PAVAROTTI’S WEDDING
di Maria Corbi tratto da “Facce di Bronzo” (Mondadori)
Il caldo la faceva impazzire. Quei 10 gradi erano veramente troppo per quel colbacco di zibellino e il cappotto lungo fino a terra, "cappotto con le ruote", la prendeva in giro Laura, la sua compagna di sventura, incappottata anche lei nel cachemire, con mega croce della vandea spillata sul petto, due vere signore, se non fosse per quei rivoli di sudore che scendevano dalla fronte, per quell'ansia che le opprimeva, come ogni volta, quando per esigenze di lavoro dovevano dipingersi la faccia di bronzo e imbucarsi sfacciatamente in luoghi dove erano assolutamente non desiderate. E soprattutto, mentre camminavano nel centro di Modena, destinazione teatro comunale, si chiedevano: "Ma chi ce lo fa fare?".
Il colbacco calava sempre più sulla fronte di Maria che procedeva a tentoni per il corso, verso il luogo dove si sarebbe svolto il matrimonio di Luciano Pavarotti da cui la stampa era stata gentilmente esclusa. Look griffatissimo per sfondare i controlli, ma dentro di loro le due poverette si sentivano molto come Totò e Peppino a Milano con il colbacco ad agosto. Più o meno.
Laura Laurenzi e Maria Corbi
© Foto U.Pizzi
Un ferreo servizio d'ordine, una lista degli invitati blindata e guardie ovunque. Le due giornaliste (perché, dimenticavo, questo fanno le due protagoniste, non le ladre) avevano come al solito una mission impossible da compiere: partecipare a quelle nozze senza esserne state pregate. Anzi...
"E dire che tutti pensano che invece di lavorare ce la spassiamo un sacco....". Maria come al solito borbottava. Proprio quella mattina una sua cara amica, della categoria "non faccio nulla nella vita ma mi lamento sempre di avere troppo da fare" le aveva detto: "bella la vita eh? Sempre in giro per feste,,,,". Una cosa che la faceva imbestialire.
Il teatro si avvicinava e anche il servizio di sicurezza. Al primo posto di blocco: tutto ok. Con quel colbacco e con quella spilla chi avrebbe osato fermarle? Ma una volta entrate nel teatro ecco il primo, vero, problema. Una gentile signorina spuntava da una lista i nomi degli invitati che poi venivano accompagnati ai loro posti.
Il pelo dello zibellino era ormai calato definitivamente sugli occhi di Maria quando una voce le chiese: "Lei è...?". ""Già chi sono io", pensò la poveretta mentre una voce dalle sue spalle le venne, come sempre, in soccorso. "La signora Trussardi". Laura aveva preso la situazione in mano e la parte della mia assistente. Benedetta improvvisazione. Tra il caldo, l'imbarazzo e la paura sul volto di Maria era apparsa una smorfia di naturale arroganza. Il mento che si alza, il cappotto che spazzola per terra e la signorina che molto gentilmente le dice: "Signora Trussardi lei sa che ha un palco prenotato?". Momento di sgomento. Solo un momento. "Certo", la lapidaria e antipatica risposta, il modo migliore per mimetizzarsi da vip. Niente di meglio che un arrogante faccia di bronzo.
"L'accompagno", continuò la poveretta che si capiva benissimo che stava pensando: "Ammazza che stronza che è questa". E' ancora Laura a rispondere, per liquidare la zelante hostess: "Non ce ne è bisogno grazie".
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Big Luciano con Bono Vox degli U2
Erano entrate. Ma ancora mancava mezzora all'inizio della cerimonia e sarebbe arrivata anche la vera e sola signora Trussardi, legittima ospite del palchetto 26. "Che facciamo?". Le due si interrogano mentre intorno a loro sfrecciano invitati. Non rimane che la soluzione di emergenza, buona per tutte le occasioni: rifugiarsi in bagno. Una decina di minuti passano così con Maria e Laura che fingono di rifarsi il trucco. Poi una voce al microfono invita tutti a prendere posto e si dirigono in platea sedendosi su due poltrone libere, pronte a cederle appena fosse arrivato il legittimo occupante. Allora avrebbero detto: "Ci scusi ci siamo sbagliate...".
