martedì, gennaio 29, 2008

Mediocrissimo pezzo


È quello passato alle 20,15 CET, sul TG1 dell'ottimo Riotta, a proposito della dottoressa Sandra Lonardo che aveva a sua volta preparato il suo temino per criticare la magistratura. Un temino che, per inciso, sarebbe stato premiato con uno zero spaccato in quinta elementare. Ma davvero un Paese di 60 milioni di abitanti deve essere ostaggio di un partito che ha l'1,4%? Se trovo il testo lo posterò. È impressionante che questa persona rivesta un ruolo pubblico così importante.

Offese! 1


Was ist grün und stinkt nach Fisch? Werder Breeeeeeeeeeeeee-mè-n
(Cos'è verde e puzza di pesce? Werder Breeeema)

Lo cantano gli avversari....

Come finirà?


Paolo Baroni per “La Stampa”
«Il commissariamento del Campidoglio? E’ un rischio concreto». Nei palazzi della Roma che conta la risposta è pronta. Il tam-tam è in corso da giorni. Occhi puntati sulla crisi e le mosse del sindaco Veltroni. Sulla capitale incombe il rischio di commissariamento. Per consentire ai romani di votare questa primavera il primo cittadino dovrebbe lasciare l’incarico entro il 3 febbraio. Secondo il vicesindaco Mariapia Garavaglia non ci sarebbero molte alternative: «col voto anticipato si va al commissario, non c’è alternativa, non ci sono i tempi tecnici per votare a primavera».

Questa soluzione, come è ovvio, inquieta il mondo delle imprese che teme 12-15 mesi di gestione commissariale. «La capitale non può restare ferma tanto a lungo». In Campidoglio, questi, sono giorni di grande suspense. «Veltroni lascia? Non ci credo fin che non lo vedo» sibila il coordinatore di Forza Italia Francesco Giro.

«Abbiamo il dovere di lavorare sino all’ultimo giorno utile» ribatte il capogruppo del Pd Pino Battaglia, che in serata spiega: «Il sindaco si dimetterà nel deprecabile caso che la crisi si avviti ma solo dopo che le Camere sono state sciolte». Intanto da giorni circola il nome del prefetto Achille Serra, attuale Alto commissario anticorruzione, come candidatura di alto profilo per la reggenza provvisoria del Municipio.

I tempi per decidere sono strettissimi. In base alla legge Veltroni si trova a dover superare due tipi di ostacoli: per essere eletto in Parlamento deve lasciare l’incarico di sindaco entro 7 giorni dallo scioglimento di Camera e Senato, mentre per consentire il rinnovo del consiglio comunale già questa primavera e non la prossima (il voto, per legge, è previsto tra il 15 aprile ed il 15 giugno) dovrebbe renderle esecutive entro il 24 febbraio.



La prassi, però, vuole che le dimissioni diventino effettive ed irrevocabili solamente 20 giorni dopo la loro presentazione, cui vanno aggiunti almeno due giorni per consentire al ministero dell’Interno ed al Capo dello Stato di ufficializzare la decisione. Che in questo modo andrebbe anticipata almeno al 2 febbraio. «La legge non obbliga Veltroni a dimettersi - spiega il vicepresidente vicario, Monica Cirinnà - ma se restasse fornirebbe alla destra un motivo in più per attaccarlo. Sarebbe come se rimanesse attaccato alla poltrona perché non certo della vittoria nazionale».

Di questo e delle altre soluzioni si è discusso a lungo ieri nel corso dell’ufficio politico del Pd dove, tra le altre ipotesi, si è parlato anche di una possibile reggenza-Garavaglia che sfruttando un cavillo di legge garantirebbe al centrosinistra la continuità politica e di potere. Ma Veltroni si sarebbe opposto per evitare di offrire all’opposizione nuovi spunti di polemica.
Nel mondo delle imprese si seguono le vicende del Campidoglio con grande apprensione. «Roma è una città complessa - spiega il presidente dell’Associazione romana dei costruttori, Giancarlo Cremonesi - di difficile gestione e certamente un commissariamento qualche problema lo crea. Soprattutto di ordine psicologico».

Più secco Cesare Pambianchi, numero uno di Confcommercio: «Nulla osta contro un eventuale incarico al prefetto Serra, personalità di assoluto prestigio, a patto però che si tratti di un incarico breve». A preoccupare tutti è l’ipotesi che la gestione commissariale duri sino al 2009 paralizzando tutta l’attività amministrativa: dal nuovo piano regolatore al piano del commercio, dai progetti dei nuovi parcheggi ai lavori delle metropolitane.

Votare fra due mesi o fra 15 cambia ovviamente anche tutti gli scenari politici. Nel potenziale toto-sindaco in queste ore stanno moltissimi nomi: da Gianfranco Fini a Gianni Alemanno sino a Franco Frattini per il centrodestra, da Paolo Gentiloni a Enrico Gasbarra e Nicola Zingaretti per il Pd. Ieri Goffredo Bettini ha smentito un suo interesse: «Io sindaco? Per carità di Dio!». Idem Frattini. Ma di qui al 2009 tutto può ancora succedere. A seconda di chi vincerà potrebbero scendere in pista anche Rutelli e Fini.

Dottor Jekyll & Mr. Hyde

Il "nostro" non è cattivo. È che si dimentica le cose. Piuttosto si spezza, ma non si spiega!

Al Quirinale il leader di Fi definisce quanto riferito dai media nei giorni scorsi una "disinformazione vergognosa". Ma l'ascolto delle sue dichiarazioni lo smentisce

lunedì, gennaio 28, 2008

Vermi

Quando scendo nella mia terra, vengo spesso sfortunatamente in contatto con tanti, non tutti, amministratori locali disonesti. Ne vedo tanti che in un italiano stentato gestiscono milioni di euro. Poveracci con il macchinone che ti guardano come il povero sfigato costretto ad emigrare. Per i quali la politica è solo passeggiare per il Corso e atteggiarsi a qualcuno che conta. È per questi vermi che il Suditalia è in queste condizioni e non si risolleverà...e piccola postilla. Fortugno sembra davvero morto per niente. Non ci sono colori politici che tengano.



da Repubblica.it

IL DOCUMENTO. Il consigliere regionale coinvolto nell'inchiesta sulla sanità calabrese parla con uno dei suoi collaboratori: conversazione intercettata nell'agosto scorso. Domenico Crea vanta il suo "sistema". "Il più fesso dei miei è miliardario"


Alessandro Marcianò
REGGIO CALABRIA - Prima conversazione. "Mentre in alcune cose, il settore è circoscritto e si possono... Qua è una regione che parte da Cosenza a Reggio Calabria; chi c... sa l'intervento che ha fatto qua o l'intervento che hai fatto ad Amantea o quello che puoi fare a Reggio Calabria? Nessuno. Nessuno è all'altezza ... Te capì? O non te capì?". A parlare è il consigliere regionale calabrese Domenico Crea, arrestato nell'ambito dell'operazione "Onorata Sanità", in un colloquio con il suo collaboratore Antonio Iacopino intercettato dagli investigatori il 3 agosto 2007.

"Un faccendiere come a quello, come a Enzo - aggiunge Crea - in un mestiere come questo, lo sai che faceva? Rendeva il 100%. Senti quello che ti dice Mimmo; e non l'ha mai capito, si sentono intelligenti, ma a me mi possono tenere le p...., la gente. A me la gente, quelli che si sentono intelligenti, mi possono tenere le p..., se mi seguono... E lo sai quando ... che mi servivano lo sai come, alla perfezione... cioè alla perfezione e non... non si muovevano di una virgola... ed io sfondavo. Non mi tradivano e lavoravano, non so se sono... Ti parlo del '95, '96, quando io ero un Dio che dopo ti fanno la corte pure quelli che hai intorno. Non quando sei solo".

"All'epoca - prosegue Crea - le mie tre braccia erano Pino, Bruno e il mongolo di Sandro, di mar...(abbassa il tono della voce e tronca la parola, ndr). Mi hai capito? e sono tutti miliardari... Il più fesso di loro è miliardario... e ti ho detto tutto... Però, fino ad un certo punto si sono comportati bene... I primi due non posso dire nulla fin quando sono stati con me... non so... per i primi cinque anni... E tutti dicevano 'Crea è granitico', che ha i dirigenti suoi. Nessuno sa quello che fa lui. Non lo tradiscono ... Tutti, assessori, presidenti, tutti mi si corrompono, che mi domandarono ... A tutti quanti ... non solo con... che qua siamo a livelli alti e chi è... e chi è intelligente e chi è che sa fare il mestiere suo, ma vedi che spacca". Uno dei bracci di cui parla Crea, secondo l'accusa, è Alessandro Marcianò, con il figlio Giuseppe presunto mandante dell'omicidio Fortugno.

Seconda conversazione. "Duemila miliardi ... me li gestivo io per i c... miei ... Allora perché vi dico ragionate con le teste e non fate gli storti ... perché ce ne sono certi da noi che sono storti e certi che sono intelligenti, mi hai capito? Che non sanno neanche che vuol dire ... perché soffro quando penso ... per una cazzata". Così Crea si rivolge a Iacopino mentre si trovano in auto insieme. Un colloquio registrato dagli investigatori.

"Ma no con uno stipendio - aggiunge Crea - che c... te ne fotte dello stipendio. Cioè, ma quando hai me cretino tu che puoi fare? Ti prendi i 10 mila euro di consigliere? e che c... sono?".

"Quando io a quello storto di Battaglia - dice ancora Crea - gli ho detto viene e fammi il direttore generale .. che gli volevo dire? Quanti ne abbiamo 3.000 miliardi 4.000 miliardi .. ci sei pure tu".

Femmina tutta d'un pezzo

Torte da spartire



Sergio Rizzo dal “Corriere della Sera”
Non ce ne voglia Franco Pecorini. Ma quando si deve parlare di nomine è inevitabile cominciare da lui: caso unico al mondo di un amministratore delegato che guida un'azienda pubblica, la Tirrenia di navigazione, ininterrottamente da 24 anni. Lo nominò il presidente dell'Iri Romano Prodi il 31 maggio 1984. A palazzo Chigi c'era Bettino Craxi, e dopo il suo ci sono stati altri diciassette governi. E Pecorini sempre lì. Il consiglio della Tirrenia, azienda peraltro non propriamente in salute, è ora in scadenza. Inutile dire che non tirava una bella aria. Ma il governo è caduto e tutto, a questo punto, è possibile. Pure il nono giro di Pecorini.

