Pentma vuol dire pietra, ma questo blog è solo un sassolino, come ce ne sono tanti. Forse solo un po' più striato.
sabato, gennaio 31, 2009
Formigoni
Quando, a mio modo di vedere scorrettamente, un Governatore approfitta del suo ruolo per non rispettare una sentenza forse c'è qualcosa che non va in una nazione. Il caro Formigoni gioca con le parole. In realtà se non si è d'accordo con la decisione della Corte Costituzionale semplicemente CI SI DIMETTE. E parlare di persona viva dopo quasi vent'anni di coma totale è davvero una cattiveria. Ma lasciatela andare e permettete a questa famiglia di elaborare il lutto e vivere in pace gli anni che restano. E non sfrutti il dramma del suo amico, caro Formigoni. Questo è molto piccolo.
da Repubblica.it
MILANO - Se il presidente della Regione Lombardia fosse un ateo e non lei, Roberto Formigoni di Comunione e Liberazione, cambierebbe qualche cosa per Eluana Englaro?
"Non credo, ho sentito molte parole da parte di altri presidenti di Regione, ma nessuno che abbia detto: "Portatela qua, è tutto a posto". Stiamo parlando di una vicenda che al limite e, anche se non nascondo la mia identità politica, in questo caso mi comporto da laico".
Perché il Friuli dirà sì e la Lombardia ha detto no?
"Non remo contro, non esiste un mio accanimento individualistico".
E non pensa che in assoluto sia uno scandalo che un cittadino si rivolge ai Tribunali, ottiene ragione e non accade niente?
"Mi sembra che il dibattito si sia aperto, c'è un confronto in atto in Parlamento. Poi, non è detto che le risposte vadano nelle direzioni che vengono invocate da chi si è rivolto ai Tribunali, perché non ci sono ancora leggi che parlano del fine-vita e c'è una magistratura che, a mio parere, non chiarisce".
Corte d'appello, Cassazione e Tar in verità dicono che Eluana può ottenere la sospensione delle terapie...
"Sì, ma il servizio sanitario nazionale non ha alcun protocollo sul tema e la sentenza non sospende niente. Noi delle Regioni siamo tra due fuochi dal punto di vista giuridico. E io sono orgoglioso di tutelare una vita".
Ma l'obiezione degli Englaro è seria e profonda. Uno, questa vita non era gradita a Eluana. Due, lo stato vegetativo non esiste in natura. Viene prodotto dai medici, il paziente resta "staccato" dal mondo esterno e per molti questo tipo di esistenza non sembra figlia di Dio o dell'evoluzione, ma il prodotto di una medicina alla dottor Frankenstein...
"Quella vita dovuta ai progressi della medicina la dico piena. Non la augureremmo a nessuno, ma suscita amore, no? Sappiamo che cosa passa nelle teste di queste persone? Aiutiamole per come possiamo".
Il modo in cui aiutare Eluana spetta al papà, o no?
"Un presidente di Regione, chiunque sia, che deve fare quando i pronunciamenti delle Corti confliggono con le leggi dello Stato? Non voglio e non posso "innovare" io la situazione. La sentenza del Tar non mi è stata ancora consegnata ed è appellabile in sessanta giorni. Sto rispettando le leggi e le sentenze al cento per cento".
Ma lei è d'accordo nel merito delle sentenze?
"Il mio amico Gianni, di cui Repubblica ha scritto, sta nella stanza accanto a Eluana e io lo vado a trovare. Gianni è lui, respira, dorme, si sveglia, sbadiglia, si agita, ogni secondo nella sua vita avvengono cose. Come si fa a dire che è un vegetale? Se esiste una minima possibilità di risveglio, non si perde la speranza".
In medicina la possibilità che uno esca dallo stato vegetativo è dello 0,001. Non si dice zero perché si sperimenta sempre, ma dalle lesioni al cervello non c'è ritorno.
"E allora cosa facciamo, mandiamo a morte queste persone?"
Lei non manda a morte nessuno, è Eluana che chiede di essere lasciata morire in pace.
"Già, già. Eluana però non ha lasciato una dichiarazione scritta, suo padre sicuramente dice il vero, ma so che altre amiche non hanno gli stessi ricordi, che sono stati presentati altri esposti".
Siamo arrivati al punto, presidente. Questo accertamento sulla sua volontà spetta ai magistrati, non ai politici, ed è stato fatto. Non è che ogni volta si può rimettere in discussione ogni cosa. Quando è assolto per le tangenti, mica si torna da capo...
"Non stiamo parlando di mazzette, ma di vita e morte. Perciò domando alla magistratura cose più chiare. C'è incertezza. Meglio dieci colpevoli fuori che un innocente in galera, non si dice così? E allora meglio dieci casi incerti, che uno vivo mandato a morte".
Anche tutti i sondaggi dicono che la gente è stufa di questi ritardi che avvengono anche per colpa sua e del ministro Sacconi...
"Non sta accadendo questo e poi, secondo me, c'è stata una grande banalizzazione di questa vicenda. La gente sa che Eluana morirà con una lunghissima e dolorosissima agonia? Morirà di fame e di sete, con dolori, crampi muscolari, generalizzati e dolorosi, le mucose si seccheranno e ci saranno ulcere, il corpo subirà crisi convulsive generalizzate".
Ma chi gliel'ha detto? Il professor Borasio, consulente della chiesa tedesca, parla di una morte tranquilla, ci ricorda che i vecchi morivano di fame e sete...
"Ma la certezza che non si soffre non c'è. E poi Eluana è lì, la sua vita non è zero, viene accudita da persone che non chiedono altro, ha senso darle questa morte artificiale anticipata?"
Artificiale è considerata dal padre la sua vita attuale. Viene cambiata, girata se no si piaga, "invasa da mani altrui" ed Eluana non l'avrebbe voluto, questo è ormai è un fatto concreto.
"Ma sempre una persona concreta che respira ho di fronte, questo io non posso dimenticarlo. Anzi, nemmeno voglio dimenticarlo".
venerdì, gennaio 30, 2009
Sgùp del Giornale
In un paese serio qualcuno avrebbe perso il posto...
Inter, la magistratura smentisce "Nessuna inchiesta sui punti persi"
da Repubblica.it
Roberto Mancini
MILANO - Fonti della procura della Repubblica di Milano hanno smentito l'apertura di un'inchiesta sul presunto comportamento illecito dell'Inter nella fase finale dello scorso campionato. A riportare la notizia dell'indagine era stamane il quotidiano Il Giornale citando un rapporto di polizia nel quale si ipotizza che i nerazzurri avrebbero deliberatamente perso alcune gare della passata stagione per rendere la competizione più avvincente e incentivare le scommesse. In quella fase del campionato la Roma si riavvicinò all'Inter capolista che conquistò il titolo soltanto all'ultima giornata. Secondo quanto si è appreso, il rapporto di polizia sarebbe allegato a un'altra indagine, quella sulla fuga di notizie relative all'inchiesta sul sarto Domenico Brescia (che sfiorò alcuni giocatori nerazzurri e l'allora tecnico Roberto Mancini), ma non è stato utilizzato per aprire un'inchiesta autonoma sull'ultimo campionato.
Su quanto pubblicato dal Giornale (di proprietà della famiglia del patron del Milan Silvio Berlusconi), è intervenuto stamane anche l'amministratore delegato dell'Inter, Ernesto Paolillo, liquidando la vicenda con una battuta. "Sono stupidaggini - ha detto - ci rido sopra a queste ricostruzioni fantasiose. Sono ipotesi che non vale neppure la pena di commentare".
Effettivamente, anche a leggere il resoconto del quotidiano, le presunte prove a carico dei nerazzurri appaiono piuttosto deboli, concentrandosi soprattutto sulle scelte di formazione dell'allenatore Mancini. Nel mirino ci sarebbero in particolare il fatto che Ibrahimovic è rientrato solo nell'ultimo spezzone dell'ultima partita, che Balotelli è rimasto fuori e il rigore tirato, e sbagliato, da Materazzi anzichè dallo specialista Cruz contro il Siena. Errori che tra l'altro il tecnico ha pagato con l'esonero anticipato.
"Il rapporto - ribadisce una nota del Giornale - riguarda le ultime partite del campionato scorso, non siamo stati noi a sollevare dubbi: abbiamo fatto il nostro mestiere di giornalisti, cioè abbiamo dato una notizia, confermata stamattina anche dagli ambienti giudiziari: ognuno è libero di commentarla come crede e anche di riderci su, ma la notizia c'è".
Inter, la magistratura smentisce "Nessuna inchiesta sui punti persi"
da Repubblica.it
Roberto Mancini
MILANO - Fonti della procura della Repubblica di Milano hanno smentito l'apertura di un'inchiesta sul presunto comportamento illecito dell'Inter nella fase finale dello scorso campionato. A riportare la notizia dell'indagine era stamane il quotidiano Il Giornale citando un rapporto di polizia nel quale si ipotizza che i nerazzurri avrebbero deliberatamente perso alcune gare della passata stagione per rendere la competizione più avvincente e incentivare le scommesse. In quella fase del campionato la Roma si riavvicinò all'Inter capolista che conquistò il titolo soltanto all'ultima giornata. Secondo quanto si è appreso, il rapporto di polizia sarebbe allegato a un'altra indagine, quella sulla fuga di notizie relative all'inchiesta sul sarto Domenico Brescia (che sfiorò alcuni giocatori nerazzurri e l'allora tecnico Roberto Mancini), ma non è stato utilizzato per aprire un'inchiesta autonoma sull'ultimo campionato.
Su quanto pubblicato dal Giornale (di proprietà della famiglia del patron del Milan Silvio Berlusconi), è intervenuto stamane anche l'amministratore delegato dell'Inter, Ernesto Paolillo, liquidando la vicenda con una battuta. "Sono stupidaggini - ha detto - ci rido sopra a queste ricostruzioni fantasiose. Sono ipotesi che non vale neppure la pena di commentare".
Effettivamente, anche a leggere il resoconto del quotidiano, le presunte prove a carico dei nerazzurri appaiono piuttosto deboli, concentrandosi soprattutto sulle scelte di formazione dell'allenatore Mancini. Nel mirino ci sarebbero in particolare il fatto che Ibrahimovic è rientrato solo nell'ultimo spezzone dell'ultima partita, che Balotelli è rimasto fuori e il rigore tirato, e sbagliato, da Materazzi anzichè dallo specialista Cruz contro il Siena. Errori che tra l'altro il tecnico ha pagato con l'esonero anticipato.
"Il rapporto - ribadisce una nota del Giornale - riguarda le ultime partite del campionato scorso, non siamo stati noi a sollevare dubbi: abbiamo fatto il nostro mestiere di giornalisti, cioè abbiamo dato una notizia, confermata stamattina anche dagli ambienti giudiziari: ognuno è libero di commentarla come crede e anche di riderci su, ma la notizia c'è".
Se c'è uno che sa... Pazienza
da Repubblica.it:
"Io, Gelli e la strage di Bologna". Ecco le verità della super-spia
di MILENA GABANELLI
"Che fine ha fatto?" mi chiedo guardando la foto su un catalogo che sto per buttare. Il suo nome era comparso sui giornali nel 1982 con la qualifica di "faccendiere". Le ultime tracce le trovo su internet: uscito dal carcere di Livorno, sta scontando gli ultimi mesi di pena presso la Pubblica Assistenza di Lerici. Francesco Pazienza ha scontato 10 anni per depistaggio alle indagini sulla strage di Bologna, altri 3 per il crac Ambrosiano e associazione a delinquere. Amico di Noriega, frequentatore dei servizi segreti francesi, americani e sudamericani, nel 1980 è a capo del Super Sismi.
Braccio destro di Licio Gelli, il suo ambiente è il sottobosco di confine fra l'alta finanza e l'alta criminalità, l'alta politica e il Vaticano. Protagonista delle vicende più tragiche della storia italiana degli anni '80, è depositario di informazioni mai rivelate, altre raccontate a modo suo. Laureato in medicina a Taranto, non ha mai indossato un camice. Negli anni '70 vive a Parigi e fa intermediazioni d'affari per il miliardario greco Ghertsos. Poi l'incontro con il capo del Sismi, Santovito. Grandi alberghi, yacht, belle donne, sigari rigorosamente cubani e tagliasigari d'oro... Un'altra epoca. Adesso ha 62 anni e fuma le Capri, mentre cammina da uomo libero sul lungomare di Lerici.
Cominciamo dall'inizio: come avviene l'incontro con Santovito?
"Me lo presentò l'ingegner Berarducci, oggi segretario generale dell'Eurispes. Santovito era suo zio, e mi chiese di fare il suo consulente internazionale".
E perché Santovito le dà questo incarico senza conoscerlo prima?
"Sa, io parlavo diverse lingue e avevo un sacco di relazioni in giro per il mondo. Normalmente non avviene così, ma all'epoca era quasi tutto improntato all'improvvisazione".
E in cambio cosa riceveva?
"Rimborso spese. Siccome non avevo bisogno di soldi, era quello che volevo: se volevo andare a New York in Concorde, andavo in Concorde. Mi sembrava tutto molto avventuroso".
Si dice che lei sia stato determinante nella sconfitta di Carter contro Reagan.
"La storia comincia con Mike Ledeen a Washington, che mi aveva presentato Santovito; lui dirigeva il Washington Quarterly e faceva capo ad una lobby legata ai repubblicani (e alla Cia-ndr). Così gli dico: "Guarda che quando c'è stata la festa per l'anniversario della rivoluzione libica, il fratello di Carter ha fraternizzato con George Habbash", che era il capo del Flp. E a quel punto disse: "Se tu mi dai le prove , noi possiamo fare l'ira di Dio"".
E le prove come se le era procurate?
"Attraverso un giornalista siciliano, Giuseppe Settineri, che io mandai con un microfono addosso ad intervistare l'avvocato Papa, che faceva il lobbista e aveva partecipato alla festa di Gheddafi. Lui raccontò per filo e per segno tutto quello che era successo. Le foto dei festini me le avevano fornite Michele Papa e Federico Umberto D'Amato, la testa degli affari riservati del Viminale".
Il Viminale ha dunque interferito nelle elezioni di un paese alleato?
"Sissignore, però la débacle ci sarebbe stata ugualmente, ma non in misura così massiccia".
Lei, che non è un militare, diventa capo del Super Sismi. Cos'era?
"Il Super Sismi ero io con un gruppo di persone che gestivo in prima persona".
Marzo 1981, le Br sequestrano l'assessore campano Cirillo. Lei che ruolo ha avuto?
"Un ruolo importante. Fui sollecitato da Piccoli, allora segretario della Dc. Incontrai ad Acerra il numero due della Nuova Camorra Organizzata di Cutolo, Nicola Nuzzo. Mi disse che in dieci giorni Cirillo sarebbe stato liberato, e così è stato".
Chi ha pagato?
"Non i servizi. Il giudice Alemi disse di aver scoperto che furono i costruttori napoletani a tirar fuori un miliardo e mezzo di lire, che finirono alle Br".
Piccoli cosa le ha dato per questa consulenza?
"Niente, assolutamente niente, eravamo amici, non c'era un discorso mercantilistico". (Del miliardo e mezzo, alle Br finiscono 1.450 milioni. Chi ha imbustato i soldi del riscatto sarebbe Pazienza, che, secondo vox populi, avrebbe taglieggiato le Br tenendo per sé 50 milioni).
A gennaio 1981 sul treno Taranto-Milano viene piazzata una valigia con esplosivo della stessa composizione di quello usato nella stazione di Bologna... Ci sono dei documenti intestati a un francese e un tedesco, indicati dai servizi come autori di stragi avvenute a Monaco e Parigi. Si scoprirà poi che si trattava di depistaggio.
"Il depistaggio è stato fatto dal Sismi per non fare emergere la vera verità della bomba di Bologna. Secondo l'allora procuratore Domenico Sica c'era di mezzo la Libia, e coinvolgerla in quel momento avrebbe voluto dire tragedia per la Fiat e per l'Eni. Vada negli archivi delle sedute parlamentari: il 4 agosto 1980, Spadolini in persona presentò un'interrogazione parlamentare in cui attribuiva la bomba di Bologna a origini straniere mediorientali".
Ma qual era l'interesse mediorientale?
"L'Italia non poteva sottrarsi agli obblighi Nato, e quindi doveva fare un accordo con Malta, per proteggerla in caso di attacchi del colonnello Gheddafi. L'accordo fu firmato, e Gheddafi fece la ritorsione. Ustica porta la stessa firma. Me lo ha raccontato Domenico Sica. Quando tolgono il segreto di Stato la verità salterà fuori".
Lei è stato condannato a 10 anni per depistaggio, qualche prova a suo carico evidentemente c'era, i servizi segreti li comandava lei.
"Le prove a mio carico erano dovute al fatto che sono stato il braccio destro, mandato dagli americani, per sostituire Licio Gelli alla guida della P2. E siccome Gelli era il motore primo del depistaggio, io che ero il suo braccio destro, automaticamente...".
Quando è scoppiata la bomba a Bologna dov'era?
"A New York".