Iniziando così il solito umiliante pellegrinaggio tra poltrone riservate ad altri e il conto alla rovescia fino alla cacciata. "Smettila di guardare l'orologio che mi innervosisci", sbotta Laura. Il nervosismo tipico che precede una umiliante espulsione monta fino a che finalmente le luci si abbassano e la musica inizia a invadere il teatro. Luciano Pavarotti sale sul palco e gli occhi di tutti puntano verso l'ingresso della platea dove Nicoletta Mantovani, in versione "la riscossa di Cenerentola", sta per fare il suo ingresso.
"Abbiamo il pezzo", dicono guardandosi Maria e Laura sollevate. "Se poi riusciamo a entrare anche al pranzo di nozze meglio, ma intanto ne avremo qui da raccontare in presa diretta". Iniziate le nozze-show nessuno le avrebbe rovinate cacciandole. Perchè, dimenticavo, le nostre giornaliste non si fanno cacciare tanto facilmente e come ultima mossa sfoderano sempre la "scena da pazza". Di solito l'imbarazzo e le urla sono tali che alla fine ottengono di rimanere.
Pavarotti e Bocelli
L'occasione rende avide e così si inizia a ragionare sul piano numero due: l'ingresso nel tendone dove ci sarà una colazione per sole duecento persone tra cui Sting, Zucchero, Bono e gli altri U2, Andrea Bocelli e una carrellata infinita di personaggi del mondo della musica. Ovviamente con un esercito di body guard addestrati a fiutare un giornalista a distanza. "Non ce la farete mai", aveva previsto un cronista di un giornale locale a cui avevano chiesto informazioni. Ma la fortuna aiuta gli audaci, anzi le facce di bronzo.
All'uscita del teatro le due false ospiti incrociano un vecchio amico di Roma, invitato doc, megaburocrate Rai. Saluti e baci e una domanda: "Non c'è tua moglie?". "No, non stava troppo bene ed è rimasta a casa". Mai parole furono più dolci per Laura e Maria che presero il malcapitato sottobraccio, cinguettando felici: "Ma allora stai con noi! Hai una macchina?". IL signor X era quello che ci voleva, sarebbe stato lui il cavallo di Troia che le avrebbe introdotte alla festa dell'anno.
"Certo", rispose lo sventurato che mai avrebbe creduto che quelle due signore incappottate che lui conosceva come assennate lo stavano, in realtà, usando. E così le nostre riuscirono a varcare la soglia del grande tendone da circo bianco. Ma non era finita. Ecco altre signorine vestite di blu che braccavano chiunque entrasse per indicargli il tavolo che gli era stato assegnato. Il povero accompagnatore si trovò improvvisamente solo. "Ma dove sono andate?", chiese a un conoscente che alzò le spalle: "Non so". In bagno ovviamente. Le due erano nel loro solito buen retiro di queste occasioni: il cesso, un grande e fedele alleato.
Pava con Zucchero e Sting
Quando ne uscirono avevano sempre i lunghi cappotti indosso. Non potevano fare altrimenti visto che sotto erano vestite casual, con pantaloni neri e girocollo nero, una sorta di divisa da lavoro rubata a Diabolik.
I tavoli erano una ventina. Bisognava sedersi il più in fretta possibile. Il numero 3 era abbastanza libero. Un saluto di cortesia agli altri commensali, una presentazione con nomi inventati e poi ancora il conto alla rovescia. Quando anche gli ultimi due legittimi occupanti di quel tavolo arrivarono a reclamare le loro sedie, Maria, con finta tranquillità disse: "Scusate, abbiamo letto male sul cartellino, il nostro tavolo non è il 3 ma il 13". Scena che si ripetè per quattro interminabili volte.
Rimaneva un unico tavolo libero da provare ad espugnare: il 17. Solo un uomo tutto vestito di nero e con l'aria poco raccomandabile vi sedeva insieme a due amici. "Proviamo", disse Laura. "Si proviamo, ma mi sa che è il tavolo degli autisti", continuò Maria. Si sedettero. Il tizio vestito di nero, educatamente si presentò: "Bono Vox". Il tavolo degli U2, ecco perché era vuoto. Ma ormai era atta e il signor "poco raccomandabile" fu educato e non cercò di cacciare le intruse. Iniziava il pranzo e finiva l'agonia. Missione compiuta e anche scoperta dai giornali locali che il giorno fecero un articolo sull'impresa. Titolo: "Da inviate speciali a invitate speciali, due giornaliste si imbucano al matrimonio dell'anno". Facce di Bronzo su commissione.
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