...ma i Beach Boys stavolta non c'entrano...
Usa, la gaffe di Cheney sulla tortura
Poi dietrofront: "Non volevo difenderla"
Il vicepresidente Usa Dick Cheney
WASHINGTON - Fa marcia indietro il vicepresidente
americano. Dick Cheney tenta di arginare le polemiche sollevate da una sua frase che sembrava avallare la tecnica di interrogatorio del 'water boarding', in cui si fa credere al detenuto che stia per annegare. Di ritorno da un viaggio in Missouri e Carolina del sud, il vice di Bush ha negato di essersi riferito a quella o ad altre tecniche per interrogare i presunti terroristi quando ha definito una cosa "ovvia" lasciar "inzuppare un po' nell'acqua" un detenuto. "Non parlo di tecniche, non lo farei mai", ha puntualizzato, "ho detto che un certo programma di interrogatori per un numero ristretto di detenuti è molto importante ed è stata una delle nostre più preziose fonti di informazioni".
Le parole di Cheney avevano provocato la furiosa reazione delle organizzazioni per i diritti umani: il 'water boarding', è stato paragonato da più parti a una forma di tortura. Cheney è stato accusato di aver dato la propria approvazione a interrogatori che prevedono un finto affogamento, ma la Casa Bianca ha negato che si riferisse ad alcun metodo specifico.
E così, a pochi giorni dalle elezioni di medio termine negli Stati Uniti, con le quali saranno rinnovati tutti i 435 seggi della Camera dei Rappresentanti e 33 su cento al Senato, la vicenda ha finito per diventare il caso del giorno per i giornalisti della Casa Bianca, che hanno approfittato di un incontro tra il presidente George W.Bush e il segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, per chiederne conto al presidente. "Questo Paese non tortura, non tortureremo - ha assicurato George W. Bush - interrogheremo le persone che catturiamo sul campo di battaglia per determinare se possiedano o meno informazioni che saranno utili a proteggere la nazione".
Intervistato dal conservatore Scott Hennen, Cheney è sembrato sostenere la necessità in casi estremi di ricorrere alla tecnica di interrogatorio che prevede di stimolare i sensi di un detenuto, in modo da dargli la sensazione di essere sul punto di affogare. Il metodo sarebbe stato utilizzato dalla Cia per ottenere informazioni da Khalid Sheikh Mohammed, il presunto stratega dell'attacco dell'11 settembre 2001. Gli interrogatori a Mohammed "ci hanno permesso di rendere più sicura la nazione - ha detto Cheney -, Mohammed ci ha fornito informazioni di enorme valore". Il vicepresidente non ha però apertamente confermato che il leader di al Qaeda sia stato sottoposto al 'water boarding'.
Il vicepresidente si è detto convinto che non ci sia molto da riflettere sul fatto di "inzuppare" un detenuto, se questo serve a salvare vite, ma ha aggiunto di essere stato "criticato più volte come 'vicepresidente per la tortura'. Noi non torturiamo - ha proseguito Cheney nell'intervista - non è ciò in cui siamo impegnati. Rispettiamo i nostri obblighi nei trattati internazionali di cui siamo parte e via dicendo. Ma il fatto è che si può avere un programma di interrogatori molto solido senza la tortura e abbiamo bisogno di essere in grado di attuarlo".
Human Rights Watch (Hrw) ha sostenuto che le affermazioni di Cheney sono in rotta di collisione con le nuove direttive del Pentagono sugli interrogatori militari e con una legge contro le torture, promossa dal senatore repubblicano John McCain e approvata dal Congresso. "Se l'Iran o la Siria catturassero un soldato americano - ha detto Tom Malinowski, un dirigente dell'organizzazione per i diritti umani - Cheney sta dicendo che sarebbe assolutamente accettabile per loro prendere il soldato e tenergli la testa sotto l'acqua fino a quando quasi affoga, se ciò è necessario a salvare vite iraniane o siriane".
Anche Amnesty International, per bocca del portavoce Larry Cox, ha sottolineato che nessun leader americano, "tanto meno un vicepresidente, dovrebbe promuovere la tortura".
Il 'water boarding' prevede di tenere un prigioniero in una posizione con i piedi rialzati rispetto alla testa, legato a una tavola, con il volto coperto da un pezzo di tessuto: in queste condizioni, viene fatta scorrere acqua su bocca e naso per dare la sensazione di essere sul punto di affogare. La tecnica è utilizzata da secoli in forme diverse e secondo Hrw era una di quelle preferite dai Khmer Rossi cambogiani nei loro interrogatori.
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