84 morti e 250 feriti, nel suo paese. Lei è consulente del Sismi, non ha pensato: "Adesso bisogna trovare chi è stato"?
"Io no. Perché non è mio compito. I servizi segreti sono come un'azienda. Giusto? Se tu ti occupi di una cosa, non è che dici "adesso parliamo di Bologna, parliamo di Ustica"...".
1982. Calvi viene impiccato sotto un ponte. Si è parlato di un suo coinvolgimento.
"Sì, e qual era il mio interesse? Io non sono stato mai neanche indagato nell'omicidio Calvi. La sua morte è un mistero anche per me, comunque non si uccide Calvi a livello di Banda della Magliana... E non mi venga a dire che l'MI5 non sapesse che Calvi si trovava a Londra da giorni! I giochi di potere erano molto più grossi. Capisce cosa voglio dire?".
No.
"La morte di Calvi e lo scandalo del Banco Ambrosiano avrebbero imbarazzato pesantemente il Vaticano, che insieme all'Arabia Saudita voleva Gerusalemme città aperta a tutte le religioni, e Israele era contrario. Poi c'era lo scontro politico interno italiano, c'erano i comunisti, che hanno preso una valanga di soldi dal Banco Ambrosiano. Non è così semplice dire è A, B o C".
Di chi erano i soldi che andavano verso la Polonia?
"Arrivavano dai conti misti Ior-Banco Ambrosiano. L'organizzatore era Marcinkus d'accordo con papa Wojtila. Sono stato io a mandare 4 milioni di dollari in Polonia".
Ma come ha fatto tecnicamente?
"Vicino a Trieste, abbiamo fatto preparare una Lada col doppio fondo e dentro c'erano 4 milioni di dollari di lingottini d'oro di credito svizzero. Era aprile 1981, un prete polacco venne a ritirare questa Lada e la portò a Danzica. Qual era il discorso? Agli operai in sciopero non potevamo dare gli zloty, né i dollari perché i servizi segreti polacchi se ne sarebbero accorti. Anche perché lei può fare il patriota come vuole, però se a casa ha 4 bambini e non ha come farli mangiare, lo sciopero non lo fa. Giusto?".
Ma lei perché si portava su un aereo dei servizi segreti un ricercato per tentato omicidio, braccio destro di Pippo Calò, capo della banda della Magliana?
"Lei sta parlando di Balducci. Io sapevo che era uno strozzino, ma non è mai salito su un aereo dei servizi. Usava lo pseudonimo di Bergonzoni e una volta lo feci passare a Fiumicino mentre proveniva da Losanna. Era un favore che mi chiese il prefetto Umberto D'Amato, suo amico intimo". (Per questo "favore" Pazienza fu condannato per favoreggiamento e peculato: fu accertato che aveva trasportato, su un aereo dei servizi , il latitante Balducci sotto falso nome).
Nell'84 lei deposita da un notaio un documento intitolato "operazione ossa". "Ossa" starebbe per Onorata Società Sindona Andreotti. Che cos'era?
"All'epoca c'era il pericolo che Sindona potesse inventare dei coinvolgimenti di Andreotti in questioni di crimini organizzati. Bisognava capire cosa volesse fare Sindona per tirarsi fuori dai guai prima di rientrare in Italia quando si trovava nel carcere americano di New York".
Ci siete riusciti?
"Non c'è stato bisogno di fare nessuna misura attiva, ne abbiamo fatta una conoscitiva".
La misura attiva qualcuno l'ha fatta quando è finito nel carcere italiano...
"Qui parliamo del 1986. Nel carcere italiano ha bevuto un caffè di marca Pisciotta...".
Lei in quante carceri ha soggiornato?
"Alessandria, Parma e alla fine a Livorno.
Complessivamente ho fatto 12 anni di carcere gratis".
Non si ritiene colpevole di nulla?
"Zero. Le racconto una cosa, 30 marzo 1994: un maggiore della Dia, nome M. cognome M. mi dice: "Lei è un uomo informatissimo, ci deve raccontare di come portava le lettere di Fabiola Moretti (compagna di De Pedis, componente della banda della Magliana, coinvolto nel rapimento di Emanuela Orlandi-ndr) al senatore Andreotti, nel suo ufficio privato. Sa, fra poco esce la sentenza di Bologna, e noi la mettiamo a posto". Io gli ho detto: "A me di Andreotti non importa niente. Il problema è che quel che lei mi chiede di ricordare non è vero". Avevo il microfono addosso. Sa qual è la cosa comica? Che molti pensano che io sapessi di questo e di quell'altro e che non ho detto niente perché sono un duro. Non ho detto niente perché non sapevo. Capisce la differenza?".
Quando è uscito dal carcere dove è andato?
"A casa dei miei genitori, comunque non è un problema ricominciare da capo".
Cosa fa ora per sbarcare il lunario?
"Il consulente per transazioni internazionali. Sto trattando un cementificio in Africa".
Come pensa di ricostruirsi una credibilità?
"La storia non è finita, sta cominciando il secondo tempo".
Erano 25 anni che volevo incontrare il grande faccendiere. Una curiosità tutta personale, volevo vedere in faccia l'uomo che ha fatto da cerniera in tutti i misteri profondi di questo paese. Ci vuole grandezza anche per essere protagonisti di grandi drammi. Invece si incontrano delle comparse, figure che si dimenticano. Sembrano scelte apposta.
Cosa ricordo io di quel 2 agosto? Ero andata a prenotare delle cuccette. Nell'atrio tanta gente che andava e veniva, in un sabato di ferie, e i ragazzini che fanno sempre un gran casino, fra la biglietteria e il marciapiede del binario 1. L'immagine successiva non ha sonoro: è quella di un luogo irriconoscibile coperto dalla polvere. E poi il bianco di un lenzuolo che attraversa la città, appeso alle porte di un autobus. Per qualche anno, ho avuto paura tutte le volte che andavo in stazione. Da 15 anni prendo un treno tutte le settimane, vado di fretta, e non guardo mai lo squarcio coperto da un vetro, non guardo mai l'orologio fermo alle 10.25. Ogni anno il 2 agosto osservo da lontano la gente che si raduna per commemorare. Qualche volta mi viene da piangere.
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giovedì, gennaio 29, 2009
La svolta
Presentata in pompa magna come la "svolta" del canale, la trasmissione di Piero Chiambretti su Italia Uno non si distingue in nulla dal peggio del peggio della televisione in chiaro italiana. Stessa solfa di sempre. Un uomo di mezza età a condurre e qualche bellona a sculettare nello studio. Fra gli ospiti Fabio Capello. Non si capisce chi possa far ridere che un uomo come Lui, magari non simpatico, ma che non ha più nulla da dimostrare a livello di carriera, debba essere messo in imbarazzo con una ballerina di lap dance che gli si agita attorno peraltro senza nessuna tecnica. Il cattivo gusto della tivvù italiana non manca di fornire conferme. E Chiambretti faceva ridere un tempo. Quando si pensa di aver toccato il fondo comunque arriva sempre qualcuno o qualcosa a ricordarti che si può cominciare a scavare.
martedì, gennaio 27, 2009
Famiglia Cristiana e il buontempone
"Nel giorno in cui Obama chiama gli americani a raccolta per affrontare la sfida colossale dell'economia e della povertà, il nostro presidente rincorre i sondaggi: quanti punti potrebbe perdere con la cessione di Kakà, allettato dalle sirene miliardarie dell'emiro? Preoccupato più di Fiorello che passa a Sky, che del calo di due punti del Pil, il prodotto interno lordo italiano". Famiglia Cristiana di questa settimana dedica il suo editoriale d'apertura a "I politici e la crisi", e critica duramente il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi: "Ma se vince la sfida calcistico-miliardaria (chi è il presidente del Milan?), elude la crisi: 'Due punti in meno di Pil non sono un dramma'. Eurostat smentisce a stretto giro di cifre: il tasso di disoccupazione in Italia salirà all'8,2 per cento, cioè 600 mila posti di lavoro in meno". "Noi abbiamo smarrito il senso di nazione e il bene comune. Siamo un Paese incredibile, metà fiaba e metà incubo. In Germania, i partiti della Grosse koalition trovano l'intesa su un piano anticrisi da 50 miliardi di euro, con 9 miliardi di euro in sgravi fiscali per aziende, persone fisiche, aiuti alle famiglie. Le nostre emergenze? Le intercettazioni telefoniche e un federalismo fiscale dai contorni fumosi e inquietanti, l'ennesimo cavallo di Troia della fantasia padana, un contentino da propaganda, un 'ossicino' per tenerli buoni. Sarà federalismo solidale, costerà? Tremonti non dà cifre né risposte". E conclude: "Quel che è stato fatto contro la crisi è ben poco: più promesse che provvedimenti. Nell'attesa che passi la 'nuttata'. Ma come? L'84 per cento delle famiglie povere sono rimaste escluse dalla tanto decantata social card. 'In questo Paese, nasciamo e moriamo come una nazione, un popolo. Non cediamo alla tentazione di ricadere nella faziosità, nella chiusura mentale e nell'immaturità che ha avvelenato la nostra politica così a lungo': sagge parole di Obama. Ma i nostri politici, come i polli di Renzo, continuano a 'beccarsi' tra loro".
Bolzaneto, lo Stato non paga
Bolzaneto, lo Stato non vuole risarcire le vittime
G8, l´Avvocatura ricorre: nessuna provvisionale. Sconcerto tra i legali delle parti civili
MASSIMO CALANDRI da Repubblica.it
GENOVA - Dopo aver chiesto ufficialmente scusa per i soprusi e le violenze commesse dai propri uomini nella caserma di Bolzaneto, lo Stato italiano si rifiuta di risarcire le vittime. Attraverso la propria Avvocatura ha infatti appellato la sentenza del luglio scorso, che condannava funzionari di polizia, agenti e guardie carcerarie a pene minime e ad un risarcimento � in solido con i Ministeri di appartenenza � di circa due milioni di euro. Non è un´istanza scontata, quella presentata nei giorni scorsi alla Corte d´Appello di Genova: c´è la concreta possibilità di ribaltare il verdetto � è scritto nelle 15 pagine depositate -, e allora perché mettere mano al portafogli col rischio di non vedersi più restituire il denaro? Una tesi clamorosa che ha provocato sconcerto e polemica tra i legali delle parti civili. A quasi otto anni dalle «torture» � parola ribadita dai giudici motivando la loro decisione -, le centinaia di persone passate per il carcere del G8 attendevano almeno un anticipo sulla somma loro dovuta. Quella che tecnicamente viene definita provvisionale. Ma lo Stato, pur riconoscendo che i no-global nel luglio 2001 subirono «vergognose vessazioni», non ci sta. Penalmente sa bene che la prescrizione tra qualche giorno cancellerà tutto. Sul piano civile, confida in un verdetto ancora migliore di quello dell´estate passata: «Il favorevole esito dell´impugnativa proposta � scrivono gli Avvocati dello Stato, Matilde Pugliaro e Giuseppe Novaresi �imporrebbe quindi un recupero di quanto indebitamente versato che, in mancanza di garanzie reali, e vista la molteplicità dei destinatari � molti dei quali, oltretutto, residenti in differenti Stati � rischierebbe di non andare a buon fine». Vale la pena di ricordare che la provvisionale, suddivisa tra 142 aventi diritto, ammonta a circa un milione di euro. Nell´appello vengono denunciate anche la «contraddittorietà intrinseca del dispositivo» e la «assenza di correlazione tra dispositivo e motivazione».
Sei mesi fa Renato Delucchi, presidente della terza sezione del tribunale, aveva condannato 15 dei 45 imputati a 23 anni e 9 mesi di reclusione, meno di un terzo rispetto a quanto simbolicamente chiesto dai pm Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati. I giudici avevano di fatto riconosciuto l´esistenza a Bolzaneto di un "campo", ammettendo la sconfitta della giustizia italiana: costretti ad applicare le leggi a disposizione, che non disciplinano il reato di tortura, avevano escluso il dolo e l´aggravante dei "futili motivi". Alla vigilia della sentenza l´Avvocatura si era rivolta alle 252 persone passate per la "prigione temporanea": «Sentiamo il dovere di esprimere le doverose scuse, che provengono direttamente dallo Stato italiano � avevano ribadito in aula Matilde Pugliaro e Giuseppe Novaresi -. Nei giorni del G8 sono state poste le premesse perché in un luogo carcerario si esasperasse una concezione totalitaria del rapporto tra individui». Addirittura era stato negato il "nesso organico" tra gli imputati e la pubblica amministrazione: poliziotti, carabinieri e guardie non potevano più essere considerati "servitori dello Stato". E lo Stato non si sentiva dunque più responsabile per gli atti da loro commessi. Una tesi che però il tribunale non aveva accolto, condannando anche i ministeri al pagamento dei danni.
G8, l´Avvocatura ricorre: nessuna provvisionale. Sconcerto tra i legali delle parti civili
MASSIMO CALANDRI da Repubblica.it
GENOVA - Dopo aver chiesto ufficialmente scusa per i soprusi e le violenze commesse dai propri uomini nella caserma di Bolzaneto, lo Stato italiano si rifiuta di risarcire le vittime. Attraverso la propria Avvocatura ha infatti appellato la sentenza del luglio scorso, che condannava funzionari di polizia, agenti e guardie carcerarie a pene minime e ad un risarcimento � in solido con i Ministeri di appartenenza � di circa due milioni di euro. Non è un´istanza scontata, quella presentata nei giorni scorsi alla Corte d´Appello di Genova: c´è la concreta possibilità di ribaltare il verdetto � è scritto nelle 15 pagine depositate -, e allora perché mettere mano al portafogli col rischio di non vedersi più restituire il denaro? Una tesi clamorosa che ha provocato sconcerto e polemica tra i legali delle parti civili. A quasi otto anni dalle «torture» � parola ribadita dai giudici motivando la loro decisione -, le centinaia di persone passate per il carcere del G8 attendevano almeno un anticipo sulla somma loro dovuta. Quella che tecnicamente viene definita provvisionale. Ma lo Stato, pur riconoscendo che i no-global nel luglio 2001 subirono «vergognose vessazioni», non ci sta. Penalmente sa bene che la prescrizione tra qualche giorno cancellerà tutto. Sul piano civile, confida in un verdetto ancora migliore di quello dell´estate passata: «Il favorevole esito dell´impugnativa proposta � scrivono gli Avvocati dello Stato, Matilde Pugliaro e Giuseppe Novaresi �imporrebbe quindi un recupero di quanto indebitamente versato che, in mancanza di garanzie reali, e vista la molteplicità dei destinatari � molti dei quali, oltretutto, residenti in differenti Stati � rischierebbe di non andare a buon fine». Vale la pena di ricordare che la provvisionale, suddivisa tra 142 aventi diritto, ammonta a circa un milione di euro. Nell´appello vengono denunciate anche la «contraddittorietà intrinseca del dispositivo» e la «assenza di correlazione tra dispositivo e motivazione».
Sei mesi fa Renato Delucchi, presidente della terza sezione del tribunale, aveva condannato 15 dei 45 imputati a 23 anni e 9 mesi di reclusione, meno di un terzo rispetto a quanto simbolicamente chiesto dai pm Patrizia Petruzziello e Vittorio Ranieri Miniati. I giudici avevano di fatto riconosciuto l´esistenza a Bolzaneto di un "campo", ammettendo la sconfitta della giustizia italiana: costretti ad applicare le leggi a disposizione, che non disciplinano il reato di tortura, avevano escluso il dolo e l´aggravante dei "futili motivi". Alla vigilia della sentenza l´Avvocatura si era rivolta alle 252 persone passate per la "prigione temporanea": «Sentiamo il dovere di esprimere le doverose scuse, che provengono direttamente dallo Stato italiano � avevano ribadito in aula Matilde Pugliaro e Giuseppe Novaresi -. Nei giorni del G8 sono state poste le premesse perché in un luogo carcerario si esasperasse una concezione totalitaria del rapporto tra individui». Addirittura era stato negato il "nesso organico" tra gli imputati e la pubblica amministrazione: poliziotti, carabinieri e guardie non potevano più essere considerati "servitori dello Stato". E lo Stato non si sentiva dunque più responsabile per gli atti da loro commessi. Una tesi che però il tribunale non aveva accolto, condannando anche i ministeri al pagamento dei danni.
Vladimir Luxuria a nudo
Claudio Sabelli Fioretti per "La Stampa"
Per la maggior parte degli italiani è l'immagine stessa della trasgressione. Un uomo in corpo di donna. Già il nome che si è scelta, Luxuria, ci porta lontano. Quando si chiamava Vladimiro Guadagno era un giovane chierichetto di Foggia e faceva sesso con altri chierichetti. Poi ha assaggiato i viali della prostituzione. Si è improvvisata, con successo, impresaria teatrale. Ha preso la laurea con 110 e lode.
