Insegnava alle elementari in Friuli: lo criticarono perchè espresse le sue idee anticlericali
"Vi erano anche pericolosi monelli; cercai di tirare innanzi la scuola, ma con scarsi risultati"
Mussolini, cattivo maestro e i bambini di Tolmezzo - Così il futuro dittatore insegnava a scuola
da repubblica.it
di JENNER MELETTI
Il giornale cattolico di Udine, Il Crociato, nella primavera 1907 pone ai lettori domande che non hanno certo biogno di risposte. "Come mai un maestro comunale che fa scuola ai bimbi di un'intera cittadinanza, tiene una conferenza contro i principi religiosi di quella cittadinanza che gli dà il pane?I genitori degli scolari possono essere tranquilli di veder i loro figli istruiti da tali Maestri?"
Il maestro in questione - arrivato dalla Romagna e con un nome allora sconosciuto: Mussolini Benito - non si era limitato a tenere una conferenza su Giordano Bruno, per la quale era stato "vivamente applaudito".
"Al canto dell'Inno dei lavoratori", assieme agli altri anticlericali, si recò "davanti alla canonica dove tutti si fermarono ed emisero grida di "Viva la Francia anticlericale. Evviva il martire di Nola". E pensare che, quando era arrivato a Tolmezzo, all'inizio dell'anno scolastico 1906-1907, il maestro si era presentato al sindaco con un biglietto di raccomandazione dell'ispettore scolastico Benedetti. "Vien a V. S. con la presente il maestro Benito Mussolini. Il giovine ha ottimi titoli e promette di attuare i migliori propositi, tanto che ho fiducia nella sua riuscita costì".
Quali fossero gli "ottimi titoli" - a parte il diploma preso al collegio Carducci di Forlimpopoli - non è dato sapere. Di certo il futuro capo del fascismo, 23enne maestro nella seconda elementare di Tolmezzo, cento anni fa fece di tutto per farsi notare. Propaganda socialista, comizi, un giornale, Lo Staffile uscito con un unico numero, e poi bevute da stramazzare al suolo ("Fu trovato addormentato al lavatoio pubblico, sulla paglia della rimessa dei cavalli e anche dentro il cimitero di Santa Maria oltre But"), caccia alle donne del paese, scazzottate con mariti offesi, e pure la leggenda - anche qui - di un figlio avuto dalla padrona di una locanda. A mettere in ordine questo anno di vita del futuro dittatore sono il professor Umberto Sereni, docente di storia contemporanea nell'università di Udine, e la sua allieva Eva Dorigo, che ha preparato la tesi su "Benito Mussolini, maestro a Tolmezzo". È stata la laureanda a trovare, negli archivi della biblioteca Joppi di Udine, Il Crociato che attacca il maestro anticlericale e, nel cartolare n.78 dell'archivio del municipio, un verbale del Consiglio che deve discutere di un Mussolini "bestemmiatore".
Era il 16 giugno 1907 e l'assemblea cittadina si riunì in "adunanza straordinaria". Deve discutere, in tutta fretta, "sul contegno di un insegnante". Il consigliere Marioni chiede se il Municipio "si sia fatto carico di qualche articolo di giornale denunciante che un Maestro abbia bestemmiato nella pubblica scuola". Il sindaco risponde che "gli addebiti non risultano veri". Il consigliere Candussio chiede allora se il sindaco "abbia mosso biasimo al Maestro Mussolini per una sua recente pubblicazione (lo Staffile, ndr)". "Il consigliere Tosoni osserva che gli insegnanti fuori dalla scuola sono liberi cittadini e non vorrebbe che si esercitassero persecuzioni". Mussolini viene salvato, tanto l'anno scolastico è alla fine.
