lunedì, aprile 13, 2009

Difficilissime indagini?




Basterebbe mettere in galera i costruttori e probabilmente i finanziatori e chi ha dato i permessi. Vogliamo scommettere che in galera non ci andrà nessuno?

Il quartiere del cemento che balla sulla faglia
di ATTILIO BOLZONI e GIUSEPPE CAPORALE

Fonte: la Repubblica

L'AQUILA - Il quartiere più grande è quello di Pettino, ci abitano in venticinquemila. Hanno cominciato a fare case negli Anni 70, e fino al terremoto scavavano ancora fondamenta. Fino al terremoto alzavano muri, vendevano palazzi. È solo da questa parte che si è allargata la città. Dove tutti ballano su una faglia attiva, una frattura nella terra profonda dieci chilometri. L'ultima volta che si è "caricata" è stato tre secoli fa. Rase al suolo l'Aquila.

E' qui, proprio qui, che buttano cemento e cemento e ancora cemento. Qui, intorno alla faglia che si muove, che si sposta, che si apre e si chiude pensano solo e sempre a costruire. In questo Abruzzo che piange i suoi morti, in questi paesini e borghi dove da sei giorni e sei notti raccolgono cadaveri e portano via dalle macerie resti umani, c'è qualcosa di inspiegabile e insieme di spaventoso. "La scelta più imbecille che potevano fare era quella di progettare edifici là sopra, il sisma di una settimana fa è il gemello di quello del 1703", dice il geologo Antonio Moretti, docente della facoltà di Scienze Ambientali dell'Università dell'Aquila.

Inspiegabile e spaventoso. Ci siamo andati a Pettino ieri mattina, ci siamo andati verso mezzogiorno e sembrava uno scherzo quella nuova città che precipitava da una collina e si aggrappava all'altra, silenziosa e sinistra come un villaggio abbandonato, con le sue centinaia di case tutte allineate e quasi tutte lesionate, eleganti nel loro ordine ma sventrate dalla botta di una domenica fa, tutte deserte. Non ci vive più nessuno a Pettino. Quei 25mila uomini e donne e bambini sono andati via, fuggiti. A volte però tornano. A prendere un materasso. A recuperare gli ori lasciati l'altra notte. A vedere per l'ultima volta la loro casa che forse non sarà più la loro casa.

È davanti a noi "il più grande quartiere" dell'Aquila, la nuova città nata dal piano regolatore generale del 1975 e consegnata agli abruzzesi che avevano fame di appartamenti nuovi, trilocali, il terrazzo, il giardino. Edilizia popolare, cooperative, poi anche palazzine più signorili. I terreni erano di pochi, i soliti. Gli Scassa, i Vittorini, i Berti-De Marinis che in famiglia avevano in quegli anni anche un assessore comunale all'Urbanistica.

I geologi avvertirono del pericolo, l'avevano scritto nelle loro relazioni tecniche. Ma gli amministratori decisero comunque che erano a Pettino le "aree edificabili". Se ne sono fregati della faglia attiva e dell'antico terremoto. "Era una zona dalla quale tenersi ben lontani ma gli appetiti speculativi erano tanti e, contro ogni logica e ogni cautela, lo sono ancora", accusa Antonio Perrotti, l'ex direttore generale dell'Assessorato Ambiente e Territorio della Regione.

Qualcuno è d'accordo e qualcun altro no. "Nonostante quella faglia attiva, contrada Pettino era l'unico posto dove si poteva allargare la nostra città perché dall'altra parte ci sono solo montagne", spiega Pietro Di Stefano, funzionario del provveditorato delle Opere Pubbliche dell'Abruzzo.

È un'altra città. Con strade che scendono e salgono. Via Alessandro Manzoni, via Enrico Fermi, via Alfredo La Marmora, via Antica Arischia, via Francia, strade tutte uguali, blocchi di palazzi tutti uguali, numerati e con gli stessi colori e gli stessi mattoncini. Un blocco e la firma di un costruttore, di un'impresa, di un ingegnere. "Una casa di 120 metri quadri costa oggi circa 300 mila euro", racconta Giancarlo Chiamaparelli, mentre trasporta coperte e pentole dal suo appartamento al secondo piano del condominio Solaria numero 6 fino all'automobile già carica di sacchi, valigie, suppellettili. "Dentro è tutto sfasciato, prendo quello che posso prendere e me ne vado sul mare", dice.

C'è ancora qualche "vendesi" attaccato ai balconi crepati, ai pilastri senza più intonaco. "Io non lo sapevo che qua sotto passava la faglia", risponde Luca Brunale. Ha comprato casa un anno fa e adesso la guarda rassegnato: "Sono iscritto a Ingegneria, se non ho studiato male ci sono pilastri portanti che si sono spostati in questo palazzo dove abito". Luca non può nemmeno entrare nel suo appartamento. Come Marco Rapagnani. Racconta Marcella, sua moglie: "Due lunedì fa, sei giorni prima della grande scossa, ce n'era stata un'altra. Abbiamo visto una crepa nella parete e così abbiamo chiamato il padrone di casa che è anche amico del costruttore". Il costruttore è andato a Pettino per un sopralluogo. Ricorda lei: "Non è nulla, non è nulla, ci ha assicurato. questa è una costruzione antisismica".

Il costruttore è Filiberto Cicchetti, il presidente degli imprenditori edili della provincia dell'Aquila, quello che ieri l'altro ci aveva preannunciato: "Vedrete, fra due settimane, quando sarà passata la grande paura, dopo i sopralluoghi si accerterà che il novanta per cento delle costruzioni fuori dalle mura sono tutte agibili".

Agibili e spaccate in due, oblique o piegate, senza pareti o con le scale pericolanti. E tutte comunque appoggiate su quella faglia attiva che - lo insegna la storia dei terremoti - prima o poi come dicono i geologi "caricherà" un'altra volta. "Su una faglia non si costruisce mai, nemmeno su una faglia che non è attiva perché le faglie canalizzano le onde sismiche, in zone come quella dovrebbe essere solo proibito", spiega ancora il geologo Moretti. Ma a Pettino probabilmente costruiranno, costruiranno ancora. Seppelliti i suoi primi duecento morti, qualcuno all'Aquila comincia già a dimenticare.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Anch'io ci ho rimesso la casa a Pettino che i miei avevano fatto tanti sacrifici per costruire !
Ma come si fa a costruire su una faglia e per giunta senza i criteri antisismici ? Chi dovrà andare in galera ?
La mia casa è stata costruita da Cicchetti che , da quello che mi hanno detto, è già all'opera nel dopoterremoto a ricostruire scuole e case. ma come si fa ?
Dov'è finita l'inchiesta sulle resppnsabilità? Finirà tutto come al solito a tarallucci e vino . E i danni ce li teniamo tutti noi .

Anonimo ha detto...

imparato molto

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie