Pentma vuol dire pietra, ma questo blog è solo un sassolino, come ce ne sono tanti. Forse solo un po' più striato.
martedì, novembre 08, 2005
Brucia, la Francia brucia
Qualche settimana fa postai un articolo di Repubblica su quello che stava accadendo a New Orleans, negli Stati Uniti. Da ormai due settimane, ininterrottamente la Francia brucia. A questo paese ci tengo per motivi personali. Ci ho lavorato a lungo e non posso vederlo ridotto così. Tuttavia c'è anche da dire che questa rivolta che ha appiccato il fuoco alle periferie ha il "merito" di aver fatto saltare il tappo di una finta coesistenza. Per anni si sono messi negri, arabi e africani in ghetti. Per anni si è continuato a considerarli solo negri, arabi e africani (e NON cittadini francesi di origine africana o araba e di fede musulmana). Le periferie sono state abbandonate a sé stesse. Integrazione nessuna. Ecco un intervento ricavato dal web (sito de ilbarbieredellasera) che raccoglie in poche parole la disperazione e lo sgomento. E intanto c'è già scappato un morto. È il terzo dopo i due ragazzini (idioti, ma pur sempre ragazzini) che per nascondersi alla polizia sono morti fulminati in una cabina elettrica di una merdosa banlieue della città più bella del mondo.
Dal Barbiere - Sailor -
Mitterand aveva ragione. Ma anche lui non ha fatto molto. Poi è arrivato Chirac, e le cose sono peggiorate ancora. Adesso, mentre le auto bruciano, Villepin annuncia il coprifuoco. Non servirà a nulla, naturalmente, se non (forse) a far tornare un po' di calma forzata, in attesa della prossima esplosione di violenza. Giustificata, spiegabile. Inutile.
Parigi è una piccola isola di prosperità opulenta, con circa due milioni di abitanti, circondati da altri otto milioni di persone che vivono nelle banlieu. Alcuni dei comuni di questa sterminata periferia sono grazioni, altri persino ricchi. Ma molti sono deliri alla Blade Runner. Dove i poliziotti, gentilissimi con noi cittadini bianchi che viviamo in centro, trattano come merda chiunque sia (o sembri) arabo, nero, povero. Dove le scuole sone un disastro. Dove non ci sono prospettive. Abitare in uno di questi banlieu vuol dire vedersi cestinare il cv solo per l'indirizzo. Vuol dire essere finiti a 16 anni. Si può fare qualcosa? Si, sul lungo periodo: discriminazione positiva per l'accesso al lavoro e alle migliori scuole; calmieramento forzato dei prezzi degli alloggi, per ridistribuire immigrati e discendenti fuori dai ghetti; massicci interventi pubblici; piani di pieno impiego roosveltiani (resta capire dove trovare i soldi, ma questo è un altro lungo discorso); e, soprattutto, un cambiamento delle regole del commercio internazionale e dello stato del mondo che permetta ai paesi poveri di crescere e svilupparsi.
Nel frattempo, il coprofuoco. Come ai tempi dei disturbi e dei tentativi di golpe contro de Gaulle all'epoca della guerra d'Algeria.
"Questo pomeriggio ero alla Sorbona per un seminario sul commercio delle banane: non ridete, le regole imposte dall'Unione Europea contribuiscono ad affamare centinaia di migliaia di contadini latino-americani, ma concedono incentivi enormi alle banane coltivate nelle ex colonie francesi nelle Antille. Quando esco, faccio due passi sul boulevard St Germaine. Arrivo fin davanti Au deux magots, la brasserie preferita di Sartre. Affollata come al solito. Molti turisti, qualche francese con in mano Le Monde (oggi è uscita la nuova edizione, rifatta graficamente). Macchinoni in doppia fila; un caffè al tavolino 3 o 4 euro. La vita continua, tutti si stringono nelle spalle. Intanto, la periferia brucia".
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