È bastato che il «prodiano» Angelo Rovati abbia risposto in tivù a una domanda di Lucia Annunziata sull'eventualità che il governo decaduto possa dare il via a un valzer di 600 nomine pubbliche («se è un governo nella pienezza dei poteri le può fare, se invece deve gestire l'ordinaria amministrazione, non lo so...»), precisando comunque che ci vuole «prudenza» e che per le imprese quotate ci sono «atti dovuti» da compiere, perché si scatenasse l'inferno.

Stefano Saglia di An sospetta la preparazione di un «blitz vergognoso». Il tiro al bersaglio è proseguito poi da tutto il centrodestra. Non si poteva sottrarre nemmeno Daniele Capezzone, già esponente della maggioranza, il primo a paventare il rischio di una valanga di nomine. Lui ha fatto il numero: 600. La sorpresa è stata semmai l'affondo del comunista Marco Rizzo: «La politica di potere della sinistra quanto della destra pensa solo ad occupare le poltrone».

Nel pacchetto c'è di tutto. Ma in cima alle preoccupazioni di tutti non è certamente l'Ente nazionale sementi elette, al cui vertice Prodi ha appena nominato Marcello Cerasola. Ci sono caselle molto più appetitose, come l'Enel, al cui vertice il governo Berlusconi aveva collocato il presidente Piero Gnudi e l'amministratore delegato Fulvio Conti. O l'Eni, dove sempre Berlusconi aveva posto il presidente Roberto Poli e l'amministratore delegato Paolo Scaroni. Oppure la Finmeccanica, pilotata da Pierfrancesco Guarguaglini, stimato manager prossimo ai 71 anni. O ancora Terna, al cui timone c'è l'ex direttore generale della Rai Flavio Cattaneo.
Non che ci siano particolari motivi perché le loro poltrone debbano traballare, come invece quelle dei consiglieri, fra i quali c'è una gran varietà di situazioni: all'Eni c'è un senatore in carica, il leghista Dario Fruscio, alla Finmeccanica l'ex deputato dc Franco Bonferroni, all'Enel l'ex commissario Agcom Alessandro Luciano. Ma è un fatto che da mesi si alternano voci e nomi su possibili cambi al vertice. Si è parlato di Corrado Passera, come pure del banchiere Claudio Costamagna, a cui è stata affibbiata l'etichetta prodiana (rafforzata dal fatto che la moglie Linda ha sostenuto la campagna elettorale del professore).

In gran parte fantasie, fonte tuttavia di molti nervosismi. Una cosa però è certa: per le assemblee delle società quotate si può aspettare sulla carta la fine di giugno, ma consuetudine di mercato vuole che si tengano in aprile. E le liste vanno stilate dieci giorni prima. Se si andrà a elezioni subito, non potrà che farle Prodi. Diverso il discorso per gli enti e le società non quotate, dove può essere azionato il meccanismo della prorogatio di 45 giorni.

Nomina particolarmente sensibile è quella del presidente della Consob, incarico attualmente affidato a Lamberto Cardia, in scadenza il 30 giugno. Fino ad allora potrebbero però resistere anche i presidenti degli enti previdenziali in predicato per essere fusi nel Superinps (all'Inps c'è Gian Paolo Sassi, all'Inpdap il consigliere Udc della Rai Marco Staderini, all'Ipsema l'ex deputato di An Antonio Parlato). Sempre se la crisi di governo non farà saltare pure il decreto milleproroghe, che ha differito di sette mesi la loro scadenza. Per guidare il Superinps, ha confermato Rovati, c'era sul tavolo il nome del senatore del Pd Tiziano Treu. «L'unica cosa concreta in quel progetto», ha ironizzato il senatore di Forza Italia Maurizio Sacconi (che di Treu è pure un estimatore).

C'è poi ovviamente la Tirrenia. E le Poste. L'amministratore delegato Massimo Sarmi, ritenuto all'epoca della nomina in quota An, conclude il secondo mandato alla testa di un consiglio decisamente eterogeneo. Dove accanto a Salvatore Biasco, esperto economista internazionale formatosi a Cambridge, per un periodo prestato alla politica attiva (è stato parlamentare Ds), figurano l'ex sindaco di Monza Roberto Colombo (Forza Italia), l'ex assessore socialista della provincia di Trapani Francesco Pizzo e l'ex deputato della Lega Mauro Michielon. Con il governo Prodi il destino di molti sarebbe segnato. Ma adesso è tutta un'altra storia.

domenica, gennaio 27, 2008

Un ottimo editoriale di Crozza



Comunicazione di servizio: questo pezzo era su youtube aggratis quindi non date fastidio, se viola qualche regola di copyright toglietelo da lì.

sabato, gennaio 26, 2008

A Napoli sono meno cittadini

Scriveva l'Ansa il 22 gennaio

NAPOLI 22 GEN - Si valuta l'ipotesi di evacuare la zona di piazza Municipio, a Napoli, dove e' stata trovata una bomba della II Guerra mondiale inesplosa. L'ipotesi e' al vaglio dell'unita' di crisi della prefettura di Napoli. L'evacuazione interesserebbe un raggio di 300 metri attorno al punto in cui e' stato trovato l'ordigno, nei cantieri per la realizzazione della metropolitana. Si tratta infatti di una bomba ad innesco ritardato che potrebbe essersi attivato nel momento
in cui e' stata rinvenuta.

Le autorità hanno deciso sabato 26 che, domenica mattina alle 7 di fare forzosamente allontanare tutti i cittadini in un'area a 300 metri dall'ordigno. Forzosamente. Chi non lascerà gli appartamenti sarà denunciato. Questo alle 7 di mattina di una domenica. Mi sembra uno spiacevole modo di fare.

La Iena Sortino si difende

Cosa è davvero accaduto quella sera



giudicate voi.....

Famolo Strano



Nino Strano: adoro i locali gay, ma non sono omosessuale
di ANTONELLO CAPORALE
da Repubblica (versione cartacea)

Nino Strano mangia una fetta di mortadella in SenatoNino Strano è catanese, senatore di An e molto altro ancora: "Esteta fottuto, amico di travestiti, troie e gay".

E' anche amico delle male parole.
"Vorrei essere lieve e soave, vorrei vivere la politica come una passeggiata su una spiaggia della Normandia".

Invece quando entra a palazzo Madama cade in trance.
"Il turpiloquio mi afferra, mi tira per un braccio. A me poi piace il turpiloquio".

Ci ricadrà.
"Temo di non sapervi resistere".

"Checca squallida", ha detto al collega Cusumano.
"Ponevo l'accento sull'aggettivo. Denunciavo lo squallore della sua posizione".

Checca invece stava per cosa?
"Non ci azzecca niente. E ho chiesto scusa a lui".

Le serviva comunque l'epiteto per segnalare all'aula la sua presenza.
"Avevo bisogno di urlare la mia contrarietà a quel bagno d'ipocrisia in cui il collega era immerso. Cusumano non credeva a una sola delle parole che pronunciava".

Ha anche guarnito la sua faccia di lembi di mortadella espulsi dalla bocca oramai incapiente. E tracannato spumante oltre a quello versato sullamoquette.
"Tutto il cinema di Almodovar si nutre della carne viva come scena fondante della propria rappresentazione creativa. In me c'era l'idea di sviluppare anche visivamente il senso della vittoria".

Non è un po' troppo cinematografico il suo senso delle Istituzioni?
"Ho scritto a Marini, naturalmente mi scuso. E devo dire che Prodi ieri ha fatto una bella figura. Evola diceva: a una cosa si badi! A tenersi in piedi in un mondo di rovina".

Senatore: i suoi gusti sessuali sono liberi e anticonformisti. E' credente ma ama i dannati dalla Chiesa. Anche il travestimento personale, le piume.
"Travestimento no".

I maschi.
"Mi squaglio davanti a una creatura di marmo. Ma non ho avuto mai un rapporto sessuale con una persona del mio stesso genere".

Frequenta soltanto.
"Frequento con enorme piacere i locali dove ogni desiderio è possibile e praticabile. Le mie donne sono sempre con me".

Frequenta ma non consuma.
"Mi fermo un attimo prima".

Costringe ad approfondire.
"Stamane ho fatto all'amore. Terminato alle 12,15".

Ah!
"Con una donna, la mia donna. Ho avuto un figlio da un'altra".

Zeffirelli le ha dedicato un grande suo film: Storia di una capinera.
"Zeffirelli è amico di famiglia, nutro immenso affetto, è uno dei più grandi, più grandi, più grandi. Ero assessore alla cultura a Catania, dove quel film è stato girato. Ho fatto di tutto per agevolargli il lavoro".

Per riassumere: lei è un praticante della perdizione.
"Vivo dannatamente di contraddizioni".

S'è chiesto cosa ci faccia in Alleanza Nazionale?
"Bella domanda".

Misteri siculo-italiani



I manifesti sono apparsi in molti punti di Palermo e chiedono le dimissioni del presidente della Regione, Salvatore Cuffaro, dopo la condanna a 5 anni con interdizione perpetua dai pubblici uffici per favoreggiamento e rivelazione di segreto. L'iniziativa, che nasce dalla società civile, si ispira alle parole del giudice Paolo Borsellino: "Vi sono, oltre ai giudizi dei giudici anche i giudizi politici, cioè le conseguenze che da certi fatti accertati trae o dovrebbe trarre il mondo politico"

Lui risponde: l governatore della Sicilia comunica all'Assemblea regionale che lascia il suo posto: "Scelgo la via dell'umiltà". Era stato condannato a 5 anni per aver favorito dei boss mafiosi. Pronto il decreto per mandarlo via di autorità da parte del governo.

