domenica, ottobre 11, 2009

Il turbo-nonnino colpisce ancora

L'oro delle fondazioni

L'ORO DELLE FONDAZIONI

Primo Di Nicola per "L'espresso" (ha collaborato Gianluca Schinaia
Promuovere la cultura delle libertà e dei valori dell'Occidente. Ideali alti, anzi altissimi. E ci mancherebbe altro trattandosi di una creatura di Gianfranco Fini, presidente della Camera, cofondatore del Pdl. Ma alto è anche il tasso alcolico della sua fondazione Fare futuro, utilizzata in dosi massicce nei momenti più caldi dell'ultimo scontro con Silvio Berlusconi.
Chi c'è tra i promotori del pensatoio? Il re del vino Jacopo Biondi Santi, erede degli inventori del Brunello. Anche il fumo va forte tra i think tank che nel vuoto lasciato dai partiti hanno preso il posto delle vecchie correnti e condizionano sempre più l'agenda della politica. Philips Morris, una delle compagnie di tabacco leader nel mondo, è tra i finanziatori di Italianieuropei di Massimo D'Alema, che nell'albo dei sostenitori vanta anche British american tobacco (Bat). E la Bat è un'altra multinazionale che sulle fondazioni punta tantissimo: nel suo libro-paga compaiono pure Formiche voluta da Marco Follini e Magna Carta del senatore Gaetano Quagliariello, stella sempre più brillante nel firmamento berlusconiano, pensatoio ad alto numero di ottani per i generosi finanziamenti di sponsor petroliferi come Moratti e Garrone.
Vini, fumo e petrolio. Ma anche acciai, telefoni, gomme e assicurazioni, energia e tv, banche e compagnie elettriche, cemento e auto, cliniche e medicinali, senza trascurare finanza e armamenti. Dietro al ruolo crescente delle fondazioni c'è il meglio dell'economia. Già, perché le idee non sono tutto. A fare la differenza è anche la forza degli sponsor. Ogni think tank oltre a uno scopo da perseguire deve dimostrare un adeguato patrimonio. Una cifra precisa non esiste, ma le prefetture che vigilano sulle fondazioni riconosciute, se non esercitano controlli sulla loro gestione finanziaria almeno su questo sono severe: la dote deve essere credibile. Di solito si parte dai 50 mila euro per arrivare anche oltre il milione.