E' stata eletta deputata con Rifondazione. E' andata all'Isola dei famosi ed ha vinto, portando la tematica dei transgender nelle tranquille case borghesi all'ora di cena. Trasgressiva? Almeno insolita. Nell'eventualità, preferisce definirsi «trasgressiva tradizionalista». Dice: «Io non sono trasgressiva in quanto trans. Lo sarei se, pur sentendo questo richiamo della foresta, voltassi le spalle alla mia naturale interiorità femminile. Ma io mi sento una persona assolutamente naturale».
E le serate che organizzavi al Muccassassina erano trasgressive?
«Muccassassina era trasgressiva all'una e mezza, quando interrompevamo le danze e cominciavamo a parlare di temi sociali».
E tradizionalista?
«Sono molto legata alle tradizioni. Sono local. A Cracovia mi piaceva mangiare il borsch non gli spaghetti. Alla Camera mi sono battuta per la nostra eredità culturale. Mi piace la musica etnica. Il Natale lo passo con mio padre e mia madre».
Tua madre ti picchiava a sangue.
«Ha avuto una vita molto difficile. A 18 anni rimase incinta di me, si sposò e i suoi genitori non le dettero alcun aiuto perché era la vergogna della città. Un po' di frustrazioni le sfogò in un rapporto manesco nei miei confronti. Ma non ho risentimenti. Oggi andiamo d'accordo».
Perché ti picchiava?
«Una volta perché avevo rotto le uova appena comprate».
Il papà, vecchio fascista, Forza Italia. La tua scelta politica l'ha costretto a votare Bertinotti. Ma adesso?
«Tornerà tranquillamente a votare per Berlusconi».
Hai detto: non c'è un solo istante della mia vita in cui mi sia sentita un maschio.
«Mi vestivo da spagnola e non da sceriffo, preferivo le bambole ai soldatini... Io mi sono accorta di non essere maschio prima di accorgermi che mi piacevano i maschietti».
E il sesso? Ho letto: a sette anni...
«Cose da bambini».
La prima volta?
«Ho cominciato a capire che ero attratta dai maschietti verso i dieci anni. Sai quando si faceva a lotta? Godevo quando mi buttavano a terra, mi piaceva farmi sconfiggere, rimanere bloccata, con loro sopra di me che mi tenevano le mani. Questo strofinamento dei corpi mi dava un forte piacere».
Ma sesso serio?
«Con un ragazzo delle mia età, chierichetto come me, in sacrestia. Poi con uno un po' pedofilo. L'episodio mi segnò in maniera brutta. Mi ripromisi di non farlo più. A distogliermi da questa specie di voto furono due compagni di terza media, in gita. Nella camera d'albergo si fecero vedere nudi e mi invitarono a un ménage a tre. Io partecipai e poi loro mi ricattarono. Nella cultura mediterranea, con un retaggio anche un po' saraceno, è considerata biasimevole l'omosessualità passiva e non quella attiva».
Come lo spieghi?
«Misoginia, machismo. L'uomo passivo ha il ruolo minore, quello femminile. Uno dei termini con i quali mi dileggiavano era proprio mezza-femmina».
A Foggia non deve essere stato facile.
«A Foggia eravamo dei clandestini, dei massoni. Ognuno col suo soprannome, la sfossata, la minorenne, tutti un po' nascosti. La mia liberazione è stata a Milano. Scoprii che c'erano locali dove i gay si divertivano, ballavano tra di loro, la Nuova Idea, la balera con l'orchestrina, tipo Casadei, dove suonavano mazurke e cose del genere».
Ma alla fine andasti a Roma.
«Per l'università. La mia vita è stata tante cose. L'università, lo spettacolo, la militanza politica...».
... la prostituzione...
«Certo, la prostituzione».
L'hai rivendicata con orgoglio.
«Mi sono limitata a togliere a qualche giornalista la soddisfazione di fare scoop».
... la droga...
«Se qualcuno mi mettesse qui davanti una striscia di coca ci soffierei sopra».
Pentita?
«Io non mi pento mai di niente».
Quando hai smesso?
«L'ultima canna tre anni fa. L'ultima coca sei anni fa».
L'amore?
«E' la mia nuova sfida. Mi sono stufata di andare a letto con uomini ai quali non so più che cosa dire, che non vedo l'ora che se ne vadano».
E' stata l'Isola dei famosi?
«Dopo l'Isola dei famosi non ho più avuto stimoli sessuali, né voglia di andare a letto con nessuno. Le persone con cui prima avevo rapporti sessuali ogni tanto mi telefonano ma io dico di no. Quando per strada vedo un ragazzo bellissimo non mi viene voglia di fare sesso. Voglio provare l'esperienza della convivenza, del rapporto lungo. Sono pronta per il grande amore. Non l'ho mai provato».
Ma Enrico Lo Verso, l'attore?
«Fu una infatuazione. Recitammo insieme in "Come mi vuoi", con la Bellucci e Cassel. Ho rispettato il fatto che lui avesse una compagna. Ho rinunciato all'amore ed è nata una profonda amicizia».
Sei anche diventata buddista.
«C'è del buono in ogni religione. Ma Dio ha avuto dei pessimi rappresentanti sulla Terra».
Facevi il chierichetto...
«Ho anche insegnato catechismo. Quando ho preso coscienza del mio essere transgender ne ho parlato con il parroco. Mi sono sentita dire che ero nel peccato, che era una cosa sporca, che non potevo continuare a fare il chierichetto, tantomeno insegnare catechismo. Con i cattolici è così. Se vivi la tua omosessualità di nascosto non ci sono problemi. Ma se parli...».
Come lo spieghi?
«La Chiesa sguazza nel senso di colpa. Ci ha costruito un impero sopra».
Hai mai avuto storie con preti?
«Non riesco ad andare con un prete. Non mi eccita».
Quando hai cominciato a fare politica?
«A Foggia, a una festa dell'Unità».
Perché a sinistra?
«Perché ascoltavano senza morbosità o sguardi di disgusto. Se uno ha fame e freddo, va dove trova cibo e caldo».
Non che la sinistra abbia la coscienza a posto per quanto riguarda la questione omosessuale...
«Se mi parli di Stalin o di Fidel Castro è chiaro che riscontriamo una forte omofobia. Però Lenin ha depenalizzato l'omosessualità mentre nella liberal Inghilterra era ancora reato penale».
In Italia il comunista Marco Rizzo è stato uno dei più violenti contro la tua candidatura.
«Marco Rizzo disse che i comunisti avevano bisogno di candidare operaie e non trans. E quando la sinistra ha perso ha detto che la colpa era di chi s'era occupato più di froci che di zingari».
Con i fascisti non hai cattivi rapporti...
«Non posso avere un buon rapporto con chi inneggia al duce. Ma non rifiuto il dialogo».
Fini diceva che un maestro non può essere gay...
«Mi aspetto ancora la smentita che non ha mai dato. Però non posso chiamare "fascisti"
Fini, Gasparri o La Russa. Fascista è chi si comporta da fascista. Mi sembra più fascista chi dice, in tanti cortei della sinistra, "morte agli ebrei" per reagire alla strage dei palestinesi».
Una volta avevi un amante che ascoltava i discorsi di Mussolini.
«Era un cliente. Alla fine di ogni rapporto metteva la cassetta con i discorsi di Mussolini. Io gli dissi: "Guarda che Mussolini a quelli come noi li mandava al confino"».
Mario Giordano, direttore del «Giornale», ti ha definito «un relitto da reality».
«Paradossalmente l'Isola mi ha dato ancora più credibilità politica».
Liberazione ti ha appoggiato.
«Sansonetti ha riconosciuto l'importanza del fatto che quando la famiglia sta a tavola e accende la televisione e vede l'Isola dei famosi, si pone il problema di che cosa voglia dire "trans-gender". Ma apriti cielo. Questa cosa è servita a Ferrero come pretesto per cacciare un direttore che non sarebbe mai stato il servo del padrone».
Alessandra Mussolini: ogni tanto ci litighi. Ma una volta la consideravi la sinistra della destra.
«In un'intervista aveva dichiarato che era favorevole alle unioni civili e anche alle adozioni da parte dei gay. Quando le ricordai questa cosa in una puntata di Porta a Porta si innervosì molto».
E disse: «Meglio fascisti che froci».
«Ma io sono sicura che recitasse per fini politici. Lei non è omofoba. Alla prima occasione pubblica sono sicura che ci chiariremo e mi chiederà scusa».
Perché hai litigato con Helena Velena? E' transgender come te...
«Quando mi sono candidata mi ha definito la Lecciso della sinistra. Non perde occasione per insultare me, Sansonetti, Bertinotti, tutti quanti. Un atteggiamento violento che mette in secondo piano la sua intelligenza».
Anche con Platinette...
«Ragazzi, non è che perché siamo trans abbiamo tutti la stessa mente. Con Eva Robin's vado molto d'accordo, con Marcella Di Folco, presidente del movimento di identità transessuale, anche. Con Platinette no. Tu vai d'accordo con tutti gli eterosessuali?».
Una volta scrivevi sull'Unità. Poi arrivò Furio Colombo...
«Diciamo che quando Furio Colombo diventò direttore dell'Unità contemporaneamente non mi è stata data più la possibilità di scrivere».
Hai dei sospetti?
«Ho delle certezze».
Francesco Rutelli veniva alla Muccassassina...
«A farsi pubblicità, a prendere voti...».
Poi ha tolto il patrocinio al Gay Pride...
«E ha messo il bastone tra le ruote ai Dico. Meglio avere un nemico chiaro che un amico ambiguo. Rutelli mi ha molto delusa».
La Gardini fu più violenta... Quando ti incontrò nel bagno delle donne della Camera disse che se volevi entrare dovevi tagliartelo...
«Non lo disse. Lo urlò. Ci teneva molto che questa frase cretina la sentissero tutti i giornalisti del Transatlantico».
Per te è indifferente andare nel bagno degli uomini o in quello delle donne?
«Se trovo il bagno delle donne occupato vado in quello degli uomini. Ma quando posso scegliere preferisco andare in quello delle donne. Passo più inosservata. Faccio più scandalo se vado in quello degli uomini».
C'è qualcuno che ti piace a destra?
«Fini è interessante. Casini anche. Ha sempre voluto un rapporto diretto con me. Su certe questioni che non aveva capito bene, scendeva dai banchi dell'Udc, attraversava l'aula e veniva a farmi domande. Ho parlato sicuramente di più con il segretario dell'Udc che non con Fassino».
Altri?
«Mi piaceva Daniela Santanchè. Ma adesso sta sempre a parlare di Dio, patria, famiglia... recita malissimo un ruolo che non le compete. Poi vive nel lusso e spara contro il lusso...».
Criticava come ti vestivi.
«All'inizio tutti pensavano che sarei andata alla Camera conciata in maniera un po' provocatoria. Ma il teatro mi ha insegnato che si ha un bell'effetto quando deludi le aspettative. E quindi mi vestivo in maniera sobria. Lei disse che vestivo da suora».
La Santanchè «porta il tacco altezzoso», hai detto.
«Porta i tacchi altissimi ed è altezzosa... E poi ha fatto un corso di accavallamento delle gambe».
In Parlamento chi è stato il più galante?
«Il ministro Filippo Mancuso. Me lo presentò Franco Grillini, il presidente dell'Arcigay. Mancuso mi scambiò per una donna. Mi baciò la mano facendomi tanti complimenti. Disse: "Che piacere conoscere questa bella signora. Come si chiama?"».
E tu?
«Che dovevo fare? Gli dissi: "Mi chiamo Vladimir Luxuria". Lui si girò verso Grillini e disse: "Ma è straniera la signora?". E Grillini: "Non è straniera. E' trans". Mancuso salutò, si girò e scappò via».
Non sono stati tutti così imbranati, spero.
«La Russa mi regalò un'orchidea».
La regalò a tutte le donne...
«Appunto. Il gesto ha contribuito a scongelarmi».
Qualcuno ti ha fatto il filo?
«Inviti a cena ci sono stati. Qualcuno mi ha anche fatto capire che sarebbe venuto volentieri a letto con me».
Anche Cossiga è stato cortese.
«Nel vano sotto lo scranno ho trovato una fotografia grande di Cossiga autografata. La dedica diceva: "Sei una delle persone più degne di stare qui dentro"».
Alla fine l'esperienza di Montecitorio è stata positiva?
«Mi ha insegnato che i politici sono molto più ambigui di me».
L'esperienza più negativa?
«Una volta fui definita da una leghista di Padova "scherzo della natura"».
Parliamo di Rifondazione.
«E' un sito archeologico dove qualcuno vuole regnare su un mucchio di macerie. Siamo ad un'ulteriore scissione».
Tu da che parte stai?
«Ho già detto addio a Rifondazione. Ho ringraziato Liberazione, ma non mi riconosco in questo nuovo corso omofobo. Gente come Fagioli che dice che l'unica unione possibile è quella tra un uomo e una donna. Invece io dico che l'unica unione possibile è quella tra bocca e cervello. Che a Fagioli manca».
La crisi della sinistra...
«Ci sarà un grosso terremoto quando verrà fuori il fallimento totale di Walter Veltroni e arriveranno le sue dimissioni, spero prima possibile».
Ma il Pd...
«Una creatura transgenica».
Tu sei favorevole al matrimonio gay?
«Io sono per la libera scelta. Approvare una legge che permette il matrimonio omosessuale non vuol dire obbligare i gay a sposarsi. Io non mi sposerei mai. Però combatto perché altri possano farlo».
All'Isola dei famosi tuo padre ti ha salutato: «Ciao bello!».
«Se avesse detto "ciao brutta!" sarebbe stato peggio».
L'Isola dei famosi è una trasmissione sadica?
«Meglio il sadismo guardando l'Isola o il masochismo guardando Emilio Fede?».
Da giovane hai avuto anche una storia con una donna.
«Mi sono voluta mettere in gioco. Per provare. Per capire se era un mio blocco. Provai con Sara. Ma quando le toccavo il seno...».
Che cosa succedeva quando le toccavi il seno?
«Pensavo: "Che bello, voglio averlo anche io"».
E adesso ce l'hai. Te lo sei fatto. Ex novo.
«Tutte le trans si fanno delle operazioni di riadattamento di genere. Io mi riconosco nel genere femminile, voglio sentirmi più donna».
Costo?
«Seno e naso, 10 mila euro. Soldi miei, non della Camera come qualcuno ha detto».
Ti hanno mai chiesto di recitare nuda? Di fare calendari sexy?
«Qualche fotografo mi ha chiesto di far vedere il seno ma ho sempre rifiutato. Nessuna nudità, anche prima di fare la parlamentare».
Gioco della torre. Binetti o Buttiglione?
«La Binetti sta nel Pd, ci crea troppi problemi. Ha detto che l'omosessualità è una devianza».
Bisognerebbe cacciarla?
«Bisognerebbe raccomandarla a Casini. Che se la prenda nell'Udc».
Mara Carfagna o...
«La Carfagna non è una persona alla quale interessano molto le nostre vite. Per lei Pari Opportunità vuol dire l'opportunità sua di diventare ministro».
Veltroni o Berlusconi?
«Butto Veltroni. Ha distrutto Rifondazione e tutta la sinistra. Si è preso l'Italia dei Valori con cui sono praticamente separati in casa. Ha costruito questo Pd assurdo e l'ha fatto naufragare. Ha perso anche il sindaco a Roma. Che vuoi di più?».
Veltroni dice che lui ha vinto.
«Qualcuno vada a svegliarlo».
E invece D'Alema...
«Lo stimo molto. Mi piace quello che dice. Mi piace il suo coraggio. Aspetto solo che Veltroni si tolga di mezzo».
Berlusconi ti piace?
«Come presidente del Milan mi piace moltissimo, come presidente di Mediaset molto. Come presidente del Consiglio per niente».
Come uomo?
«Meno che meno».
Casini o Mastella?
«Mastella è inaffidabile. Troppo trans».
Per la maggior parte degli italiani è l'immagine stessa della trasgressione. Un uomo in corpo di donna. Già il nome che si è scelta, Luxuria, ci porta lontano. Quando si chiamava Vladimiro Guadagno era un giovane chierichetto di Foggia e faceva sesso con altri chierichetti. Poi ha assaggiato i viali della prostituzione. Si è improvvisata, con successo, impresaria teatrale. Ha preso la laurea con 110 e lode.
E' stata eletta deputata con Rifondazione. E' andata all'Isola dei famosi ed ha vinto, portando la tematica dei transgender nelle tranquille case borghesi all'ora di cena. Trasgressiva? Almeno insolita. Nell'eventualità, preferisce definirsi «trasgressiva tradizionalista». Dice: «Io non sono trasgressiva in quanto trans. Lo sarei se, pur sentendo questo richiamo della foresta, voltassi le spalle alla mia naturale interiorità femminile. Ma io mi sento una persona assolutamente naturale».
E le serate che organizzavi al Muccassassina erano trasgressive?
«Muccassassina era trasgressiva all'una e mezza, quando interrompevamo le danze e cominciavamo a parlare di temi sociali».
E tradizionalista?
«Sono molto legata alle tradizioni. Sono local. A Cracovia mi piaceva mangiare il borsch non gli spaghetti. Alla Camera mi sono battuta per la nostra eredità culturale. Mi piace la musica etnica. Il Natale lo passo con mio padre e mia madre».
