Diffamazione a mezzo stampa
In occasione del 2° Convegno regionale “Giustizia e Informazione” - Bema (So), sabato 8 luglio 2006 - nella relazione di Francesco (“Franco”) Abruzzo - presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Lombardia - si legge:
"La «trappola» dell’articolo 2947 del Cc. Con la sentenza n. 5259/1984, la Corte di Cassazione ha stabilito che ogni cittadino può tutelare il proprio onore e la propria dignità in sede civile senza avviare l’azione penale. Ogni cittadino può agire in sede penale entro tre mesi dalla pubblicazione della notizia diffamatoria (art. 124 Cp). Il Parlamento non ha provveduto, dopo la sentenza, a coordinare il tempo per l’azione civile con quello previsto per l’azione penale. Così è rimasto in vigore l’articolo 2947 del Cc, in base al quale «il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in 5 anni dal giorno in cui il fatto si è verificato...In ogni caso, se il fatto è considerato dalla legge come reato e per il reato è stabilita una prescrizione più lunga, questa si applica anche all’azione civile». Questa norma espone giornalisti ed aziende al rischio di vedersi citare in giudizio, anche a distanza di 7-10 anni, per fatti remoti e sui quali il giornalista non ha conservato alcuna documentazione. L’azione di risarcimento dovrebbe essere ridotta a 180 giorni dalla diffusione della notizia ritenuta diffamatoria.
(...)
Tornare all’antico: escludere il decreto penale per i reati perseguibili a querela come il reato di diffamazione a mezzo stampa. L’articolo 459 Cpp (Casi di procedimento per decreto), riscritto dalla legge 16 dicembre 1999 n. 479 sul giudice unico, riserva una sorpresa sgradita. Dice questo nuovo articolo: «Nei procedimenti per reati perseguibili di ufficio ed in quelli perseguibili a querela (come la diffamazione, ndr) se questa è stata validamente presentata e se il querelante non ha nella stessa dichiarato di opporvisi, il pubblico ministero, quando ritiene che si debba applicare soltanto una pena pecuniaria, anche se inflitta in sostituzione di una pena detentiva, può presentare al giudice per le indagini preliminari, entro sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato e previa trasmissione del fascicolo, richiesta motivata di emissione del decreto penale di condanna, indicando la misura della pena». Il decreto penale, con la condanna a una pena pecuniaria, è inappellabile. C’è da sperare che il Gip non accolga la richiesta del Pm. In precedenza non era previsto il decreto penale per i reati perseguibili a querela. Bisogna tornare all’antico e in fretta, escludendo il decreto penale per i reati perseguibili a querela come il reato di diffamazione a mezzo stampa."
brani tratti da: http://www.francoabruzzo.it/document.asp?DID=391
LA RIPARAZIONE PECUNIARIA PER IL REATO DI DIFFAMAZIONE E’ DOVUTA ANCHE DALL’EDITORE in base all’art. 11 della legge 8.2.1948 n. 47 (Cassazione Sezione Terza Civile n. 21366 del 10 novembre 2004, Pres. Fiduccia, Rel. Travaglino).
In base all’art. 12 della legge 8.2.1948 n. 47 nel caso di diffamazione a mezzo stampa la persona offesa può ottenere, oltre al risarcimento dei danni, una somma a titolo di riparazione. L’entità della riparazione pecuniaria è determinata in relazione alla gravità dell’offesa e alla diffusione dello stampato. Tale riparazione è dovuta non solo dal responsabile del reato, ma anche dall’editore, in quanto, a termini dell’art. 11 della legge 8.2.1948 n. 47, per i reati a mezzo stampa l’editore è civilmente responsabile in solido con gli autori del reato (Cassazione Sezione Terza Civile n. 21366 del 10 novembre 2004, Pres. Fiduccia, Rel. Travaglino).
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