Pentma vuol dire pietra, ma questo blog è solo un sassolino, come ce ne sono tanti. Forse solo un po' più striato.
venerdì, giugno 27, 2008
Quando un giornale non sa di cosa parla
Non si capisce a che titolo dare il Nobel per la pace alla Betancourt. L'Unità semplicemente non sa di cosa scrive. Forse dovrebbe rivedere la carriera politica della ex candidata presidenziale colombiana, sempre francamente di destra e abbastanza trasparente fino al rapimento compiuto per una sua incredibile leggerezza. Che sia liberata, ma Nobel proprio no. Informatevi ogni tanto.
L'Unità: Nobel per la pace a Ingrid Betancourt
Da sei anni e chissà quanti giorni alle 5 di ogni mattina la madre di Ingrid Betancourt parla per mezz’ora alla figlia attraverso una radio diversa da ogni altra: accoglie le voci di padri, mogli e dei prigionieri delle Farc. Raccontano piccole cose della vita normale. Gli amici che salutano. Come va la scuola. Notizie tristi quando non è possibile tacere, ma Ingrid non ha saputo dalla madre che il padre era morto poco dopo il sequestro. Yolanda Pulecio de Betancourt aveva supplicato le Farc di liberarla per il funerale. Silenzio. Qualche capo Farc deve averla informata chissà come, chissà quando.
Sono quattro giorni che Yolanda Pulecio de Betancourt racconta alla figlia la novità. «Un giornale italiano ti ha proposto per il Nobel. All’appello dell’Unità, giornale fondato da Antonio Gramsci, rispondono migliaia di persone. Non solo dall’Italia: Spagna, Europa perfino dall’Amazzonia. Forse la tua vita sta cambiando… ».
Per una giusta causa è nato un comitato promotore bipartisan alla Camera dei Deputati. Primo firmatario Fabio Evangelisti, Italia dei valori: «È il primo mattone e un progetto ambizioso, su cui vogliamo coinvolgere la politica, l'associazionismo e i cittadini». Molte decine le firme raccolte tra i parlamentari, in testa Pd e Idv, seguiti dai colleghi del Pdl, Udc e Lega.
Intanto la regione Toscana sta per annunciare un comitato di premi Nobel per concretizzare la proposta dell’Unità. Perché il Nobel per la Pace non è una medaglia alla vanità ma un viatico per liberare a chi non si arrende al tornaconto. Proposta che raccoglie la reazione di protagonisti consapevoli che la distrazione di tutti può spegnere le voci non distratte. Sarebbe viva senza il Nobel per la Pace Aung San Suu Ky, prigioniera nella sua casa in Birmania, anima della democrazia che non si è spenta e spaventa i militari consolando la speranza alla gente? E Rigoberta Menchu e Perez Esquivel? Ogni giorno centinaia di lettori e non lettori firmano l’appello. Potranno i carcerieri resistere alla pressione che si allarga? Lo sapremo. Qualcosa - strana coincidenza - improvvisamente comincia a muoversi.
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