Le pagelle di Vittorio Zucconi ai giocatori di Italia-Spagna
LE PAGELLE DEL TIFOSO RASSEGNATO
Buffon (30). Il voto in decimi, da elementari, non basta più per colui che ci ha portato fuori dal gorgo del primo girone e ci aveva anche rimesso in sesto il conto dei rigori. E se qualcuno osa dire che ha avuto sedere su quell'errore salvato dal palo, si ricordi che non si videro mai portieri professionisti o giocatori professionali di poker sfigati.
Grosso (7). Toni è riuscito a portargli via dai piedi il sogno di rifare il numero di Germania 2006. Continua a giocare come se la palla fosse una testata atomica innescata, della quale liberarsi appena si passa la metà del campo per sganciarla su qualche altro malcapitato, ma che cavolo volete da uno che è stato buttato via da Moratti come la centesima cicca fumata a San Siro?
Panucci (7). Ha fatto l'unico gol italiano facendo rotolare il pallone nella porta romena e non ha dato occasioni contro la Spagna all'arbitro per appioppargli un rigore. Lippi lo aveva sepolto due anni fa, ma il vecchio Lazzarone un giretto fuori dalla grotta se l'è fatto. Buon per lui. Ora torna Lippi e lui torna nella grotta.
Chiellini (10). Tu es Petrus e su questa pietra potremmo rifondare Santa Madre Difesa oggi a pezzi. Non sarà Bramante o Brunelleschi, ma i muri li sa innalzare. In mancanza dei grandi architetti, viva i muratori.
Zambrotta (5). Uno spettro si aggira sulla destra della difesa italiana. Perché Donadoni non ha convocato Zambrotta al suo posto?
De Rossi (6). Alla fine era "dead midfielder walking", un centrocampista che camminava morto, di fatica. Aveva due occhiaie che avrebbero indotto qualsiasi madre a sbattergli almeno tre uova imponendogli di andare subito a confessarsi e non frugare più in Internet.
Perrotta (s. r). Senza ruolo. Quando è così, è come un filo elettrico senza la corrente, che deve sempre essere qualche elettricista a passargli, altrimenti è una corda qualsiasi, un volenteroso senza grandi piedi e fantasia.
Aquilani (2+). Per incoraggiamento. A un certo punto, quello che alla Rai fa la parte di Ginger Rogers per il Fred Astaire telecronista e si sente in dovere di parlare anche quando non ha niente da dire, cioè quasi sempre, lo ho chiamato, per felix lapsus, "Aquiloni". L'unico giudizio inteligente della serata. Era leggero e malinconico proprio come una cometa di carta tirata da un bambino su un prato di periferia.
Cassano (m. p. c.). Ma per carità. Se deve giocare così, in questo modo irritante e sempre con la stessa mossetta che hanno capito anche al Roccadisotto FC, meglio che si ributti sulle orecchiette e la burrata. Almeno si diverte lui. Una lode ai telecronisti che almeno ci hanno risparmiato il refrain del "talento di Bari Vecchia".
Ambrosini (s. v.). Senza voto. Bocciarlo sarebbe ingiusto. Promuoverlo sarebbe troppo generoso. Anche lui, come Perrotta, è abituato a fare la parte del baritono alla Scala lasciando ai tenori le romanze strappa applausi. Ieri cantava nella corale "Amici della Lirica" di Valenza Po, mica si poteva pretendere che diventasse di colpo Pavarotti "all'alba vincerooooo".
Toni (-1). Introduciamo la novità algebrica dei numeri negativi, perché, oltre a non combinare una beata mazza, ha anche impedito a un altro (Grosso) di fare gol, dunque si becca un "meno uno", tentando una sgangherata bicicletta al volo che sarebbe forse riuscita a un giocatore agilissimo altro un metro e cinquanta. Non a un pinocchione che sembrava avere tutte le parti del corpo montate male da un papà che non ha letto le istruzioni del mobile comperato all'Ikea.
Di Natale (4). Speriamo nella Befana, perché questo Natale ha portato soltanto carbone, e non Doni, al suo ammiratore, che ora perderà pure il posto. Atroce il suo rigore.
Camoranesi (7). Ha fatto casino, ha rimescolato un po' la morta gora del centrocampo italiano, ha impegnato il portiere Casillas, ha addirittura - miracolo - saltato qualche difensore. Sembrava un giocatore professionista di calcio in mezzo alla nazionale dell'ufficio paghe e contributi.
Del Piero (10+). No, adesso, seriamente. Deponete i flabelli, i turiboli, le fruste e la cassetta di acqua minerale. Che senso ha portarsi dietro uno così per farlo giocare un tempo e dieci minuti? Giusto per arruffianarsi i trombons del cosidetto giornalismo sportivo quelli del "come si fa a lasciare a casa Del Piero"? O ci credi, e lo fai giocare, o lo lasci in pace a conversare con i canarini.
Donadoni (6). Vigliacchi a tutti coloro che ora oseranno infierire o dare i suoi riccioletti in pasto alla plebe per salvarsi la poltrona. Gli auguro di trovare un lavoro meno ingrato di quello che gli fu buttato adosso dai sepolcri imbiancati del pallone italiano quando volevano farci credere di essere tornati tutti vergini.
Arbitro (8). Gli arbitri italiani sbagliano come tutti gli altri, dalla Lapponia all'Uzbekhistan, ma una cosa dovrebbero imparare i nostri: mettere un tappo ai loro zufoletti e lasciar giocare di più. 'Scolta Collina. Non tutte le cadute sono falli e se si zufola per ogni spinta e ogni ruzzolone si incoraggiano soltanto i "casqueurs" di professione e si fa fare esercizio ai massaggiatori e ai barellieri. I giocatori sono come i cani, capiscono in fretta che cosa permette, e non permette, di fare il padrone e non è un caso se nelle Euro aree di rigore si sono viste molto meno scene da "ratto delle Sabine" di quelle che vediamo nei campionati italiani. I cagnolini avevano capito che sarebbe stato inutile.
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