Tua madre ti picchiava a sangue.
«Ha avuto una vita molto difficile. A 18 anni rimase incinta di me, si sposò e i suoi genitori non le dettero alcun aiuto perché era la vergogna della città. Un po' di frustrazioni le sfogò in un rapporto manesco nei miei confronti. Ma non ho risentimenti. Oggi andiamo d'accordo».
Perché ti picchiava?
«Una volta perché avevo rotto le uova appena comprate».
Il papà, vecchio fascista, Forza Italia. La tua scelta politica l'ha costretto a votare Bertinotti. Ma adesso?
«Tornerà tranquillamente a votare per Berlusconi».
Hai detto: non c'è un solo istante della mia vita in cui mi sia sentita un maschio.
«Mi vestivo da spagnola e non da sceriffo, preferivo le bambole ai soldatini... Io mi sono accorta di non essere maschio prima di accorgermi che mi piacevano i maschietti».
E il sesso? Ho letto: a sette anni...
«Cose da bambini».
La prima volta?
«Ho cominciato a capire che ero attratta dai maschietti verso i dieci anni. Sai quando si faceva a lotta? Godevo quando mi buttavano a terra, mi piaceva farmi sconfiggere, rimanere bloccata, con loro sopra di me che mi tenevano le mani. Questo strofinamento dei corpi mi dava un forte piacere».
Ma sesso serio?
«Con un ragazzo delle mia età, chierichetto come me, in sacrestia. Poi con uno un po' pedofilo. L'episodio mi segnò in maniera brutta. Mi ripromisi di non farlo più. A distogliermi da questa specie di voto furono due compagni di terza media, in gita. Nella camera d'albergo si fecero vedere nudi e mi invitarono a un ménage a tre. Io partecipai e poi loro mi ricattarono. Nella cultura mediterranea, con un retaggio anche un po' saraceno, è considerata biasimevole l'omosessualità passiva e non quella attiva».
Come lo spieghi?
«Misoginia, machismo. L'uomo passivo ha il ruolo minore, quello femminile. Uno dei termini con i quali mi dileggiavano era proprio mezza-femmina».
A Foggia non deve essere stato facile.
«A Foggia eravamo dei clandestini, dei massoni. Ognuno col suo soprannome, la sfossata, la minorenne, tutti un po' nascosti. La mia liberazione è stata a Milano. Scoprii che c'erano locali dove i gay si divertivano, ballavano tra di loro, la Nuova Idea, la balera con l'orchestrina, tipo Casadei, dove suonavano mazurke e cose del genere».
Ma alla fine andasti a Roma.
«Per l'università. La mia vita è stata tante cose. L'università, lo spettacolo, la militanza politica...».
... la prostituzione...
«Certo, la prostituzione».
L'hai rivendicata con orgoglio.
«Mi sono limitata a togliere a qualche giornalista la soddisfazione di fare scoop».
... la droga...
«Se qualcuno mi mettesse qui davanti una striscia di coca ci soffierei sopra».
Pentita?
«Io non mi pento mai di niente».
Quando hai smesso?
«L'ultima canna tre anni fa. L'ultima coca sei anni fa».
L'amore?
«E' la mia nuova sfida. Mi sono stufata di andare a letto con uomini ai quali non so più che cosa dire, che non vedo l'ora che se ne vadano».
E' stata l'Isola dei famosi?
«Dopo l'Isola dei famosi non ho più avuto stimoli sessuali, né voglia di andare a letto con nessuno. Le persone con cui prima avevo rapporti sessuali ogni tanto mi telefonano ma io dico di no. Quando per strada vedo un ragazzo bellissimo non mi viene voglia di fare sesso. Voglio provare l'esperienza della convivenza, del rapporto lungo. Sono pronta per il grande amore. Non l'ho mai provato».
Ma Enrico Lo Verso, l'attore?
«Fu una infatuazione. Recitammo insieme in "Come mi vuoi", con la Bellucci e Cassel. Ho rispettato il fatto che lui avesse una compagna. Ho rinunciato all'amore ed è nata una profonda amicizia».
Sei anche diventata buddista.
«C'è del buono in ogni religione. Ma Dio ha avuto dei pessimi rappresentanti sulla Terra».
Facevi il chierichetto...
«Ho anche insegnato catechismo. Quando ho preso coscienza del mio essere transgender ne ho parlato con il parroco. Mi sono sentita dire che ero nel peccato, che era una cosa sporca, che non potevo continuare a fare il chierichetto, tantomeno insegnare catechismo. Con i cattolici è così. Se vivi la tua omosessualità di nascosto non ci sono problemi. Ma se parli...».
Come lo spieghi?
«La Chiesa sguazza nel senso di colpa. Ci ha costruito un impero sopra».
Hai mai avuto storie con preti?
«Non riesco ad andare con un prete. Non mi eccita».
Quando hai cominciato a fare politica?
«A Foggia, a una festa dell'Unità».
Perché a sinistra?
«Perché ascoltavano senza morbosità o sguardi di disgusto. Se uno ha fame e freddo, va dove trova cibo e caldo».
Non che la sinistra abbia la coscienza a posto per quanto riguarda la questione omosessuale...
«Se mi parli di Stalin o di Fidel Castro è chiaro che riscontriamo una forte omofobia. Però Lenin ha depenalizzato l'omosessualità mentre nella liberal Inghilterra era ancora reato penale».
In Italia il comunista Marco Rizzo è stato uno dei più violenti contro la tua candidatura.
«Marco Rizzo disse che i comunisti avevano bisogno di candidare operaie e non trans. E quando la sinistra ha perso ha detto che la colpa era di chi s'era occupato più di froci che di zingari».
Con i fascisti non hai cattivi rapporti...
«Non posso avere un buon rapporto con chi inneggia al duce. Ma non rifiuto il dialogo».
Fini diceva che un maestro non può essere gay...
«Mi aspetto ancora la smentita che non ha mai dato. Però non posso chiamare "fascisti"
Fini, Gasparri o La Russa. Fascista è chi si comporta da fascista. Mi sembra più fascista chi dice, in tanti cortei della sinistra, "morte agli ebrei" per reagire alla strage dei palestinesi».
Una volta avevi un amante che ascoltava i discorsi di Mussolini.
«Era un cliente. Alla fine di ogni rapporto metteva la cassetta con i discorsi di Mussolini. Io gli dissi: "Guarda che Mussolini a quelli come noi li mandava al confino"».
Mario Giordano, direttore del «Giornale», ti ha definito «un relitto da reality».
«Paradossalmente l'Isola mi ha dato ancora più credibilità politica».
Liberazione ti ha appoggiato.
«Sansonetti ha riconosciuto l'importanza del fatto che quando la famiglia sta a tavola e accende la televisione e vede l'Isola dei famosi, si pone il problema di che cosa voglia dire "trans-gender". Ma apriti cielo. Questa cosa è servita a Ferrero come pretesto per cacciare un direttore che non sarebbe mai stato il servo del padrone».
Alessandra Mussolini: ogni tanto ci litighi. Ma una volta la consideravi la sinistra della destra.
«In un'intervista aveva dichiarato che era favorevole alle unioni civili e anche alle adozioni da parte dei gay. Quando le ricordai questa cosa in una puntata di Porta a Porta si innervosì molto».
E disse: «Meglio fascisti che froci».
«Ma io sono sicura che recitasse per fini politici. Lei non è omofoba. Alla prima occasione pubblica sono sicura che ci chiariremo e mi chiederà scusa».
Perché hai litigato con Helena Velena? E' transgender come te...
«Quando mi sono candidata mi ha definito la Lecciso della sinistra. Non perde occasione per insultare me, Sansonetti, Bertinotti, tutti quanti. Un atteggiamento violento che mette in secondo piano la sua intelligenza».
Anche con Platinette...
«Ragazzi, non è che perché siamo trans abbiamo tutti la stessa mente. Con Eva Robin's vado molto d'accordo, con Marcella Di Folco, presidente del movimento di identità transessuale, anche. Con Platinette no. Tu vai d'accordo con tutti gli eterosessuali?».
Una volta scrivevi sull'Unità. Poi arrivò Furio Colombo...
«Diciamo che quando Furio Colombo diventò direttore dell'Unità contemporaneamente non mi è stata data più la possibilità di scrivere».
Hai dei sospetti?
«Ho delle certezze».
Francesco Rutelli veniva alla Muccassassina...
«A farsi pubblicità, a prendere voti...».
Poi ha tolto il patrocinio al Gay Pride...
«E ha messo il bastone tra le ruote ai Dico. Meglio avere un nemico chiaro che un amico ambiguo. Rutelli mi ha molto delusa».
La Gardini fu più violenta... Quando ti incontrò nel bagno delle donne della Camera disse che se volevi entrare dovevi tagliartelo...
«Non lo disse. Lo urlò. Ci teneva molto che questa frase cretina la sentissero tutti i giornalisti del Transatlantico».
Per te è indifferente andare nel bagno degli uomini o in quello delle donne?
«Se trovo il bagno delle donne occupato vado in quello degli uomini. Ma quando posso scegliere preferisco andare in quello delle donne. Passo più inosservata. Faccio più scandalo se vado in quello degli uomini».
C'è qualcuno che ti piace a destra?
«Fini è interessante. Casini anche. Ha sempre voluto un rapporto diretto con me. Su certe questioni che non aveva capito bene, scendeva dai banchi dell'Udc, attraversava l'aula e veniva a farmi domande. Ho parlato sicuramente di più con il segretario dell'Udc che non con Fassino».
Altri?
«Mi piaceva Daniela Santanchè. Ma adesso sta sempre a parlare di Dio, patria, famiglia... recita malissimo un ruolo che non le compete. Poi vive nel lusso e spara contro il lusso...».
Criticava come ti vestivi.
«All'inizio tutti pensavano che sarei andata alla Camera conciata in maniera un po' provocatoria. Ma il teatro mi ha insegnato che si ha un bell'effetto quando deludi le aspettative. E quindi mi vestivo in maniera sobria. Lei disse che vestivo da suora».
La Santanchè «porta il tacco altezzoso», hai detto.
«Porta i tacchi altissimi ed è altezzosa... E poi ha fatto un corso di accavallamento delle gambe».
In Parlamento chi è stato il più galante?
«Il ministro Filippo Mancuso. Me lo presentò Franco Grillini, il presidente dell'Arcigay. Mancuso mi scambiò per una donna. Mi baciò la mano facendomi tanti complimenti. Disse: "Che piacere conoscere questa bella signora. Come si chiama?"».
E tu?
«Che dovevo fare? Gli dissi: "Mi chiamo Vladimir Luxuria". Lui si girò verso Grillini e disse: "Ma è straniera la signora?". E Grillini: "Non è straniera. E' trans". Mancuso salutò, si girò e scappò via».
Non sono stati tutti così imbranati, spero.
«La Russa mi regalò un'orchidea».
La regalò a tutte le donne...
«Appunto. Il gesto ha contribuito a scongelarmi».
Qualcuno ti ha fatto il filo?
«Inviti a cena ci sono stati. Qualcuno mi ha anche fatto capire che sarebbe venuto volentieri a letto con me».
Anche Cossiga è stato cortese.
«Nel vano sotto lo scranno ho trovato una fotografia grande di Cossiga autografata. La dedica diceva: "Sei una delle persone più degne di stare qui dentro"».
Alla fine l'esperienza di Montecitorio è stata positiva?
«Mi ha insegnato che i politici sono molto più ambigui di me».
L'esperienza più negativa?
«Una volta fui definita da una leghista di Padova "scherzo della natura"».
Parliamo di Rifondazione.
«E' un sito archeologico dove qualcuno vuole regnare su un mucchio di macerie. Siamo ad un'ulteriore scissione».
Tu da che parte stai?
«Ho già detto addio a Rifondazione. Ho ringraziato Liberazione, ma non mi riconosco in questo nuovo corso omofobo. Gente come Fagioli che dice che l'unica unione possibile è quella tra un uomo e una donna. Invece io dico che l'unica unione possibile è quella tra bocca e cervello. Che a Fagioli manca».
La crisi della sinistra...
«Ci sarà un grosso terremoto quando verrà fuori il fallimento totale di Walter Veltroni e arriveranno le sue dimissioni, spero prima possibile».
Ma il Pd...
«Una creatura transgenica».
Tu sei favorevole al matrimonio gay?
«Io sono per la libera scelta. Approvare una legge che permette il matrimonio omosessuale non vuol dire obbligare i gay a sposarsi. Io non mi sposerei mai. Però combatto perché altri possano farlo».
All'Isola dei famosi tuo padre ti ha salutato: «Ciao bello!».
«Se avesse detto "ciao brutta!" sarebbe stato peggio».
L'Isola dei famosi è una trasmissione sadica?
«Meglio il sadismo guardando l'Isola o il masochismo guardando Emilio Fede?».
Da giovane hai avuto anche una storia con una donna.
«Mi sono voluta mettere in gioco. Per provare. Per capire se era un mio blocco. Provai con Sara. Ma quando le toccavo il seno...».
Che cosa succedeva quando le toccavi il seno?
«Pensavo: "Che bello, voglio averlo anche io"».
E adesso ce l'hai. Te lo sei fatto. Ex novo.
«Tutte le trans si fanno delle operazioni di riadattamento di genere. Io mi riconosco nel genere femminile, voglio sentirmi più donna».
Costo?
«Seno e naso, 10 mila euro. Soldi miei, non della Camera come qualcuno ha detto».
Ti hanno mai chiesto di recitare nuda? Di fare calendari sexy?
«Qualche fotografo mi ha chiesto di far vedere il seno ma ho sempre rifiutato. Nessuna nudità, anche prima di fare la parlamentare».
Gioco della torre. Binetti o Buttiglione?
«La Binetti sta nel Pd, ci crea troppi problemi. Ha detto che l'omosessualità è una devianza».
Bisognerebbe cacciarla?
«Bisognerebbe raccomandarla a Casini. Che se la prenda nell'Udc».
Mara Carfagna o...
«La Carfagna non è una persona alla quale interessano molto le nostre vite. Per lei Pari Opportunità vuol dire l'opportunità sua di diventare ministro».
Veltroni o Berlusconi?
«Butto Veltroni. Ha distrutto Rifondazione e tutta la sinistra. Si è preso l'Italia dei Valori con cui sono praticamente separati in casa. Ha costruito questo Pd assurdo e l'ha fatto naufragare. Ha perso anche il sindaco a Roma. Che vuoi di più?».
Veltroni dice che lui ha vinto.
«Qualcuno vada a svegliarlo».
E invece D'Alema...
«Lo stimo molto. Mi piace quello che dice. Mi piace il suo coraggio. Aspetto solo che Veltroni si tolga di mezzo».
Berlusconi ti piace?
«Come presidente del Milan mi piace moltissimo, come presidente di Mediaset molto. Come presidente del Consiglio per niente».
Come uomo?
«Meno che meno».
Casini o Mastella?
«Mastella è inaffidabile. Troppo trans».
lunedì, gennaio 26, 2009
Corrado Giustiniani su AnnoZero
da: http://www.ilmessaggero.it/home_blog.php?blg=P&idb=497&idaut=11
I NUOVI ITALIANI di Corrado Giustiniani
La guerra dei bambini in tv: ha ragione Michele Santoro
Non credo di uscire dal seminato de “I nuovi italiani” se dico la mia sulla puntata di Annozero intitolata “La Guerra dei bambini”, che tante polemiche ha suscitato nei confronti del conduttore Michele Santoro. Non esco dal seminato, perché in studio o in collegamento con Santoro c'erano diversi “nuovi italiani”, immigrati palestinesi ma anche giovani israeliani che vivono nel nostro paese. E poi perché la sfida della convivenza fra religioni diverse è una delle più complesse che si pongono in tutti i paesi di immigrazione, Italia compresa, e quella guerra è un letale controspot alla convivenza.
Intanto, sono convinto che molti giornalisti che hanno scritto di quella puntata, non l'abbiano vista attentamente. Non c'è da stupirsi che questo accada. Annozero va in onda in diretta, e alla nove di sera i giornalisti dei quotidiani sono impegnati nella chiusura della prima edizione, difficile che abbiano due ore di tempo da dedicare tutte a Santoro, a meno che non vi siano state polemiche politiche preventive, che suscitano una particolare attesa proprio per quella puntata. Così, a informarli sono per lo più le agenzie di stampa, che nei loro servizi riportano le battute più salienti dei personaggi intervenuti. Credo, soltanto per fare un esempio fra i tanti possibili, che potrebbe non aver visto Annozero Giovanni Valentini, saggista e commentatore di cose televisive, autore su Repubblica di un fondo, dal titolo “La parabola del tribuno tv”, che a me è parso squilibrato ed esageratamente livoroso nei confronti di Santoro: se l'avesse seguita con attenzione, avrebbe certamente montato il suo ragionamento in modo diverso. Visionando la cassetta della trasmissione o la registrazione su Internet della stessa, vi sarebbe la possibilità di dare il giorno successivo un giudizio più pertinente e obiettivo. Ma per pigrizia si tralascia quest'incombenza. Anche perché decidere di fare un passo indietro sarebbe comunque imbarazzante.
