Pentma vuol dire pietra, ma questo blog è solo un sassolino, come ce ne sono tanti. Forse solo un po' più striato.
giovedì, febbraio 16, 2006
Neofascismo
Quello di cui scrive Crosetti è un evento neofascista. Per queste cose viene voglia di chiedere il boicottaggio persino delle Olimpiadi. Ma stiamo scherzando? Se quelli del CIO avessero un minimo di pudore non continuerebbero a raccontare a tutti di quanto sono stati bravi a organizzare questo evento. Vergogna!!
Le rigide regole del Cio prevedono solo prodotti degli sponsor ufficiali. Ecco quello che può succedere
Non portate panini, bevande, scritte lo spettatore dei Giochi è "no logo"
Ma agli snack-point il cibo è scadente e i prezzi sono alti A cominciare dal vino
Dalle giacche a vento ai computer: marchi subito coperti da funzionari e volontari
Maurizio Crosetti
Vietato mangiare il panino, se non è dello sponsor: ve lo sequestrano. Vietato portare una certa giacca a vento o un certo berretto, se non sono dello sponsor: vi copriranno i marchi con il nastro isolante. Vietato bere una bibita che non sia quella scura e gassata: vi toglieranno la bottiglia dal tavolo. Un divieto che vale per gli atleti, ovviamente, ma anche per giornalisti e tifosi. Ecco i Giochi "no logo per forza".
Dove il vero nemico da smascherare ai controlli non è il terrorista, ma il marchietto sbagliato. Secondo le rigide regole del Cio.
E non è uno scherzo: abbiamo provato. Vietato introdurre cibi nei luoghi di gara, o bevande. Proibito avere uno zainetto: lì dentro, un sandwich portato da casa o, peggio, una merendina concorrente dello sponsor ufficiale possono costare carissimi ed essere sequestrati. Persino ai bambini delle scuole che in questi giorni vengono trasportati in fretta e furia nei palazzetti, perché sembrino un po´ meno vuoti, viene consegnato prima della gita un foglietto fotocopiato con i divieti scritti in grosso. Dunque: non si possono portare ombrelli rigidi, strumenti chimici o incendiari (in ogni classe delle elementari se ne fa un uso smodato), coltelli, thermos (niente caffè caldo preparato dalle amorevoli mani della Pina), aerosol (nel caso la maestra avesse deciso di metterlo in funzione prima della seconda manche dello slittino). E guai a chi prova a masticare qualcosa di sospetto.
«Snack-point saranno a disposizione del pubblico in ogni sito di gara» è specificato nel famigerato libretto delle istruzioni scritto dal Cio per l´uso olimpico. Un uso francamente demenziale.
E qui vanno pure a farsi benedire tutte le preoccupazioni su quello che mangiano i nostri figli. Le polpette della famosa multinazionale fanno male? Preferireste dare ai ragazzi pane e prosciutto? A casa vostra, magari. Su una tribuna olimpica, impossibile. E pazienza se i cibi "troppo logo" fossero almeno convenienti, oltre che insidiosi per lo stomaco. Premesso che quasi tutte le cose a disposizione negli "snack point" fanno schifo (chi scrive ha provato per ben due volte la pasta da 7 euro scaldata al microonde nella sala stampa di Cesana Pariol, roba da vomito, ma non ce n´era altra), bisogna avere il portafoglio a fisarmonica. Insalata, 6 euro (però la chiamano insalatona per dare l´impressione che sia tanta, che convenga), tramezzino 3 euro, bottiglie di vino 20 euro, cioè quarantamila vecchie lire, ed è robaccia industriale che in un qualunque supermercato non paghereste più di 7 euro. Come indicazione c´è scritto "vino bianco" o "vino rosso". Anche i volontari col cappello da alpino la giudicano una tristezza.
Siccome gli sponsor pagano 17 milioni di euro per avere garantito tutto lo spazio da riempire con i propri nomi, nulla di questo spazio dev´essere sporcato. La conseguenza diventa grottesca, irreale, e purtroppo non siamo su Scherzi a parte ma alle Olimpiadi, la patria del nobile e antico ideale dello sport, "passion lives here" e altre stupidaggini simili. Sponsor lives here, semmai. E se uno spettatore ha la bella idea di presentarsi sulle tribune dello sci o del bob con una giacca a vento "sbagliata", vedrà venirgli incontro un solerte addetto con un rotolo di scotch in mano: servirà per coprire il marchio colpevole. In questo modo, lo spettatore "no logo" potrà continuare a rimanere sulle tribune, grazie al suo costosissimo biglietto, ed essere tranquillamente inquadrato dalla regia internazionale.
Non ci credete? Un giornalista canadese che stava seguendo il torneo di hockey si è visto coprire il marchietto del suo computer: l´azienda produttrice non fa parte di quelli che pagano per avere tutto il bianco dentro i cinque cerchi e poterlo riempire come vogliono. Alcuni turisti con berretti sbagliati, nel centro di Torino, in Medals Plaza, sono stati cortesemente invitati a levarli: sarebbe stato un guaio, il loro turpe marchietto in mondovisione. Mani meticolose hanno persino oscurato i distributori del sapone, dentro i bagni olimpici: non sia mai che qualcuno leggesse la marca, non presente nel gruppone di quelli che pagano.
Si creano situazioni di autentica comicità. C´è un collega straniero che ha messo gli occhi su una graziosa volontaria all´Oval, dove si svolgono le gare di pattinaggio veloce. Si sono conosciuti così: lui aveva posato una bottiglietta di aranciata proibita sul tavolo della tribuna stampa, e lei era accorsa per chiedergli - con uno smagliante sorriso - di appoggiare la bevanda sotto il tavolo, lontano da occhi umani o elettronici. Il collega l´ha fatto, ma poi ha provato a rimettere la bottiglia in vista per verificare se la ragazza sarebbe tornata. Lei, impeccabile, l´ha fatto. La scenetta si è ripetuta tre o quattro volte, ed è probabile che da qui alla fine dei Giochi lui la inviti a cena, lontano da sguardi indiscreti, dove entrambi potranno mangiare e bere quello che gli pare, lasciando persino la bottiglia sul tavolo.
Fonte la Repubblica
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