Se questa frase è un'invenzione di Repubblica è una cosa. Se invece è un clamoroso lapsus freudiano, è un altra. Via dell'Umiltà, per chi non lo sapesse, è la sede di Forza Italia

Le fonti inesistenti



Questo, secondo me, è un brutto pezzo di giornalismo. Se un giornale pubblica la storia di un video su youtube, dovrebbe dire almeno con quali parole si può trovare il video sulla rete, altrimenti un sacco di gente si metterà a cercarlo cliccando parole come "fratellini, pedofilia, papà, ecc". Questo potrebbe mettere nei guai moltissime persone che, a torto o a ragione, quel video vorrebbe vederlo. Certamente già gira sui programmi peer to peer. Hai voglia a dire che no, non bisognerebbe guardare queste cose. Se un mezzo di comunicazione ne riporta l'esistenza è ovvio che la gente lo cercherà. Poi andatelo a spiegare alla Polizia Postale in caso di controllo perché avete cercato questi temi e/o accostamenti di parole. Non è un comportamento serio. L'articolo sembra scritto da qualcuno che ignora l'esistenza di internet. Eccolo:

da Repubblica.it
Su You tube il video choc dei quattro fratellini contesi


"Kramer contro Kramer" finisce su YouTube. Una separazione senza esclusioni di colpi, nei quartieri alti della capitale, a discapito di tre sorelline e un fratellino che si riprendono e denunciano di aver subito violenze sessuali. Il video finisce su Internet. La più grande ha 12 anni e il più piccolo 6. I quattro bambini davanti a una telecamera leggono alcuni fogli e raccontano di aver subito abusi da parte della madre e del suo fidanzato, poi accusano alcuni magistrati di non averli aiutati. In poche ore sul web è record di accessi.

Anche la procura acquisisce il filmato: le affermazioni dei quattro bambini non sembrano spontanee e a filmare potrebbe essere il padre con il quale vivono temporaneamente e che cerca rivalsa sulla ex compagna, madre dei bimbi, e una vendetta nei confronti dei magistrati che l'hanno già incriminato per maltrattamenti psicologici. Anche la madre è sotto processo per lo stesso reato. Ieri la donna ha presentato una denuncia: "Sono andata alla polizia postale per fare togliere il video. I miei bambini sono plagiati dal padre".

Il filmato è un pugno nello stomaco. I quatto fratellini, seduti nella loro cameretta, a casa, nel cuore di Roma, si tengono per mano. Subito dopo aver detto il proprio nome, la più grande annuncia "Questo è un caso di pedofilia..." e va avanti fino a presentare la sorella più piccola, che tiene in mano una decina di fogli: "Vi vogliamo mostrare i disegni di quando ero con mamma e il suo compagno mentre mi leccavano e questo non era piacevole". Dopo aver passato tutti i fogli davanti alla telecamera spiega il contenuto dei disegni: "Questa è mamma e il suo compagno (fa i nomi e i cognomi di entrambi, ndr) mentre fanno le cose schifose. Loro si filmano per poi vedersi sul computer".

La piccola ringrazia e torna a sedersi. Viene chiamato a parlare il maschietto, 9 anni: "Ci chiudevano sempre a chiave e noi piangevamo molto, c'era un uomo che filmava le cose schifose tra mamma e il suo compagno. Fanno delle cose molto brutte con delle maschere e a me fanno molto male. Questa storia va avanti da quando io andavo all'asilo.. Io sono stanco... Grazie". Così finisce la prima parte del video. Il secondo filmato è tutto contro i magistrati della procura e del tribunale dei minori di Roma "colpevoli" di aver "chiuso le orecchie e gli occhi". "Ci hanno ridotto come bambole.
L'unica cosa che vogliamo è rimanere qui (a casa del padre, ndr). Questa non è una denuncia ma un appello: abbiamo bisogno di aiuto".

Sugli abusi sessuali di cui parlano i quattro fratellini è già stata fatta chiarezza. Dopo quasi due anni di indagini la procura ha accertato che non erano veri. Gli stessi bambini avevano ammesso di averli inventati. Ma i magistrati avevano anche capito che dietro quelle bugie c'era una situazione familiare disastrosa. Uno dei minori aveva anche minacciato di buttarsi dalla finestra per le violenti liti tra i genitori. E in procura spiegano: "Sugli ex conviventi esistono tre procedimenti e un rinvio a giudizio per maltrattamenti psicologici nei confronti di minori. Il caso è da tempo all'attenzione del tribunale dei minori che il 28 febbraio deciderà sull'affidamento dei bambini chiesto dalla madre".

Mica vorremo...



...fare arrabbiare un possibile nuovo alleato? E alle Iene si allineano.

Sortino: "Lascio le Iene - Mediaset mi censura"
Ma dalla televisione fanno sapere: "Il servizio non era equilibrato"

Un fermo immagine dal servizio da Sky TG24ROMA - Il caso Mastella non ha soltanto effetti politici. Oltre alla crisi di governo provoca anche la rottura tra Alessandro Sortino, uno degli storici inviati delle Iene, e Mediaset. "L'azienda impedisce la messa in onda questa sera del mio servizio sul viaggio a Ceppaloni con il mio scambio con il figlio del ministro Mastella, Elio", denuncia Sortino che polemicamente annuncia: "Lascio le Iene". Il capoautore del programma di Italia1, Davide Parenti, aveva annunciato la messa in onda integrale del filmato, già al centro di polemiche nei giorni scorsi e in parte disponibile su internet.

"Sono stato diffamato dal figlio di un ministro e da un ministro - insiste Sortino - e la mia azienda non mi permette di dirlo. Non ci sono più le condizioni per fare le Iene, cioè la libertà e la leggerezza".

"Nel pezzo, giudicato equilibrato anche dai miei capi - aggiunge la "iena" - raccontavo con la mia telecamera quello che realmente è accaduto, con immagini in più rispetto a quelle riprese da Sky Tg24. Se fosse andato in onda, si sarebbe visto che non ho fatto alcuna illazione sul lavoro del figlio di Mastella. Sono arrivato quando si stava già sfogando con alcuni giornalisti della carta stampata. L'unica domanda che gli ho fatto riguardava il patrimonio immobiliare, la casa acquistata a prezzi di favore. Altre domande che si sentono nel filmato, peraltro legittime, sono state fatte dal giornalista di Sky".

Nel servizio era stata montata anche un'intervista realizzata subito dopo dalla 'iena' al ministro Mastella: "Gli ho chiesto la possibilità di fare uno scherzo con le arance che avevo portato, ma il ministro mi ha risposto che non era il caso. Quelle arance, Elio non le ha mai viste".

Diversa la ricostruzione dell'azienda, che fa sapere di aver ritenuto "non equilibrato" il servizio cassato. Fonti di Mediaset difendono comunque Sortino dall'accusa di essere un "raccomandatio" mossagli da Mastella jr. "E' un'ottima 'iena', che lavora per Mediaset da tanti anni, e certamente non è un raccomandato", fanno notare. Nel suo scambio con l'inviato del programma, documentato da un filmato che circola anche su internet, il figlio di Mastella aveva ricordato che Sortino è figlio di Sebastiano, ex direttore generale della Fieg e attuale commissario dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
da Repubblica.it


A proposito il video è su questo Blog. Cercate Mastella

venerdì, gennaio 25, 2008

Mastella & bufale



L'editore del Nobel cileno ha dovuto fare un comunicato la "bufala" gira da anni sul web, Mastella ci è caduto - "Non è di Neruda quella poesia e lui non avrebbe gradito la citazione"
di FULVIO TOTARO

da repubblica.it

Non è di Pablo Neruda la poesia che Clemente Mastella ha letto ieri al Senato. Stefano Passigli, presidente della Passigli editori, che pubblica in Italia le opere del Nobel cileno, ha dovuto fare un comunicato. "Chi conosce la sua poesia - spiega Passigli - si accorge all'istante che quei versi banali e vagamente new-age non possono certo essere opera di uno dei più grandi poeti del Novecento".

"Meglio così: non credo che Pablo Neruda, che ha speso la vita per grandi ideali politici, sarebbe stato lusingato dal sentir citare una poesia davvero sua dalla voce di Clemente Mastella".

Analoga smentita è arrivata dalla Fondazione Pablo Neruda: "Quella poesia non è sua".

"Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine", diceva ieri il senatore dell'Udeur, ma non sapeva di essere caduto in una bufala che gira da anni su internet. Il testo della poesia è di Martha Medeiros, giornalista e scrittrice brasiliana nata nel 1961. Da anni passa come una catena di sant'Antonio dalle caselle di posta elettronica ai blog: una ricerca su Google produce quasi cinquantamila risultati per le parole Neruda e "muore lentamente", ma solo pochissimi siti segnalano l'errore: il 10 gennaio 2007, più di un anno fa, Lorenzo Masetti lo scriveva sul suo blog; un altro blog sul sito internet del Pais lo ha scritto l'8 luglio 2007.

Poche segnalazioni rispetto ai tantissimi siti che avevano diffuso questa "ode alla vita", come una poesia di Neruda, ma la lettura di Mastella ha svelato l'errore.

I romeni di Mastella


da left.it

Con l’ingresso di Bucarest nella Ue e la possibilità di votare per le comunali e le europee, sono spuntati molti partiti di ispirazione etnica. Guardano al centro, a destra e anche a sinistra. Ma, in prospettiva, il vero affare se l’è assicurato l’Udeur di Clemente Mastella
di Paolo Fantauzzi
Almeno a giudicare dalla frammentazione politica, si direbbe che l’integrazione della comunità romena in Italia è riuscita benissimo. Da quando Bucarest è entrata nella Ue, per i 500.000 neocomunitari presenti regolarmente sul territorio nazionale si sono aperte le porte del voto nei comuni di residenza. Ma contemporaneamente si sono scatenati gli appetiti di quanti hanno visto un ghiotto boccone in tanti potenziali nuovi elettori e sfruttando la rete dell’associazionismo e delle parrocchie cattoliche e ortodosse, infinitesimali partiti di ispirazione etnica sono spuntati in pochi mesi. Un processo che sembra attirare per lo più i lavoratori autonomi, in crescita soprattutto al Nord, i quali per le loro attività professionali sono maggiormente interessati ad avere diretti referenti politici negli enti locali. È tuttavia difficile stabilire il livello di effettiva rappresentatività di queste micro-formazioni, che sulla carta vantano tutte qualche migliaio di iscritti. Di rado superano un rigido localismo, si basano unicamente sulla capacità dei loro rappresentanti di fare breccia fra i connazionali e si limitano a presentare candidature nelle liste del partito alleato: tutti fattori che rischiano di farli assomigliare a mere consorterie di potere per la gestione di pacchetti di voti.