Giovedì 15 gennaio ero libero, e ho potuto vedere a casa mia, dall'inizio alla fine, la puntata sulla guerra di Gaza. Quasi nessuno ha colto che il vero valore aggiunto della trasmissione stava in uno straordinario reportage iniziale che mostrava i cadaveri dei bambini uccisi dalle bombe, e il trasporto in barella dei corpicini dilaniati ma rimasti ancora in vita. Filmati e interviste da lasciare senza respiro, realizzati da un giornalista arabo che, ha spiegato Santoro, collabora anche con l'agenzia Ansa. Mi è rimasto impresso il racconto di un ragazzo rimasto senza famiglia e gli occhi sbarrati di una bambina sdraiata per terra. Parlava a monosillabi, con una grande garza in testa, a coprire la ferita profonda causata da una scheggia. Sembrava il servizio di un grande network internazionale, la Bbc, o anche la Cbs, qualcosa insomma assolutamente fuori dagli schemi ai quali la Rai ci ha purtroppo abituato.
Un salutare pugno nello stomaco, perché una cosa è leggere frettolosamente un titolo di giornale che ti comunica, mentre bevi il caffé, che 450 bambini sono stati uccisi dagli attacchi in pochi giorni, un'altra è vederli, questi bambini. La spessa corteccia di indolenza e cinismo che tutto ci fa accettare, perché in fondo non succede a noi, o addirittura perché “mors tua vita mea” (pensiamo solo alla richiesta effettuata a Gheddafi di non farci arrivare più barconi di migranti: decida lui se decimarli a fucilate, torturarli, o farli morire di sete nel deserto) all'improvviso si squarcia, perché si mette in atto un processo di immedesimazione: quel bambino che vedi, e se è ancora in vita senti, potrebbe essere tuo figlio. Non è forse l'immedesimazione che crea la solidarietà, vera anima di ogni società democratica? Non è, per chi ci crede, il “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te” uno dei principi fondanti del cristianesimo, che quando ci fa comodo siamo orgogliosi di sbandierare come nostra religione? E non è il documentare senza paura, l'essere testimoni diretti, sul campo, il vero, profondo valore del giornalismo?
Di quel reportage che valeva, da solo, l'intera trasmissione, si sono dette cose pazzesche. Che “strumentalizzava le emozioni” e che trasformava “il dramma in drammaturgia”. Ma andiamo avanti. Finito il filmato, si apre il dibattito. Ci sono in studio, oltre a Santoro e a Marco Travaglio, Lucia Annunziata, una scrittrice israeliana, un esperto di guerra, una giornalista palestinese che da molti anni vive in Italia, un giornalista di Al Jazira. Un parterre, come si vede, composito e sufficientemente equilibrato. Proprio all'Annunziata viene data per prima la parola. E ha il tempo di dire tutto quello che pensa: un contributo così lungo che a un certo punto sente quasi il bisogno di scusarsi (“sto per finire”). Dura per l'esattezza 5 minuti e 30 secondi, un'eternità per la televisione, e sarà il primo di ben tre interventi. Osserva tra l'altro, la giornalista ex-presidente della Rai, che «è molto difficile parlare come terzi, mi scuso se dipano l'emozione dalla razionalità, Israele dimostra di non saper far bene la guerra, non ci possiamo dividere dicendo chi ha torto e chi ha ragione...»
Il confronto si apre agli altri interlocutori, e poi si allarga a giovani palestinesi che vivono in Italia, attraverso un collegamento esterno con Corrado Formigli, ma ci sono anche giovani ebrei in studio, a cominciare da Tobia Zevi. Margherita Granbassi introduce una ragazza israeliana, che entra in vivace polemica con una palestinese. A questo punto Lucia Annunziata interviene per la seconda volta, per tre minuti: «Michele non sono d'accordo su come stai conducendo il dibattito, non si possono far parlare così due ragazze» e sostiene che dalla trasmissione dovrebbe venir fuori «un punto di vista italiano».
Un punto di vista italiano? Non hanno diritto a dire la loro dei giovani che vivono le loro reciproche cause, israeliana e palestinese, non per sentito dire, ma come stimmate su cui è impressa tutta la loro esistenza? E perché mai? E il punto di vista italiano, non viene forse arricchito da “nuovi italiani” come quei giovani? L'obiettivo di quella trasmissione non era fare la storia della questione palestinese a partire dal 1948, e la Annunziata aveva comunque avuto ampio spazio per esprimere il suo pensiero, attaccando, giustamente, i terroristi di Hamas e il loro rifiuto di riconoscere lo Stato di Israele. C'erano, è vero, più ragazzi palestinesi che ebrei. Ma a nessuno è stata tolta la parola. La proposta più bella e innovativa è venuta fra l'altro da una ragazza religiosamente meticcia, se così possiamo dire, in quanto figlia di padre palestinese e madre ebrea: ha proposto uno scambio di famiglie, per un'estate, fra ragazzi delle due diverse religioni.
Ma il bello deve ancora venire. Lucia Annunziata interviene per la terza volta: «Michele ti disturbo...Non mi piace come hai condotto finora la trasmissione al 99,9 per cento». Dunque, non salvava niente. Ma come può, ragiono io, un collega contestare professionalmente un altro, in diretta, davanti a milioni di persone? Un atteggiamento eticamente e deontologicamente sbagliato. Se voleva, glielo diceva dopo, a riflettori spenti. E se la ferita era così grave da non sanarsi, a mente fredda poteva chiedere a Giulio Anselmi, il direttore de “La Stampa” di cui Lucia è editorialista, di poter scrivere una riflessione sul tema.
Il conduttore ha fatto male a perdere le staffe. Ma attenzione, rivediamo la sua frase-chiave, quella che ha causato il plateale abbandono del posto da parte di Lucia Annunziata. «Sei venuta a fare l'ospite? E allora dì quello che pensi. Stai acquisendo dei meriti nei confronti di qualcuno? No, e allora fai il tuo lavoro e dì quello che vuoi». I giornali hanno riportato questa domanda, con successiva negazione e invito a parlare, come una gravissima offesa senza punti interrogativi, e non hanno tenuto conto di quella professionale che Santoro aveva ricevuto. Se l'avessi subita io, incassare mi sarebbe stato difficile, lo confesso. Il conduttore, in realtà, è uscito fuori dai gangheri soprattutto dopo che l'Annunziata se n'è andata, e ha commesso degli errori, mettendosi contro tutti.
E' una cronaca diversa, cari amici, da quella che avete letto su altri media e che ha fornito assist per interventi pro-Annunziata all'universo mondo, dall'ambasciatore israeliano a Pippo Baudo. Magari anche io, per dare il succo, avrò forzato alcuni passaggi. Ma la democrazia di Internet sta nel fatto che potete rivedervi la trasmissione e giudicare con la vostra testa. Un'ultima cosa. Quello stesso giovedì 15 gennaio, all'ora di pranzo, ero in macchina e sentivo alla radio, sul secondo programma Rai, Barbara Palombelli che aveva in studio due esperti, il professor Israeli e un altro. Entrambi di parte israeliana, senza contraddittorio. Uno dei due diceva che i bambini muoiono unicamente perché Hamas li usa come scudi umani, a protezione dei terroristi. Questa trasmissione, però, non ha fatto scandalo.
La sbobinatura della trasmissione la trovate qui http://www.annozero.rai.it/Contents/files/2009/1/trascizione_annozero_guerra_bambini.pdf
I NUOVI ITALIANI di Corrado Giustiniani
La guerra dei bambini in tv: ha ragione Michele Santoro
Non credo di uscire dal seminato de “I nuovi italiani” se dico la mia sulla puntata di Annozero intitolata “La Guerra dei bambini”, che tante polemiche ha suscitato nei confronti del conduttore Michele Santoro. Non esco dal seminato, perché in studio o in collegamento con Santoro c'erano diversi “nuovi italiani”, immigrati palestinesi ma anche giovani israeliani che vivono nel nostro paese. E poi perché la sfida della convivenza fra religioni diverse è una delle più complesse che si pongono in tutti i paesi di immigrazione, Italia compresa, e quella guerra è un letale controspot alla convivenza.
Intanto, sono convinto che molti giornalisti che hanno scritto di quella puntata, non l'abbiano vista attentamente. Non c'è da stupirsi che questo accada. Annozero va in onda in diretta, e alla nove di sera i giornalisti dei quotidiani sono impegnati nella chiusura della prima edizione, difficile che abbiano due ore di tempo da dedicare tutte a Santoro, a meno che non vi siano state polemiche politiche preventive, che suscitano una particolare attesa proprio per quella puntata. Così, a informarli sono per lo più le agenzie di stampa, che nei loro servizi riportano le battute più salienti dei personaggi intervenuti. Credo, soltanto per fare un esempio fra i tanti possibili, che potrebbe non aver visto Annozero Giovanni Valentini, saggista e commentatore di cose televisive, autore su Repubblica di un fondo, dal titolo “La parabola del tribuno tv”, che a me è parso squilibrato ed esageratamente livoroso nei confronti di Santoro: se l'avesse seguita con attenzione, avrebbe certamente montato il suo ragionamento in modo diverso. Visionando la cassetta della trasmissione o la registrazione su Internet della stessa, vi sarebbe la possibilità di dare il giorno successivo un giudizio più pertinente e obiettivo. Ma per pigrizia si tralascia quest'incombenza. Anche perché decidere di fare un passo indietro sarebbe comunque imbarazzante.
Giovedì 15 gennaio ero libero, e ho potuto vedere a casa mia, dall'inizio alla fine, la puntata sulla guerra di Gaza. Quasi nessuno ha colto che il vero valore aggiunto della trasmissione stava in uno straordinario reportage iniziale che mostrava i cadaveri dei bambini uccisi dalle bombe, e il trasporto in barella dei corpicini dilaniati ma rimasti ancora in vita. Filmati e interviste da lasciare senza respiro, realizzati da un giornalista arabo che, ha spiegato Santoro, collabora anche con l'agenzia Ansa. Mi è rimasto impresso il racconto di un ragazzo rimasto senza famiglia e gli occhi sbarrati di una bambina sdraiata per terra. Parlava a monosillabi, con una grande garza in testa, a coprire la ferita profonda causata da una scheggia. Sembrava il servizio di un grande network internazionale, la Bbc, o anche la Cbs, qualcosa insomma assolutamente fuori dagli schemi ai quali la Rai ci ha purtroppo abituato.
Un salutare pugno nello stomaco, perché una cosa è leggere frettolosamente un titolo di giornale che ti comunica, mentre bevi il caffé, che 450 bambini sono stati uccisi dagli attacchi in pochi giorni, un'altra è vederli, questi bambini. La spessa corteccia di indolenza e cinismo che tutto ci fa accettare, perché in fondo non succede a noi, o addirittura perché “mors tua vita mea” (pensiamo solo alla richiesta effettuata a Gheddafi di non farci arrivare più barconi di migranti: decida lui se decimarli a fucilate, torturarli, o farli morire di sete nel deserto) all'improvviso si squarcia, perché si mette in atto un processo di immedesimazione: quel bambino che vedi, e se è ancora in vita senti, potrebbe essere tuo figlio. Non è forse l'immedesimazione che crea la solidarietà, vera anima di ogni società democratica? Non è, per chi ci crede, il “non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te” uno dei principi fondanti del cristianesimo, che quando ci fa comodo siamo orgogliosi di sbandierare come nostra religione? E non è il documentare senza paura, l'essere testimoni diretti, sul campo, il vero, profondo valore del giornalismo?
Di quel reportage che valeva, da solo, l'intera trasmissione, si sono dette cose pazzesche. Che “strumentalizzava le emozioni” e che trasformava “il dramma in drammaturgia”. Ma andiamo avanti. Finito il filmato, si apre il dibattito. Ci sono in studio, oltre a Santoro e a Marco Travaglio, Lucia Annunziata, una scrittrice israeliana, un esperto di guerra, una giornalista palestinese che da molti anni vive in Italia, un giornalista di Al Jazira. Un parterre, come si vede, composito e sufficientemente equilibrato. Proprio all'Annunziata viene data per prima la parola. E ha il tempo di dire tutto quello che pensa: un contributo così lungo che a un certo punto sente quasi il bisogno di scusarsi (“sto per finire”). Dura per l'esattezza 5 minuti e 30 secondi, un'eternità per la televisione, e sarà il primo di ben tre interventi. Osserva tra l'altro, la giornalista ex-presidente della Rai, che «è molto difficile parlare come terzi, mi scuso se dipano l'emozione dalla razionalità, Israele dimostra di non saper far bene la guerra, non ci possiamo dividere dicendo chi ha torto e chi ha ragione...»
Il confronto si apre agli altri interlocutori, e poi si allarga a giovani palestinesi che vivono in Italia, attraverso un collegamento esterno con Corrado Formigli, ma ci sono anche giovani ebrei in studio, a cominciare da Tobia Zevi. Margherita Granbassi introduce una ragazza israeliana, che entra in vivace polemica con una palestinese. A questo punto Lucia Annunziata interviene per la seconda volta, per tre minuti: «Michele non sono d'accordo su come stai conducendo il dibattito, non si possono far parlare così due ragazze» e sostiene che dalla trasmissione dovrebbe venir fuori «un punto di vista italiano».
Un punto di vista italiano? Non hanno diritto a dire la loro dei giovani che vivono le loro reciproche cause, israeliana e palestinese, non per sentito dire, ma come stimmate su cui è impressa tutta la loro esistenza? E perché mai? E il punto di vista italiano, non viene forse arricchito da “nuovi italiani” come quei giovani? L'obiettivo di quella trasmissione non era fare la storia della questione palestinese a partire dal 1948, e la Annunziata aveva comunque avuto ampio spazio per esprimere il suo pensiero, attaccando, giustamente, i terroristi di Hamas e il loro rifiuto di riconoscere lo Stato di Israele. C'erano, è vero, più ragazzi palestinesi che ebrei. Ma a nessuno è stata tolta la parola. La proposta più bella e innovativa è venuta fra l'altro da una ragazza religiosamente meticcia, se così possiamo dire, in quanto figlia di padre palestinese e madre ebrea: ha proposto uno scambio di famiglie, per un'estate, fra ragazzi delle due diverse religioni.
Ma il bello deve ancora venire. Lucia Annunziata interviene per la terza volta: «Michele ti disturbo...Non mi piace come hai condotto finora la trasmissione al 99,9 per cento». Dunque, non salvava niente. Ma come può, ragiono io, un collega contestare professionalmente un altro, in diretta, davanti a milioni di persone? Un atteggiamento eticamente e deontologicamente sbagliato. Se voleva, glielo diceva dopo, a riflettori spenti. E se la ferita era così grave da non sanarsi, a mente fredda poteva chiedere a Giulio Anselmi, il direttore de “La Stampa” di cui Lucia è editorialista, di poter scrivere una riflessione sul tema.
Il conduttore ha fatto male a perdere le staffe. Ma attenzione, rivediamo la sua frase-chiave, quella che ha causato il plateale abbandono del posto da parte di Lucia Annunziata. «Sei venuta a fare l'ospite? E allora dì quello che pensi. Stai acquisendo dei meriti nei confronti di qualcuno? No, e allora fai il tuo lavoro e dì quello che vuoi». I giornali hanno riportato questa domanda, con successiva negazione e invito a parlare, come una gravissima offesa senza punti interrogativi, e non hanno tenuto conto di quella professionale che Santoro aveva ricevuto. Se l'avessi subita io, incassare mi sarebbe stato difficile, lo confesso. Il conduttore, in realtà, è uscito fuori dai gangheri soprattutto dopo che l'Annunziata se n'è andata, e ha commesso degli errori, mettendosi contro tutti.
E' una cronaca diversa, cari amici, da quella che avete letto su altri media e che ha fornito assist per interventi pro-Annunziata all'universo mondo, dall'ambasciatore israeliano a Pippo Baudo. Magari anche io, per dare il succo, avrò forzato alcuni passaggi. Ma la democrazia di Internet sta nel fatto che potete rivedervi la trasmissione e giudicare con la vostra testa. Un'ultima cosa. Quello stesso giovedì 15 gennaio, all'ora di pranzo, ero in macchina e sentivo alla radio, sul secondo programma Rai, Barbara Palombelli che aveva in studio due esperti, il professor Israeli e un altro. Entrambi di parte israeliana, senza contraddittorio. Uno dei due diceva che i bambini muoiono unicamente perché Hamas li usa come scudi umani, a protezione dei terroristi. Questa trasmissione, però, non ha fatto scandalo.
La sbobinatura della trasmissione la trovate qui http://www.annozero.rai.it/Contents/files/2009/1/trascizione_annozero_guerra_bambini.pdf
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domenica, gennaio 25, 2009
Attenti..
Un giorno vennero a prendere me...
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento perchè rubacchiavano.
Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto perchè mi stavano antipatici.
Poi vennero a prendere gli omosessuali
e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.
Poi vennero a prendere i comunisti
ed io non dissi niente perchè non ero comunista.