Soldi che vanno immobilizzati in investimenti sicuri e non possono essere utilizzati per le attività correnti. E qui si entra in una zona d'ombra, dove le nuove creature aggirano le vecchie leggi sul finanziamento dei partiti. E vanno a caccia di risorse per il loro stakanovismo di convegni, riviste e centri studi. A cominciare dai fondi ministeriali, surrogato delle sovvenzioni pubbliche ai movimenti politici.
Vi ricorrono un po' tutte, da Magna Carta a Liberal che, insieme a Italianieuropei e Nuova Italia di Gianni Alemanno, da quest'anno si è anche attrezzata per incassare le donazioni Irpef del 5 per mille. Per il resto puntano sui contributi degli associati e sugli assegni dei grandi donatori. Ma tracciare un identikit degli sponsor, che mettano mano al portafogli per i patrimoni o per le spese, non è facile.
Le fondazioni non hanno infatti alcun obbligo a rendere pubblici bilanci e fonti di finanziamento. 'L'espresso' ha provato comunque a fare luce scandagliando sulle attività delle fondazioni più dinamiche: Italianieuropei, Fare futuro, Magna Carta, Liberal, Formiche, Nuova Italia e Medidea. Cominciamo da Italianieuropei, costituita nel 1999 da Giuliano Amato e da Massimo D'Alema, in quel momento a Palazzo Chigi, dal costruttore Alfio Marchini, dal presidente della Lega cooperative Ivano Barberini e dal consulente aziendale Leonello Giuseppe Clementi. Dotazione iniziale, un miliardo di lire fornito da una nutrita lista di sostenitori: 200 milioni di lire li offre la Cooperativa estense; 100 l'Associazione nazionale cooperative e la Lega coop di Modena; 50 milioni la Brown Boveri, la Lega coop di Imola, Ericsson e Pirelli. Tra i privati, con cifre intorno ai 50 milioni spiccano l'industriale Claudio Cavazza, gli stessi Clementi e Marchini, mentre 1 milione ciascuno versano Amato e Barberini.
Con il ritorno di Amato al governo, presidente viene nominato D'Alema che, curiosamente, non ci mette una lira. A differenza di altri noti benefattori che rimpinguano successivamente la dotazione patrimoniale con offerte fino a 80 mila euro. Tra loro, la Romed di Carlo De Benedetti, Fiat Geva (Gianni Agnelli), Philip Morris, Waste management (discariche), e.Biscom, Glaxo Wellcome, Tosinvest (famiglia Angelucci) e altri imprenditori come Guidalberto Guidi, Francesco Micheli, Vittorio Merloni, Gianfranco Dioguardi e Paolo Marzotto. Fare futuro nasce invece nel 2007 grazie a Fini, Adolfo Urso e Ferruccio Ferranti, un manager ora indagato a Bari per una storia di appalti sanitari. Patrimonio iniziale: un milione di euro, 930 mila dei quali versati da un comitato.
Tra i promotori, c'è chi continua a versare ogni anno fino a 20 mila euro: Emilio Cremona, presidente di Assofond, la federazione delle fonderie; Lia Viviani, titolare dell'omonima casa editrice; gli imprenditori metallurgici Michele Mazzucconi e Giancarlo Ongis e Sergio Vittadello, della Intercantieri. Seguono, oltre a Biondi Santi, personaggi come il sociologo Sabino Acquaviva, l'avvocato Nicolò Amato, l'attore e deputato Luca Barbareschi, la presentatrice Rita Dalla Chiesa, la cantante Cecilia Gasdia. Natali nobili anche per Magna Carta, varata nel 2004 su impulso di Marcello Pera, allora presidente del Senato. Motore operativo è da sempre Gaetano Quagliariello, che è stato anche il primo presidente. Tra i fondatori, Giuseppe Calderisi (parlamentare di Fi), Giuseppe Morbidelli (professore di diritto alla Sapienza) e soprattutto la Erg della famiglia Garrone, la Fondiaria di Ligresti e la Nuova editoriale, una srl di Firenze.
 Ciascuno versa 100 mila euro cui si aggiungono più tardi identiche cifre da Mediaset, Gianmarco Moratti con la Secofin holding, Acqua pia antica marcia di Francesco Bellavista Caltagirone e British american tobacco, il cui vecchio ad Francesco Valli è l'attuale presidente di Magna Carta.
Non basta: nella lista dei donatori, oltre la Korus srl del senatore Pdl Filippo Piccone (nel mirino dei pm di Pescara per la compravendita di candidature), compaiono pure Finmeccanica, la telefonica H3G, Viaggi del ventaglio e Meliorbanca.
Nasce bene (maggio 1996) anche Liberal di Adornato: 200 milioni di lire di patrimonio versati da Diego Della Valle, Alfio Marchini (sempre lui), Vittorio Merloni e Marco Tronchetti Provera. Ma il progetto piace anche a un altro illustre sponsor: Cesare Romiti. Come illustre è il promotore di Medidea, varata nel 2008 da Giuseppe Pisanu, ex ministro dell'Interno e ora presidente dell'Antimafia, con il figlio Angelo e a Massimo Pini, stretto collaboratore di Ligresti. Con tre assegni da 20 mila euro i tre hanno dato vita al think tank che a maggio ha visto entrare nel cda Tarak Ben Ammar, alleato storico di Berlusconi.
Ad una svolta invece la vita di Formiche, costituita nel 2005 dopo le dimissioni di Marco Follini dalla segreteria dell'Udc. Per vararla radunò alcuni fedelissimi, tra i quali Alberto Brandani e Paolo Messa, capo ufficio stampa del partito, che con pochi altri versarono i 95 mila euro di dotazione iniziale. Con il passaggio al Pd di Follini il pensatoio ha però conosciuto qualche difficoltà.
Chi non molla invece è il sindaco di Roma Alemanno saldamente alla guida della Nuova Italia. La fondò nel 2003 con 250 mila euro di patrimonio raggranellato con il contributo di Antonio Buonfiglio (sottosegretario alle Politiche agricole), Francesco Biava e Aldo Di Biagio (deputati Pdl), oltre a Franco Panzironi, un fedelissimo piazzato dal sindaco di Roma ai vertici dell'Ama, l'azienda rifiuti capitolina. Ma soprattutto il denaro arrivò dagli aderenti sparsi per l'Italia.
Costituire il patrimonio iniziale è compito facilissimo rispetto a quello di finanziare le spese correnti. Prendiamo Italianieuropei: con il suo milione abbondante di fatturato, la sede romana da 7 mila euro mensili (altre due sono a Milano e Napoli, dove divide gli uffici con Mezzogiorno Europa, fondazione voluta da Giorgio Napolitano), la dozzina di dipendenti, il sito Internet, i libri, i quaderni e la rivista (distribuiti da Mondadori danno circa 50 mila euro di ricavi), oltre alla nutrita agenda di convegni, è ormai una macchina costosa. "E non riscuotiamo quote di aderenti", spiega il segretario Andrea Peruzy: "Per finanziarci ricorriamo al mercato".
Come? Anzitutto con la pubblicità sulle riviste: pacchetti da 30 mila euro acquistati tra gli altri da Allianz, Sisal, Mps, Banca di Roma, Sky, Enel, Eni, Fastweb, Telecom, Rai, Unicredit, Aeroporti di Roma e Novartis. Oppure con le sponsorizzazioni per i gruppi di lavoro, come quello sulla sanità animato dal senatore Ignazio Marino. Poi ci sono i convegni su commissione: British tobacco, sborsando 20 mila euro, ne ha chiesto uno sui danni del fumo minorile. Infine, con i proventi della "capitalizzazione del marchio", così la definisce Peruzy, con cui la fondazione monetizza proponendosi come consulente per festival, ultimo quello della Salute di Viareggio che frutterà 100 mila euro.
Diverso il caso di Fare futuro (una decina di dipendenti), anch'essa attiva con libri e riviste ('Fare futuroweb magazine' e 'Charta minuta'), summer school, convegni e sito. Un dinamismo che richiede un budget di oltre 800 mila euro, per il 70 per cento garantito dai soci e per il resto da sponsor. Oltre ai cento promotori vanta 700 affiliati che versano 500 euro e una trentina di benemeriti che ne offrono 10 mila l'anno. Entrate alle quali si sommano le sponsorizzazioni: Unicredit e Finmeccanica hanno dato 50 mila euro per il rapporto 'Fare Italia nel mondo'.
Mentre 30 mila euro sono stati donati per lo studio 'Pacchetto clima' da Eni, Unicredit, Enel, E.on energia, Pirelli ambiente e A2A, la multiutility lombarda. Poi c'è la pubblicità pagata con decine di migliaia di euro da sponsor come Cremonini, Todini, Alenia Aermacchi e Condotte d'acqua, per non parlare di Mps, con Finmeccanica ed Elt Elettronica (sistemi di difesa) tra i finanziatori più fedeli dei convegni di Liberal (Siena e Venezia), che a sua volta ha un budget di 500 mila euro accumulati anche con il sostegno di Esteri e Beni culturali.
Esigenze più modeste a Nuova Italia di Alemanno, organizzata come una corrente di partito con circoli sparsi per la penisola e budget di 300 mila euro che se ne vanno per la sede romana, il sito e attività come il 'Master di decisione' e il 'Progetto salvamamma' contro l'infanticidio. Nessuna grossa impresa: le risorse vengono dalle quote da 500 euro dei 600 iscritti. Esattamente il contrario di quello che capita a Formiche, che sforna l'omonima rivista e vive grazie alla pubblicità: un milione l'anno, pagati tra gli altri da Mediaset, Sorgenia, Bat, Generali e da vari ministeri, tra cui Infrastrutture e Pari opportunità.
Infine Magna Carta, budget intorno ai 900 mila euro con i quali finanzia sito Web, libri, convegni, summer school e il tradizionale meeting di Norcia. Soldi che arrivano dai fondi statali (nel 2005 33 mila euro dagli Esteri), dalle pubblicazioni e soprattutto dalle quote degli affiliati, una trentina tra fondatori e aderenti, che pagano ciascuno 15-20 mila euro l'anno. In questo modo mettono insieme almeno 400 mila euro, cui si aggiungono i proventi delle collette durante gli eventi.
"Tutte iniziative autofinanziate", assicura il direttore Giuseppe Lanzillotta. Come il meeting sulle relazioni transatlantiche realizzato a New York con Westinghouse e American Enterprise che hanno provveduto agli alloggi. Tariffa agevolata invece per i biglietti aerei della United, mentre il resto è arrivato da Mediaset (30 mila euro) e dagli Esteri. Ciononostante, il momento non è dei migliori per Quagliariello e soci.
Uno dei fondatori, il gruppo Ligresti, ha mollato per andare a foraggiare Medidea di Pisanu. La quale è generosa di informazioni sulle proprie attività, la rivista trimestrale da 4 mila copie o i convegni organizzati con Berlusconi, ma si rifiuta di fornire dati sui finanziatori. "Sono cose riservate", protesta Carlo Romano, portavoce di Pisanu. E insistere è inutile: nessuna legge al momento obbliga le fondazioni ad essere trasparenti.

