Pentma vuol dire pietra, ma questo blog è solo un sassolino, come ce ne sono tanti. Forse solo un po' più striato.
giovedì, gennaio 12, 2006
This is not America
dal New York Review of Books (grazie a Marco per l'invio)
Guantanamo, Corano e catene ecco il diario della vergogna
Quattro anni fa i primi detenuti nel campo americano a Cuba
L´ex cappellano islamico del carcere, detenuto senza prove, ha raccontato la sua storia ed è diventato un simbolo
Abusi, violazioni delle procedure, insabbiamenti, denuncie: per Washington è ormai un caso imbarazzante.La storia del capitano Yee.
JOSEPH LELYVELD
Ogni volta che un prigioniero detenuto nella base navale di Guantánamo, a Cuba, viene condotto nelle stanze degli interrogatori, gli si fa indossare quel che le guardie chiamano sardonicamente «vestito e panciotto». Due anelli di ferro appesi con catene a una pesante cintura bloccano le caviglie, mentre un terzo anello stringe i polsi. Il capitano James Yee ha visto la tenuta innumerevoli volte, durante i dieci mesi passati in qualità di cappellano militare musulmano nelle gabbie del Campo Delta. L´esperienza cubana lo ha preparato a indossare lui stesso «vestito e panciotto» quando, nel settembre del 2003, venne arrestato con l´accusa di ammutinamento e spionaggio, passibile di pena di morte.
Alcuni investigatori che restarono anonimi fecero sapere alla stampa che al Qaeda era riuscita a infiltrarsi a Guantánamo, nella persona di un diplomato di West Point, un sinoamericano di terza generazione del New Jersey, che si era convertito all´islam nella moschea di Newark, tre mesi dopo aver terminato il corso di addestramento per ufficiali.
Yee non aveva mai considerato la religione come un fattore di grande importanza nella sua vita, né la sua conversione all´islam andava oltre la convinzione che si trattasse di un credo più confortevole.
Le cose cambiarono in Arabia Saudita, dove, durante la prima guerra del Golfo, prestò servizio come ufficiale di artiglieria, addetto a una batteria di missili Patriot, e frequentò un centro culturale islamico, dove altri soldati non musulmani vennero attratti dall´islam.
Due anni dopo lasciò l´esercito per proseguire i suoi studi sull´islam. Si immerse nella lingua araba, con l´intenzione di divenire un giorno un imam. Tre anni dopo veniva accettato all´Università Abu Noor di Damasco, dove studiò per quattro anni, prima di rientrare nell´esercito come cappellano militare musulmano.
Subito dopo gli attentati dell´11 settembre, il capitano Yee, in servizio a Fort Lewis, Washington, aveva organizzato una serie di incontri di «sensibilizzazione» diretti agli ufficiali e ai soldati, per mostrare come gli attacchi terroristici contro vittime innocenti fossero contrari alla lettera e allo spirito del Corano. Fu un successo e a nessuno venne in mente di far domande sul lungo soggiorno a Damasco. Le sue relazioni siriane cominciarono a pesare solo quando una nube di sospetti si già era levata su tutti i soldati musulmani in servizio a Guantánamo. Solo allora, il fatto all´apparenza straordinaria di aver cercato di effettuare telefonate verso la Siria - facilmente spiegabile, visto che sua moglie (siriana) e sua figlia erano tornate a casa loro, attendendo la fine del mandato del capitano - si aggiunse alla lista di sospetti messa insieme dal generale Geoffrey Miller, comandante della base, che dipingeva Yee, grottescamente, come il capo di una cellula di al Qaeda.
Sembra che a destare i sospetti dei superiori siano state le intercessioni del cappellano in favore dei prigionieri, quando assisteva ad azioni gratuitamente provocatorie da parte delle guardie: maneggiare senza riguardi il Corano durante le frequenti ispezioni alle celle, o far uscire i prigionieri in catene per portarli a un interrogatorio proprio all´ora della preghiera. Si incontrava anche regolarmente con i circa quaranta soldati musulmani della base, anche loro sotto la sua tutela spirituale. Alcuni parlavano di abusi commessi nel centro per gli interrogatori, dove erano impiegati come traduttori. Il cappellano cominciò a tenere un diario su quanto gli veniva riferito. Molti degli abusi erano inferti ai prigionieri in quanto musulmani: venivano avvolti in bandiere di Israele, o si faceva girare un cd con versi del Corano all´inizio di un interrogatorio, per sommergerli poi con musica rock ad altissimo volume. I prigionieri venivano tenuti incatenati in posizione fetale per ore e ore. Newsweek forse esagerava quando, l´anno scorso, parlava di copie del Corano gettate nella tazza del bagno; tuttavia, lo spregio del Corano, di cui era dotata ogni cella, era procedura usuale.
