. Allora dicevo: Miche', ma sempre niente le dici? Dille di ubbidire, meh!, che a te ti sta a sentire! Miche' non rispondeva, poi si alzava e ci andava lui a spostare la scala al posto della figlia». Chissà se anche quel 26 agosto gli è scattato il solito riflesso condizionato, chissà quale incombenza può aver risolto Miche' alla sua figlia prediletta. In fondo il processone di Avetrana si giocherà proprio su questo filo, dovrà scoprire il punto d'equilibrio che, fino al giorno in cui Sarah è stata ammazzata, ha tenuto insieme anime e corpi in quella villetta adesso assediata dalle telecamere, dagli imbecilli di mezza Italia e dalla retorica bacchettona che telecamere e imbecilli si tirano dietro. Qui ad Avetrana i muri si parlano. «Giustizia "vera" per Sarah», chiede uno striscione all'angolo di via Deledda. «Il mostro», spara dall'edicola di via Kennedy la locandina d'un settimanale tarantino con la foto di Miche'. Poiché il contagio dilaga ben oltre il territorio comunale, tg dopo tg, speciale dopo speciale, è possibile che la patria di guelfi e ghibellini si divida domani tra sabriniani e michelisti, perché la storia, si sa, è una corsa al ribasso e il lessico famigliare può diventare lessico criminale se solo si cambia lo sfondo.
Frammenti di vita domestica si rovesciano di senso a seconda del contesto. Parole banali, tra padre e figlia, possono mutare colore, come frasi del tipo: «Sabri', ho pulito il bagagliaio della macchina, se vuoi puoi uscirci stasera». «E che ci devo fare, paparino, con la macchina stasera?». In un giorno qualsiasi, parole qualsiasi, anche perché nel bagagliaio dell'ormai famigerata Marbella rossa, Miche' caricava le sporte di arance che, notoriamente, sporcano. Parole bizzarre se pronunciate, come si narra, nel pomeriggio della scomparsa di Sarah, anche se poi Sabrina si faceva scarrozzare da altri in macchina, magari da una zia, magari dagli amici. «Se metti le corna a mamma, ti ammazzo», ripeteva, per dire, la figliola al paparino, sempre col suo sorriso da bambocciona bizzosa che l'Italia ha imparato a conoscere in questo reality horror. Frase ovvia per qualsiasi figlia devota e apprensiva, ma da rivedere attraverso la filigrana del rapporto del Rac secondo il quale Sabrina stava «sostituendosi alla madre» nelle dinamiche familiari. Vai a sapere.
Mimina, che resta uno dei personaggi più solidi di questa storiaccia - ieri ha sopportato sulle spalle incurvate le urla di «assassina» che le hanno vomitato in faccia quattro tarantine inferocite dietro la Procura - sospira sulla sua vita incatenata agli arresti televisivi: volesse mai scappare la riprenderebbero di certo in mondovisione. E guarda alla tv del tinello gli speciali e i talk show che le sgranano la sua stessa vita sotto gli occhi come un rosario. «Oh, una dice mezza cosa e ne fanno un romanzo, 'sti giornalisti. Poi nei titoli sei sempre colpevole. E la gente solo i titoli guarda». Sta imparando in fretta, questa contadina di 55 anni che sembra sempre gravata da un peso nel cuore e si sposta a fatica da una stanza all'altra, rigovernando e preparando borsoni (ieri ha mandato un cambio a Sabrina ma non ha negato nei primi giorni un po' di biancheria a Miche' già diventato orco sui giornali). Diretta a Taranto, ha scacciato i cronisti e i microfoni come mosche fastidiose, mentre Valentina, la figlia grande, strillava «è colpa vostra se Sabrina sta in prigione!» contro quegli obiettivi che hanno immortalato generosamente le recite della sorella in queste settimane.