Il più recente è Europa progress, sorto nel 2003 come lista per il Consiglio dei stranieri del comune di Firenze e a novembre trasformatosi in soggetto politico sotto l’egida del Pd. A guidarlo, rispettivamente nel ruolo di segretaria e presidente, la titolare di una ditta di trasporti e un’infermiera, che a scanso di equivoci durante la presentazione hanno subito fatto sapere di condividere l’ordinanza contro i lavavetri del sindaco Dominici. Paradossale è invece il caso del Partito europeo dei romeni, che a dispetto del nome altisonante opera unicamente ad Alessandria. Il suo artefice, Gheorghe Raica, traduttore di tribunale soprannominato il “leghista romeno”, si è presentato alle elezioni comunali del capoluogo piemontese col Carroccio, che pure per i suoi connazionali ha invocato il ritorno ai permessi di soggiorno. Con un centinaio di preferenze è divenuto consigliere di circoscrizione e poi, in completa solitudine, ha fondato il partito, del quale si è fatto eleggere presidente.

Nella stessa comunità romena, però, non tutti concordano con questa proliferazione, come spiega Aurelia Mirita, presidente dell’associazione Fratia, che a Torino opera nel campo dell’integrazione e ha diversi progetti con gli enti locali: «In un momento in cui fra gli italiani c’è forte sfiducia verso la classe politica, fondare nuovi partiti non ha senso. Il vero riconoscimento per i romeni semmai è entrare in quelli già esistenti».
L’esperimento più significativo per capire le logiche che si muovono dietro quelli che vorrebbero essere dei laboratori di integrazione lo sta conducendo tuttavia il Partito di identità romena (Pir), denominazione che è valsa da più parti l’accusa di etnicismo e che peraltro stride con un orientamento dichiaratamente centrista. «Siamo consapevoli che è un nome forte, ma lo abbiamo scelto per attrarre quei rumeni che vogliono mantenere la loro identità nazionale», ammette senza troppi giri di parole la segretaria Geta Lupu. Deus ex machina dell’“operazione Pir”, primo in ordine di tempo a dare il via all’arcipelago di partiti romeni, è però il presidente, l’avvocato Giancarlo Germani. Coniugato sì con una romena, ma italianissimo.
Subito dopo la fondazione, Germani capisce che per contare qualcosa il Pir ha bisogno di un alleato. Ha contatti coi Verdi, l’Italia dei valori, gli autonomisti siciliani dell’Mpa di Raffaele Lombardo. Ma è con l’Udeur che la trattativa va in porto. Tramite l’ex sottosegretario alla Difesa Verzaschi, Germani arriva al ministro Mastella e il gioco è fatto: il Pir cerca un referente, l’Udeur visibilità e voti. Un do ut des senza tanto spazio all’idealità, mitigato appena dal richiamo comune al cristianesimo, trovato come comune riferimento per suggellare l’intesa, firmata da Germani e dallo stesso Guardasigilli.

In occasione delle amministrative del 2007 nasce così un’alleanza col Campanile, che Mastella non manca di presentare ufficialmente in una conferenza stampa alla Camera. E che non traballa nemmeno quando l’Udeur vira verso destra, come a Civitavecchia, dove appoggia un sindaco sostenuto anche da An. Ma il risultato delle otto candidature, da Genova a Verona a Latina, è deludente: in tutto meno di 200 voti.
Il vero traguardo sono però le europee del 2009. L’accordo è di cinque candidature nelle liste dell’Udeur, una per collegio. Un affare per il partito del Campanile, che potrebbe mettere le mani su una fetta consistente della comunità romena che avrà optato per il voto in Italia quasi a costo zero (per la campagna elettorale del Pir ha speso finora appena 5.000 euro). «Hanno grosse potenzialità e se si muovono bene possono rappresentare per noi un bel serbatoio elettorale», gongola il responsabile dell’organizzazione dell’Udeur, Angelo Picano. Certo, molto dipenderà dalla capacità del Pir di portare al voto i connazionali in Italia, che hanno già mostrato un evidente disinteresse per la politica a novembre, quando solo in 2.000 si sono recati al voto per l’elezione dei rappresentanti di Bucarest al parlamento di Strasburgo.

Un banco di prova per iniziare a convogliare sull’Udeur le preferenze della comunità saranno le amministrative della prossima primavera, che complessivamente riguarderanno oltre 10.000.000 di italiani. «L’Udeur per noi è un cavallo di Troia», dice con schiettezza Germani. «Noi gli portiamo voti che non avrebbero mai preso, loro ci consentono di costruire il partito che non avremmo mai avuto. Sono piccoli, non hanno pretese egemoniche e ci mettono a disposizione le loro sedi per riunirci». Convincendo gli esponenti di diverse associazioni romene a entrare nell’organizzazione, il Pir - che dovrebbe presentare una dozzina di candidati - è già riuscito ad assicurarsi 40 rappresentanti in tutta Italia. I settimanali Actualitate e Gazeta româneasc? (su quest’ultimo Germani ha perfino una rubrica giuridica in cui dispensa consigli legali ai lettori), stampati a Bucarest ma rivolti agli emigrati in Italia, gli danno ampio spazio. I partiti romeni gli strizzano l’occhio per ricevere indicazioni di voto in loro favore. E dopo la caccia alle streghe aizzata in seguito all’omicidio di Tor di Quinto anche la tv di Bucarest ha iniziato a occuparsene. Per miopia e tornaconto elettorale, così, anziché favorire l’integrazione, la classe politica italiana rischia di esporre larghi settori della più numerosa comunità straniera alle sirene del richiamo identitario. Per la gioia di quanti sono pronti a specularci sopra. E di tutta Ceppaloni.

Moratoria



da Left.it

Un anno senza Ferrara è possibile
Left lancia la campagna di autodifesa dall'offensiva integralista, misogina, antiabortista, militarista dell'insostenibile ateo devoto. Firma anche tu inviando
un'email a segreteria@avvenimentionline.it con oggetto:
UN ANNO SENZA FERRARA È POSSIBILE

È finita



Palazzo Chigi, tortelli ed Eurostar
La fine del prodismo 13 anni dopo
di MARCO BRACCONI da Repubblica.it

DIRE il prodismo è scattare istantanee. Accendere flash sulla vita politica del paese di oltre un decennio. Uno stile di governo, ma anche di uno stile di vita. Professori di Nomisma e tortellini. Viaggi in treno e colpi di fiducia. Mortadelle e privatizzazioni. Corse in bicicletta e reti di potere. Maglioncini demodè e coalizioni rissose. Tute da sci e monete uniche. Portici e grand commis. Bologna e Bruxelles. Banche amiche, pullman e feste popolari.

La stagione del prodismo comincia tredici anni fa. Quando Massimo D'Alema gli dice "Romano, noi ti affidiamo la nostra forza". Fatti i conti significa vittorie e sconfitte. A Palazzo Chigi due volte nella polvere, due volte sull'altar. E cinque anni a capo della Commissione europea. In simbiosi opposta e parallela con l'avversario di sempre: Silvio Berlusconi.

Silvio e Romano. Il binomio attorno al quale l'Italia gira da una vita. Uno in elicottero, l'altro sulla station wagon. Uno alle Bermuda, l'altro in agriturismo. E da un decennio, mentre uno cazzeggia, l'altro sussurra. E non vuol dire che non morda.

Il Professore con l'aria da chierico nasce gran burocrate, con Andreotti si trasforma in ministro e alla fine diventa politico. Politico e inventore di politica, perché l'Ulivo è farina del suo sacco. Il sogno di fare oggi quello che ad Aldo Moro impedirono di fare gli anni di piombo. Cattolici e comunisti, ormai ex, sotto lo stesso albero. Le due grandi chiese della vita pubblica italiana da portare al governo del paese.

Il Professore è cattolico, ma adulto, come disse ai tempi del referendum sulla legge 40. E la sua chiesa laica è Bologna. Bologna la grassa e la colta. La città del centro studi Nomisma e degli amici professori di sempre: Pecci, Onofri, Berselli. L'obiettivo lo coglie sotto i portici. La domenica, a braccetto con la moglie Flavia. Fisionomicamente, l'esatta altra metà di Veronica, la first lady di Macherio. Forse più simili di quanto si possa pensare.

Tutto il prodismo è un gioco di ossimori. Prodi il buono sorridente. Ma anche il sospettoso vendicativo. Prodi democristiano, eppure bipolarista convinto. Prodi di centro, Prodi di sinistra. E l'intera stagione di Romano è come la prima e la seconda Repubblica. Questa è cominciata da un pezzo, ma la prima non è mai morta.

Lo dice la storia delle sue sconfitte. Una volta abbattuto da Bertinotti. L'altra da Mastella. "Io sto fermo, non mi muovo...", lo canzonava Corrado Guzzanti in tv. Così gli altri gli girano intorno. Una volta alla destra, una volta alla sua sinistra. Bertinotti, e dieci anni dopo Mastella. Nemici che diventano amici. Amici che diventano nemici. D'Alema, e dieci anni dopo Veltroni.

In mezzo, c'è l'Italia nell'euro. L'abbraccio con Ciampi. E l'affetto del popolo della sinistra. Per metà amore disinteressato. Per l'altra paura del Cavaliere. Nelle istantanee del prodismo non entrano tutti e quattro i milioni delle primarie. La gente in fila per il partito democratico. Il suo sogno amerikano in salsa emiliana. Il sogno che mentre si realizza è in cima alla lista dei soliti sospetti. Un altro ossimoro. Forse l'ultimo. Capita a chi vive la sua stagione in simbiosi opposta e avversaria. Come in Highlander, alla fine ne resterà uno solo. Tra i due, Silvio Berlusconi.

giovedì, gennaio 24, 2008

Schifo III

Schifo II

Parlamento coprofilo





Molti vigliacchi che siedono immeritatamente sugli scranni del parlamento sono pronti a scatenare querele per molto poco. L'unica cosa è ricordare chi siano questi gaglioffi. Un riassuntino di quello che è il parlamento italiano che ormai da anni io non considero più mio.