Un giorno vennero a prendere me
e non c'era rimasto nessuno a protestare.
(Bertold Brecht)
...attenti....
Stupri
sabato, gennaio 24, 2009
Par condicio calcistica: Milan
Ore 7.00: Maldini viene svegliato da Galliani, Senderos si è fatto male dormendo, gli viene rinnovato il contratto per un altro anno.
Ore 8.00: Per la colazione Milanlab prepara delle super dentiere per i giocatori.
Ore 9.00: Beckham ha un servizio fotografico per Armani.
Ore 10.00: Ancelotti porta Gattuso, con la museruola, a fare i bisognini.
ore 10.30 tutti i giocatori, lo staff, e la dirigenza si recano nella chiesetta adiacente a milanello per ascoltare Kakà dire la messa.
Ore 11.00: Inizia l'allenamento, si fa male Nesta, Galliani chiama Maldini e gli rinnova il contratto per un altro anno.
Ore 12.00: Beckham ha un servizio fotografico per D&G.
0re 12.30 durante l'allenamento a Gattuso sfugge una bestemmia...Kakà si illumina gli spunta un aureola sulla testa ed esclama: PADRE PERDONALO PERCHè NON SA QUELLO CHE FA...
Ore 13.30: Pato non mangia le verdure e Ancelotti lo punisce togliendogli i cartoni animati.
ore 14.00 pato arriva intristito all'allenamento perchè goku ancora non riesce ad uccidere Magin bu..nonno Maldini cerca di fargli forza..
Ore 15.00: Gattuso mangia gli ossi avanzati dal pranzo e scodinzola.
Ore 16.00: Beckham ha un servizio fotografico per Versace.
ore 16.30 l'altoparlante di milanello esclama:MALDINI, BECHKAM, EMERSON, KALADZE, SHEVA, PIPPO, AMBROSINI, SEEDORF....tutti in infermeria per il cambio del catetere...
Ore 17.00: nella corsetta si fa male Kaladze, Galliani chiama Maldini e gli rinnova il contratto per un altro anno ancora.
Ore 18.00: Dida viene colpito da una foglia e stramazza al suolo.
Ore 18.30: inito l'allenamento, appena usciti dalla doccia con i capelli bagnati e fumanti si incrociano gli sguardi di ZAMBROTTA, BECHKAM,KAKA,MALDINI E DINHO....accecati dalla loro bellezza vengono travolti da uno stato di trance e si metono ad intonare con annesso balletto....BACK STREET BACK....che dive....
Ore 19.00: Beckham si fa delle foto.
Ore 20.00: Sheva fa training autogeno per convincersi di saper ancora giocare a calcio.
Ore 23.00: Dinho va al theClub, Poi al toqueville, poi all'hollywood.
Ore 24.00: Maldini viene chiamato da Galliani, s'è fatto male Thiago Silva.
Ore 1.00: Kaka sveglia l’intero albergo chiedendo soccorso immediato: Pellegatti in mutande e giarrettiera si è infilato nel suo letto implorandolo di rinunciare alla castità.
Pensiero stupendo?
Pensiero debolissimo
dall'espressonline
di Marco Damilano e Denise Pardo
Ferrara in declino. Pera fatto fuori. In ribasso i crociati alla Socci e Allam. Il centrodestra si scopre a corto di ideologi e miti. E prova a pescare a sinistra Giuliano FerraraFosse stato scritto da un intellettuale di sinistra che bombarda il suo campo, l'effetto sarebbe stato deflagrante: dibattiti, invettive, scomuniche, anatemi, processi per alto tradimento. Scritto da un pensatore-polemista (di talento e di destra) come Pietrangelo Buttafuoco, 'Cabaret Voltaire', una sorta di 'Versetti satanici' all'incontrario, un j'accuse contro la destra italiana priva di identità e senza 'attributi', prona al cospetto del dio Occidente, con la tesi scandalosa che a resistere possano essere solo le culture religiose con il senso del sacro, Islam in testa, ha messo sì il dito nella dolente piaga. Ma i concetti espressi, al limite del paradossale, e l'impietosa fotografia delle radici e del futuro hanno toccato questioni così sensibili da essere irrisolte e suscitato così tanto fastidio da render necessario il silenziatore. Recensioni dovute, paginate riempite, elogi e lodi, ma il guanto della sfida interna e domestica rifiutato. Anzi, rispedito al mittente.
Troppo esplosivo affrontare il cuore della questione: l'identità e le idee della destra, alla vigilia del grande parto: la nascita del partito unico dei moderati (si fa per dire) e dei conservatori. Troppo pesante il tema. Troppo leggero il carrello delle risposte. Né Friedrich Nietzsche, né Giovanni Gentile e tanto meno Luigi Einaudi. Meglio 'Farefuturo', la fondazione di Gianfranco Fini, che pensare presente. Meglio "coltivare non piccoli progetti, ma grandi ambizioni" come sostiene beatamente uno dei 'pensatori' della destra, il maestro Sandro Bondi che in effetti l'ardua scalata l'ha azzeccata, arrampicandosi da segretario di Berlusconi alla vetta di ministro della Cultura.
Perché alla fine, il problema è la casa. Anche per quelli della Pdl stravittoriosi. E sì che adesso hanno in mano tutto, il governo, il potere, il consenso. E il ben di Dio che ne consegue: la Rai, le case editrici, il cinema, gli enti lirici, gli assessorati alla Cultura. E perfino il sommo ministero, quello che fu di Giovanni Spadolini e di Alberto Ronchey. Con tutto questo po' po' di roba, manca ancora il tetto. O almeno neanche una pietra dove poggiare il capo, tanto per citare il Vangelo. Una disperazione. Sono di destra e questo è sicuro. Si dicono intellettuali. E va bene. Peccato che manchi il pensiero. Se ne è reso conto persino 'il Giornale' della famiglia Berlusconi che ha lanciato il sasso nello stagno. Sette giorni a tutta pagina, titoli e proclami "per farla finita" una volta per tutte con i piagnistei sulla destra culturale che non c'è. E a rispondere alla provocazione vecchi guru e nouveaux philosophes, da Gianni Baget Bozzo al politologo in ascesa Alessandro Campi, il Raymond Aron di Fini. Per tirare una sudata conclusione: "A destra c'è disinteresse se non disprezzo verso l'elaborazione culturale, ritenuta un freno, uno spreco di tempo, un inutile lusso sulla strada delle decisioni", ha chiuso sconsolato Stenio Solinas, libero battitore nel mare magnum del Popolo delle libertà.
Un dibattito random di quelli che piacerebbero a sinistra. Un tormentone tafazziano che dilanierebbe piacevolmente gli uomini e le donne del Pd. E che invece non pare affatto esacerbare gli animi dei brain trust della destra. Anche se alla vigilia della nascita del nuovo grande contenitore di Forza Italia e Alleanza nazionale, la questione dovrebbe diventare vitale. Che casa è quella del Popolo delle libertà? Più che una casa, sarebbe meglio definirla una fondazione visto il proliferare di think tank, pensatoi e fabbriche di convegni in un magma indistinto di liberismo e post fascismo: lo specchio del nuovo partito. In principio, c'era la Fondazione Magna Charta creata da Marcello Pera, l'ex presidente del Senato "uno dei punti più alti della riflessione culturale in Occidente" ha certificato Bondi. Talmente alto che, appena persa la presidenza di Palazzo Madama, il forzista Pera è stato fatto fuori dal suo Bruto, Gaetano Quagliariello, ora fidatissimo proprio di Bondi e in ansiosa attesa di emularlo al governo.
Renato BrunettaPoi è arrivato Fini che ha tagliato il nastro di 'Farefuturo', affidato a Campi e a Angelo Mellone, il nuovo intellettuale di destra, categoria 'giovani'. E che dire di Novarespublica e Free di Renato Brunetta e dei giornali e delle riviste che abbracciano tutte le sfaccettature del nuovo soggetto politico: 'Ideazione' di Domenico Menniti; 'L'ircocervo'di Fabrizio Cicchitto; ' Il Domenicale' di Marcello Dell'Utri; e 'L'occidentale' di Giancarlo Loquenzi? Nulla. Testate fantasiose, d'accordo. Vanità dei direttori-pensatori più che accontentata. Ma messi tutti insieme, non smuovono una piuma. In questo cosmo, poteva mai mancare l'impronta del Cavaliere? No. Infatti per non smentire la sua solita grandeur proclama la partenza di, niente po' po' di meno, che l'Università Internazionale del Pensiero Liberale. Un'Ena, la famosa école francese, alla cassoeula per formare la classe dirigente del futuro, sede in Brianza e parterre di docenti che, a parole, si arricchisce di settimana in settimana: come minimo Gorbaciov, Blair, Clinton, Putin e George W. E sicuramente dopo il 20 gennaio, spenderà anche il nome di Obama. È vero che della faraonica impresa parla da almeno due anni ma è anche vero che a tutt'oggi la campanella di inizio lezioni non ha mai suonato. In compenso, quello che doveva essere il magnifico rettore cioè Ferdinando Adornato, nel frattempo ha ri-cambiato casacca ed è passato da Tocqueville a Ratzinger. Anzi, da Berlusconi a Lorenzo Cesa. Ma il futuro del pensiero liberale è legato al destino delle giravolte di viale Mazzini. Né Giuliano Urbani, né Angelo Maria Petroni, consiglieri d'amministrazione Rai, finora sono stati liberi di vivere la nuova, esaltante impresa di formare i futuri piccoli Schifani di domani.
Il problema è che sono solo poltrone. Poltrone prive di qualunque influenza, incapaci di lasciar alcun segno. E che la vecchia identità non esiste più: né quella nazionale e sociale partita dalla marcia su Roma e arrivata fino a Giorgio Almirante. Né quella liberale che in Forza Italia è sempre stata minoritaria. E nemmeno quella cattolica che negli ultimi anni sembrava aver conquistato l'egemonia: in netto ribasso le quotazioni dei ciellini all'Antonio Socci lo 'strano cristiano' e alla Renato Farina, l'agente Betulla, esclusi dal governo e senza più voce in capitolo nei dibattiti culturali. Fuori corso i crociati, i custodi della sacre radici cristiane forgiati sui testi di Oriana Fallaci: Magdi Allam, da quando è diventato Cristiano, è sparito dalle prime pagine e dai talk-show e medita una listarella personale per le europee.
Stesso destino per Marcello Pera: il suo volumetto 'Perché dobbiamo dirci cristiani' poteva vantare la prefazione nientemeno che del papa, ma nessuno, o quasi, se l'è filato. Infine, travolto dall'imbarazzante débâcle elettorale della lista sull'aborto, è stata sancita la fine del vero mito culturale riconosciuto da tutti, anche a sinistra, invidiato e temuto, quello del 'Foglio' di Giuliano Ferrara (destinatario non a caso del libro di Buttafuoco), forse l'unica casa abitabile dagli intellettuali prodotti dalla destra negli ultimi 15 anni. E anche la materializzazione dell'idea che una élite pensante potesse guidare con le sue battaglie culturali il corpaccione amorfo e allo sbando del centrodestra. Come se non bastasse sono arrivati anche il ciclone Obama e la crisi economica a spazzare via le residue certezze ideologiche della destra: i dogmi dei neo con e dell'iper-liberismo.
Sandro BondiFinita quell'ambizione cosa resta? Resta la ricerca di una legittimazione, andando a pescare alla rinfusa nei miti della sinistra, come fa ogni settimana il 'Secolo d'Italia' di Luciano Lanna, a caccia di icone come Che Guevara, Vasco Rossi e Nanni Moretti, da riabilitare come punti di riferimento anche per i post-fascisti. "La destra non è altro che la sinistra al culmine della sua fase senile" scrive Buttafuoco. Una sorta di veltronismo di destra, predicato non a caso dall'ideologo del successore al Campidoglio del leader Pd, quell'Umberto Croppi, assessore alla Cultura di Roma, ora impegnato nella mostra sul futurismo con la partecipazione straordinaria di Renato Nicolini. Restano i voli intellettuali di Giulio Tremonti, autore secondo molti dell'unico, vero manifesto ideologico della nuova destra italiana, con la riscoperta dell'immortale triade Dio-patria-famiglia. E il fulminante giudizio di chi ha scritto 'Cabaret Voltaire': "Quando sento il siciliano Ignazio La Russa invocare una messa riparatoria per la preghiera islamica in piazza Duomo mi torna in mente Irene Pivetti con i suoi rosari dopo l'edificazione della moschea di Roma. Una posizione caricaturale. Attenzione, Ignazio: se la cicogna avesse allungato di qualche chilometro ti saresti ritrovato abitante del Maghreb". Ma per Buttafuoco quel che resta è "soprattutto la cieca obbedienza al modello marines di politici interamente sposati alla causa del liberal-capitalismo, in coda per essere ricevuti all'ambasciata americana". Ora, però, dopo la vittoria di Obama, rischiano di non essere ricevuti neppure lì.
dall'espressonline
di Marco Damilano e Denise Pardo
Ferrara in declino. Pera fatto fuori. In ribasso i crociati alla Socci e Allam. Il centrodestra si scopre a corto di ideologi e miti. E prova a pescare a sinistra Giuliano FerraraFosse stato scritto da un intellettuale di sinistra che bombarda il suo campo, l'effetto sarebbe stato deflagrante: dibattiti, invettive, scomuniche, anatemi, processi per alto tradimento. Scritto da un pensatore-polemista (di talento e di destra) come Pietrangelo Buttafuoco, 'Cabaret Voltaire', una sorta di 'Versetti satanici' all'incontrario, un j'accuse contro la destra italiana priva di identità e senza 'attributi', prona al cospetto del dio Occidente, con la tesi scandalosa che a resistere possano essere solo le culture religiose con il senso del sacro, Islam in testa, ha messo sì il dito nella dolente piaga. Ma i concetti espressi, al limite del paradossale, e l'impietosa fotografia delle radici e del futuro hanno toccato questioni così sensibili da essere irrisolte e suscitato così tanto fastidio da render necessario il silenziatore. Recensioni dovute, paginate riempite, elogi e lodi, ma il guanto della sfida interna e domestica rifiutato. Anzi, rispedito al mittente.
Troppo esplosivo affrontare il cuore della questione: l'identità e le idee della destra, alla vigilia del grande parto: la nascita del partito unico dei moderati (si fa per dire) e dei conservatori. Troppo pesante il tema. Troppo leggero il carrello delle risposte. Né Friedrich Nietzsche, né Giovanni Gentile e tanto meno Luigi Einaudi. Meglio 'Farefuturo', la fondazione di Gianfranco Fini, che pensare presente. Meglio "coltivare non piccoli progetti, ma grandi ambizioni" come sostiene beatamente uno dei 'pensatori' della destra, il maestro Sandro Bondi che in effetti l'ardua scalata l'ha azzeccata, arrampicandosi da segretario di Berlusconi alla vetta di ministro della Cultura.
Perché alla fine, il problema è la casa. Anche per quelli della Pdl stravittoriosi. E sì che adesso hanno in mano tutto, il governo, il potere, il consenso. E il ben di Dio che ne consegue: la Rai, le case editrici, il cinema, gli enti lirici, gli assessorati alla Cultura. E perfino il sommo ministero, quello che fu di Giovanni Spadolini e di Alberto Ronchey. Con tutto questo po' po' di roba, manca ancora il tetto. O almeno neanche una pietra dove poggiare il capo, tanto per citare il Vangelo. Una disperazione. Sono di destra e questo è sicuro. Si dicono intellettuali. E va bene. Peccato che manchi il pensiero. Se ne è reso conto persino 'il Giornale' della famiglia Berlusconi che ha lanciato il sasso nello stagno. Sette giorni a tutta pagina, titoli e proclami "per farla finita" una volta per tutte con i piagnistei sulla destra culturale che non c'è. E a rispondere alla provocazione vecchi guru e nouveaux philosophes, da Gianni Baget Bozzo al politologo in ascesa Alessandro Campi, il Raymond Aron di Fini. Per tirare una sudata conclusione: "A destra c'è disinteresse se non disprezzo verso l'elaborazione culturale, ritenuta un freno, uno spreco di tempo, un inutile lusso sulla strada delle decisioni", ha chiuso sconsolato Stenio Solinas, libero battitore nel mare magnum del Popolo delle libertà.
Un dibattito random di quelli che piacerebbero a sinistra. Un tormentone tafazziano che dilanierebbe piacevolmente gli uomini e le donne del Pd. E che invece non pare affatto esacerbare gli animi dei brain trust della destra. Anche se alla vigilia della nascita del nuovo grande contenitore di Forza Italia e Alleanza nazionale, la questione dovrebbe diventare vitale. Che casa è quella del Popolo delle libertà? Più che una casa, sarebbe meglio definirla una fondazione visto il proliferare di think tank, pensatoi e fabbriche di convegni in un magma indistinto di liberismo e post fascismo: lo specchio del nuovo partito. In principio, c'era la Fondazione Magna Charta creata da Marcello Pera, l'ex presidente del Senato "uno dei punti più alti della riflessione culturale in Occidente" ha certificato Bondi. Talmente alto che, appena persa la presidenza di Palazzo Madama, il forzista Pera è stato fatto fuori dal suo Bruto, Gaetano Quagliariello, ora fidatissimo proprio di Bondi e in ansiosa attesa di emularlo al governo.