martedì, ottobre 06, 2009

Vietato criticare il presidente


Un ex comunista magari sarà abituato a questo modo di fare. Magari, invece, nelle democrazie occidentali criticare il Presidente si può. Aprire un fascicolo per le affermazioni di Di Pietro è ignobile. Forse bisognerebbe recuperare anche le dichiarazioni di Napolitano all'epoca della primavera di Praga, giusto per sapere da che pulpito viene la predica. Che poi il Pdl difenda Napolitano dopo avergliene dette di tutti i colori prima e dopo la sua elezione è ancora più scandaloso. Se in Italia fossero ancora capaci di provare vergogna.


Scudo fiscale, Napolitano firma ed è scontro con Di Pietro

Fonte: Corriere

ROMA - Il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, ha firmato il decreto correttivo al dl anticrisi che contiene la misura dello scudo fiscale. Il capo dello Stato ha apposto la sua sigla al provvedimento (che viene quindi promulgato) al rientro al Quirinale dopo la sua visita di tre giorni in Basilicata. Ieri il presidente aveva spiegato con una nota le ragioni della sua decisione. Ragioni che hanno scatenato la reazione di Antonio Di Pietro. Il leader Idv ha parlato di "Atto di viltà e abdicazione". Immediata la risposta da parte di fonti del Quirinale: "Di Pietro? Oltre ogni commento. Il presidente non ha potere di veto come si vuole far credere".