Miche', nella casa, è una mancanza. Sabrina una mancanza e, assieme, un dolore insopportabile. «Facevano fronte comune contro di me, lui e lei», dice Cosima. «Lui aveva un debole per lei e lei per lui», sospira Valentina, senza gelosia apparente. Adesso stanno nello stesso carcere e giorno dopo giorno il processo li metterà contro. Pare che Miche' l'abbia scoperto solo ieri, perché è in isolamento. Qualche bravo ragazzo della prigione gli ha detto: «Misseri, pure tua figlia è inquilina nostra: è stata arrestata, non sapevi?», e lui, nell'area di sicurezza, c'è rimasto quasi secco, senza parole.
Bisogna aver passato qualche giorno nella casa di via Deledda per capire il mix di rancore e amore che ancora circonda Miche', come se i suoi smottamenti progressivi da orco ad assassino part-time fossero sempre più insopportabili, perché suonano come un patto violato o una bestemmia nel lessico familiare. Né Cosima né la figlia Valentina credono davvero alla storia della violenza sessuale che ora anche lui ha deciso di negare. In questi corridoi, in queste stanze, non si respirava la paura, non s'aggirava un bruto. Ma allora qual è il movente? «Il trattore», dicono mamma e figlia, come se raccontassero un sogno. Quel trattore sempre rotto, per il quale Miche' chiedeva sempre soldi a Mimina, l'economa di casa. «Dai e dai, mio marito era esasperato, ce l'aveva con me per i soldi. Quel giorno, proprio mentre provava ad aggiustare il trattore e gli dava gran cazzotti sul motore, gli è apparsa davanti Sarah che somigliava tanto a me alla sua età e...». Chissà se qualcuno avrà mai il coraggio di verbalizzare questo delirio. Chissà cosa resterà, alla fine, di paparino e di Sabrina, dei loro batticuori tra padre e figlia ridotti a verbali d'interrogatorio.
Da uno dei nostri inviati Goffredo Buccini
AVETRANA (Taranto) - Lei non ha mai smesso di chiamarlo «paparino». E i paparini, si sa, stanno al mondo proprio per aggiustare le cose, quando le cose si mettono male. Con quelle mani che la moglie Cosima, «Mimina», ancora rimpiange ogni volta che le si spacca un tubo del lavandino o le va in tilt una lampada del salotto («essì, per queste faccende mi manca pure adesso che per me è morto»), Miche' il tuttofare magari ci aveva provato anche stavolta.
Valentina Misseri con l'avvocato Russo al loro arrivo alla Procura di Tarant |
Cosima racconta ancora: «Chiedevo a Sabrina di dare una mano in casa, chessò, di spostare una scala in corridoio... e lei zero, restava a letto. Glielo richiedevo. Zero. Allora dicevo: Miche', ma sempre niente le dici? Dille di ubbidire, meh!, che a te ti sta a sentire! Miche' non rispondeva, poi si alzava e ci andava lui a spostare la scala al posto della figlia». Chissà se anche quel 26 agosto gli è scattato il solito riflesso condizionato, chissà quale incombenza può aver risolto Miche' alla sua figlia prediletta. In fondo il processone di Avetrana si giocherà proprio su questo filo, dovrà scoprire il punto d'equilibrio che, fino al giorno in cui Sarah è stata ammazzata, ha tenuto insieme anime e corpi in quella villetta adesso assediata dalle telecamere, dagli imbecilli di mezza Italia e dalla retorica bacchettona che telecamere e imbecilli si tirano dietro. Qui ad Avetrana i muri si parlano. «Giustizia "vera" per Sarah», chiede uno striscione all'angolo di via Deledda. «Il mostro», spara dall'edicola di via Kennedy la locandina d'un settimanale tarantino con la foto di Miche'. Poiché il contagio dilaga ben oltre il territorio comunale, tg dopo tg, speciale dopo speciale, è possibile che la patria di guelfi e ghibellini si divida domani tra sabriniani e michelisti, perché la storia, si sa, è una corsa al ribasso e il lessico famigliare può diventare lessico criminale se solo si cambia lo sfondo.
