martedì, aprile 07, 2009

Mister Endemol










Paolo Madron per "Il Sole 24 Ore"

Marco BassettiIl signor "Grande Fratello", che nella vita ha 52 anni e di nome fa Marco Bassetti, è un manager della televisione senza quei complessi d'inferiorità che gli potrebbero derivare per via della vulgata che chi si occupa di "nani e ballerine" (copyright 1991 by Rino Formica per definire il partito del compagno Bettino Craxi, che di Bassetti fu suocero) non è buono per più nobili imprese.

Eppure il signor Grande Fratello dirige Endemol, una multinazionale che fa quasi un miliardo e mezzo di fatturato, sta in una trentina di Paesi e lavora con tutte le televisioni dell'universo mondo. Suoi, tra l'altro, i format di Che tempo che fa e Affari tuoi. Forse allora sarà il caso di ripensare a quel vezzo un po' snob che considera la tivù cultura bassa, il reality spazzatura e chi lo produce un intelligente manipolatore, abile soprattutto a titillare la pancia dello spettatore o la sua, direbbe Aldo Grasso, irresistibile attrazione verso gli abissi del trash.

Imputato Bassetti, dica qualcosa a sua discolpa.
Dico solo che Ettore Bernabei prima di dirigere la Rai lavorava nelle infrastrutture, Flavio Cattaneo dalla Fiera di Milano è andato a viale Mazzini per poi approdare in Terna. Claudio Sposito, ex amministratore delegato della Fininvest, ora guida uno dei più grandi fondi di private equity. Basta a sfatare la vox populi che chi si occupa di televisione è figlio di un dio minore?

Ha citato tre manager che hanno avuto o hanno a che fare con le infrastrutture. Un caso?
Non so, sarà perché di questi tempi continuo a interrogarmi sul rapporto tra capitali privati e debito pubblico. I primi scarseggiano, il secondo cresce. Ma bisognerebbe invertire la tendenza.

Non si assilli, e intanto si goda i successi record del Grande Fratello. Che è un po' come la tivù generalista: sono anni che tutti lo danno per morto. Invece vive e lotta in mezzo a noi.
Otto anni fa Piero Celli, allora direttore generale della Rai, mi invitò a parlare davanti alla prima linea dei dirigenti. C'erano anche alcuni critici televisivi, e tutti sostenevano che il reality era morto. Che cosa direbbero adesso, sapendo che in questa sua decima stagione il Gf ha aumentato il suo fatturato del 40 per cento?



Merito della vita che è diventata un Gf, un crogiolo di maschere, tipi umani, fisicità dilatate: la tettona,il palestrato,l'isterica, persino il cieco.
Il reality ha portato nella tivù un linguaggio nuovo, trasversale a tutti i generi. In fondo Porta a Porta, Annozero o Matrix non sono meno reality di un varietà, di un quizo di un talk show tradizionale.

I politici di solito parlano trasversalmente male dei reality. Fra i tanti mi vengono in mente Gasparri e Veltroni.
Il reality è un modo di fare televisione che esalta le emozioni. Penso che i politici dovrebbero tenerne conto visto che questi programmi piacciano così tanto ai giovani.

Veltroni le emozioni non voleva interromperle. Si ricorda mille anni fa la battaglia per togliere gli spot dai film trasmessi in tivù?
Certo che me lo ricordo. Per inciso Piano solo, il film tratto da un suo libro, lo abbiamo prodotto noi di Endemol. Così come la fiction Rai su Di Vittorio.

Ma lei i reality oltre a produrli li guarda?
Se sono fatti bene, come l'attuale edizione del Gf, sì. Anche se con mio figlio di solito guardiamo Discovery e History Channel perché siamo appassionati di storia.

Suo figlio un giorno gliene sarà grato. Ma tradotto in soldi quanto vale il Gf per Endemol?
Circa il 10-12% del fatturato. Dunque molto.

Direi moltissimo. E a voi quanto viene a costare?
Non glielo dico, se no poi le televisioni fanno il calcolo di quanto ci guadagniamo...

Il reality del vicino è sempre il meno verde?
Non è detto. Io per esempio trovo ben fatto l'Isola dei famosi, che non è un prodotto Endemol.

Trova imperdonabile preferire Mad men o Lost alla tettona del Gf?
No, anche a me piacciono molto i telefilm americani. Ma il genere è in crisi, tant'è che molte serie non arrivano a finire la prima stagione di programmazione. Dietro al successo di Lost ci sono un'infinità di fallimenti che noi non vediamo.

La televisione è solo format o anche sostanza?
Se ne potrebbe parlare per ore. Dico solo che il format è sostanza. Non è altro che un'idea originale e compiuta di un programma televisivo, un progetto. Poi, per il solito conformismo italico, il termine ha preso un'accezione negativa.

Uno che inventa un format di successo lo riempite d'oro.
Endemol ha 150 creativi sparsi in giro per il mondo.