16:17 Schifani, la scelta di Cusumano non cambia nulla
"La scelta di Cusumano non cambia nulla. Era scontato che votasse per il governo. I numeri ci sono tutti, per l'opposizione. Il problema vero è che ora è di fronte a tutti la vicenda di un'assunzione effettuata alla vigilia di un voto di fiducia del Senato" ha detto il presidente dei senatori di Forza Italia, Renato Schifani, riferendosi alla dichiarazione di voto del senatore dell'Udeur Nuccio Cusumano

16:14 Cusumano portato via in barella
Nuccio Cusumano, dopo essere stato colto da malore è stato portato via dall'Aula in barella. La seduta è ripresa e il vicecapogruppo del Pd, Luigi Zanda, ha chiesto al presidente Marini di prendere provvedimenti contro il capogruppo del Campanile Tommaso Barbato che ha aggredito il collega Cusumano. I senatori dell'Unione hanno applaudito a lungo

16:11 "Barbato ha sputato a Cusumano"
Non si è limitato all'improperio in Transatlantico, ma una volta entrato in aula Tommaso Barbato si è diretto verso il banco del collega di partito dell'Udeur, Nuccio Cusumano, e gli ha "sputato in faccia, cercando anche di colpirlo", facendogli con le mani il segno della pistola. Cusumano, sentitosi aggredito, "è svenuto" e quindi il presidente Marini ha sospeso la seduta dell'aula per alcuni minuti. A riferire ai giornalisti quanto accaduto nell'emiciclo è il senatore Sergio De Gregorio, leader del Movimento degli italiani all'estero

16:03 Malore di Cusumano il Aula per le urla di Barbato
Al termine del suo discorso nell'aula del Senato il senatore dell'Udeur Nuccio Cusumano si è sentito male. Il malore è arrivato dopo che il capogruppo del Campanile Barbato è entrato in Aula e andandogli incontro gli ha urlato in faccia "Pagliaccio, venduto". In aula intanto era scoppiato l'inferno con insulti - "cesso", "troia" e "frocio" - indirizzati a Cusumano. Il senatore è stato soccorso da colleghi e commessi, mentre il presidente Marini ha sospeso la seduta per cinque minuti. Cusumano, dopo essersi messo a piangere, si è sdraiato tra i banchi circondato dai colleghi, in attesa dell'arrivo del medico

16:00 Barbato si scaglia contro Cusumano: pezzo di merda
Al grido di "pezzo di merda" il senatore tommaso Barbato, capogruppo dell'Udeur a palazzo Madama, è corso in aula mentre dal video fuori dall'aula stava ascoltando la dichiarazione di voto di Nuccio Cusumano

15:56 Cusumano: "Scelgo per la fiducia a Prodi"
"Scelgo per il Paese, scelgo per la fiducia a Romano Prodi" ha detto Nuccio Cusumano chiudendo il suo intervento al Senato: Il clamore sucitato in Aula ha costretto Marini a sospendere la seduta. "Scelgo in solitudine, con la mia libertà, con la mia coerenza, senza prigionie politiche, ma con la prigionia delle mie idee" ha detto Cusumano, annunciando il suo sì alla fiducia all'esecutivo

Schifo



Marco Travaglio per “l’Unità”
L’altra sera, a Ballarò, è andato in onda un istruttivo scambio di vedute tra il direttore del Corriere Paolo Mieli e il giudice Piercamillo Davigo (che, per inciso, i magistrati dovrebbero nominare rappresentante unico della categoria a vita, visto che quando parla si fa capire e restituisce un po’ di credibilità a una casta togata in piena decadenza). Mieli, facendo un torto alla sua intelligenza, sosteneva che i magistrati, con le inchieste su politici e uomini delle istituzioni, disturbano la politica e mettono a rischio la stabilità delle istituzioni.

Davigo, con la consueta aria stupefatta di chi è costretto a ripristinare la logica in manicomio organizzato, obiettava che, se i politici e uomini delle istituzioni tengono comportamenti che potrebbero essere reati, i pm sono obbligati a indagare. Ma le ricadute politico-istituzionali delle inchieste non dipendono dalle inchieste: dipendono dai partiti e dalle istituzioni. I quali si guardano bene dal rimuovere i personaggi chiacchierati, di dubbia moralità, anzi non cacciano neppure gli inquisiti e i condannati: insomma, dice Davigo, «li lasciano al loro posto finché non andiamo a prenderli noi».
Nel qual caso, è ovvio, le ricadute politiche delle indagini sono devastanti: se, viceversa, quando arrivano i giudici o i carabinieri, il politico inquisito fosse già stato prepensionato, la giustizia processerebbe un “ex” e le conseguenze sul sistema sarebbero pari a zero.

L’altro ieri Barack Obama e Hillary Clinton si sono accapigliati in tv lanciandosi accuse pesantissime (per gli standard etici degli Usa). Hillary: «Zitto tu che hai difeso un indagato». Obama: «Zitta tu che eri avvocato di una multinazionale». In Italia, a nessuno verrebbe in mente di rinfacciare a un avversario politico di aver difeso una multinazionale, né tantomeno di aver protetto un indagato, anche perché di solito l’avversario politico è lui stesso indagato (nei casi meno gravi) o condannato (nei casi normali). E, dopo la condanna, c’è pure il caso che festeggi perché poteva andargli peggio. Quando Previti fu condannato “solo” a 5 anni per le mazzette a Squillante, ma non per la Sme, si abbandonò a sfrenati baccanali insieme a tutta la Casa circondariale delle Libertà.

Ora Cuffaro brinda e s’ingozza di cannoli perché l’han condannato “solo” a 5 anni per favoreggiamento dei mafiosi, ma non della mafia tutta intera. E Mastella cita, a testimone del fatto che è un perseguitato politico, l’autorevole Andreotti, giudicato colpevole di associazione a delinquere con la mafia fino al 1980, ma salvo per prescrizione: «Andreotti dice che il mio caso è più grave del suo» (evidentemente Andreotti, per giudicare un’ indagine per concussione e abuso a carico di Mastella più grave del suo processo per associazione mafiosa, sa di Mastella qualcosa che noi ancora non sappiamo). E del resto, quando Mastella si difende col «così fan tutti» di craxian-berlusconiana memoria, confessa che sono i politici a mettersi in balìa della magistratura: perché, se così fan tutti, per i magistrati è facilissimo scoprirne qualcuno. Come pescare nella vasca delle trote.
Sempre a Ballarò, Mieli ha pensato di mettere in difficoltà Davigo citando il famoso invito a comparire per corruzione della Guardia di finanza spiccato contro Berlusconi il 21 novembre ’94, durante un vertice contro la criminalità. Floris, tanto per cambiare, non ha dato a Davigo il diritto di replica. Ma l’episodio non smentisce, anzi rafforza la tesi di Davigo. Berlusconi era ed è titolare della Fininvest, che era solita corrompere la Guardia di finanza durante le verifiche fiscali (al processo il Cainano è stato assolto per «insufficienza probatoria», ma i suoi manager corruttori e i finanzieri corrotti sono stati condannati).

Uno così, se non vuole rischiare un’inchiesta per corruzione della Finanza e di mettere a repentaglio il governo che presiede, deve evitare che i suoi manager corrompano la Finanza, o evitare di presiedere il governo: altrimenti, prima o poi, c’è il rischio che lo scoprano e che il governo ne sia travolto.

Ma non per colpa dell’indagine, bensì di chi corrompe la Finanza. Si dirà: ma lui è entrato in politica precisamente per impedire che emergessero i misfatti suoi e delle sue aziende. Esattamente come Mastella sperava di farsi amici i magistrati (e in parte ci era pure riuscito) perché chiudessero un occhio, anzi due, sui problemi suoi e della sua famiglia. Verissimo: ma che c’entrano allora i magistrati? Lo sanno anche i bambini che leggono Fedro: «superior stabat lupus», non agnus. E nemmeno Clemens o Silvius.

Tenemus Familiam



Andrea Giacobino per “Finanza & Mercati”

Per il secondo anno consecutivo Barbara, Eleonora e Luigi Berlusconi, figli di Veronica Lario, rimangono a bocca asciutta. Mentre Marina Elvira Berlusconi ha appena incassato 16 milioni di dividendi (e presumibilmente Pier Silvio avrà fatto lo stesso) i buoni risultati della Fininvest non si riflettono in soddisfazioni economiche per i tre più piccoli dei figli dell'ex presidente del Consiglio.

Infatti il bilancio appena depositato della loro cassaforte, la Holding Italiana Quattordicesima che controlla il 21,41% del Biscione, si è chiuso al 30 settembre dello scorso anno con un risultato netto migliorato a 49,6 milioni - dopo aver accantonato al fondo imposte 1,6 milioni - dai 44,1 dell'esercizio precedente.

Ma l'assemblea dei soci, riunitasi lo scorso 28 dicembre, ha deciso di accantonare l'intero profitto alla riserva straordinaria avendo la riserva legale già raggiunto un quinto del capitale. Già nel precedente esercizio i «Berluschini» avevano visto l'intero utile netto destinato alla stessa posta bilancistica: tanto che oggi, a fronte di un patrimonio netto di 151 milioni (101 lo scorso esercizio), la voce della riserva straordinaria influisce per 76,4 milioni.

Il capitale sociale di 1.040 milioni della Holding Italiana Quattordicesima è ripartito tra Barbara, Eleonora e Luigi con 325.867 euro cadauno oltre a 62.400 euro di azioni proprie. Il consiglio di amministrazione, presieduto da quel Salvatore Sciascia, ex direttore dei servizi finanziari Fininvest, già coinvolto in inchieste giudiziarie, è stato interamente rinnovato con l'ultima assemblea ed è composto da Giuseppe Spinelli e dai tre figli di Veronica.
Foto da 'Gente'
A livello patrimoniale la valorizzazione della quota Fininvest è rimasta immutata a 39,2 milioni; così come le azioni proprie (14,4 milioni). Salgono invece le disponibilità liquide da 46,1 a 96,8 milioni e si scopre che il saldo risulta depositato in un conto corrente in essere presso il Monte dei Paschi di Siena, banca «rossa» per eccellenza.
Sempre a livello patrimoniale la quota di patrimonio netto distribuibile ai soci è pari a ben 84,5 milioni.