Mimina, che resta uno dei personaggi più solidi di questa storiaccia - ieri ha sopportato sulle spalle incurvate le urla di «assassina» che le hanno vomitato in faccia quattro tarantine inferocite dietro la Procura - sospira sulla sua vita incatenata agli arresti televisivi: volesse mai scappare la riprenderebbero di certo in mondovisione. E guarda alla tv del tinello gli speciali e i talk show che le sgranano la sua stessa vita sotto gli occhi come un rosario. «Oh, una dice mezza cosa e ne fanno un romanzo, 'sti giornalisti. Poi nei titoli sei sempre colpevole. E la gente solo i titoli guarda». Sta imparando in fretta, questa contadina di 55 anni che sembra sempre gravata da un peso nel cuore e si sposta a fatica da una stanza all'altra, rigovernando e preparando borsoni (ieri ha mandato un cambio a Sabrina ma non ha negato nei primi giorni un po' di biancheria a Miche' già diventato orco sui giornali). Diretta a Taranto, ha scacciato i cronisti e i microfoni come mosche fastidiose, mentre Valentina, la figlia grande, strillava «è colpa vostra se Sabrina sta in prigione!» contro quegli obiettivi che hanno immortalato generosamente le recite della sorella in queste settimane.
Miche', nella casa, è una mancanza. Sabrina una mancanza e, assieme, un dolore insopportabile. «Facevano fronte comune contro di me, lui e lei», dice Cosima. «Lui aveva un debole per lei e lei per lui», sospira Valentina, senza gelosia apparente. Adesso stanno nello stesso carcere e giorno dopo giorno il processo li metterà contro. Pare che Miche' l'abbia scoperto solo ieri, perché è in isolamento. Qualche bravo ragazzo della prigione gli ha detto: «Misseri, pure tua figlia è inquilina nostra: è stata arrestata, non sapevi?», e lui, nell'area di sicurezza, c'è rimasto quasi secco, senza parole.
Bisogna aver passato qualche giorno nella casa di via Deledda per capire il mix di rancore e amore che ancora circonda Miche', come se i suoi smottamenti progressivi da orco ad assassino part-time fossero sempre più insopportabili, perché suonano come un patto violato o una bestemmia nel lessico familiare. Né Cosima né la figlia Valentina credono davvero alla storia della violenza sessuale che ora anche lui ha deciso di negare. In questi corridoi, in queste stanze, non si respirava la paura, non s'aggirava un bruto. Ma allora qual è il movente? «Il trattore», dicono mamma e figlia, come se raccontassero un sogno. Quel trattore sempre rotto, per il quale Miche' chiedeva sempre soldi a Mimina, l'economa di casa. «Dai e dai, mio marito era esasperato, ce l'aveva con me per i soldi. Quel giorno, proprio mentre provava ad aggiustare il trattore e gli dava gran cazzotti sul motore, gli è apparsa davanti Sarah che somigliava tanto a me alla sua età e...». Chissà se qualcuno avrà mai il coraggio di verbalizzare questo delirio. Chissà cosa resterà, alla fine, di paparino e di Sabrina, dei loro batticuori tra padre e figlia ridotti a verbali d'interrogatorio.
venerdì, ottobre 15, 2010
Paga pantalone
Fonte dagospia
LE SPESE STRAVAGANTI DELL'ISTITUTO ICE: VATTANI CHE PER RENDERE PIÙ DOLCE LA VISITA DI LUIGINO ABETE, CREMONESI, E REGINA SI È PORTATO DALL'ITALIA ANCHE IL FAMOSO CUOCO HEINZ BECK
In viale Listz a Roma dove ha sede l'Ice, l'Istituto per la promozione del commercio estero, i dipendenti questa mattina hanno attaccato in bacheca la foto del presidente Umberto Vattani davanti alla Città Proibita di Pechino.
L'immagine, che appare sul "Corriere della Sera", è bella e suggestiva perché davanti al palazzo imperiale oltre al 72enne ex-ambasciatore si vedono il sindaco dalle scarpe ortopediche, Alemanno, i presidenti degli Imprenditori e della Camera di Commercio romani, e gli altri membri della delegazione che in questi giorni si è recata in Cina per promuovere l'immagine della Capitale.
