lunedì, novembre 01, 2010

La polizia offesa



Fonte Repubblica

MILANO - In via Leopardi, sede del palazzo giudiziario dei Minori, il fastidio è palese: "Ma quale accordo? Accordo? E con chi? Non è prevista la parola "accordo". Quando si parla di minori, non è come al mercato".
"Il pm dà delle "disposizioni". La polizia "esegue" - si continua -  Questa è la prassi, punto e basta. Ma di che cosa stanno parlando in questura?".

Il procuratore capo, Monica Frediani, ha mandato una ricca e riservatissima ricostruzione dei fatti al collega del palazzo di giustizia, Edmondo Bruti Liberati. La telefonata con la "truffa diplomatica" di Silvio Berlusconi  -  il 27 maggio spacciò la minorenne marocchina Ruby per la nipote del presidente egiziano Hosni Mubarak, imponendo la liberazione in poche ore  -  è stata ammessa dai poliziotti. Il problema successivo, però, è stato un altro. Berlusconi sarà Berlusconi, ma come evitare di subire le possibili conseguenze penali e di carriera per il favore fatto al premier? Unica risposta. Si aggiustano le carte.
Per un po' regge, poi ecco le crepe. Da fonti giudiziarie qualificate piomba un'altra autorevole, forse definitiva mazzata sulle "carte". Il pm dei minori Annamaria Fiorillo, che era di turno nel giorno del fermo di Ruby, ci ha tenuto a far sapere che "non diede l'autorizzazione all'affido della ragazza" alla consigliera regionale con incarico alla Presidenza del Consiglio Nicole Minetti, 25 anni, Pdl. E, a differenza di quanto sostenuto nelle varie "note" poliziesche, Fiorillo non raggiunse mai alcun "accordo" (parola che innervosisce un po') per l'affido della giovane frequentatrice delle feste di Arcore all'altrettanto festaiola consigliera regionale: "E non lo avrebbe raggiunto nemmeno nel caso fosse arrivata negli uffici di via Fatebenefratelli una copia dei documenti di identità" di Ruby, che  -  va sottolineato - non c'erano.

La sostituto procuratore Fiorillo aveva chiesto di accertare se la ragazza era "quello che dice di essere" (e Ruby, sia chiaro, non ha mai osato inventarsi la parentela né con un egiziano, né con un capo di Stato straniero). Di verificare la sua storia e le sue fughe dalla comunità, che c'erano. E che cosa le avevano suggerito di disporre? Chiunque di noi che cosa avrebbe fatto? "Trovarle una comunità e, se non si trova, trattenerla per la notte in questura", cosa che gli agenti, nonostante le comprensibili titubanze (Ruby è una minorenne), si apprestavano a fare. E che cosa scopre il magistrato, settimane dopo? Che Ruby non era rimasta in questura, ma era stata lasciata  -  usiamo bene questa parola  -  alla strada, perché la tanto premurosa Minetti, l'inviata dell'altrettanto premuroso Berlusconi dal "buon cuore", l'aveva scaricata immediatamente a un'amica "brasileira".

Nella casa della trentacinquenne "brasileira" Ruby prenderà un po' di mazzate e si farà due giorni d'ospedale. Bell'affido, sarebbe stato, se disposto dalla procura dei minori. Il sostituto Fiorillo, infatti, non l'aveva ordinato. Non è comprensibile che in via Leopardi, tra i magistrati dei Minori, ci sia stato parecchio fermento?
Il "corto circuito" è sempre più evidente, ma è stato lo stesso Silvio Berlusconi a innescarlo, è lui che interpella personalmente Pietro Ostuni, capo di gabinetto e soffia la frottola egiziana, che inietta frenesia e imbarazzi per salvare la sua "protetta": che è marocchina, e in questura lo sanno bene. Inutile ripetere che il caposcorta richiama anche per ringraziare i vertici di via Fatebenefratelli, a "operazione" conclusa.

Più utile "razionalizzare" uno schema. Per mesi e mesi, sembrava tutto ok: la raccomandazione aveva funzionato. La notte elettrica e lo stile di vita (che Berlusconi rivendica con orgoglio) non avevano avuto ulteriore pubblicità. Sono stati nebulizzati in una retrovia giudiziaria. Dalla quale però  -  siamo sempre in Italia - si levano bisbigli. Intimoriti. E anche preoccupati. Più d'uno, tra detective e magistrati, raccoglie questi sussurri e non se ne sta con le mani in mano. Indaga. Non dimentica. Il fascicolo sulla minorenne cresce, inquadra le sliding doors, le porte girevoli che hanno fatta entrare e uscire dalla questura la cubista partita da Letojanni, Messina. Aggiunge i nomi di altre ragazze che, tra feste e discoteche, non sembrano artiste di varietà in cerca di ingaggio. I bisbigli diventano rapporti, i rapporti indagine: sfruttamento della prostituzione il titolo di reato. Tutto, però, taceva. Sino alla scorsa settimana.

Se più di qualcuno in via Fatebenefratelli rischia l'incriminazione, è perché tre cose sono certe. La dottoressa Giorgia Iafrate, commissario di turno, sommersa dalle telefonate del capo di gabinetto, "non firma" (e non è un dettaglio da poco) l'affido di Ruby alla bella neo-politica regionale.
Due. Altri poliziotti mettono nero su bianco le varie anomalie alle quali hanno assistito e la loro relazione arriva in Procura, dove però sono già al lavoro per le segnalazioni sul caso ricevute dalla procura dei minorenni.
Tre. Solo giovedì scorso, il questore manda una relazione al Ministero dell'Interno. Sino allora, né il vertice della polizia, né il ministro leghista Roberto Maroni sapevano qualche cosa di Ruby, Mubarak e Berlusconi. E nella relazione, si sostiene  -  sia detto in estrema sintesi - che "tutto è in regola".
Si fa finta di non vedere: l'estrema autotutela è  -  ancora oggi - "giocare a nascondino" con chiunque, anche con il sostituto procuratore dei Minori, che però non ci sta. E tutti, tutti si ostinano a dire di non avere fatto nulla di male, a cominciare da Silvio Berlusconi. Quanto piace il mantra di ogni burocrazia: "Leggete le carte, le carte sono a posto".
Le carte? Forse. La storia concreta, no di certo.

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