Proprio durante il suo breve viaggio in Basilicata, il presidente aveva affrontato la questione con alcuni cittadini. "Presidente non firmi, lo faccia per le persone oneste", ha chiesto un uomo nella piazza di Rionero in Vulture. Napolitano ha risposto: "Non firmare non significa niente". L'oggetto del botta e risposta è il decreto anticrisi che contiene lo scudo fiscale, approvato ieri alla Camera e che il capo dello Stato si accinge a promulgare."Nella Costituzione - ha continuato il capo dello Stato - c'è scritto che il presidente promulga le leggi. Se non firmo oggi il Parlamento vota un'altra volta la stessa legge ed è scritto che a quel punto io sono obbligato a firmare. Questo voi non lo sapete? Se mi dite non firmare, non significa niente".

Parole che il leader dell'Italia dei Valori Antonio Di Pietro commenta in toni durissimi: "Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, affermando che non poteva non firmare la legge criminale sullo scudo fiscale, ha compiuto un atto di viltà ed abdicazione".

"E' proprio la Costituzione - ha spiegato Di Pietro, in piazza a Roma con i precari della scuola - che affida al capo dello Stato il compito di rimandare le leggi alle Camere controllando in prima istanza la loro costituzionalità". "Così facendo - ha aggiunto l'ex pm - Napolitano si assume la responsabilità di questa legge".

Alle parole di Di Pietro replica il presidente della Camera dei Deputati, Gianfranco Fini che esprime la propria solidarietà al capo dello Stato: "Le accuse al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, a cui va la nostra piena solidarietà, dimostrano che quello di Antonio Di Pietro è un atteggiamento irresponsabile, che manifesta la totale assenza di senso delle Istituzioni e una pervicace volontà di avvelenare il clima politico".

Ma Di Pietro se la prende anche le altre forze di opposizione dalle quali, dice, vengono iniziative "cialtronesche". "Noi al voto sullo scudo fiscale eravamo presenti in modo pressoché totale - dice il leader dell'Idv - e lamentiamo che l'opposizione nel suo complesso non abbia saputo fare quadrato almeno per respingere quella legge. Ma si sa, in Italia ci sono due opposizioni: quella dell'Idv, che è ferma e fa sentire la sua voce, perché ritiene che il governo Berlusconi faccia male al Paese, e poi c'è l'opposizione del giorno dopo, quella che dice che Berlusconi sta al governo per colpa di Di Pietro". "Io - conclude il leader dell'Idv - dico che ci sta per colpa di una opposizione cialtronesca, che rinuncia a fare il suo dovere".

La mosca cocchiera che si credeva ape regina


Intervista a «vanity fair»

Began: ho presentato Tarantini al premier Non sono l'ape regina e non faccio casting

«Il tatuaggio? Un omaggio all'uomo che mi ha cambiato la vita. C'è chi si tatua il Che: per me è la stessa cosa»

MILANO - «Purtroppo sì, Tarantini a Berlusconi l'ho presentato io. L'ho conosciuto perché era amico di Elvira Savino (la «Miss stiletto» di Montecitorio, eletta in Puglia per il Pdl, ex coinquilina della Began, ndr). Mi ha supplicata spesso, voleva conoscere Berlusconi, diceva che era il suo mito. Mi sembrava un tipo simpatico. Così, in occasione di una cena con Abramovich, vedendo che c’era già una lista di settanta persone, sono riuscita a far invitare dalla segreteria del presidente anche Tarantini e sua moglie. Tarantini voleva farsi bello con il presidente e con il suo entourage e ha cominciato a farsi accompagnare - invece che dalla moglie, che peraltro era incinta - da altre amiche, che Berlusconi salutava e accoglieva in quanto tali». L'infanzia difficile, la folgorazione dell'incontro con Silvio Berlusconi, il suo ruolo nel «Tarantinigate», la sua opinione su Patrizia D'Addario e persino un aneddoto sul famoso «lettone di Putin»: nel numero di Vanity Fair in edicola dal 7 ottobre, Sabina Began, la misteriosa «ape regina», che dallo scoppio dello scandalo tutti hanno evocato, accetta - intervistata da Giovanni Audiffredi - per la prima volta di parlare. E di posare: mostrando anche all'obiettivo il tatuaggio dedicato al premier. Sabina Began è un'attrice: in autunno sarà su Canale 5 nella fiction «Il falco e la colomba». Ha debuttato in tv nel 1997, al fianco di Alberto Castagna in «Stranamore».


