lunedì, dicembre 19, 2005

Siccome

Siccome in Italia è considerato normale fare il saluto romano alla fine di una partita da parte di un vecchio giocatore che si avvia malamente a fine carriera. Siccome in Italia è considerato normale che un gruppetto di facinorosi "sequestri" un'intera tifoseria con simboli di cui probabilmente non conoscono neppure il significato. Siccome un presidente e un allenatore che hanno allle spalle una riconosciuta professionalità trovano normale difendere l'indifendibile idiozia, allora io posto questo articolo del Pais. Molto bello.

La otra cara del Lazio
ENRIC GONZÁLEZ
EL PAÍS - Deportes - 19-12-2005

Un gruppo di onorati calciatori e di cittadini esecrabili ha fatto un partitone contro la Juve.
Conviene giudicare la gente da quello che fa, non da quello che dice o che pensa. D'altro canto è assurdo ritenere che i nostri avversari politici non abbiano virtù. È anche ovvio che, come accade nell'arte, le qualità estetiche e morali del calcio possano essere aliene alle qualità estetiche e morali di chi lo pratica. Leggiamo Céline nonostrante Céline e ammiriamo Picasso nonostante Picasso.

Questo ci permette di parlare di una squadra audace e orgogliosa che indossa una maglia celeste in onore della Grecia olimpica e che in campo s'impegna con grande nobiltà. Stiamo parlando della Lazio, la stessa squadra del fascista Di Canio La Lazio dei tifosi che alzano il braccio e delle croci uncinate. La lazio i cui presidente e allenatore considerano "normale e sportivo" il saluto romano. La Lazio che sta schifando il mondo intero.

Il vecchio Di Canio sabato scorso è tornato a salutare col braccio alzato e promette di farlo a tutte le partite. Ad assecondarlo Dabo, un giocatore di colore che, secondo la stampa francese, solo qualche giorno fa aveva dichiarato di essere stufo delle intemperanze del suo compagno fascista. Arroccato nell'errore. Non c'è modo di dimenticare cose del genere.
Eppure, nonostante tutto, che cosa strana è la vita. Sabato guardando la Lazio dannarsi l'anima contro la potente "vecchia Signora" chiunque non fosse juventino si sarà sentito certamente un poco laziale. Nella sua mezz'ora scarsa di gioco Di Canio si è ammazzato per la sua squadra, dalla sua positzione ha fatto di tutto per cercare di smontare il muro juventino. Dabo ha dominato il centrocampo e Liverani ha creato gioco. Di gran classe. La Lazio è stata soprattutto una grande squadra, compatta e generosa come ha fatto spesso in questa stagione. Come non provare simpatia per Delio Rossi, un tecnico operaio che ha portato questo entusisamo nello spogliatoio. E perfino per Claudio Lotito, un presidente logorroico e un po' ruspante che è riuscito, almeno per ora, a salvare dal fallimento una società in crisi finaziaria da quando, nel 2003, è fallito il suo vecchio proprietario: la Cirio. Come non fare il tifo per una delle squadre meno fallose del campionato. Come non applaudire gente che ha fatto debuttare un ragazzino danese di 20 anni perché in panchina non c'era nessun altro.

Il sabato si sono tolte una soddisfazione quelle migliaia di tifosi che non sopportano l'ideologia fascista e neppure la fama indesiderata che la squadra si è fatta. La Lazio, come la Roma, controlla certe aree geografiche. In alcune zone della periferia di Roma o i9n alcune località della regione uno nasce laziale per forza. Di Canio e i suoi 300 fanatici invece possono far dimenticare che nella Lazio, come dovunque, c'è di tutto.

Il fatto è che la Lazio, con un pareggio che avrebbe potuto anche finire meglio, ha fermato la Juve e tenuto in vita il campionato. L'Inter, seconda, resta a otto punti dalla capolista. Il Milan, con tutta la sua malinconia difensiva, è rimasto a nove. La Fiorentina senza riserve non riesce a restare sul treno delle tre grandi. Le distanze restano enormi però la gara non è finita. E tutto questo grazie a un gruppo di calciatori onorati e di cittadini esecrabili che hanno fatto un partitone.

- la curva della Lazio come dovrebbe essere -