Basta che creino...
Infatti averli alle proprie dipendenze non garantisce sul risultato. Bisogna dare loro ambiente, strumenti e incentivi per creare. Anche incentivi economici, naturalmente.
Il Gf è un format che esonda nei palinsesti, come la partita di calcio che si gioca la domenica, ma se ne parla prima e dopo per tutta la settimana. È la forza del Gf, una forza tale che invade gli altri programmi e li soggioga. E loro sono ben contenti perché tutte le volte che se ne parla gli ascolti salgono, e diminuiscono i costi.

Cioè?
Cioè si fanno ore di trasmissione a discutere sulle storie e i protagonisti del reality senza dover spendere nulla per nuove produzioni. Io lo trovo un fenomeno molto logico in una tivù commerciale, atipico per una tivù del servizio pubblico.

Ma esiste ancora il servizio pubblico?
Il servizio pubblico ha dei problemi giganteschi. Per sostenerlo in Francia hanno tolto la pubblicità da una rete, in Spagna stanno pensando di fare altrettanto con Tve, il canale di Stato.

Qui ha provato a proporlo il ministro Bondi che però è stato subito respinto con perdite.
Se in Italia si togliesse la pubblicità dalla Rai di fatto la torta andrebbe tutta a Mediaset, e mi sembrerebbe eccessivo. Ma chi l'ha bacchettato?

Per esempio Confalonieri
Una volta Fedele mi disse una cosa simpaticamente vera: Rai e Mediaset sono come due signori un po' brilli che camminano appoggiandosi l'uno all'altro. Se uno cade, cadono entrambi.

Cos'è oggi la Rai?
Un ibrido tra servizio pubblico e tivù commerciale.

Eppure in nome del servizio pubblico la politica conduce ancora strenue battaglie di principio.
Quella è propaganda. Ci sono due problemi di cui soffre tutta la tivù pubblica in Europa. Primo: siccome ci saranno sempre più piattaforme a pagamento, uno si chiede perché debba spendere i soldi per un servizio che di pubblico ha poco. Secondo: il cittadino è sempre più indebitato e percepisce il pagamento del canone come una tassa per avere un prodotto analogo a quello di cui già dispone gratis.

Non è che la tanto invocata pluralità dei poli televisivi con la crisi si sta rivelando economicamente poco sostenibile?
Totalmente d'accordo. L'eccessiva pluralità di soggetti ha portato il sistema in crisi, esattamente il contrario di quanto si diceva anni fa. Non a caso oggi in Spagna hanno fatto una legge che consente a un soggetto di possedere due televisioni, e della stessa cosa si sta discutendo in Inghilterra.

E in Italia?
Paradossalmente il nostro sistema radiotelevisivo, con tutti i suoi difetti, si è mostrato il più sostenibile. Da una lato abbiamo una televisione pubblica che non perde un euro, dall'altro una privata che genera profitti importanti.

Vedremo mai una Rai privatizzata?
Ormai si è perso il treno. Fino a qualche anno fa aveva senso privatizzare Raiuno, ma con questi chiari di luna oggi non immaginerei una fila di compratori. E poi, siccome nel 2012 si passa al digitale, uno se ha dei soldi è lì che preferisce investirli.

Con Berlusconi e Murdoch che litigano di brutto lei si frega le mani. Per Endemol fin che c'è guerra c'è speranza.
Più c'è competizione, più il nostro business cresce.

Che cosa pensa di questa guerra tra i vecchi amici di un tempo?
Se vuoi avere un futuro nel mondo dei media occorrono una diversificazione del modello di business, free e pay, e una diversificazione geografica, come nel caso di Mediaset e News Corp. Inevitabile che si pestino i piedi.

Per ora è solo reciproco sconfinamento. Mediaset che entra nella pay tv, Murdoch che fa il varietà.
Infatti è questo il vero motivo dello scontro tra i due gruppi.

Sarà guerra atomica?
Nemmeno per sogno. Sarà uno scontro di business, se non altro perché Mediaset ha preso la strada della tv a pagamento investendoci molti soldi. Ma non ci sarà un vincitore, c'è spazio per tutti. A patto di trovare un modello che sia redditizio.

Neanche quando i canali Rai e Mediaset faranno il grande passo lasciando Sky per andare sulla loro piattaforma satellitare?
Io non sono così sicuro che faranno quel passo. Almeno nel breve.

Troppe morti annunciate. Per esempio quella della tv generalista. Salvo poi scoprire che nell'anno di grazia 2009 Murdoch mette sotto contratto Mike Bongiorno.
La tv generalista non morirà mai. Ma per quel che riguarda Mike o Fiorello è il segno della tendenza alla contaminazione.

Tra cosa?
Tra televisione e pubblicità. Mike e Fiorello, testimoni di Wind, sono la risposta alla coppia Bonolis-Laurenti, tendenza Lavazza. I big spender oggi fanno programmi televisivi con la pubblicità.

La Yalta storica ha resistito dal '45 alla caduta del Muro. Quella televisiva - a Murdoch sport e cinema, a Mediaset fiction e resto - neanche sei anni.
È lo sviluppo delle tecnologie e delle piattaforme che l'ha resa obsoleta. Alla fine si troveranno a competere sugli stessi terreni. Salvo che prima a farlo erano i genitori, adesso ci sono i figli, James e Piersilvio.

