Pentma vuol dire pietra, ma questo blog è solo un sassolino, come ce ne sono tanti. Forse solo un po' più striato.
domenica, maggio 04, 2008
Le vacanze!!!
Se il viaggio è un inferno
Il volo è annullato. L’hotel di sogno si rivela una catapecchia. Il soggiorno prenotato on line, una truffa. E si resta 48 ore in aeroporto. Ecco come difendersi, punto per punto
Volo annullato
Scarsa puntualità? Overbooking? Servizi scadenti? Mentre si apre una nuova era per i viaggiatori, il turismo spaziale, con Richard Branson che crea la Virgin Galactic e promette per gli inizi del 2010 il decollo dell’astronave SpaceShipTwo (200 mila dollari per due ore e mezzo in orbita), sulla terra continuiamo a dibatterci fra disservizi e insoddisfazioni.
Secondo Federconsumatori, lo sportello nazionale di tutela del turista che nella sola estate 2007 ha assistito 3500 persone, e ricevuto 30.000 lamentele di disservizi, i reclami legati al trasporto aereo (dalle cancellazioni e spostamenti del volo allo smarrimento del bagaglio) sono in forte e costante aumento. Anche se in cima alla lista rimangono disagi e disillusioni relativi ai pacchetti tutto compreso (33%): problemi non solo di trasporto, ma anche promesse di alberghi che si rivelano scadenti, spiagge troppo lontane, piscine senz’acqua.
Regole e diritti
L'aereo non c'è
Come difendersi? Prima di tutto informandosi dei propri diritti. Dall’inizio del Duemila, la legislazione si è aggiornata: oggi sono tre i documenti cui fare riferimento. Primo, il Codice del Consumo, la bibbia della difesa per ogni acquisto, di qualsiasi prodotto: gli articoli dall’82 al 100 si riferiscono ai viaggi comperati in agenzia, quelli dal 45 al 68 agli acquisti su internet. Ci sono poi la legge 1084/1977, per i pacchetti-vacanza, e il Regolamento europeo 261, in vigore in Italia dal 2005, che tenta di mettere un freno al malcostume dell’overbooking. È il più diffuso, anche se le compagnie aeree sono costrette a rimborsi sempre più salati. Queste regole valgono per tutti i voli effettuati da compagnie europee che partono o giungono nell’Unione: charter e low cost inclusi. E anche per i vettori di altre nazioni, quando partono da un aeroporto Ue. Altrimenti valgono le disposizioni dei rispettivi Paesi. Il negato imbarco è molto più frequente di quanto si possa pensare. E si basa su una serie di regole statistiche, che ipotizzano quanti passeggeri non si presenteranno al check-in.
Ma non è una esclusiva degli aerei: anche i tour operator, che mettono insieme voli, sistemazioni alberghiere ed escursioni, giocano sull’overbooking quando vendono più camere d’albergo di quelle prenotate.
Azioni legali
Che sia voluto o meno, non ci si può difendere più di tanto, prima o durante lo sfacelo della vacanza. L’unica soddisfazione rimane un risarcimento al ritorno. La soluzione più rapida, economica e indolore resta la conciliazione, o il patteggiamento. Da fare subito, già in aeroporto nel caso di disservizio aereo, o appena tornati: ci sono dieci giorni di tempo per reclamare con l'agente di viaggi, meglio se con l’aiuto di un’associazione dei consumatori. La Camera di commercio di Milano, per esempio, ha aperto uno sportello di conciliazione: arbitrato “amichevole” che deve essere intrapreso dalle parti in causa. Basta che una non si presenti per mandare tutto in fumo. Altre Camere di commercio offrono lo stesso servizio.
Nel frattempo si fa strada il principio del danno morale ed esistenziale: anche i più alti gradi di giudizio concordano che non c’è nulla che ripaghi dalla delusione di una vacanza andata male. Si può finire nelle aule di tribunale. E vincere. Un esempio? Nel 2007 la Cassazione ha riconosciuto il danno esistenziale ai passeggeri abbandonati alle Tremiti dalla compagnia di navigazione C.t.m., che aveva affrontato la traversata da Peschici nonostante i bollettini meteo non favorevoli.
I tempi della giustizia sono però molto lunghi. Infatti, se per un patteggiamento con il tour operator in pochi mesi si ottiene un risarcimento, ricorrere al giudice di pace (è possibile solo se il valore del viaggio non supera i 2588 euro) significa aspettare almeno un anno e mezzo, addirittura tre o quattro per una causa in tribunale e ancor di più se non ci si accontenta del primo grado e si vuole ricorrere.
Paola Baldacci per Corriere.it
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