La relazione sulla gestione spiega che «il positivo risultato economico conseguito risulta essersi incrementato rispetto a quello del precedente periodo in quanto la società ha potuto beneficiare del maggior dividendi distribuito dalla partecipata Fininvest».

Nel conto economico, infatti, i dividendi delle partecipazioni sono saliti da 44,5 a 49 milioni: al 30 giugno del 2007 Fininvest ha evidenziato un utile netto di 220,1 milioni. La Holding Italiana Quattordicesima ha recentemente modificato lo statuto sociale includendo «la possibilità di prestare finanziamenti non solo a società finanziarie, ma anche a quelle operative, con particolare riferimento a società immobiliari».

Una volta ogni tanto...



da Corriere.it

CHIESTO ALLA CONSULTA ANCHE UN PARERE SULLA COSTITUZIONALITA' DELLA LEGGE 40
Tar Lazio: legittima diagnosi preimpianto
Il Tribunale ha accolto il ricorso di un gruppo di associazioni. «ScienzaVita»: «Stupore e perplessità»

ROMA - Il Tar del Lazio ha accolto il ricorso di un gruppo di associazioni, fra le quali Madre Provetta, Amica Cicogna e Warm, annullando per eccesso di potere le linee guida sulla fecondazione medicalmente assistita, la legge 40. In particolare la parte contestata riguarda il divieto di diagnosi preimpianto agli embrioni contenuto nelle linee guida. Lo ha annunciato l'avvocato Gianni Baldini in rappresentanza dell'associazione Madre Provetta. Il tribunale amministrativo ha anche chiesto alla Consulta di pronunciarsi sulla costituzionalità della legge 40.
«SUBITO NUOVE NORME» - «Ora subito nuove norme, una riscrittura della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita e nuove linee guida»: Monica Soldano, presidente dell'associazione Madre Provetta esulta alla notizia dell'accoglimento da parte della terza sezione quater del Tar del Lazio del suo ricorso, assieme a quello dell'associazione Warm e di Amica Cicogna, che blocca per eccesso di potere il divieto alla diagnosi preimpianto. «Il Tar e le sentenza degli altri tribunali hanno riconosciuto che la legge imponeva norme che non lasciavano alcuno spazio di autonomia al medico. Le legge va riscritta - ha detto Soldano - sulla base delle conoscenze medico scientifiche conclamate». Per Soldano è necessario intervenire il prima possibile con nuovo norme anche per evitare ulteriori difficoltà alle coppie e ai medici che operano nei centri di fecondazione assistita.

I MOTIVI DELLA DECISIONE - La sentenza nulla le Linee guida contenute nel decreto ministeriale del 21 luglio 2004, nella parte che riguarda le misure di tutela dell'embrione laddove si statuisce che ogni indagine relativa allo stato di salute degli embrioni creati in vitro, ai sensi dell'articolo 13 (comma 5), dovrá essere di tipo osservazionale». In pratica boccia il divieto di diagnosi preimpianto e la predeterminazione del numero degli embrioni da ottenere e poi da impiantare in utero, non più di tre. In aggiunta, il Tar del Lazio solleva la questione di legittimitá costituzionale dell'articolo 14 (commi 2 e 3), della legge 40 del 19 febbraio 2004, per contrasto con gli articoli 3 e 32 della Costituzione. Rinviando alla Consulta. il problema. «Ritenevamo - spiega Soldano - e il Tar ci dà ragione, che le linee guida varate dal precedente governo contenessero un eccesso di potere: non possono essere più restrittive della legge stessa, devono solo chiarirne gli aspetti ai medicì. Rientrano in questo "eccesso di potere" l'obbligo di trasferire gli embrioni prodotti senza lasciare autonomia decisionale a medico e paziente, e soprattutto, l'aver cancellato la diagnosi genetica preimpianto, introducendo la diagnosi osservazionale che è una cosa completamente diversa, e questo malgrado - fa notare Soldano - la legge 40 non vieti esplicitamente la diagnosi genetica.
Una decisione, quella del Tar, che di fatto rende traballante l'intera legge 40, proprio mentre il ministro della Salute Livia Turco ha già sul suo tavolo pronte le nuove, annunciate linee guida, che avrebbe entro pochi giorni presentato al premier Prodi se la crisi politica non avesse congelato ogni decisione. «A questo punto - spiega Soldano - la Turco dovrà rivedere le linee guida già pronte anche tenendo conto della sentenza del Tar. Sentenza di cui noi siamo molto soddisfatti, ma che dimostra ancora una volta la sconfitta della politica, che anche su questo tema ha rinunciato a decidere lasciando sole le associazioni ad assolvere a un ruolo fondamentale».

SCIENZA&VITA: «NESSUN OK A DIAGNOSI PRE-IMPIANTO» - «Stupore e ponderata perplessità» da parte dell’associazione Scienza & Vita sulle interpretazioni date alla sentenza del Tar del Lazio che interviene sulle linee guida della legge 40. «L’esclusione da parte del Tar del Lazio della cosiddetta diagnosi di tipo osservazionale sull’embrione (assolutamente non invasiva) - precisa l’Associazione - aprirebbe la porta, secondo i sostenitori del ricorso, alla diagnosi genetica preimpianto che, come la letteratura scientifica ampiamente documenta, è essa stessa causa di gravi danni per l’embrione. Va comunque detto che proprio per queste ragioni nella sentenza del Tar non c’è traccia alcuna di un via libera alla diagnosi preimpianto». «La diagnosi genetica preimpianto - precisa ancora Scienza & Vita in una nota - a sua volta finisce con il legittimare la selezione a scopi eugenetici degli embrioni che è espressamente vietata dalla stessa legge 40. Di qui un corto circuito che il legislatore non può consentire». Questo il giudizio di Scienza & Vita che individua in questa sentenza una sorta di «strategia giudiziaria a sostegno di quei settori politici e associativi che sin dal primo momento non hanno accettato la difesa del concepito come soggetto titolare di diritti e il bilanciamento delle tutele fra la madre e il concepito, principi di straordinaria civiltà». «A questo punto - conclude Scienza & Vita - è comunque impensabile che il ministro della Salute possa emanare le nuove Linee guida della legge 40 senza attendere il pronunciamento della Corte Costituzionale, come è espressamente richiesto dal Tar del Lazio».

PRESTIGIACOMO: «PRONUNCIA PREVEDIBILE» - «Un fatto positivo, molto serio e prevedibile che ora pone un serio problema di costituzionalità della legge 40». Questo il commento di Stefania Prestigiacomo, deputata di Forza Italia ed ex ministro delle Pari opportunità nel governo Berlusconi, a proposito della pronuncia del Tar del Lazio che annulla le linee guida della legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita. «Ritengo- spiega Prestigiacomo- che occorra al più presto mettere mano alla legge sulla fecondazione, perchè i tanti ricorsi dimostrano la sua palese incostituzionalità».

BERTOLINI (FI): «BASTA CON SENTENZE POLITICHE CONTRO LEGGE 40» - «Le leggi si cambiano in parlamento e non nelle aule giudiziarie. Basta con le sentenze politiche che tentano di demolire in tutti i modi la legge 40». È quanto afferma la vicepresidente dei deputati di Forza Italia, Isabella Bertolini commentando la bocciatura, da parte del Tribunale amministrativo del Lazio, delle linee guida della legge 40 del 2004 sulla procreazione medicalmente assistita e il rinvio del giudizio sulla questione alla Corte Costituzionale. «Dopo quelle di Cagliari e Firenze -afferma- la decisione del Tar del Lazio è l'ennesimo pronunciamento di un tribunale italiano in contrasto con una legge approvata dai rappresentanti del popolo e dal popolo ratificata con un referendum, peraltro con una maggioranza schiacciante. La magistratura invece di limitarsi ad applicare le leggi, non perde occasione per opporsi e sovrapporsi alle decisioni dei rappresentanti del popolo». «Noi -conclude Bertolini- siamo e continuiamo ad essere contrari ad un'indesiderata deriva eugenetica che permetta e consideri lecita un'aberrante selezione artificiale di embrioni. Eventuali modifiche della normativa non potranno non tenere conto di questo principio fondamentale».

Mai più senza



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C'è vita su Marte?

.... forse un po' il sabato sera

È una collinetta? Un semplice gioco di ombre? O veramente si tratta di qualche strana creatura marziana? Probabilmente non è il famoso omino verde quello scovato sulle alture del pianeta rosso ma un'insolita roccia. Tuttavia, le immagini catturate a fine del 2007 dalla sonda spaziale Spirit, e riprese ora da vari siti, hanno acceso un vivace dibattito in rete e messo in agitazione diversi blogger.

IMMAGINI - Bluff o clamorosa scoperta? Questi i fatti: si tratta di alcune affascinanti foto panoramiche scattate appunto da uno dei due robot della Nasa in missione sulla superficie marziana nell'ambito dell'operazione Mars Explorer. Nonostante le tempeste di sabbia che imperversano, sono ancora in attività le due rover robotizzate Spirit e Opportunity che dal 2004 hanno continuato a marciare sul suolo mandando immagini a 360 gradi e dati sulla conformazione del pianeta. Proprio uno di questi paesaggi è finito sotto la lente d'ingrandimento degli appassionati di astronomia. Dalle colline si intravede, infatti, un misterioso omino, apparentemente di colore verde che passeggia indisturbato. Anche i londinesi Daily Mail e Times si domandano a questo punto - un po'ironicamente - se effettivamente la sonda abbia scoperto finalmente la vita su Marte. Per il Daily Mail ha tutta l'aria di essere «una figura femminile che distende un braccio»; per il Times è «Bin Laden che si nasconde a 300 milioni di miglia di distanza dalla Terra».






La notizia è naturalmente tra le più commentate: per molti si tratta semplicemente di un effetto ottico basato su luci e ombre - un po' come fu per l'oramai celebre «volto» scovato sulla superficie di Marte. La foto è autentica secondo The Register - scattata appunto su Marte (in una lunga esposizione durata dal 6 al 9 novembre 2007, come dice espressamente la foto pubblicata sul sito della Nasa, l'ente spaziale americano afferma che la foto è in colori leggermente falsati in modo di aumentare i contrasti dell'immagine). E sarebbe stato un lungo e minuzioso esame, pixel dopo pixel, di vari astronomi amatoriali, a portare ora alla luce l'intrigante sagoma.