L'unica nota un po' stonata è il profilo di Luigino Abete che con la giacca sbottonata esibisce rotondità abnormi. Ma di stonato in questa gita turistica c'è anche dell'altro. Innanzitutto c'è il livello davvero modesto degli incontri che la delegazione ha avuto a Pechino e Shanghai. Alemanno e i compagni di avventura sono riusciti ad incontrare soltanto i sindaci delle due città, e questo è pochino rispetto alle ambizioni di una missione che aveva lo scopo di trovare il consenso delle alte autorità cinesi per la candidatura di Roma olimpica.
E quando uno dei giornalisti italiani ha osato chiedere al sindaco di Roma: "che cosa avete venduto ai cinesi?", Alemanno ha risposto con parole esaltate: "abbiamo venduto un brand a cui i cinesi riconoscono un valore enorme, superiore a qualsiasi altro paese del mondo!", poi ha aggiunto con tono ispirato: "l'equazione "Roma capitale della civiltà occidentale" e "Cina capitale della civiltà orientale" è molto popolare tra i cinesi di qualsiasi ceto sociale".
Lo slogan sembra inventato da uno stagista di un'agenzia pubblicitaria, ma suona bene; non suonano bene invece i costi di questa ennesima operazione promozionale voluta dall'intramontabile Vattani che per rendere più dolce la visita di Luigino Abete, Cremonesi, e Regina si è portato dall'Italia anche il famoso cuoco Heinz Beck.
A viale Listz i dipendenti dell'Ice pensano che sulle spese stravaganti dell'Istituto prima o poi si accenderà il faro della Corte dei Conti.
LE SPESE STRAVAGANTI DELL'ISTITUTO ICE: VATTANI CHE PER RENDERE PIÙ DOLCE LA VISITA DI LUIGINO ABETE, CREMONESI, E REGINA SI È PORTATO DALL'ITALIA ANCHE IL FAMOSO CUOCO HEINZ BECK
In viale Listz a Roma dove ha sede l'Ice, l'Istituto per la promozione del commercio estero, i dipendenti questa mattina hanno attaccato in bacheca la foto del presidente Umberto Vattani davanti alla Città Proibita di Pechino.
L'immagine, che appare sul "Corriere della Sera", è bella e suggestiva perché davanti al palazzo imperiale oltre al 72enne ex-ambasciatore si vedono il sindaco dalle scarpe ortopediche, Alemanno, i presidenti degli Imprenditori e della Camera di Commercio romani, e gli altri membri della delegazione che in questi giorni si è recata in Cina per promuovere l'immagine della Capitale.
L'unica nota un po' stonata è il profilo di Luigino Abete che con la giacca sbottonata esibisce rotondità abnormi. Ma di stonato in questa gita turistica c'è anche dell'altro. Innanzitutto c'è il livello davvero modesto degli incontri che la delegazione ha avuto a Pechino e Shanghai. Alemanno e i compagni di avventura sono riusciti ad incontrare soltanto i sindaci delle due città, e questo è pochino rispetto alle ambizioni di una missione che aveva lo scopo di trovare il consenso delle alte autorità cinesi per la candidatura di Roma olimpica.
E quando uno dei giornalisti italiani ha osato chiedere al sindaco di Roma: "che cosa avete venduto ai cinesi?", Alemanno ha risposto con parole esaltate: "abbiamo venduto un brand a cui i cinesi riconoscono un valore enorme, superiore a qualsiasi altro paese del mondo!", poi ha aggiunto con tono ispirato: "l'equazione "Roma capitale della civiltà occidentale" e "Cina capitale della civiltà orientale" è molto popolare tra i cinesi di qualsiasi ceto sociale".
Lo slogan sembra inventato da uno stagista di un'agenzia pubblicitaria, ma suona bene; non suonano bene invece i costi di questa ennesima operazione promozionale voluta dall'intramontabile Vattani che per rendere più dolce la visita di Luigino Abete, Cremonesi, e Regina si è portato dall'Italia anche il famoso cuoco Heinz Beck.