Renato BrunettaPoi è arrivato Fini che ha tagliato il nastro di 'Farefuturo', affidato a Campi e a Angelo Mellone, il nuovo intellettuale di destra, categoria 'giovani'. E che dire di Novarespublica e Free di Renato Brunetta e dei giornali e delle riviste che abbracciano tutte le sfaccettature del nuovo soggetto politico: 'Ideazione' di Domenico Menniti; 'L'ircocervo'di Fabrizio Cicchitto; ' Il Domenicale' di Marcello Dell'Utri; e 'L'occidentale' di Giancarlo Loquenzi? Nulla. Testate fantasiose, d'accordo. Vanità dei direttori-pensatori più che accontentata. Ma messi tutti insieme, non smuovono una piuma. In questo cosmo, poteva mai mancare l'impronta del Cavaliere? No. Infatti per non smentire la sua solita grandeur proclama la partenza di, niente po' po' di meno, che l'Università Internazionale del Pensiero Liberale. Un'Ena, la famosa école francese, alla cassoeula per formare la classe dirigente del futuro, sede in Brianza e parterre di docenti che, a parole, si arricchisce di settimana in settimana: come minimo Gorbaciov, Blair, Clinton, Putin e George W. E sicuramente dopo il 20 gennaio, spenderà anche il nome di Obama. È vero che della faraonica impresa parla da almeno due anni ma è anche vero che a tutt'oggi la campanella di inizio lezioni non ha mai suonato. In compenso, quello che doveva essere il magnifico rettore cioè Ferdinando Adornato, nel frattempo ha ri-cambiato casacca ed è passato da Tocqueville a Ratzinger. Anzi, da Berlusconi a Lorenzo Cesa. Ma il futuro del pensiero liberale è legato al destino delle giravolte di viale Mazzini. Né Giuliano Urbani, né Angelo Maria Petroni, consiglieri d'amministrazione Rai, finora sono stati liberi di vivere la nuova, esaltante impresa di formare i futuri piccoli Schifani di domani.
Il problema è che sono solo poltrone. Poltrone prive di qualunque influenza, incapaci di lasciar alcun segno. E che la vecchia identità non esiste più: né quella nazionale e sociale partita dalla marcia su Roma e arrivata fino a Giorgio Almirante. Né quella liberale che in Forza Italia è sempre stata minoritaria. E nemmeno quella cattolica che negli ultimi anni sembrava aver conquistato l'egemonia: in netto ribasso le quotazioni dei ciellini all'Antonio Socci lo 'strano cristiano' e alla Renato Farina, l'agente Betulla, esclusi dal governo e senza più voce in capitolo nei dibattiti culturali. Fuori corso i crociati, i custodi della sacre radici cristiane forgiati sui testi di Oriana Fallaci: Magdi Allam, da quando è diventato Cristiano, è sparito dalle prime pagine e dai talk-show e medita una listarella personale per le europee.
Stesso destino per Marcello Pera: il suo volumetto 'Perché dobbiamo dirci cristiani' poteva vantare la prefazione nientemeno che del papa, ma nessuno, o quasi, se l'è filato. Infine, travolto dall'imbarazzante débâcle elettorale della lista sull'aborto, è stata sancita la fine del vero mito culturale riconosciuto da tutti, anche a sinistra, invidiato e temuto, quello del 'Foglio' di Giuliano Ferrara (destinatario non a caso del libro di Buttafuoco), forse l'unica casa abitabile dagli intellettuali prodotti dalla destra negli ultimi 15 anni. E anche la materializzazione dell'idea che una élite pensante potesse guidare con le sue battaglie culturali il corpaccione amorfo e allo sbando del centrodestra. Come se non bastasse sono arrivati anche il ciclone Obama e la crisi economica a spazzare via le residue certezze ideologiche della destra: i dogmi dei neo con e dell'iper-liberismo.
Sandro BondiFinita quell'ambizione cosa resta? Resta la ricerca di una legittimazione, andando a pescare alla rinfusa nei miti della sinistra, come fa ogni settimana il 'Secolo d'Italia' di Luciano Lanna, a caccia di icone come Che Guevara, Vasco Rossi e Nanni Moretti, da riabilitare come punti di riferimento anche per i post-fascisti. "La destra non è altro che la sinistra al culmine della sua fase senile" scrive Buttafuoco. Una sorta di veltronismo di destra, predicato non a caso dall'ideologo del successore al Campidoglio del leader Pd, quell'Umberto Croppi, assessore alla Cultura di Roma, ora impegnato nella mostra sul futurismo con la partecipazione straordinaria di Renato Nicolini. Restano i voli intellettuali di Giulio Tremonti, autore secondo molti dell'unico, vero manifesto ideologico della nuova destra italiana, con la riscoperta dell'immortale triade Dio-patria-famiglia. E il fulminante giudizio di chi ha scritto 'Cabaret Voltaire': "Quando sento il siciliano Ignazio La Russa invocare una messa riparatoria per la preghiera islamica in piazza Duomo mi torna in mente Irene Pivetti con i suoi rosari dopo l'edificazione della moschea di Roma. Una posizione caricaturale. Attenzione, Ignazio: se la cicogna avesse allungato di qualche chilometro ti saresti ritrovato abitante del Maghreb". Ma per Buttafuoco quel che resta è "soprattutto la cieca obbedienza al modello marines di politici interamente sposati alla causa del liberal-capitalismo, in coda per essere ricevuti all'ambasciata americana". Ora, però, dopo la vittoria di Obama, rischiano di non essere ricevuti neppure lì.
venerdì, gennaio 23, 2009
Incubi
Quell'incubo chiamato Tonino
da l'espreonline
di Marco Travaglio
A casa Berlusconi sono terrorizzati da Di Pietro. È bastato che toccasse il 15 per cento in Abruzzo perché “Il Giornale” scatenasse una campagna forsennata per gabellarlo come l'epicentro dell'inchiesta “Global Service” a Napoli A casa Berlusconi devono essere terrorizzati da Di Pietro. È bastato che toccasse il 15 per cento in Abruzzo e collezionasse un milione di firme contro la legge Alfano, perché ?Il Giornale? di famiglia diretto da Mario Giordano scatenasse una campagna forsennata per gabellarlo come l'epicentro dell'inchiesta ?Global Service? a Napoli. Peccato che, a parte un paio di sciagurate raccomandazioni tentate dal figlio Cristiano, l'ex pm sia del tutto estraneo all'indagine, che coinvolge invece gente del Pd e del Pdl. Dal 19 dicembre all'11 gennaio ?Il Giornale? gli ha dedicato titoloni in 17 prime pagine su 21, mentre in Italia e nel mondo accadeva di tutto. Fior da fiore, fra i titoli più succulenti: ? Tutti gli intrallazzi del clan Di Pietro?; ?Gasparri: Di Pietro coniglio?; ?Rivolta dei fan di Di Pietro?; ?Di Pietro jr. si dimette, ora tocca a Tonino?; ?Bondi: non vorrei mai mio figlio in politica?; ?Di Pietro, il giallo dei rimborsi elettorali?; ?Di Pietro nei guai vuol depistare e sforna referendum?; ?La verità sulle case di Di Pietro?.
Come se i presunti ?intrallazzi? su rimborsi e immobili non fossero già stati archiviati dal Gip di Roma il 14 marzo 2008. ?Il Giornale? anzi scrive il contrario: «La Procura decise di rinviare a giudizio anche la tesoriera di Idv, Silvana Mura», più Di Pietro. Invece la Procura chiese di archiviarlo, mentre la Mura non fu nemmeno indagata. In fatto di case, poi, gli editori di nome e di fatto dovrebbero suggerire al ?Giornale? un pizzico di prudenza. Paolo Berlusconi confessò proprio a Di Pietro le stecche pagate alla Cariplo per rifilarle tre immobili Edilnord invenduti (alla fine fu ritenuto concusso). E sulle magioni di Silvio c'è materia per una Treccani. La villa di Arcore soffiata a prezzi stracciati a un'orfana minorenne, per giunta assistita da Previti. Il falso in bilancio amnistiato per i terreni di Macherio. Gli abusi edilizi a Villa Certosa, sanati dal condono varato dal padrone di casa. Eppoi questa campagna ne ricorda un'altra, sferrata nel 1995-97 sempre dal ?Giornale?, allora diretto da un maggiorenne, Vittorio Feltri. Di Pietro minacciava di entrare in politica con un partito tutto suo, dopo aver respinto le offerte di destra e sinistra.
Il 23 dicembre '95 l'house organ sparò in prima pagina un'intervista al faccendiere craxiano latitante Maurizio Raggio: ? Dal Messico gravi accuse a Di Pietro. Raggio: Pacini Battaglia diede una valigetta con 5 miliardi a Lucibello per Di Pietro?. E così per due anni: corrotto, concussore, venduto. Nel '97, subissato di cause perse in partenza, Paolo risarcì l'ex pm con 400 milioni di lire. Feltri si scusò in prima pagina: ?Caro Tonino, ti stimavo e non ho cambiato idea?. In seconda e terza pagina un lungo autodafè (?Dissolto il grande mistero: non c'è il tesoro di Di Pietro?) informava i lettori che «Di Pietro è immacolato», la campagna del ?Giornale? era una «bufala», una «ciofeca». E la nota ? provvista? miliardaria? Mai esistita. Ma ormai l'immagine del simbolo di Mani Pulite era devastata. Infatti ora si replica.
Una famiglia senza pace
Il papà di Tommy come Eluana «Mi disse: non voglio vivere così»
La moglie Paola: «No all'accanimento, mi opporrei a una rianimazione»
Il padre di Tommy colto da infarto (12 agosto 2008)
Omicidio Tommy, ergastolo ad Alessi e 30 anni ad Antonella Conserva (28 maggio 2008)
Tommy, il bimbo rapito e ucciso a Casalbaroncolo (Ansa)«Sono contro l'accanimento terapeutico. Se a Paolo dovesse succedere qualcosa, se dovesse essere necessario rianimarlo o prendere nuovi farmaci, direi no, lasciatelo andare ».
Paolo Onofri come Eluana. Lo ammette a malincuore la moglie Paola. Il suo cuore batte, ma lui non lo sa. Gli occhi azzurri spalancati, lo sguardo fisso nel nulla. Da mesi la vita del papà del piccolo Tommy, il bimbo rapito e ucciso la sera del 2 marzo 2006, è tutta in un letto d'ospedale nel centro di riabilitazione «Cardinal Ferrari» di Fontanellato (Parma). Per il momento. Nel futuro ci sarà una struttura diversa, di sicuro non la cascina di Casalbaroncolo, il casale ristrutturato dove una sera di nebbia il figlioletto di 17 mesi, ammalato di epilessia, venne strappato dal seggiolone da due sequestratori improvvisati. L'incubo peggiore della sua vita, oggi, forse, neppure un vago ricordo. Perché Paolo è in stato vegetativo da quasi sei mesi. Se pensa o ragiona, se abbia o meno coscienza, non c'è alcuna certezza.
Colpa di un infarto, l'11 agosto scorso. Il cuore si ferma, il sangue non circola, il cervello resta privo di ossigeno. Quaranta minuti di buio. Poi il muscolo ricomincia a pompare. Ma per Onofri è il tramonto della coscienza, il sipario che cala su un destino beffardo.
Paolo come Eluana. La sorte non smette di sbalordire. E Paola lo sa: «Sono tre anni di massacro, ma dopo la fine che ha fatto mio figlio, forse, nulla più mi spaventa». Una vita a metà, senza più Tommy, senza più Paolo. «Vado a trovarlo, ma nulla è più come prima. I medici me l'hanno detto, sarà difficile che possa riprendersi». Le condizioni cliniche sono stazionarie: Paolo non è più attaccato alle macchine, respira da solo, mangia attraverso un sondino allo stomaco. Ma dove sia finita la sua mente, resta un mistero. E i dubbi non finiscono mai. «Prima che accadesse a me, ho sempre seguito la storia di Eluana, sono sempre stata dalla parte del padre Beppino. Ma ora che sono nelle sue condizioni, è difficile decidere».
Paolo Onofri con la moglie (Ap)Una questione non nuova, quella del «fine vita», che Paolo Onofri aveva affrontato. «Con mio marito ne avevo parlato, lui mi ha sempre detto che non avrebbe mai voluto vivere dipendendo completamente da altri. Ma adesso che si trova in queste condizioni, sinceramente non saprei cosa fare». Di fatto la speranza non manca: «I medici dicono che miglioramenti non ne ha avuti, che Paolo potrebbe restare così per tutta la vita. Ma chi ce l'ha la certezza? A me pare, a volte, di vedere una sua reazione, di sentire che dica qualcosa. È capitato quando sono andata a trovarlo con Sebastiano. Per questo voglio aspettare, chissà che non succeda qualcosa».
Speranza sì, ma mai ostinazione: «Ne ho parlato anche con la sorella di Paolo. Per quanto possa augurarmi che vada tutto per il meglio, una cosa è certa: se lui dovesse stare male, vorrei solo che lo lasciassero stare». Resta il pensiero di Tommy: «Il mio bambino mi sta aiutando, è lui che mi dà tanta forza. Forse non tutto succede per caso».
Grazia Maria Mottola
giovedì, gennaio 22, 2009
Giocare sporco
Quando un Primo Ministro fa smaccatamente campagna elettorale contro quello che potrebbe diventare il vero leader dell'opposizione di centrosinistra, qualcosa si è definitivamente rotto nell'equilibrio dei poteri di un Paese.
Franco Bechis per "Italia Oggi"
A meno di un mese dalle elezioni per il rinnovo del consiglio regionale sardo e la scelta del nuovo presidente, Silvio Berlusconi si è inventato un nuovo aiutino per la popolazione locale. Dopo avere intimato all'Eni di richiamare al lavoro dal primo febbraio i dipendenti del polo chimico di Porto Torres e dintorni, ieri sera in senato è approdato a firma del governo un emendamento al decreto milleproroghe destinato a fare tirare un sospiro di sollievo ad allevatori e agricoltori dell'isola. Saranno sospesi infatti anche con effetto retroattivo fino al 31 luglio prossimo i pignoramenti e le riscossioni nei loro confronti promossi dalle banche creditrici che avevano fornito credito agevolato.
Certo la pausa per i pignoramenti non è una gran novità. Da anni leggi finanziarie e decreti milleproroghe hanno graziato pastori e contadini sardi per un problema che è nato più di venti anni fa. Nel 1988 si concesse (chissà se a qualche vigilia elettorale) con legge regionale del credito agevolato per le loro attività. Solo che con l'andare degli anni l'agevolazione non è stata più tale, grazie alle oscillazioni dei tassi di interesse.
Le rate si sono fatte più pesanti, fino a rendere impossibile il pagamento per molti di loro. I governi di volta in volta si sono fatti carico delle difficoltà di chi pagava mutui, ma non di quelli come allevatori e agricoltori sardi che dovevano restituire il cosiddetto credito agevolato alle banche. Nell'attesa di sciogliere la questione con un intervento normativo che mai si è fatto, nessuno ha trovato qualcosa di meglio del rinvio per legge del loro pagamento, impedendo riscossione forzata e pignoramenti.
Rinvia oggi, rinvia domani, si è arrivati alla legge finanziaria 2008, firmata da Romano Prodi. Lì' si è concesso l'ultimo rinvio, al 31 luglio 2008. Poi fine del periodo di grazia. Qualcuno avrà pure bussato alla porta del governo Berlusconi per ricordare il problemino. D'altra parte ci sono parlamentari sardi nell'uno e nell'altro schieramento. Ma nessuno ha sentito. Sulle prime le banche, che avevano altri guai, ed erano convinte dell'imminente varo della consueta proroga, non se ne sono curate.
Poi a qualcuna sono venuti in mente quei crediti tornati esigibili. E sono scattati i primi pignoramenti. Così, in piena campagna elettorale e con il premier che fa della Sardegna il suo personale Ohio contro il pericolo Renato Soru, ecco spuntare la proroga attesa da 6 mila sardi. La proroga di Silvio, il buon pastore...
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Il perfido Bocca
D'accordo Bocca ci va giù duro, ma sono incredibili i commenti su Dagospia. Non si critica il merito o il contenuto. Si critica semplicemente qualcuno che osi dire qualcosa fuori del coro. In più si annovera Striscia la notizia nel VERO GIORNALISMO. Diciamocelo. È un paese da barzelletta.
DIETRO IL GOSSIP DEI GIORNALI C'È LA VOCE DEL PADRONE
Giorgio Bocca per il "Venerdì di Repubblica"
Si susseguono alla televisione pubblica privata, le trasmissioni su quella che in tempo veniva chiamata la yellow press, la stampa scandalistica, e la buona società fa a gara nel festeggiare il giornalismo di gossip mondano, tra cronaca e pornografia, tra pettegolezzo e corruzione.