James Yee non poteva facilmente ignorare che gli stessi militari musulmani erano oggetto di ostilità e di sospetti. Ci mise un po´ a capire che anche lui era sotto tiro. Forse traeva una certa sicurezza dall´utilità del proprio lavoro, specialmente in occasione di visite di membri del Congresso e di giornalisti, quando spiegava in termini accomodanti che ogni cura era prestata al benessere spirituale dei detenuti.
Cominciò a notare la presenza di uomini in borghese intorno ai luoghi in cui teneva i suoi servizi religiosi, e si chiese se non fossero agenti dell´Fbi. Sentì dire che diversi soldati musulmani erano stati arrestati al loro ritorno negli Stati Uniti da Cuba. Il 10 settembre del 2003, appena atterrato a Jacksonville per una licenza, Yee venne arrestato dal Servizio Investigativo della Marina. Dopo cinque giorni di isolamento, gli venne mostrata una nota del generale Miller, che lo accusava di spionaggio: «Il cappellano Yee risulta colluso con noti simpatizzanti del terrorismo». Si diceva anche che nel suo alloggio a Guantánamo teneva nascosti documenti segreti, e un biglietto per Londra, un chiaro segno dell´intenzione di svignarsela.
Nulla di tutto questo risultò essere vero.
Prima che i giudici istruttori militari cominciassero a fare marcia indietro, il capitano Yee fu sottoposto al trattamento riservato ai correligionari musulmani di Campo Delta a Guantánamo. Fu incatenato, tenuto in isolamento, spogliato e perquisito in modi umilianti, e gli vennero fatte indossare maschere e cuffie per le orecchie.
Un mese dopo il suo arresto, l´accusa di spionaggio e altre gravi imputazioni vennero improvvisamente ritirate. Un avvocato della Marina dichiarò che il governo non aveva «risorse probatorie» per continuare l´azione giudiziaria; vi era bisogno di altro tempo, continuava, per compiere ricerche sul suo comportamento sospetto. Il capitano Yee si trovava ora a difendersi da accuse relativamente minori: l´aver maneggiato senza cura due documenti riservati (lui insiste che non ne ha mai visto nemmeno uno). Fu comunque tenuto in isolamento per settantadue giorni e incatenato ogniqualvolta veniva portato a un interrogatorio.
E´ chiaro che dietro questa vendetta si celava l´ossessione di qualcuno. Prove circostanziali puntano il dito contro il generale Miller, comandante del Campo Delta, poi noto come responsabile della prigione di Abu Ghraib in Iraq. Il generale condusse personalmente le audizioni tenutesi ad Arlington, in Virginia, sulle accuse di adulterio e pornografia. Non sorprende che la sua decisione fu contraria a Yee, il quale si appellò al Comando Meridionale dell´Esercito statunitense. Il generale James Hill, a capo del Comando, dichiarò invalida la decisione del suo collega generale - cosa quasi senza precedenti - per poi affermare, non si sa su che base, che il comportamento di Yee restava riprovevole. Il cappellano se la cavava, secondo il generale, solo perché aveva sofferto troppo - non certo per i mesi di detenzione in isolamento, ma per il trattamento subito dalla stampa.
Non c´è più stato nessun cappellano militare musulmano assegnato ai detenuti di Campo Delta, dall´epoca dell´arresto di Yee a oggi. Un portavoce della Forza Congiunta che dirige gli interrogatori a Guantánamo mi ha assicurato che un cappellano è sempre disponibile a richiesta e che le guardie, ha soggiunto, sono sensibili alle pratiche religiose dei detenuti. E la stessa litania che viene recitata dall´inizio del 2002, quando i primi prigionieri in catene vennero trasportati alla base. Da allora, mese dopo mese, anno dopo anno, nessun osservatore indipendente è stato ammesso nelle gabbie per vedere coi propri occhi, a eccezione di rappresentanti della Croce Rossa Internazionale, che possono accedere ai detenuti solo a condizione di non divulgare notizie.
Quest´anno è il quinto che molti passano a Campo Delta. La Corte Suprema degli Stati Uniti ha decretato che dopo tutto le corti federali hanno una qualche giurisdizione sui detenuti di Guantánamo.
Ma nessuna ingiunzione federale ha per ora cambiato la vita di un singolo detenuto. Non avevamo bisogno del capitano Yee per renderci conto che ormai Guantánamo è fonte di grande imbarazzo. Ciò che questo testimone suo malgrado ci ha mostrato, è che si tratta di un luogo di miseria, giorno dopo giorno, anno dopo anno.
Nemmeno questa è l'America
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento