venerdì, novembre 12, 2010

Bruti Liberati è un bugiardo?

Se si dovesse scoprire che la Fiorillo ha ragione Bruti Liberati non dovrebbe dimettersi ed essere anche punito (SE dovessero dimostrarsi vere le affermazioni della dottoressa FIorillo)? Nel paese dei limoni non paga nessuno. E' un fatto, ma perché non cominciare da lui?
Fonte Dagospia
Marco Menduni per "Il Secolo XIX"
EDMONDO BRUTI LIBERATI
È la paura di "perdere" l'inchiesta a spingere il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati a chiudere la tranche del caso Ruby relativa al comportamento della questura. E a non voler ascoltare il magistrato dei minori Anna Maria Fiorillo, che oggi contesta le conclusioni del ministro Maroni e dello stesso procuratore. Se la Fiorillo sostenesse di esser stata raggirata durante la notte della "nipote di Mubarak", l'intero fascicolo non potrebbe più rimanere a Milano. Ma dovrebbe finire ad altri magistrati, in un'altra procura.
ANNA MARIA FIORILLO
Atto primo. È il pomeriggio del primo novembre: la procura della Repubblica sin dalla mattina ha spalancato le porte per l'interrogatorio di Vincenzo Indolfi, ex questore di Milano e ancora saldo in sella a maggio, quando la telefonata del Cavaliere scatena il caso Ruby. Indolfi ha appena finito di raccontare la sua verità, se n'è appena andato e dall'ufficio di Ilda Boccassini, lo storico pm milanese che ne ha raccolto la deposizione, si levano urla violentissime.
Atto secondo: passano poche ore e un gruppo di cronisti incontra il procuratore capo Edmondo Bruti Liberati e gli chiedono se ci sono novità nell'inchiesta. I giornalisti hanno alle spalle la Boccassini, ma non la vedono. Bruti Liberati invece ce l'ha di fronte, la vede benissimo e balbetta qualche frase di circostanza. Mentre Ilda la Rossa piomba sul crocchio e si rivolge accigliata al suo capo: «Via, via tutti, se no chiamiamo i carabinieri per allontanarli».
ILDA BOCCASSINI
Atto terzo: l'indomani mattina Bruti Liberati annuncia che almeno una parte del caso, quella che riguarda la regolarità delle procedure seguite in questura, è chiusa. I funzionari si sono comportati regolarmente, nessuna norma è stata violata. La polizia è assolta.
SILVIO BERLUSCONI
Eppure il tumultuoso pomeriggio precedente fa intendere quanto sofferta sia stata questa soluzione. E quanto i pm siano stati spaccati nel giungere a questa conclusione. Anche perché il procuratore capo è stato categorico: non dev'essere convocata Anna Maria Fiorillo, il magistrato dei minori che ha seguito il caso della giovanissima marocchina. Che pure avrebbe qualcosa da chiarire sulla successione degli eventi. Ma il capo della procura è irremovibile e impone il suo niet. Salva la questura, salvo per ora il premier. Una parte dei pm borbotta sottotraccia, contestando la soluzione all'acqua di rose scelta da Bruti Liberati.
E chiedendosi, perplessa, perché Nicole Minetti non sia accusata per le false dichiarazioni e l'abbandono di minore. Reati che permetterebbero di contestare a Berlusconi quei reati in concorso, come ispiratore o istigatore. Su Bruti Liberati piovono anche critiche violentissime. L'europarlamentare Idv Sonia Alfano è la più esplicita: «Doveva stare zitto, deve pagare il conto?».
Il riferimento è preciso. E la memoria corre al 10 giugno scorso, quando Bruti viene nominato dal Csm procuratore della Repubblica di Milano. Su di lui, esponente di Magistratura Democratica (la corrente di sinistra dei magistrati), converge una maggioranza molto ampia che gli spiana la strada: 21 voti su 25. E arrivano anche quelli dei laici del Pdl.
Ma la lettura degli eventi ha anche un rovescio della medaglia. Bruti Liberati, che conosce bene i meccanismi della giustizia, sa benissimo quanto sia "scivoloso" coinvolgere un altro magistrato in un'inchiesta. C'è infatti una norma precisa che impone lo spostamento di tutte le carte ad altri magistrati, a un'altra sede, se un pm, o un giudice, diventano indagati ma anche parte lesa.
RUBY
Se Anna Maria Fiorillo, davanti ai colleghi della procura, avesse affermato di essere stata ingannata, raggirata, turlupinata da come le sono stati presentati gli eventi dopo la telefonata del premier (e come oggi sembra ribadire), sarebbe stato difficile negarle lo status di vittima di un reato.
NICOLE MINETTI
In questo caso, però, la procura di Milano avrebbe "perso" l'indagine e non solo questo specifico aspetto, ma l'intero fascicolo che vede oggi indagati Lele Mora, Emilio Fede e la stessa Nicole Minetti.
Tutte le carte, i faldoni con centinaia di intercettazioni telefoniche, gli interrogatori di Ruby, le testimonianze dei poliziotti, sarebbero finite a Brescia. Nelle mani di magistrati che avrebbero dovuto riprendere tutto da capo.

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