MISSIONE - Nessun commento è arrivato dall'agenzia statunitense. Per gli scienziati della Nasa la sonda Spirit ha effettivamente trovato alterazioni sulle rocce che dimostrerebbero ancora una volta che sul pianeta rosso c'era acqua. Secondo le prove raccolte in questi anni l'acqua potrebbe avere interagito e cambiato la composizione di queste rocce. Agli antipodi del pianeta rosso, Opportunity, aveva già individuato prove evidenti di un ambiente un tempo umido. Già i primi robot, Viking 1 e Viking 2, atterrati su Marte nel 1976, cercarono indizi della presenza di forme di vita elementari, ma senza successo. A ogni modo il presunto «alieno» genera curiosità, se non addirittura ilarità, ma quanto meno ci porta a domandarci nuovamente se siamo gli unici nell'universo?

Elmar Burchia da Corriere.it

mercoledì, gennaio 23, 2008

Voglio proprio vedere....



16:18 di mercoledì 23 gennaio

Udeur: "Su di noi ignobili pressioni e concussioni politiche"
Il Campanile contro Berlusconi e il suo annuncio "entro stasera Udeur sarà nella Cdl". In una nota dell'ufficio stampa dell'Udeur si legge di "ignobili tentativi di fare incursione nel nostro partito e le concussioni politiche di alcuni che stiamo registrando e che respingiamo con sdegno. Siamo ai limiti della vita democratica e nei prossimi giorni ne daremo conto dettagliando tutti gli aspetti con i quali si è tentata la persecuzione e l'eliminazione politica dei Popolari-Udeur".

martedì, gennaio 22, 2008

'O ministro due?




Perché il primo era Bassolino in Campania


Fanghi tossici in mare
di Marco Travaglio
Stoccare i sedimenti inquinanti in casse marine. Lo prevede un decreto del ministro Pecoraro Scanio. Che alza anche i limiti consentiti per le sostanze pericolose

La soglia dei veleniI canali di VeneziaChe idea: creare decine di discariche a cielo aperto con vista mare, anzi sul mare. E riempirle di fanghi industriali, liquami tossici e veleni vari dragati dalle aree industriali e portuali più devastate d'Italia. Con quantitativi di metalli, pcb e idrocarburi contaminati anche 100 mila volte superiori ai limiti europei che rischiano di inquinare ancor di più i nostri mari. È tutto scritto in un 'Decreto del Ministro dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare', che paradossalmente è il leader dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, approvato in dicembre dalla Conferenza Stato-Regioni e in attesa del parere del Consiglio di Stato prima di entrare in vigore.

Un decreto che sta mettendo in allarme gli esperti di molte regioni, le associazioni ambientaliste a partire da Legambiente, nonché alcuni tecnici del ministero che hanno avvertito il governo dei pericoli contenuti nel provvedimento. Finora, invano. Il decreto "disciplina le operazioni di dragaggio nei siti di bonifica di interesse nazionale". Una danza macabra di tecnicismi, cifre, rimandi a leggi, regolamenti, codicilli da perderci la testa. Cerchiamo di districarci con l'aiuto di una tabella.

In Italia la gestione dei sedimenti portuali non è mai stata risolta una volta per tutte. Ogni anno si dragano milioni di metri cubi di materiali sott'acqua per garantire l'operatività dei porti. Dopodiché non si sa che fare dei fanghi, spesso altamente inquinati e inquinanti. Il problema è particolarmente drammatico nei 50 siti classificati "di interesse nazionale", dove i sedimenti marini sono troppo contaminati e necessitano di speciali cautele. Tra i più a rischio, quelli di Bagnoli, Priolo, Gela, Livorno, Piombino, Mestre. Decine di bombe ecologiche a orologeria. È per disinnescarle che nasce, con molto ritardo, il decreto del governo. Che però, secondo molti esperti, non rispetta le linee guida emesse dagli istituti tecnici e dallo stesso ministero: il 'Quaderno Icram'(Istituto centrale ricerca applicata al mare) del 2002 e il 'Manuale Ministero-Icram-Apat' (Agenzia protezione ambiente e servizi tecnici) del 2007, adottati come base per ogni futura legge da una recente risoluzione della commissione Ambiente della Camera.


In pratica il decreto fa di tutt'erba, anzi erbaccia, un fascio. In un'unica soluzione, prevede lo stoccaggio di tutti i sedimenti contaminati in grandi 'casse di colmata' sul mare: grandi vasche costiere protette da sbarramenti, impermeabilizzate da teli di plastica e destinate a diventare in futuro suoli utilizzabili per scopi portuali. Di fatto, discariche marine a cielo aperto. Oggi possono ospitare materiali con basse concentrazioni inquinanti, come quelle fissate dal 'protocollo di Venezia' del 1993 per la gestione dei sedimenti dragati dai canali della Laguna. Il protocollo prevede diversi utilizzi dei fanghi a seconda del grado di contaminazione: se i valori sono tollerabili, possono essere travasati nelle vasche a contatto col mare; se superano i massimi consentiti, vanno prima trattati per ridurne la pericolosità e poi collocati in siti lontani da mare. Altri limiti fissa la legge sulle bonifiche dei suoli industriali e urbani (decreto n. 152/2006). E finora nelle 'casse di colmata' finivano fanghi al di sotto dei valori di contaminazione per i suoli industriali (addirittura ridotti del 10 per cento per cautela).

Il ministro Alfonso Pecoraro ScanioChe cosa cambia col nuovo decreto? Si innalzano i valori-limite di centinaia di volte, con rischi altissimi per l'ambiente. Le discariche marine, infatti, non sono affatto sicure: il pericolo di versamenti o sgocciolamenti di percolato è sempre in agguato. I dati confrontati in tabella sono emblematici. Due esempi. Secondo il decreto 152/2006 le casse di colmata potevano ospitare non più di 4,5 milligrammi di mercurio per chilogrammo; col decreto, fino a 1000 (oltre 200 volte di più). Peggio ancora per i pesticidi, il cui livello massimo passerebbe da 0,1 a 10.000 mg/kg (100 mila volte di più). Tant'è che, al ministero, qualcuno si domanda che senso abbia dragare, trasportare e riversare quei fanghi dai fondali alle vasche senza prima trattarli per renderli innocui, aumentando il rischio di dispersione di sostanze cancerogene (secondo l'Airc, Agenzia internazionale ricerca sul cancro) nell'ecosistema marino: cioè ai pesci e quindi alle nostre tavole. Tanto varrebbe lasciarli dove sono.

Ruini & Travaglio


APPELLO DI TRAVAGLIO: BISOGNA SALVARE IL PAPA DAGLI INTRIGHI DI RUINI, CHE DOMENICA ALL’ANGELUS GLI HA FATTO TROVARE SOTTO IL BALCONE UNA COLLEZIONE DI SUPPORTER DAVVERO IMBARAZZANTE…


Marco Travaglio per “l’Unità”

La grande adunata di piazza San Pietro dimostra un fatto ormai incontrovertibile: bisogna salvare papa Ratzinger dagli intrighi del cardinal Ruini, che gli ha fatto trovare sotto il balcone una collezione di supporter davvero imbarazzante. Eugenio Scalfari insinua che Ruini appartenga alla schiera degli atei devoti, cioè a quella bizzarra setta di miscredenti che se ne infischiano del Padreterno, ma in compenso sono molto affezionati alle sottane cardinalizie e pretesche.

Noi non arriviamo a tanto, ma se in questi anni il Cardinal Vicario avesse annunciato la resurrezione di Gesù - che poi è il fondamento della fede cristiana - con lo stesso vigore e la stessa verbosità con cui ha battuto cassa per l’8 per mille, ha predicato la castità ai gay, ha fatto campagna elettorale nel referendum sull’eterologa e s’è scagliato contro le coppie di fatto, probabilmente le chiese, i conventi e i seminari sarebbero un po’ più pieni, o meno vuoti.

Pare quasi che, dei dieci comandamenti, ne siano rimasti in vigore solo un paio: il VI (non fornicare) e il IX (non desiderare la donna d’altri). Altri, a cominciare dal VII (non rubare) e dall’VIII (non dire falsa testimonianza, cioè non mentire), sono stati depenalizzati, o sono caduti in prescrizione. Altrimenti alcuni noti bugiardi e profittatori del denaro pubblico che si spellavano le mani all’Angelus avrebbero avuto qualche problema a mostrarsi in pubblico, col rischio di sentir parlare di corda in casa dell’ impiccato.

E dire che, meno di un anno fa, papa Ratzinger lanciò un anatema capace di incenerire, se solo qualcuno l’avesse ripreso col dovuto rilievo, mezzo Parlamento: «Può stare nel luogo santo chi ha mani innocenti e cuore puro: mani innocenti sono mani che non vengono usate per atti di violenza, sono mani che non sono sporcate con la corruzione e con tangenti. È puro un cuore che non si macchia con menzogna e ipocrisia, un cuore che rimane trasparente come acqua sorgiva perché non conosce doppiezza» (1 aprile 2007). Roba che, a ripeterla domenica, avrebbe trasformato in statue di sale un bel po’ di politici plaudenti.
Totò Cuffaro, indaffarato fra veglie di preghiera e distribuzione di cannoli ex voto, e vilmente aggredito da maestri di morale come Miccichè e Dell’Utri, non c’era: a Palermo, di questi tempi, non puoi distrarti un attimo. Ma lo sostituivano degnamente il senatore a vita Giulio Andreotti, che dell’VIII comandamento è un esperto mondiale (mentì al tribunale di Palermo una trentina di volte); e il presidente Udc Piercasinando, accompagnato dalle sue numerose famiglie e reduce da un’indimenticabile vacanza a Cortina (dov’è stato multato sulle piste innevate perché sciava con lo skipass della figlioletta Benedetta per risparmiare qualche euro, a riprova delle ristrettezze in cui versano le famiglie italiane col governo di centrosinistra).