A viale Listz i dipendenti dell'Ice pensano che sulle spese stravaganti dell'Istituto prima o poi si accenderà il faro della Corte dei Conti.
Truffe in un paese alla sbando
Fonte il fattoquotidiano di Fabio Amato
Disinformazione, dati falsati e dimissioni mancate. L’informazione economica al palo
Intervista a Tito Boeri. Per l'economista, l'Italia è al punto più basso nella qualità delle notizie, tanto da minare il controllo democratico che spetta agli elettori
“L’informazione è vitale in democrazia. E quella economica è scesa a un livello preoccupante”. L’economista Tito Boeri, professore ordinario alla Bocconi e membro del comitato di redazione del sito lavoce.info, è eufemisticamente molto “arrabbiato” perché – dice – lo stato dell’informazione nel nostro paese “sta facendo venir meno il controllo democratico degli elettori”.Professor Boeri, che cosa sta succedendo?
E’ pazzesco, davvero il livello della disinformazione è a un punto bassissimo. Da un lato i giornali e i media in genere raccontano i fatti in modo volutamente distorto. Dall’altro le agenzie governative danno ai giornalisti delle informazioni che sono distorte esse stesse.
Di chi parla?
Non dell’Istat, ma l’Inps e l’agenzia delle entrate forniscono dati volutamente “narrati”, in modo da indurre in errore anche chi nell’informazione è animato dalle migliori intenzioni.
Le agenzie governative nascondono o edulcorano i dati reali?
E’ una novità degli ultimi anni. Nella gestione dei dati sulla cassa integrazione, ad esempio, l’Inps ha davvero inviato comunicati con una fortissima connotazione politica, cercando sempre di sminuirne la portata. I dati in realtà sono preoccupanti: in Italia la cassa integrazione continua ad aumentare, nonostante siamo usciti dalla fase più acuta della crisi. In Germania, che ha uno strumento simile al nostro, i livelli di ore sono il 20% di quelli raggiunti nel punto più alto della crisi. Da noi invece continuano a crescere.
Ma non se ne trova traccia nell’informazione?
Ogni comunicato dell’Inps cerca di sminuire questo fatto. Si parla di piccoli incrementi quando sono incrementi da mese a mese del 10%, e non vengono mai riportati i numeri assoluti. Quel che è interessante è che dopo i dati dell’Inps escono i comunicati del ministero del Lavoro che pubblicamente esaltano l’azione del governo. Ad agosto ad esempio era uscito un comunicato del ministro che diceva: “Vedete, anche l’Inps dice che abbiamo fatto molto bene”. E addirittura se la prendevano con i finiani perché in qualche modo avevano ostacolato l’azione del governo. Mi chiedo cosa c’entri l’aumento della cassa integrazione con le lacerazioni interne alla maggioranza. Poi c’è l’agenzia delle entrate.
Di cosa li accusa?
Nonostante sia stato chiesto più volte di farlo, non dà mai i dati e non spiega quali sono i risultati della lotta all’evasione.
Quali dati?
Fondamentalmente, le cose da sapere sono quanti controlli vengono effettuati e qual è l’importo medio per ogni controllo.
Perché?
Perché se aumenta l’importo medio per controllo, questo può essere un indicatore del fatto che l’evasione sta aumentando, non diminuendo. Secondo: bisogna sempre distinguere tra il recupero di evasione che avviene attraverso un accertamento e quello che avviene attraverso procedure di conciliazione. Se c’è conciliazione lo Stato può aumentare le somme riscosse semplicemente perché fa degli accordi al ribasso. Insomma, pur di portare a casa qualcosa abbassa le proprie pretese. Quindi fa lo sconto all’evasore. E su questo non c’è mai comunicazione.