Sabina Began mostra il tatuaggio con le iniziali "S.B." (per gentile concessione «Vanity Fair», foto di Luca Babini)
Il sospetto che sia stata aiutata nella sua carriera, lei lo capirà, può venire.
«Le racconto un episodio. A una cena a Palazzo Grazioli conosco il produttore Guido De Angelis, che sta lavorando a «La figlia di Elisa - Ritorno a Rivombrosa». Faccio un provino, il regista Stefano Alleva mi dà la parte, qualche mese dopo vengo sostituita con Angela Melillo. Le sembra il destino di una raccomandata?».

Come ha conosciuto Berlusconi?
«Grazie a una coppia di amici stranieri. Mi hanno portata a una cena, a Roma, dove erano suoi ospiti. Mi ha folgorata con il suo carisma: illuminava la scena, riempiva la stanza da solo».

Ci spieghi come si diventa Ape regina.
«Io non sono l’Ape regina. E non credo di avere un segreto: mi sono semplicemente comportata con autenticità, mantenendomi indipendente e stando nel mio. Tra il presidente e me c’è stima e rispetto, non gli ho mai dato del tu, lui per me è un mito. È, per essere chiari, un rapporto assolutamente platonico. E non gli ho mai chiesto nulla, non ho mai superato i limiti della buona educazione e del buon gusto».

Stando ai verbali del suo interrogatorio alla procura di Bari, lei avrebbe un notevole network di relazioni: da Roman Abramovich a George Clooney.
«Confermo. Nel 2008 ho organizzato più di una cena per favorire il passaggio di Andriy Shevchenko dal Chelsea di Abramovich al Milan, e non ho ricevuto nulla in cambio. Ci sono procuratori sportivi che di questo campano».

E Clooney?
«Ci teneva a conoscere il presidente. Ricordo bene la sua visita a Palazzo Grazioli: era ammirato dal letto a baldacchino, quello che Berlusconi ha fatto realizzare identico al modello raffigurato in un quadro portato in regalo da Putin».

Resta il mistero su come lei possa avere un giro di frequentazioni così potenti.
«Se è questo che vuole sapere, sarò esplicita: non la do a nessuno. Loro non usano me, io non uso loro. Ho un certo charme, non sono nata bene ma mi so comportare. Al mondo una persona fidata, una confidente che sa ascoltare, vale più di un cognome o di un titolo».

Leggo la frase tatuata sul suo piede destro: «29... che illumina la mia anima e cuore per sempre. S.B.». E poi, l’immagine di una farfalla, l’insetto-gioiello che il Presidente regala abitualmente alle sue ospiti. «S.B.» sono le iniziali di Sabina Began, ma anche di Silvio Berlusconi.
«Questo è un omaggio all’uomo che con il suo esempio mi ha cambiato la vita. Il 29 è il giorno in cui l’ho incontrato (29 agosto 2006, ndr) ed è anche la sua data di nascita (29 settembre 1936, ndr). C’è chi si tatua il volto di Che Guevara. Per me è la stessa cosa» (guarda).

Crede che Berlusconi apprezzerebbe il paragone con Che Guevara?
«Perché no? Anche Berlusconi è un rivoluzionario, un combattente per la libertà e per il popolo».

Lei ha partecipato diverse volte alle cene di Palazzo Grazioli e di Villa Certosa: ci racconta che cosa accade?
«Il presidente è un padrone di casa eccezionale. Ti sa mettere a tuo agio. È un grande istrione, tutti rimangono stregati ad ascoltarlo: altro che Fiorello, non esiste uno showman come lui».

Si è detto che lei «selezioni» le ospiti.
«Assolutamente falso. Non ho mai presentato nessuna ospite a Berlusconi e non ho certo fatto dei casting per suo conto. È una menzogna, lui non ne ha certo bisogno».

Patrizia D’Addario sostiene di avere avuto rapporti con il premier. Lei la conosce?
«No. Ma non credo a una parola di ciò che dice. Né credo alle registrazioni. In giro ci sono abilissimi imitatori della voce di Berlusconi. Se anche il presidente fosse interessato, non avrebbe certo bisogno di pagare una donna».

Noemi Letizia, la conosce?
«Non l’ho mai conosciuta. Non credo si renda conto di essere uno strumento di chi vuole calunniare Berlusconi».

Non se la sentirebbe di consigliare a Berlusconi, come hanno fatto anche i suoi fedelissimi, maggiore prudenza nelle frequentazioni?
«Berlusconi è un leader che non conosce l’ipocrisia dei politici. Anche in questo è un rivoluzionario. Altro che prudenza, lui vive all’attacco».

lunedì, ottobre 05, 2009

Il segreto è nell'occhiello

Posto in toto un grande pezzo con aggiunta importante dal sito Dagospia.