Il mio amico Gad Lerner ha diretto un dibattito sulla vanità, un modo come un altro per occuparsi dei ricchi e potenti, dei loro piaceri e dei loro vizi. Il finanziere Francesco Micheli ha riunito in una festa la crème della società civile milanese, ospite d'onore il giornalista che ha inventato il notiziario della volgarità e della mediocrità della nuova classe dirigente, e il direttore del "Corriere della Sera", magno organo della borghesia moderata italiana, ha voluto confidare ai suoi lettori che questo tipo di informazione è il più adatto a far capire a che punto è la società italiana.
Solo il giurista Cordero e il Filosofo Vattimo hanno avuto il coraggio di ricordare che con il trionfo del «cafonal» e le cronache della corte berlusconiana il Paese Italia è al quarantesimo posto, e magari più in basso, nella classifica di tutto ciò che definisce la civiltà di un popolo.
Detto altrimenti: sono la satira, la pornografia, la delinquenza, la corruzione a sommergere ogni traccia di educazione civica, ogni tentativo di costume onesto e virtuoso? È utile, giusto, occuparsi quasi esclusivamente dei vizi della classe dirigente? Abbiamo l'impressione che, con la scusa di superare i tabù e le ipocrisie del passato, si riempiano libri, giornali, televisioni del peggio che sappia produrre non solo la vanità di cui si è occupato Lerner, ma l'avidità, l'egoismo, la cecità di un'umanità vicina, si direbbe, all'autodistruzione.
Gli inventori, i gestori di questo nuovo tipo d'informazione si sono autocelebrati in pubblico, presentando come coraggioso un giornalismo che è solo servile, il nuovo giornalismo di corte, dove il re padrone ti regala le sue esclusive in cambio dell'adorazione ventre a terra, dei silenzi e degli applausi da cortigiani.
Come è stata breve l'illusione di chi pensava che il bagno di sangue della guerra mondiale, la ferocia delle dittature, l'uso perverso delle ideologie, il male visto a occhi aperti in tutta la sua stupidità aprissero finalmente l'era della ragione e di una morale condivisa. L'illusione è durata pochi decenni, le ideologie perverse sono state sostituite dalle avidità irragionevoli, i servi e gli adulatori dei potenti sono ammirati e festeggiati.
Dio? Un geometra
Ecco l'attacco della Gazzetta dello Sport di oggi
"Adriano ha parlato a lungo col cielo dopo il gol. Il popolo interista si augura che abbia promesso di non tornare più indietro. Il brasiliano a tratti imperiale ha trascinato l'Inter in semifinale di Coppa Italia".
Quando si dice essere poco prosaici.
Se Adriano è un creatore di giuoco. Un imperatore, Dio che cos'è? Un geometra?
mercoledì, gennaio 21, 2009
Berlusconi vince un processo
Fece causa a Berlusconi sul "contratto con gli italiani": perde e deve pagare 8 mila €
Andrea Casamassima accusava il premier di aver fatto a«Porta a Porta» dichiarazioni poi non rispettate
MILANO - «Le dichiarazioni di Silvio Berlusconi nel "Contratto con gli italiani" non hanno valore contrattuale». Con questa motivazione il Tribunale civile di Milano ha dato torto a un cittadino che aveva citato in giudizio il premier per mancato mantenimento di promesse elettorali.
da Corriere.it
La singolare causa era stata avviata da Andrea Casamassima, che accusava Berlusconi di aver fatto dichiarazioni non rispettate nel corso della trasmissione «Porta a Porta» dell'8 maggio 2001. In quella occasione, Berlusconi aveva dato lettura del «Contratto con gli italiani», in cui si impegnava a non ripresentare la propria candidatura se al termine dei cinque anni di governo non fossero stati raggiunti i traguardi enunciati. Malgrado tali promesse non fossero state realizzate, Berlusconi sarebbe rimasto in lizza nelle successive elezioni politiche. Da qui una richiesta di risarcimento simbolico formulata nella misura di 5 mila euro. Richiesta però resopinta dalla prima sezione del Tribunale civile, secondo la quale - come detto - quelle dichiarazioni non potevano avere valore contrattuale. Per effetto di questa decisione, il promotore della causa è stato condannato a pagare 500 euro al presidente del Consiglio oltre alle spese di giudizio fissate in 7.551 euro.
Andrea Casamassima accusava il premier di aver fatto a«Porta a Porta» dichiarazioni poi non rispettate
MILANO - «Le dichiarazioni di Silvio Berlusconi nel "Contratto con gli italiani" non hanno valore contrattuale». Con questa motivazione il Tribunale civile di Milano ha dato torto a un cittadino che aveva citato in giudizio il premier per mancato mantenimento di promesse elettorali.
da Corriere.it
La singolare causa era stata avviata da Andrea Casamassima, che accusava Berlusconi di aver fatto dichiarazioni non rispettate nel corso della trasmissione «Porta a Porta» dell'8 maggio 2001. In quella occasione, Berlusconi aveva dato lettura del «Contratto con gli italiani», in cui si impegnava a non ripresentare la propria candidatura se al termine dei cinque anni di governo non fossero stati raggiunti i traguardi enunciati. Malgrado tali promesse non fossero state realizzate, Berlusconi sarebbe rimasto in lizza nelle successive elezioni politiche. Da qui una richiesta di risarcimento simbolico formulata nella misura di 5 mila euro. Richiesta però resopinta dalla prima sezione del Tribunale civile, secondo la quale - come detto - quelle dichiarazioni non potevano avere valore contrattuale. Per effetto di questa decisione, il promotore della causa è stato condannato a pagare 500 euro al presidente del Consiglio oltre alle spese di giudizio fissate in 7.551 euro.
Ma parla per te!
Esce al cinema (in "appena" 700 sale!!!) Italians, nuova vaccata del cinema italiano (in rete circolano già immagini quindi parlo con cognizione di causa). Solito mix di bonazze dell'est (ovviamente tutte un po' mignotte) e italiani caciaroni. Repubblica titola: Che brava gente questi "Italians". "Cialtroni sì, ma dal cuore d'oro..."
Ora io mi riferisco all'estensore del titolo (che spesso NON è il/la giornalista) ma perché non parli per te?
Ora io mi riferisco all'estensore del titolo (che spesso NON è il/la giornalista) ma perché non parli per te?
"Lo statista"
Fini si sente un grande statista. Lo crede solo lui, ma è già qualcosa. Fa una lezione sull'importanza del Parlamento all'universsità quando ormai il Parlamento è diventato solo un luogo dove si votano gli ordini di Berlusconi. Uno studente gli grida "fascista" a Fini (che non è che abbia un passato da Orsolino) è viene identificato. Gli studenti (d'accordo contrari alla visita, ma pur sempre cittadini italiani fino a prova contraria) non possono avvicinarsi. Fini che fino a pochi anni fa era giustizialista e chiedeva per tutti il diritto alla libera espressione. È sempre più forte l'impressione che il mondo giri al contrario.
Sapienza, studenti contestano Fini. E c'è anche chi urla: "Fascista"
"Ci fa ridere che Fini venga qui a fare una lezione sul Parlamento dal momento che proprio il Parlamento ci ha esautorato dal dialogo"
di Katia Ancona da Repubblica
"Vergogna, vergogna" e poi striscioni di condanna per "Il massacro di Gaza". Così il presidente della Camera Gianfranco Fini è stato accolto oggi all'Università di Roma La Sapienza, proprio davanti al Rettorato, dove si sono radunati alcune centinaia di studenti. Fini è alla Sapienza per inaugurare l'anno accademico del Master in Istituzione Europee e Storia Costituzionale. Un giovane ha urlato "fascista", ma è stato bloccato e identificato dagli agenti.
"Ci fa ridere che Fini venga qui a fare una lezione sul Parlamento dal momento che proprio il Parlamento ci ha esautorato dal dialogo" spiega Luca, studente dell'Onda mentre si allontana un attimo dalla scalinata del Rettorato dove è in corso la protesta. "Ridicolo da parte di una maggioranza che si è staccata da tutto e che vuole dismettere l'università pubblica".
Per gli studenti "è paradossale la situazione in cui ci troviamo, ci hanno impedito di sfilare pacificamente all'interno della città universitaria, di avvicinarci alla facoltà di Fisica per avvertire gli altri studenti di questa lezione, la polizia ha addirittura tirato fuori le transenne per farci stare alla larga".
E relativamente al ragazzo che avrebbe urlato "fascista" al presidente della Camera Luca dice: "Può essere, c'erano tante persone io personalmente non l'ho sentito".
I ragazzi hanno con sé alcuni striscioni: "Non abbiamo fiducia nelle vostre riforme, fini-tela!", "Basta tagli all'università", inoltre sono stati calati alcuni striscioni dalle pareti delle facoltà: "Criminale è chi vieta il dissenso".
Tra i cartelli anche un riferimento alle parole del sindaco Gianni Alemanno che nei giorni scorsi aveva detto che l'ateneo romano "è ostaggio di 300 criminali", i ragazzi replicano: "Voi quattro immuni, noi 300 criminali". Ma anche "Università senza con-Fini", "Fiducia, Fini non giustifica i mezzi", "Il vostro controllo non è sicurezza" e "No alla legge Fini sulle droghe": sono altri slogan su alcuni striscioni.
"Noi vogliamo anche ribadire la nostra contrarietà alla guerra in Medio Oriente - prosegue Luca - non ci sono giustificazioni al massacro dei civili palestinesi, e questa nostra contrarietà vogliamo farla sentire forte al presidente della Camera".
"Vogliamo dire 'vergogna' anche al Rettore Frati che la scorsa settimana aveva detto 'la democrazia è in pericolo', però oggi non ci ha fatto entrare.
Meravigliosa Inter
From the album: GIORNATA TIPO DELL'INTER
By Fabio Mazzuoli
ore 8.00: Mourinho si alza e dolcemente dice ti amo allo specchio.
ore 8.30: Adriano chiude la discoteca e va all’allenamento (di regola si addormenta mentre sta guidando).
ore 9.00: i giocatori arrivano al campo di allenamento. Muntari chiede a Materazzi se può aiutarlo con la
lingua visto che é l’unico italiano. Dopo cinque minuti lascia perdere, regala un dizionario a Materazzi e chiede a Javier Zanetti.
ore 10.00: chiama Mancini per sapere perché questo mese non gli é stato accreditato lo stipendio, visto che deve pagare l’estetista. Risponde Mourinho e Mancini riattacca subito e telefona sul cellulare a Moratti piangendo: “Mi hai detto che con quello era finita!!!”.
ore 10.10: Quaresma prova la trivela. Tre piccioni morti.
ore 10.20: un tifoso boy scout aiuta Figo ad attraversare la strada ed a raggiungere l’allenamento.
ore 10.30: Mourinho prova lo schema “palla ad Ibrahimovic e che Dio ce la mandi buona”.
ore 11.00: Quaresma riprova la trivela. Grave infortunio di un operaio che lavorava su un impalcatura lì vicino.
ore 14.00: Cordoba, Samuel e Materazzi organizzano un simpatico mattatoio a metà campo coi ragazzi della primavera e successivamente presentano il loro nuovo libro, scritto a più mani con alcuni extracomunitari clandestini, dal titolo “Tanto comunque vada non ci potete espellere”.
ore 15.00: Mourinho si invia una lettera d’amore.
ore 15.30: Quaresma riririprova la trivela. Colpito il catetere di Figo.
ore 16.00: Mourinho prova lo schema “Ibra pensaci tu”.
ore 17.00: Burdisso con uno stop a seguire segna all’incrocio opposto.
ore 17.15: Quaresma ririririprova la trivela. Mourinho gli fa notare che sono finiti i palloni, che non possono recuperarli sempre a Malpensa e che ha leggermente rotto i marroni.
ore 18.00: arriva Adriano e chiede a che ora si mangia.
ore 18.15: Mourinho interroga i giocatori. Alla domanda: “Allora ragazzi avete capito cosa dovete fare?”, tutti in coro “Diamo la palla ad Ibra”. Tutti tranne Materazzi che risponde “presente”.
ore 18.30: i giocatori tornano alle rispettive case, Adriano torna all’Hollywood, Figo all’ospizio.
ore 22.00: Mourinho fa ripetutamente l’amore con sé stesso ed alla fine si dice “Sei stato magnifico come sempre”.
ore 24.00: a letto, non visto da nessuno, quasi in silenzio, Quaresma fa una trivela
martedì, gennaio 20, 2009
Onorevole stia zitto!
La ex showgirl Gabriella Carlucci, un'altra che esprime con grande fermezza le sue idee. Meglio non dire che cosa pensi in realtâ di questa signora. È vecchia la storia dei comunisti cattivi e sanguinari. Solo una preghiera, che la Carlucci taccia.
(Apcom) - La disponibilità dichiarata dal governatore del Piemonte Bresso ad accogliere Eluana Englaro in una struttura pubblica della sua Regione per aiutarla a morire "è inammissibile e da biasimare senza se e senza ma", secondo la deputata del Pdl Gabriella Carlucci.
"Dopo Errani un altro Governatore di sinistra rende dichiarazioni irresponsabili, favorevoli ad una cultura della morte che non possiamo che respingere e contrastare", prosegue l'esponente di maggioranza in un comunicato. "Lo Stato non può contravvenire alle proprie leggi e rendersi complice di un vero e proprio omicidio. Nessuno dei nosocomi piemontesi inseriti nel servizio sanitario nazionale deve aderire all'appello del Governatore Bresso".
Mercedes Bresso
.... mi sembra persona seria....
Il Piemonte apre a Eluana. "Siamo pronti ad accoglierla"
Beppino Englaro: "Non poteva fare di più. Ha colto tutto il nostro dramma"
Merceds Bresso, presidente della Regione Piemonte
TORINO - Dopo tanti no, un sì. Il presidente del Piemonte Mercedes Bresso si è detta disposta ad accogliere Eluana in una struttura pubblica. "A noi non è stato chiesto niente e non ci offriamo, però se ci verrà richiesto, non ci saranno problemi. Ovviamente in strutture pubbliche - ha aggiunto Bresso - perché quelle private sono sotto scacco del ministro".
Il riferimento è alla disposizione di Maurizio Sacconi che ha vietato agli ospedali - per altro pubblici e privati convenzionati - di interrompere l'alimentazione alle persone in stato vegetativo. Un gesto di aperta sfida al ministro del Welfare quello di Mercedes Bresso, tanto più che il presidente della Regione metterebbe a disposizione un ospedale che farebbe pagare l'operazione di interruzione dell'alimentazione alle casse pubbliche.
"Credo che da un presidente di regione non ci si poteva aspettare di più", ha detto il padre di Eluana, Beppino Englaro. "Bresso ha colto perfettamente la natura del nostro dramma". Sono sette mesi che la Corte d'appello di Milano ha accolto la richiesta del padre di Eluana di interrompere il calvario della figlia in coma da 17 anni. E sette mesi che le cliniche interpellate dalla famiglia Englaro respingono tutte la richiesta di ricovero. L'ultima è stata la Regione Veneto, ma prima c'erano stati gli hospice dell'Emilia Romagna e prima ancora una clinica di Udine che ha rifiutato per timore che infrangere l'ordine del ministro la costringesse a chiudere per sempre la struttura e licenziare 300 dipendenti.
Controcorrente si fa avanti il presidente della Regione Piemonte che si dice pronta ad accogliere Eluana in un ospedale pubblico: "Lo avevo già detto", esordisce Mercedes Bresso a Bruxelles per incontrare il presidente della Commissione europea Josè Barroso. "Noi siamo per rispettare la legge. E' giusto essere preoccupati che non si arrivi ad uccidere le persone che non servono più. Ma in questo caso - ha sottolineato Bresso - c'è stato un lungo iter. C'è una decisione del Tribunale che ha valutato tutte le ragioni di questa situazione. Per cui se ci verrà chiesto, accoglieremo Eluana: per noi non ci sono problemi".
E che sarà mai?
Crisi, Berlusconi minimizza: "Pil a -2% non è un dramma"
ROMA - Silvio Berlusconi torna a spargere ottimismo sulla situazione economica. E definisce "non drammatica" la previsione per il 2009 che vede uil Pil a -2%.
"La crisi non è così drammatica come tutti vogliono pensare e il meno 2 per cento del Pil previsto significa che torneremo indietro di due anni e due anni fa non stavamo così male". E ancora: "Bisogna avere paura di avere troppa paura. Tutti dobbiamo dare un contributo affinché la crisi non sia così drammatica".
Il premier si sofferma anche sulla questione pensioni,
assicurando che non si cambierà il sistema, "perché non è che ogni due anni un governo può cambiarlo", ma confermando che ci sarà con ogni probabilità un intervento sull'età pensionabile per le donne: "L'Unione Europea ritiene che le donne in Italia siano discriminate perchè vanno in pensione 5 anni prima degli uomini. Credo che ci obbligherà a rivedere questa situazione. Noi ci impegneremo a fondo prossimamente".
Delle due l'una: o scherza oppure..... io propendo per l'oppure.
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