da Repubblica:
"Hanno voluto creare il mostro ma non rinuncio alla mia identità"
Di Canio, un altro saluto a braccio alzato e comizio in tv
EMILIO MARRESE
ROMA - Da Benito Mussolini a Massimo Ranieri, ché tanto alla fine è tutto un festival: rose rosse per te ho portato stasera, ha scritto la Nord passando dalle svastiche del Mein Kampf al Cantagiro del ‘69 in onore del condottiero laziale che alle 19.50 era andato a raccogliere l´omaggio floreale e una sciarpetta piena di celtiche sotto la curva al grido della folla di "duce duce".
Poi si strologherà se all´uscita dal campo, dopo 54´ di gioco, quel braccio teso dell´irriducibile Paolo Di Canio dalla panchina verso le sue sturmtruppen tramutatosi - prima che i fotografi potessero prendere bene la mira - in uno ciao ciao, con la manina aperta e senza battere i tacchetti, fosse un saluto romano o un saluto ternano (vive là). Certo che il gesto pareva molto equivoco e a lui il braccio scappa sempre un po´ troppo. A sentirlo dopo in un improvvisato comizio tv, viene da proprio da pensare che l´abbia rifatto, come promesso, senza bisogno di stare a cronometrare i secondi di quella mano aperta: «Non credo di offendere la memoria di nessuno - ha detto - , per me è un saluto normale, non è razzista. Io ho la mia identità, credo in delle cose, si sa, e si sa anche cosa porto addosso (i tatuaggi ndr). Le manifesterò sempre da persona libera. A Livorno sono stato strumentalizzato perché era una piazza rossa e i politici devono farsi un esame di coscienza perché si buttano nel calcio per farsi uno spottino a sei mesi dalle elezioni. Sono schifato dall´opinione pubblica. Hanno creato il mostro. Io mi sento una vittima. Quello che ho subìto a Livorno è stato vergognoso e patetico, mi hanno massacrato verbalmente e fisicamente. Io saluto così, mi condannino ad ogni partita. Indaghino anche Dabo e Rossi allora che hanno salutato così stasera». E Delio Rossi l´ha difeso ancora: «La Lazio non è razzista ma di chi gli vuole bene, quando c´è di mezzo di Di Canio si monta sempre un caso». E il giocatore certo non aiuta a smontarlo.
La partita sul campo dell´uomo nero del calcio mondiale (senza fascia da capitano: istanza popolare respinta) si riduce a due giocate nel primo quarto d´ora, entrambe a ridicolizzare quel Thuram che alla vigilia ne aveva criticato le «esuberanze» politiche: prima un dribbling che ha costretto il francese al fallo sulla soglia dell´area e poi, soprattutto, la palla scippata sulla linea di fondo che è diventata (con la collaborazione di Manfredini) il gol di Rocchi dell´1-0. Delio Rossi l´ha levato all´inizio della ripresa, senza neanche incassare un regolare vaffa («Alla mia età mi accontento dei minuti che ho»). Sul campo Di Canio, che è fascista e anche fanatico ma mica fesso, s´è comportato come un´orsolina anche quando volavano brutti calcioni (l´aratro di Cannavaro ha tracciato il solco sulle gambe di Behrami, fuori in barella) e i suoi colleghi provavano anche a strozzarsi le giugulari (vedi Nedved e Liverani fine primo tempo).
Ma un conto sono i suoi piedi e un altro le braccia. Dopo l´uscita di scena a mano tesa di Di Canio sono comparse grosse scritte contro i laziali anti-dicanisti Del Turco e Curzi, contro il cardinale Angelini che non s´è fatto gli affari suoi, più una promessa agli amici toscani: «Diecimila braccia tese ti aspettano infame livornese». Non solo Massimo Ranieri. La curva biancoceleste è ricorsa anche al latino di Cicerone per vedere di farsi intendere meglio da Lotito: «Egredere aliquando ex urbe patent portae: proficiscere!».
Il presidente avrà sicuramente colto il brano dalle Catilinarie che lo invita ad aprofittare delle porte aperte e levarsi di torno. Nonostante la difesa spassionata quanto acrobatica di Di Canio, il n.1 della Lazio ha raccolto i soliti insulti gridati e scritti, più o meno irripetibili. «Tutto per la Lazio niente per Lotito» diceva un enorme striscione all´inizio del match, sotto una spettacolare coreografia. E infine qualche sporadico "buu" equosolidale sia ai pallidi Nedved e Ibrahimovic che a Thuram e Vieira.
Sul fronte bianconero da segnalare un «No a Euro 2012» che non sarà garbato a Giraudo e Moggi. A proposito di Moggi, prima della partita intervistato da Sky tra serio e faceto sulla vicenda Di Canio, aveva detto «dalle nostre parti (quelle della Juve ndr) un gesto si può fare una volta ma la seconda non lo fanno più». Ancora più esplicito Capello: «Quando la politica entra nel pallone è un´entrata da cartellino rosso». L´unico braccio teso che il popolo laziale all´unanimità avrebbe voluto vedere ieri sera sarebbe stato quello di Angelo Peruzzi sul cross di Nedved, e invece il pallone è finito sulla testa di Trezeguet per l´1-1.
- Il simpatico calciatore Paolo di Canio in una buffa immagine subdolamente interpretata. Il giocatore stava dicendo "aspettami, aspettami" a un tizio in tribuna. La serenità del suo sguardo non può tuttavia essere fonte di dubbio. Qui la politica non c'entra -
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