LO SCENARIO CHE PIÙ SPAVENTA BERLUSCONI È UN GIUDIZIO DI ILLEGITTIMITÀ SECCA DEL LODO, PER VIOLAZIONE DELL’ARTICOLO 138 DELLA COSTITUZIONE. IL CHE SIGNIFICA CHE LA SOSPENSIONE DEI PROCESSI NEI CONFRONTI DELLA QUATTRO PIÙ ALTE CARICHE DELLO STATO NON ANDAVA FATTA CON LEGGE ORDINARIA - SE COSÌ FOSSE, SAREBBE DIFFICILE PER IL GOVERNO RIMEDIARE CON UN LODO ALFANO BIS, IN TEMPI BREVI. UN DDL COSTITUZIONALE RICHIEDE LA DOPPIA LETTURA DELLE CAMERE E LA MAGGIORANZA DEI DUE TERZI DEL PARLAMENTO, SE SI VUOLE EVITARE IL REFERENDUM CONFERMATIVO. NEL FRATTEMPO, IL PREMIER TORNEREBBE SOTTO PROCESSO. NON SOLO PER LA VICENDA MILLS. -

Mario Ajello per "il Messaggero"

Ci siamo, domani è il Lodo Alfano Day: comincia la discussione della Consulta sulla costituzionalità o meno della legge sull'immunità alle alte cariche dello Stato. Il verdetto potrebbe arrivare in tempi velocissimi, già subito, o forse - e più probabilmente secondo alcune indiscrezioni - nel giro di sette o otto giorni. Anche perchè, nel frattempo, venerdì cinque giudici costituzionali - compreso il presidente Francesco Amirante - andranno in trasferta a Lisbona, per un incontro con i colleghi spagnoli e portoghesi.

Chi prevarrà comunque, in questo alto consesso, al momento della decisione finale, fra i favorevoli alla bocciatura e quelli contrari all'annullamento del Lodo? La partita è racchiusa nei segreti del palazzo della Consulta e nei silenzi dei quindici giudici che dovranno poi pronunciarsi. Altre indiscrezioni - non si sa quanto aleatorie - dicono che, al momento, i quindici sarebbero così schierati: sette giudici per la bocciatura, cinque per la promozione, e tre indecisi. Ma questo è ancora fanta-costituzionalismo, la realtà si vedrà a tempo debito.

Fuori da quelle stanze felpatissime della Consulta, il premier sta col fiato sospeso. Su di lui, l'avvocato Ghedini, che ha buoni agganci fra i componenti della Consulta, due dei quali parteciparono a quella famosa cena con Berlusconi che destò scandalo, funge ormai da settimane come "tranquillizzatore finale". Ripete al Cavaliere che ci sono ottime possibilità di portare a casa il risultato. E anche il ministro Alfano ostenta sicurezza. Ha detto ieri: «Dopodomani, la Corte si pronuncerà e noi attendiamo fiduciosi il suo giudizio». Diversi gli umori che si registrano negli ambienti del presidente della Camera, Fini, da cui trapela una «cauta preoccupazione» che la legge venga bocciata.

E l'opposizione? Anche lì, grande attesa. E discreto tifo pro-bocciatura. Nel caso vada così, si aprirebbero scenari imprevedibili dentro il quadro politico. Francesco Rutelli, ieri, ha disegnato questo tipo di situazione: «Se cadesse il governo per un'eventuale bocciatura del Lodo Alfano, non si pensi ad una via giudiziaria, perchè c'è una via politica da percorrere. Invece di tornare a dividere il Paese con elezioni anticipate, si reagisca con un "governo del presidente". Che faccia quelle riforme necessarie, che l'esecutivo Berlusconi non è riuscito a fare».

Lo scenario che più spaventa il governo è quello di un giudizio di illegittimità secca del Lodo, per violazione dell'articolo 138 della Costituzione. Il che significa che la sospensione dei processi nei confronti della quattro più alte cariche dello Stato non andava fatta con legge ordinaria. Se così fosse - secondo una scuola di pensiero - sarebbe difficile per il governo Berlusconi rimediare con un Lodo Alfano Bis, in tempi brevi. Un ddl costituzionale richiede la doppia lettura delle Camere e la maggioranza dei due terzi del Parlamento, se si vuole evitare il referendum confermativo. Nel frattempo, il premier tornerebbe sotto processo. Non solo per la vicenda Mills.

5 GIUDICI NOMINATI DAL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA. 5 ELETTI DAL PARLAMENTO E 5 SCELTI DAI MAGISTRATI
Da "il Messaggero" - La Corte costituzionale è composta da quindici giudici: il presidente Francesco Amirante (eletto dalla Corte di cassazione), il vice presidente Ugo De Siervo (eletto dal Parlamento), Paolo Maddalena (eletto dalla Corte dei conti), Alfio Finocchiaro (eletto dalla Corte di cassazione), Alfonso Quaranta (eletto dal Consiglio di Stato), Franco Gallo (nominato dal presidente della Repubblica, Luigi Mazzella (eletto dal Parlamento), Gaetano Silvestri (eletto dal Parlamento), Sabino Cassese, Maria Rita Saulle e Giuseppe Tesauro (nominati dal presidente della Repubblica), Paolo Maria Napolitano e Giuseppe Frigo (eletti dal Parlamento), Alessandro Criscuolo (eletto dalla Corte di cassazione) e Paolo Grossi (nominato dal presidente della Repubblica).