Le pare che i padri siano ai giardinetti con i nipoti?
Nel caso di Murdoch no, ma suo figlio vuole affrancarsi. Mediaset invece è totalmente gestita da Piersilvio.

Le guerre però, anche quelle di trincea, costano parecchio.
La gente ha sempre fame di informazione e contenuti, ma i modelli attuali sono molto meno remunerativi. Ce ne vogliono di nuovi. Esattamente come nell'editoria. Oggi i costi per pagare carta, giornalisti e distribuzione affossano i bilanci delle case editrici. Lo stesso succede a chi distribuisce contenuti audiovisuali.

Fa piacere pensare che a tirar la cinghia non si è soli.
Da noi bisogna tagliare i costi della fiction, che ormai sono insostenibili. Vede, un programma d'intrattenimento o un telefilm seriale lo può interrompere alla prima puntata. Una fiction no, quando va in onda è già stata girata tutta e i soldi spesi.

Forse toccherà a una nuova generazione di editori inventarsi un modello di business vincente.
Sono convinto che gente come Rodolfo De Benedetti o Azzurra Caltagirone abbiano perfettamente capito che dal punto di vista del business questo modello cartaceo non è sostenibile, mentre quello dell'internet duro e puro è estremamente fragile. Come hanno capito che col capitalismo di relazione oggi non si va da nessuna parte.

Ma almeno ha un'idea di quale potrebbe essere un modello vincente?
Un modello che assembla contenuti di diversa fonte che interessano al lettore. Che so, un pezzo di Sole 24 Ore per la finanza, uno della Gazzetta per lo sport, uno del Corriere per la cultura. Insomma penso per il futuro alla costruzione e distribuzione di palinsesti personalizzati.

Quando nel 2007 Mediaset ha preso una quota di Endemol vi siete affrettati a far sapere che avreste continuato a lavorare con tutti. Excusatio non petita?
Naturalmente quasi nessuno ci ha creduto. Ma se a distanza di due anni si fa il confronto tra i programmi che Endemol ha dato a Rai e Mediaset, direi che la prima ha avuto sicuramente le cose migliori.

Lei nasce con Rete 4, producer dell'indimenticato M'ama, non m'ama.
Ho cominciato in una società che avevano messo in piedi Mondadori e la Bbc, perché Segrate voleva voleva spostare tutto quello che c'era sulla carta stampata in tv.

Socialista per parentela acquisita o convinzione?
Mi sono iscritto al Partito socialista giovanissimo, ben prima di conoscere mia moglie Stefania.

Si ricorda quando Craxi riaccese le antenne di Berlusconi spente dai pretori?
Certo. E quella di mio suocero fu lungimiranza televisiva: aveva capito che la tv commerciale avrebbe sbloccato il sistema. Ma politicamente Bettino Craxi è stato un antesignano in molte cose. Per esempio quando diceva che le banche avevano anche un funzione sociale, di essere al servizio del sistema economico e del sistema delle famiglie.

Passò per statalista.
Statalista e interessato, dissero che diceva così perché voleva piazzare i suoi uomini. Come se quelli che ci sono adesso fossero immuni dalla politica e dai partiti.

Suo suocero oggi voterebbe per Berlusconi?
Non lo so, ma c'è un dato: la stragrande maggioranza dei socialisti oggi vota Pdl. Sicuramente direbbe che c'è molto più riformismo dentro ai due schieramenti. Ma non credo avrebbe votato Franceschini, che per altro ha fatto una bella intervista con Daria Bignardi in un programma prodotto da noi.

Magari chiederebbe a Berlusconi di vendere le televisioni e risolvere il conflitto d'interesse.
Non credo, visto quello che gli è successo, Craxi pensasse che Berlusconi avrebbe potuto resistere all'attacco giudiziario senza le sue televisioni.

Gli piaceva avere un genero che lavorava nel ramo?
Ma non guardava certo i programmi che producevamo noi, non era il suo genere.

Con Antonio Ricci che l'accusava di taroccare Affari tuoi ha fatto la pace?
Ho visto pochi giorni fa Antonio e ci siamo abbracciati...

Anche le vostre liti vere sono finte, come quelle in televisione
Ma no, è che ci conosciamo da 20 anni, io facevo il produttore di Drive In...

Tra cinque anni che televisione sarà?
Una nuova televisione col passaggio al digitale terrestre, la tecnologia del futuro e l'alta definizione.Nel nostro decoder avremo centinaia di canali che permetteranno allo spettatore di farsi il suo palinsesto. La tivù generalista ci sarà sempre, e quella tematica cercherà di eroderne gli spazi, un po' com'è accaduto in America con le tv via cavo a scapito dei grandi network.

Ed Endemol dove la vede?
In prima linea ovunque ci sarà un'audience da soddisfare.

1 commento:

Pentma ha detto...

Siccome non si capisce e il giornalista ha avuto un po' di timore a scriverlo io specifico: è sposato a Stefania Craxi figlia del leader socialista.