martedì, settembre 16, 2008

Bulli al Governo

Roberto Maroni, il ministro di un partito che parla di secessione....



Cos'è un bullo? Fondamentalmenrte una persona che approfitta del suo ruolo per essere superiore agli altri. Magari un ministro che sa, oggi, di essere intoccabile in Italia. Nel governo (italiano) uno dei partiti della coalizione che lo dominano (pur con percentuali minoritarie a livello nazionale, cioè la Lega Nord) è guidato da un personaggio, Umberto Bossi, che non solo è ministro, ma che si dice pronto alla secessione. Che parla a vanvera di fucili e invece di essere rinchiuso in manicomio viene citato per le sue "argute provocazioni". I ministri di questo partito un giorno sì e l'altro pure proferiscono frasi che demolirebbero la carriera politica di un qualsiasi esponente politico di un qualsiasi paese politicamante civilizzato del mondo. Non, ovviamente, in Italia.

Un esempio? La querelle calcistica fra Inter e Catania. Leggete un estratto da un articolo:

Adesso dopo le simpatiche anche se provocatorie dichiarazioni di Mourinho verso il Catania, la squadra siciliana risponde per bocca del suo amministratore delegato: Pietro LoMonaco. Deferito perché ha detto che a Mourinho "bisognerebbe prenderlo a sprangate si denti".

Il bullo è in questo caso il ministro dell'Interno Maroni, (del partito secessionista, dei fucili etc etc). Ma lui è ministro a Roma Ladrona quindi approfitta del suo ruolo per pontificare.

da repubblica.it

Per il ministro dell'Interno quello dell'Ad del Catania "è la cosa peggiore che si può fare: se un dirigente di una squadra incita alla violenza, anche solo metaforicamente, poi io non mi stupisco se qualche tifoso esagitato mette in atto compartimenti violenti". "Bisogna - aveva concluso Maroni - evitare queste espressioni". Poi, parlando in generale del problema della violenza negli stadi, il responsabile del Viminale aveva spiegato che la proposta di mettere celle negli stadi lanciata dal presidente della Legacalcio Antonio Matarrese "non è all'ordine del giorno", mentre "le decisioni prese rimarranno" perché "al di là delle critiche che sono state fatte, funzionano".

Il duro intervento del ministro dell'Interno arriva quando lo scontro tra Catania e Inter fa registrare il quarto atto. Tutto era iniziato al termine dell'anticipo di San Siro tra i campioni d'Italia e i siciliani vinto dai padroni di casa. Se il Catania recriminava per una serie di episodi sfortunati, il tecnico nerazzurro ostentava l'arroganza che l'ha reso celebre, dichiarando che il 2-1 gli stava stretto ("potevamo vincere 5-1") e accusando Tedesco, vittima di un fallo di Muntari punito con l'espulsione (e oggi con tre giornate di squalifica), di aver simulato ("da come si rotolava a terra pensavo morisse").

Provocazioni andate di traverso a Lo Monaco che non ha perso tempo per sparare affermazioni ancora più gravi. "Mourinho andrebbe preso a bastonate sui denti", ha commentato, forse senza rendersi conto che queste parole, dette dal dirigente di una squadra la cui tifoseria si è macchiata della morte dell'ispettore di polizia Filippo Raciti, assumevano un sapore ancora più sgradevole. Poco dopo l'amministratore delegato tornava infatti parzialmente sui suoi passi, spiegando che "si trattava solo di un'espressione colorita".

Mourinho non si tirava però indietro, continuando a soffiare sul fuoco irridendo l'avversario. "Lo Monaco? Io - ha risposto il tecnico a chi gli chiedeva una replica - conosco Monaco di Baviera, il Granpremio di Monaco, il Bayern Monaco e il monaco tibetano. Lo Monaco non so chi sia, ma se mi sfrutta per farsi pubblicità deve pagarmi".

Così in mattinata, prima del richiamo di Maroni, il dirigente del Catania è tornato a farsi vivo sostenendo che "il calcio italiano senza Mourinho non perderebbe granché" e scusandosi di nuovo per quello che a suo avviso non voleva essere che "un intercalare tipico delle nostre parti". Poi, per nulla intimorito dal richiamo del ministro, Lo Monaco è tornato a difendersi, rispondendo per le rime. "Avrei volentieri fatto a meno di questa sortita del signor Maroni - ha replicato - e non sono certamente io il rappresentante di un partito che ha fatto propri i capisaldi dell'istigazione alla violenza in questi anni. Non sono stato io a parlare di fucili o di 'Roma ladrona'".

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