domenica, ottobre 04, 2009

Se questo è un presidente

Tradimento



Da Beppegrillo.it
Trentadue senatori e senatrici sono responsabili di fronte ai loro elettori, e più in generale di fronte alla Nazione, di alto tradimento. Che si tratti di tradimento della fiducia di chi li ha votati è indiscutibile. E che sia alto pure. Al Senato, con il voto di fiducia sullo Scudo Fiscale potevano evitare il rientro di 300 miliardi di capitali mafiosi o sottratti al fisco e far CADERE il Governo. Bastavano 20 voti. Non lo hanno fatto. Non erano in aula. Dove si trovavano? Io vorrei saperlo e anche voi. Oggi parte il concorso: "Dove eravate, 32 dipendenti infedeli?". Datemi una mano. Il blog terrà traccia delle vostre segnalazioni e le riporterà nei prossimi giorni (se corrette) con il vostro nome o nick. Ecco l'elenco: 24 PDmenoelle: Argentin, Binetti, Bucchino, Capodicasa, Carra, Codurelli, D'Antoni, Esposito, Farina, Fioroni, Gaione, Ginefra, Giovanelli, Grassi, La Forgia, Lanzillotta, Madia, Mastromauro, Melandri, Misiani, Pistelli, Pompili, Porta, Portas. 7 UDC: Bosi, Ciccanti, Drago, Libè, Pisacane, Ruggeri, Volontè. 1 IDV: Misiti (elenco da: Il Fatto Quotidiano 3/10/09).

sabato, ottobre 03, 2009

Vergogna, Presidente!

Nel Paese dei limoni tutti a far finta di rispettare, soprattutto a destra, il Presidente Napolitano (quando il giorno delle elezioni si parlava della Repubblica dei pannoloni). Se il Presidente non capisce il significato dei gesti lo trovo gravissimo.

Fonte la Repubblica

Napolitano sullo scudo fiscale. "Non firmare non significa niente"
Il capo dello stato ha annunciato ieri la sua intenzione di promulgare il decreto

ROMA - "Presidente non firmi, lo faccia per le persone oneste" gli ha chiesto un cittadino nella piazza di Rionero in Vulture, in Basilicata. Ma il presidente della Repubblica, che si trova lì per partecipare a un convegno sulla questione meridionale ha risposto: "Non firmare non significa niente". Il decreto anticrisi che contiene lo scudo fiscale è stato infatti approvato ieri in Parlamento, e il capo dello Stato ha già annunciato la sua intenzione di promulgarlo."Nella Costituzione - ha continuato Giorgio Napolitano - c'è scritto che il presidente promulga le leggi. Se non firmo oggi il parlamento rivota un'altra volta la stessa legge ed è scritto che a quel punto io sono obbligato a firmare. Questo voi non lo sapete? Se mi dite non firmare, non significa niente".

Attenti a Facebook

Lui però un po' imbecille lo è stato....

Fonte la Repubblica
Mentre ruba in una casa si collega a Facebook
Non è riuscito a fare a meno di collegarsi a Facebook nemmeno mentre stava rubando in un appartamento e non ha considerato che così stava lasciando i suoi dati. E' successo nel comune di Albano laziale, alle porte di Roma, dove i carabinieri della Stazione di Cecchina hanno arrestato un giovane di 26 anni del posto, già noto alle forze dell'ordine, per furto in abitazione.

Il ladro, nel corso di uno dei suoi ultimi colpi, nel mese di aprile, nell'appartamento di un uomo di 52 anni del posto, avendo trovato un pc acceso, non aveva resistito a collegarsi con le sue credenziali al social network Facebook per comunicare con i suoi amici anche mentre stava rubando. Quei lasciati nel pc sono stati acquisiti dai carabinieri e dalla sua mail è stato possibile risalire alla sua identità.

Nel corso di una perquisizione presso la sua abitazione i militari hanno trovato parte della refurtiva che è stata restituita al legittimo proprietario.

Fini, persona seria

Fonte: Corriere
Fini e la querela del pm Woodcock. «Non utilizzerò il Lodo Alfano»
La Bongiorno, avvocato del presidente della Camera, ha presentato istanza di rinuncia. E il magistrato ritira tutto

Il presidente della Camera Gianfranco Fini (Eidon)
ROMA - Il presidente della Camera Gianfranco Fini rinuncia al «Lodo Alfano» (la legge che prevede l'immunità per le 4 principali cariche dello Stato, la cui costituzionalità sarà al vaglio nei prossimi giorni da parte della Consulta) in riferimento ad un procedimento nei suoi confronti, che nasce da una querela dal magistrato Henry John Woodcock per le parole pronunciate dall'ex leader di An a «Porta a Porta» sull'ex pm di Potenza.