Non è un buon maestro, il giovane romagnolo. L'uomo che vorrà "spezzare le reni" a mezza Europa si arrende davanti a una classe di bambini. "Avevo la seconda elementare - scriverà ne "La mia vita" a cura di E. e D. Susmel - che contava quaranta ragazzetti vivaci, taluni dei quali anche incorreggibili e pericolosi monelli. Inutile dire che lo stipendio era modestissimo: appena 75 lire mensili. Feci tutto il possibile per tirare innanzi la scuola ma con scarso risultato poiché non ero stato capace di risolvere sin dal principio il problema disciplinare". Basta osservare la fotografia di quella classe, per vedere la miseria di quegli anni. Ci sono bambini a piedi nudi - qualcuno cerca di nasconderli con il cappello - altri con gli zoccoli di legno. Ci sono anche maschietti con gli abiti da bambina, e viceversa, appartenuti alla sorella o al fratello più grandi. Il maestro Mussolini aveva insegnato per qualche mese, nel 1902, come "supplente temporaneo" a Pieve Saliceto, frazione di Gualtieri, nel reggiano. Aveva osservato, a fine anno, che "i gobbi lo erano ancora, ed idem dicasi dei deficienti. Per i primi la cura consigliabile è quella dell'istituto Rizzoli di Bologna, per gli altri occorre un altro organamento della vita scolastica, che dia agio agli educatori di porre in atto, almeno in parte, la trangugiata teoria pedagogica". Il maestro socialista osserva comunque che "non si può pretendere un foglietto pulito da un bambino che fa il compito nella stalla per dura necessità".
A Tolmezzo adotta invece la linea dura. Chiede addirittura che un alunno, tal Artico, venga allontanato dalla classe. "Pregiatissimo Signor Direttore - scrive - la prevengo con questa che da oggi non farò più scuola, se non si risolverà la questione che Le ho posta. Non intendo di essere angustiato 4 ore al giorno e non sopporto la prostrazione spirituale che ne consegue". Ma anche per lui arriva la "pagella" di fine anno ed è una bocciatura. "Il sig. Benito Mussolini - scrive il direttore didattico Sardo Marchetti in una lettera scritta il 18/8/1907 e trovata da Claudio Magris nel 1993 - pur riconoscendogli il suo lavoro ha ottenuto frutti scarsi. Avrebbe potuto raggiungere un profitto molto migliore se avesse dato alla scuola buona parte delle sue non comuni risorse intellettuali".
Ma troppi sono gli impegni del maestro romagnolo, arrivato a Tolmezzo anche perché qui vicino erano state trasferite due maestre di Predappio e di Forlì, con le quali aveva avuto una relazione. Poche settimane di pensione al Cavallo bianco, poi il trasferimento alla trattoria della Scala. "Durante il carnevale strinsi una relazione amorosa con tale Graziosa Bocca, che abbandonai per la padrona della pensione, Luigia P., donna sulla trentina e ancora bella e piacente nonostante il suo avventuroso passato. Dall'aprile all'agosto durò assidua la nostra relazione". Luigia P. è la moglie del proprietario della trattoria alla Scala. "Ebbero luogo tra me e il marito della P. spiegazioni assai penose, scambio di invettive e un pugilato, nel quale la peggio toccò naturalmente al marito, più vecchio e più debole di me. Nel paese non si parlava che di questa nostra scandalosa relazione". Numerosi anche gli altri incontri amorosi, dai quali il futuro Duce trarrà anche una "fortissima blenorragia" che lo accompagnerà per tutta la vita.
"Ho organizzato la tesi su Mussolini a Tolmezzo - dice il professor Umberto Sereni - per riuscire a distinguere realtà e leggenda. Tanti dicevano che qui il maestro romagnolo aveva avuto un figlio. Ma mi sono interessato soprattutto al rapporto fra Mussolini e le donne. Nel 1906 lui è socialista e i socialisti già parlano d'emancipazione femminile. Benito vede invece le donne come preda, come conquista. Il gallismo, in lui, è organico, e questa sua caccia ossessiva, questa ansia priapica di dominio, sono segnali di proto fascismo". La leggenda viene smascherata dalle ricerche della studentessa, ora laureata, Eva Dorigo. "Luigia P., la moglie dell'oste, ebbe davvero un figlio, ma questi è nato - è bastata una verifica all'anagrafe - il 16 marzo 1899, sette anni prima che Mussolini arrivasse qui. È stato il nipote a mettere in giro la voce che ha resistito per decenni. Sono il nipote di Mussolini, si vantava". L'altro giorno la tesi è stata presentata in municipio. "Abbiamo presentato i vecchi verbali del Consiglio comunale, abbiamo discusso di questo strano maestro arrivato cent'anni fa. Ma la cosa che più ha colpito è la fine delle leggenda sul figlio del Duce. Qualcuno, qui a Tolmezzo, sembra dispiaciuto".
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