C’era anche Clemente Mastella, che com’è noto è molto religioso: infatti nel 2000 presenziò come testimone dello sposo (l’altro era Vasa Vasa) alle nozze di Francesco Campanella, il mafioso di Villabate che si divideva tra la cosca e la carica di segretario nazionale dei giovani dell’Udeur. Non risulta che la cosa abbia mai suscitato le ire della Santa Sede, forse perché quel matrimonio avvenne tra un uomo e una donna davanti all’altare, secondo i dettami di Santa Romana Chiesa, e poco importa se l’uomo era un mafioso.

Mastella dunque, insciarpato in una stola color porpora sfilata a chissà quale cardinale, applaudiva le parole del Santo Padre («una grande lezione di laicità») e intanto lacrimava per l’assenza della sua signora Sandra, momentaneamente trattenuta agli arresti domiciliari. L’ex ministro di Indulto e Giustizia, dall’alto dei suoi sette capi d’imputazione, era giunto sul posto accompagnato da un giornalista del Corriere della sera, e per tutti il percorso aveva intonato salmi e cantici spirituali di Fred Bongusto, ascoltando Radio Kiss Kiss (che per lui è meglio di Radio Maria), recitando orazioni del tipo: «Quello stronzo delle Iene… quel farabutto del procuratore» e ricevendo telefonate di galantuomini del calibro di Corrado Ferlaino.

Tutt’intorno, maestri della fede come Fabrizio Cicchitto, che per motivi di opportunità aveva lasciato a casa il cappuccio nero della P2; il giornalista-dandy Carlo Rossella, già comunista cossuttiano; e Mario Borghezio, in rappresentanza del sincretismo celtico-cristiano, purtroppo sprovvisto della fiaccola con cui è solito incendiare i giacigli degli extracomunitari. Oremus.

Che lo facciano i so-called fascisti...



Scrive Repubblica: Un centinaio di giovani della Fiamma Tricolore hanno danneggiato la "bolla" trasparente del Grande Fratello a Ponte Milvio, a Roma. Secondo quanto riferito da carabinieri e polizia, gli attivisti hanno lanciato fumogeni, diffuso volantini e issato uno striscione con la scritta: "La casa non è un gioco" e rivendicando il mutuo sociale ei problemi legati all'emergenza abitativa di Roma. I militanti del movimento di estrema destra sono poi scappati e nessuno è stato identificato.

Ovviamente a sinistra tutti a stracciarsi le vesti (anche se il GF lo produce Berlusconi). Peccato però che qualche anno fa era proprio da quelle parte politiche che si protestava. Altra domanda che mi pongo è questa. Come osano dare il permesso di costruzione a una bruttura del genere (la bolla dei pesci rossi) nel cuore storico della capitale a Ponte Milvio? Ma chi siete per fare una cosa del genere?

lunedì, gennaio 21, 2008

Come in un film dei Vanzina



- ELIMINARE I "MASTELLISMI" E NON I GIUDICI
Marco Vitale per il Sole 24 Ore

La tragicommedia del " mastellismo" proprio nel suo essere, allo stesso tempo, commedia e tragedia è un autentico dramma. Metto nella componente commedia la signora Mastella la quale dichiara che il presunto attacco orchestrato da ignoti, attraverso la magistratura, sarebbe da ricondurre alla loro strenua difesa dei valori cattolici. Come i primi martiri cristiani.

Metto nella commedia anche il fatto che un tutto calcolato, banale anche se pervasivo fatto di sottogoverno sia spunto per discorsi alati, roboanti e romantico-sentimentali sulla minaccia alla democrazia, alla Patria in pericolo, con un linguaggio da cattivi liceali di una volta. Metto nella commedia la finta sorpresa dei più di fronte allo svelarsi di diffuse pratiche da tutti conosciute e che sono prassi quotidiana, diffusa e dominante certamente in Campania ma non solo.

Metto nella commedia, anzi nella comica, Lamberto Dini che, approfittando della disavventura del collega, vi aggancia la vicenda della moglie, una storia antica di mismanagement imprenditoriale, di quando la signora non era ancora la signora Dini, e dichiara: «È un fatto sconvolgente, i magistrati se la prendono con le nostre mogli».

Rientra nella commedia il ministro Mastella che, novello Edoardo VIII, pronuncia frasi destinate ad entrare nella storia quali: «Tra l'amore e il potere, scelgo il primo ». Metto nella commedia Mastella che spiega che le pressioni per le nomine ai vertici dell'ospedale locale di persone di sua fiducia furono esercitate per assicurarsi che in tali posizioni venissero poste persone di qualità che potessero ben curarlo in caso di malattia.

Decisamente i fattori di commedia e di comica sono numericamente prevalenti. Ma i fattori di tragedia non mancano e, pur numericamente più esigui, sono terribilmente pesanti. Metto nella tragedia lo spettacolo di un ministro della Giustizia che scaglia in Parlamento contro la magistratura (non contro il magistrato accusato di essere il picciotto-killer assoldato da ignoti mandanti) una invettiva di violenza inaudita, tale da surclassare il miglior Berlusconi, e che riceve aperta e rumorosa solidarietà in Parlamento da tutto, o quasi, l'arco costituzionale.

Metto nella tragedia l'urlo doloroso lanciato in Parlamento che «la politica si deve difendere dalla magistratura», come se questa magistratura, nei suoi aspetti più de-teriori, non fosse il frutto amaro di questa politica disgustosa. Metto nella tragedia il fatto che la maggior parte degli italiani (compreso chi scrive) ritiene verosimile che l'azione del magistrato contro il mastellismo possa essere stata sollecitata da fazioni avversarie o da antipatie personali. E questa convinzione, fondata o infondata che sia, per il solo fatto di esistere, rappresenta il punto più alto della tragedia.

Luigi Einaudi, tra la fine del 1942 e la primavera del 1943, scrisse un memorandum per fissare i punti chiave della futura ricostruzione. Al primo punto non mise un tema economico o finanziario, ma la ricostituzione di uno stato di diritto: «Volendo riassumere in una parola i metodi da seguire si può affermare che il rimedio ottimo e massimo, quello da cui tutto il resto dipende, senza il quale nulla si può fare, è il ristabilimento dell'impero della legge».

Forse è proprio da qui che dobbiamo ricominciare per la nuova ricostruzione. Ma poiché il teatro sia nella componente della tragedia che in quella della commedia (comprendo qui anche la comica) ha sempre avuto una funzione didattica, vediamo se si possa trarre qualche insegnamento da questa pièce che sembra scritta a quattro mani da Plauto e da Shakespeare.

Il primo insegnamento è che quello che deve cambiare è il modo di intendere e di fare politica. Non voglio entrare nelle implicazioni penali che non mi interessano. Ma sinché per politica si intende esclusivamente la conquista di voti per poter occupare il territorio e gestire affari, cariche, fonti di lavoro e di guadagno per sé e per i propri amici è inevitabile che la magistratura (ultima speranza) cerchi,in un modo o nell'altro,di frenare queste forme di appropriazione. Non a questo e non solo a questo serve la politica.

Vanno, perciò, eliminati i "mastellismi" e non i giudici. Ed in primo luogo occorre una legge elettorale che assorba ed elimini questi partitini tribal-familisti che non hanno altra ragione di esistere se non quella di occupare posizioni di potere e di affari. Chiunque parla di queste cose senza impegnarsi ad una seria riforma elettorale è un semplice imbroglione. Ma non basta. Bisogna ripensare il concetto di politica. Dunque bisogna, una volta per tutte, introdurre delle innovazioni istituzionali per impedire che le mani della politica, quelle fetide, si stendano su tutto e su tutti.

Il secondo insegnamento è che questa magistratura va veramente rifatta perché un Paese senza giustizia non va da nessuna parte.Ma l'invocazione della pace tra politica e magistratura è un grande imbroglio. Tra politica e magistratura non ci deve essere né pace né guerra. Ma tensione, conflitto costruttivo, diffidenza, questi sì, sono inevitabili. Se la magistratura deve sorvegliare, arginare, frenare, gli abusi del potere non può non essere in tensione con chi esercita il potere. Questo richiede la Costituzione.

Questo richiedono i cittadini altrimenti indifesi. Ci sono pagine stupende di Luigi Einaudi dove il grande maestro illustra che «il bello, il perfetto non è l'uniformità, non è l'unità, ma la varietà e il contrasto ». L'importanza è che il contrasto sia nell'interesse del Paese e non di fazioni.

Il terzo insegnamento è che il "mastellismo", se nella sua maggiore intensità è tipicamente meridionale, esso è anche la manifestazione più evidente e degenerata di un male nazionale. Leggendo gli stralci di registrazioni pubblicati abbiamo tutti pensato: ma questo succede anche in Lombardia.

Se ci concentriamo solo sulla sanità che differenza c'è tra il mastellismo e il formigonismo- ciellinismo? La differenza è che il primo sta ancora sgomitando per conquistare dei posti al sole mentre il secondo ha conquistato tutti i posti con metodo scientifico e totalitario e domina con serena noncuranza forte anche di quella sciagurata sentenza lombarda di circa dieci anni fa che decise che la lottizzazione politica nella sanità è lecita.

La differenza è che in Lombardia la lottizzazione è partitica e non tribal–familista; è abbastanza alla luce del sole e non gio-cata, caso per caso, con impropri do ut des; e le scelte sono, in genere, decenti. Ma riconosciute queste differenze, che non sono da poco, tuttavia la malattia è comune. Sino a quando le nomine nella sanità non saranno ricondotte ad un metodo che è loro proprio in tutto il mondo evoluto, e cioè basate esclusivamente sulla professionalità, accertata per titoli ed esami, e saranno politiche esse daranno sempre vita ad abusi.

Forse non è un caso ed ha qualcosa a che fare con il "mastellismo" e con il "bassolinismo" che in Campania la sanità è una delle peggiori d'Italia, come sanno i suoi sventurati cittadini che formano il più robusto filone di turisti della salute.

La crisi del mastellismo potrebbe essere, insomma, un'ottima occasione per iniziare ad affrontare seriamente alcune degenerazioni di fondo delle quali il "mastellismo" è solo una manifestazione tra le più folkloristiche e appariscenti. Mastella, da appassionato di calcio, ci ha servito un formidabile assist. Gli dovremmo essere grati e cercare di non perdere la preziosa opportunità che ci ha fornito di ripensare alcune cose importanti per il nostro futuro. Prima che sia troppo tardi.