L'ANNUNCIO - È stata Giulia Bongiorno, deputata del Pdl e avvocato del presidente della Camera, in una dichiarazione al quotidiano «Il Fatto», a depositare l'istanza di rinuncia al Lodo da parte di Fini su questo fatto specifico. Sulla base d questa istanza, sarebbe già arrivata alla giunta delle autorizzazioni a procedere della Camera la richiesta da parte della procura competente per questo caso. Dopo aver appreso che Fini ha rinunciato al lodo Alfano, lo stesso Woodcock ha però deciso di rimettere la querela nei confronti del presidente della Camera. Lo ha annunciato il magistrato all'Ansa.

LE FRASI - La querela per diffamazione presentata da Woodcock (ora in servizio a Napoli) si riferisce ad alcune dichiarazioni fatte da Fini, nel giugno 2006, durante la trasmissione televisiva «Porta a Porta». Parlando di intercettazioni telefoniche, in riferimento all'inchiesta «Vallettopoli», in cui era coinvolto il suo portavoce, Salvo Sottile (poi condannato in primo grado a otto mesi di reclusione per peculato d'uso), Fini disse che Woodcock era «noto per una certa fantasia investigativa, chiamiamola così». Poco dopo lo definì «personaggio verso il quale il Csm avrebbe già da tempo dovuto prendere provvedimenti». Più avanti, replicando all'on. Francesco Rutelli, Fini definì il magistrato potentino «un signore che in un Paese serio avrebbe già cambiato mestiere».

venerdì, ottobre 02, 2009

I mafiosi nel centrosinistra


Camera, passa lo scudo fiscale

Decisive assenze dell'opposizione

Barbato (Idv): "Berlusconi e il Pdl sono mafiosi". E' bagarre. Fini: "Affermazioni gravi"

Camera, passa lo scudo fiscale Decisive assenze dell'opposizione
La protesta alla Camera

ROMA - Via libera definitivo della Camera al decreto correttivo del dl anti-crisi che comprende, tra l'altro, le contestate norme sullo scudo fiscale. I sì sono stati 270 e i no 250. In pratica si tratta di un via libera ottenuto con solo 20 voti di scarto. Ciò significa che, se l'opposizione fosse stata al completo, il provvedimento non sarebbe passato. Sono 279 infatti i deputati che non appartengono ai gruppi del Pdl e della Lega. 

La maggior parte delle assenze si registrano nel Pdl (213 presenti su 269 appartenenti al gruppo) ma subito dietro c'è il Pd (23 i deputati che non hanno partecipato al voto. I big c'erano tutti). Ed ancora 6 su 37 sono i deputati dell'Udc assenti, uno solo tra le file dell'Idv. 

POSTILLA DEL BLOGGER: un partito serio, se il PD lo fosse, dovrebbe espellere immediatamente gli assenti. Questa è una legge criminale e chi l'ha votata deve assumersene le responsabilità. Chi era assente è anche più vigliacco di chi l'ha votata. 

Napolitano ripensa al bel tempo che fu






,,, si ricordi che se firma la legge sullo scudo fiscale non ci sarà alcun richiamo possibile alla storia d'Italia ai grandi della patria e a tutta quella serie di figure che tanto ama il giovane Napolitano. Firmare metterà l'Italia FUORI dall'Europa.

Napolitano, monito ai partiti. "Stanco della politica incivile"

MATERA - Il presidente della Repubblica, con toni secchi e perfino amareggiati, torna a criticare la qualità del dibattito politico: "Sono stanco della politica incivile". Il presidente aggiunge di provare nostalgia per i tempi in cui le forze politiche si confrontavano con civiltà in Parlamento".


Nel suo discorso a braccio a Matera, l'inqulino del Colle ha ricordato la politica degli anni '50-'60, "tempi in cui non si facevano tanti complimenti, c'erano divisioni ideologiche, ma ci si rispettava, ci si ascoltava, c'era molto rispetto tra avversari".



Il Mezzogiorno e il suo sviluppo sono stati il secondo punto forte del discorso. Si riferisce ai sassi di Matera, il presidente e sottolinea come siano "patrimonio locale, ma anche dell'Italia unita". Infatti sono "parte del più grande patrimonio di quell'Italia che abbiamo voluto, che hanno voluto unificare i garibaldini di Bergamo e della Liguria come i siciliani".


"I padri del Risorgimento mai hanno immaginato che si potesse fare l'Italia senza il Mezzogiorno: non sarebbe stata l'Italia" prosegue Napolitano.

Da questo bisogna partire per "trarre le conseguenze" del ragionamento. Magari sarà "duro" ma necessario anche per "la politica e le istituzioni" nazionali. Sembra di cogliere un richiamo generale a non rinchiudersi nei localismi e nelle vecchie divisioni Nord-Sud. La questione meridionale "deve essere riportata al posto che gli spetta, in prima fila", nonostante qualcuno recentemente abbia teorizzato persino che non esistesse più.

Eppure "c'è una parte del Paese "che è troppo lontana dai livelli di sviluppo e di vita dell'altra". Superare questo divario "è una delle questioni su cui è nata l'Italia".