Il presidente dell’Inps, Mastrapasqua, ha detto che ai precari non viene fornita la simulazione della loro pensione su internet perché se lo facessero “si rischierebbe un sommovimento sociale”
E’ pazzesco. Questo dà l’idea di come ragioni l’Inps. Il loro compito sarebbe quello di dare una informazione ai contribuenti di quanto riceverebbero di pensione con le regole attuali e con la attuale situazione del mercato del lavoro, in modo tale che le persone possano per tempo trovare le soluzioni possibili.
Invece?
Invece abbiamo un presidente dell’Inps che dice “non diamo i dati perché altrimenti la gente si arrabbia”. E’ veramente pazzesco. Io credo che se l’affermazione è vera ci siano gli estremi per chiederne le dimissioni immediate. E’ inammissibile che chi ha un ruolo istituzionale di questa portata possa fare queste affermazioni.
Cosa dovrebbe accadere?
L’Inps dovrebbe mandare a casa di tutti i contribuenti un estratto conto previdenziale che li informi di quanto percepiranno quando andranno in pensione. In Svezia ci sono le buste arancioni, che vengono inviate ogni anno e in cui si dice: “Guardate che allo stato attuale e con questi salari andrete in pensione tra tot anni e con tot importo”. L’Inps invece continua a dire che lo farà e non lo fa mai. Adesso capiamo perché non lo fa.
Lavoce.info ha lanciato l’allarme sulla “campagna elettorale, strisciante” che potrebbe durare “tre mesi o tre anni”. Cosa si aspetta?
Io penso che abbiamo toccato il punto più basso, il che mi spinge ad usare toni più duri e ad essere molto preoccupato. Perché quando l’informazione è così distorta, l’esercizio della democrazia è molto limitato. Ogni democrazia funziona quando c’è un patrimonio informativo comune su cui gli elettori possono esercitare un controllo. Se le statistiche vengono prodotte in modo distorto questo controllo viene meno.
Nel vostro studio avete citato i dati Ocse sulla differenza informativa tra chi guarda solo la televisione e chi si affida anche ad altri mezzi. Cosa si aspetta da Internet?
Internet sarà fondamentale. Uno può pensare che le persone che vanno in rete abbiano una cultura e una formazione maggiore. Ma anche depurata di queste differenze, l’informazione sulla rete è molto più pluralista, e questo mi fa guardare avanti con una certa fiducia.
La rete come panacea?
Ovviamente no, su Internet circolano informazioni di buona e cattiva qualità. Ma il potere politico ha meno possibilità di condizionarle.
Leggi lo studio su lavoce.info
Scarica il pdf dello studio
domenica, ottobre 10, 2010
Chicche
Poveracci quella della scuola del Pdl con insegnanti cosi'....
Violante e il commissario Cancellieri docenti alla scuola di partito del Pdl
BOLOGNA - Luciano Violante, ex capogruppo Ds a Montecitorio nel 2001 e attualmente esponente Pd, insegnerà alla scuola di partito del Pdl. L´ex Presidente della Camera e della commissione antimafia è tra i relatori invitati a salire in cattedra, il 4 novembre, al corso di formazione di cinque mesi per politici e amministratori lanciato dal centrodestra bolognese. Con lei anche il commissario straordinario di Bologna Anna Maria Cancellieri, ex prefetto di Genova, e il capogruppo Pdl in Senato Maurizio Gasparri. «Violante è stato invitato perché potesse dare respiro al corso del Pdl, che non vuole essere autoreferenziale o chiuso su se stesso» ha spiegato il consigliere regionale del Pdl Galeazzo Bignami presentando il corso di formazione per aspiranti politici. Tre i moduli in cui è articolato il percorso di formazione, che partirà il 21 di ottobre. Il primo è dedicato all´economia e al territorio, in cui si parlerà appunto di bilanci comunali, di società partecipate, di sussidiarietà, di crisi economica e delle azioni del governo. Il secondo modulo riguarda le Istituzioni, ed è in questo ambito che il 4 novembre arriverà sotto le Torri anche Violante.
e per chi avesse dimenticato chi è Luciano Violante
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