Il Catasto col timbro antisisma. "E invece si è schiantato subito" è di proprietà privata. Una firma in Comune ne cambiò la destinazione d'uso
dal nostro inviato ATTILIO BOLZONI
Fonte. Repubblica
L'edificio del catasto dell'Aquila prima del terremoto
Un tecnico: avrebbe dovuto resistere il 40% in più. L'edificio costruito come un hotel
L'AQUILA - È storto, messo di traverso su un dosso. Dietro è come scoppiato, le pareti sputate fuori, l'edificio tagliato a pezzi. Dicono che l'hanno costruito a norma antisismica, alla prima botta si è rotto. Finirà che l'abbatteranno. E tutti i suoi archivi, le cartine, tutte le sue mappe saranno custodite in una tendopoli.
Anche il Catasto, la memoria edilizia della città, ha chiuso per terremoto.
E meno male che aveva quel "marchio di qualità" il fabbricato sghembo e in bilico sulla collina di Villa Gioia, meno male che il palazzo dell'Agenzia del Territorio dell'Aquila l'avevano tirato su dopo il 1974 quando tutti - da quel momento - dovevano rispettare certe regole. L'"armatura" giusta, il calcestruzzo precompresso, le barre di acciaio o di carbonio "interconnesse fra loro". Meno male, se è andata davvero così. Altrimenti cosa sarebbe successo mai in mezzo a questo budello che sale dalla stazione ferroviaria abbandonata fino alla cima del poggio? Altrimenti cosa sarebbe rimasto oggi del Catasto dell'Aquila?
E' sempre più tortuoso il racconto di come hanno costruito questa città e di come hanno scelto certi luoghi per ospitare gli edifici pubblici, ci sono troppi piccoli segreti gelosamente protetti fino a quando il terremoto ha spazzato via tutto. Una storia somiglia all'altra e all'altra ancora, in un groviglio di nomi e di delibere e di "autorizzazioni" che si sono perdute nel tempo e nel silenzio. Questa del Catasto ricorda tanto quella della Casa dello studente dove sono morti sette ragazzi e altri quattro li stanno ancora cercando. Vi ricordate, cos'era inizialmente quel palazzo dove hanno portato gli universitari che vengono qui da ogni parte d'Italia? Era all'origine un deposito di medicinali. Poi, con qualche variante e con qualche firma negli uffici tecnici del Comune, è diventata la Casa dello studente.
Così è avvenuto anche per il Catasto, che una trentina di anni fa era dentro Palazzo Centi dove ora c'è la Presidenza della Regione lesionata. Qualcuno però ha voluto trasferirlo vicino alla stazione ferroviaria. Il fabbricato era già pronto. Cinque piani, un giardino davanti e un piccolo parcheggio alle spalle. Avevano costruito per farci un albergo, poi i fratelli Angelo e Giampiero Ricci, mobilieri dell'Aquila, hanno affittato allo Stato il loro immobile. Un'altra firmetta in Comune, il "cambio di destinazione d'uso" e l'hotel a cinque stelle si è trasformato nel Catasto.
Sono tante le mutazioni improvvise nella vicenda edilizia abruzzese, trasformazioni in corso d'opera che stanno affiorando sospette nei giorni del terremoto.
Un edificio privato non è come un edificio pubblico. A cominciare dalle norme antisismiche. "Quelli pubblici devono avere un coefficiente di protezione per i terremoti del 40% in più rispetto agli altri palazzi" racconta Pietro Di Stefano, funzionario del Provveditorato delle Opere pubbliche dell'Aquila.
E' stato costruito così anche il palazzo sgangherato del catasto? "E' fuori asse, tutto sconnesso, chissà", risponde Antonio Perrotti, dirigente generale dell'assessorato Territorio e Ambiente della Regione. E assicura dopo un'ispezione: "Staticamente, è andato".
Al Catasto non c'è anima viva dalla notte di domenica. Il tesoro che c'è lì dentro - planimetrie, tabelle su superfici di terreni, particelle, spessori di muri - bene che andrà finirà in una tenda. A meno che tutto crolli alla prossima scossa. Il palazzo è là, ondeggiante e pronto a scivolare.
Per farvi capire come è stata disegnata L'Aquila, come i suoi ingegneri e gli architetti e i suoi urbanisti hanno impostato l'"organizzazione della città", bisogna salire dalla stazione ferroviaria e vedere da vicino dove c'è il Catasto. E' dentro il budello che porta il nome di via Francesco Filomusi Guelfi e che si arrampica, a destra e a sinistra ci sono scuole medie e scuole d'arte, un istituto magistrale, l'Inps, uno degli ingressi del Tribunale, gli uffici finanziari e l'assessorato all'Ambiente della provincia. Si entra e si esce solo da quel budello, si passa per forza sotto un arco di pietra che fa parte delle mura medievali crollate e rotolate sull'asfalto. "E' una follia avere portato qui il Catasto e tutte quelle altre e quegli altri uffici", dice ancora Di Stefano, il funzionario del Provveditorato delle Opere Pubbliche.
Una delle follie edilizie dell'Aquila, una delle tante.
Sentite cosa fa sapere il presidente provinciale dell'Associazione costruttori Filiberto Cicchetti: "All'Aquila esistono due città. Un'antica costruita all'interno delle mura e che è crollata, l'altra fuori dalle cinta dove su 12 mila palazzi ne sono venuti giù soltanto due". E annuncia: "Fra due settimane, quando sarà passata la grande paura, dopo i sopralluoghi si accerterà che il novanta per cento delle costruzioni fuori dalle mura sono tutti agibili". E assicura: "In quelle abitazioni sono cadute solo alcuni ninnoli, soprammobli, intonaci". Ninnoli, soprammobili, intonaci. E duecentonovanta morti e quarantamila sfollati.
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