giovedì, aprile 30, 2009

Piccole & grandi boiate

Fra 100 anni (tutti si muore, tranne Berlusconi) ci si ricorderà forse di Feltri nei libri di storia? Chissà. Intanto uno dei più entusiasti berlusconiani che esitano scrive un articolo per attaccare Veronica B che ha osato criticare l'imperatore. Lo stile è infinitamente diverso da quello che Mario Giordano, ma la sostanza cambia poco: non si disturba il manovratore e gli italiani sono tutti come lui, ergo può fare quello che gli pare. Fra 100 anni ci si ricorderà di Feltri nei libri di storia? Chissà. Io ho i miei dubbi. Ne approfitti adesso dunque, direttore.

Vittorio Feltri per "Libero"
È la seconda volta che Veronica Lario consegna i propri sfoghi di sposa insoddisfatta a mezzi di comunicazione; e sia nel primo caso sia nel secondo ci siamo domandati cosa l'abbia spinta a rivolgersi ai giornalisti anziché agli avvocati, sicuramente più idonei a dirimere contenziosi coniugali.

Non abbiamo saputo darci una risposta. Posso solo dire che nei panni della signora - e mi è difficile immaginarmi coi tacchi a spillo - avrei agito diversamente, anche solo per evitare il rischio di un ricovero coatto in struttura psichiatrica.

Anche a me sono capitati dei litigi in famiglia, come a tutti, ma non mi è mai venuto in mente di raccontarli a un qualche cronista. Veronica invece, quando a suo giudizio il marito si comporta male, non se ne lagna con lui ma va in piazza a gridare la propria rabbia.

Sarà una donna stravagante, forse eccentrica; sicuramente è pericolosa per Berlusconi, capo del più grande partito italiano, impegnato nella campagna elettorale europea, e presidente del Consiglio. Un uomo cioè chiamato a responsabilità da cui non può essere distratto dai capricci rumorosi della moglie.

Nella lettera inviata a FareFuturo (la Fondazione di Gianfranco Fini che ha sollevato la questione delle belle ragazze in attesa di essere inserite nelle liste PdL dei candidati a Strasburgo) la signora critica il consorte, definito con ironia Imperatore, per la sua intenzione di trasferire in politica alcune veline, attrici e similari. Usa toni sferzanti, polemici insinuando che Silvio sia indotto alla scelta delle aspiranti parlamentari da spirito ludico, per non dire da pensieri lubrici.

Veronica quindi, consapevolmente o no, non si limita a deplorare il coniuge, ma offende gravemente le fanciulle in questione raggruppandole nella categoria "ciarpame" cui probabilmente attribuisce un significato semanticamente scorretto. Il dizionario Devoto Oli, infatti, alla voce "ciarpame" recita: «congerie di roba vecchia e di nessun pregio»; mentre le fortunelle selezionate dal premier sono giovani e avvenenti, insomma carne fresca altro che stagionata.

Inoltre non si tratta soltanto di fisici attraenti, ma di persone culturalmente attrezzate (almeno in teoria), provviste di regolare laurea e, alcune di esse, con un curriculum non banale. L'unico loro difetto, agli occhi della signora Lario in Berlusconi, è che esse hanno avuto esperienze televisive, come se ciò bastasse a squalificarle.

Un pregiudizio che madame non dovrebbe avere perché lei stessa proviene dal mondo dello spettacolo, e memorabili sono le sue esibizioni a torace nudo sul palcoscenico del teatro Manzoni (Milano) dove Silvio la conobbe, innamorandosene.

Non è gentile disprezzare con tanta forza ex colleghe la cui buona reputazione non va messa in dubbio senza prove convincenti, dato che il valore di una donna non è sminuito, semmai accresciuto, dalla bella presenza.

Andiamo giù piatti. Veronica ha commesso errori gravi, imperdonabili anche a una moglie amareggiata causa eccessi di disinvoltura del marito, grazie al quale comunque vive da principessa, probabilmente con molto piacere non avendo mai manifestato il desiderio di divorziare, nonostante le periodiche scenatacce.

Non vogliamo fare della dietrologia applicata a corna presunte, però il sospetto che sia più facile sopportare tradimenti e atteggiamenti ambigui del coniuge piuttosto che lo scioglimento di un matrimonio vantaggioso è giustificato da mille segnali e dalla logica. Una donna esasperata da una situazione famigliare insostenibile non si reca in redazione ma in tribunale. E magari, per rispetto dei figli e di sé medesima, non suona la grancassa sollevando uno scandalo da copertina.

Se lo scopo di Veronica era quello di vendicarsi dello sposo, avendo scoperto che non è un frate trappista, lo ha di certo raggiunto. Con molto ritardo, e moltissima ingratitudine.

Il carrozzone europeo



Fonte Corriere.it

Pd: confermati i capilista Cofferati, Sassoli e Borsellino
Europee: tutte le candidature
Pdl: Berlusconi ovunque e tre candidate donna a sorpresa. Lega: Bossi n.1 anche al Centro

MILANO - Completate le liste delle candidature dei partiti per le prossime elezioni europee del 6-7 giugno.

PDL - Scontata la candidatura di Silvio Berlusconi, capolista del Pdl in tutte e cinque le circoscrizioni. Correrà anche Clemente Mastella nella circoscrizione sud. Nella circoscrizione Nord-Ovest, oltre al ministro della Difesa Ignazio la Russa, spiccano l'ex sindaco di Milano Gabriele Albertini, la cantante Iva Zanicchi e due giovani donne volute dal premier: Lara Comi e Licia Ronzulli. A Nord-Est c'è invece l'ex presentatrice Elisabetta Gardini. Al Centro due neodeputate come Mariarosaria Rossi e Barbara Mannucci che dovranno quindi scegliere in caso di elezione se lasciare Roma per andare a Strasburgo. Nelle isole, dietro il premier c'è la deputata europea uscente Maddalena Calia, mentre al sud oltre al già citato Mastella si presenta l'ex valletta Barbara Matera. Qui però da segnalare anche Salvatore Tatarella al secondo posto dopo Silvio Berlusconi. Ma la guerra intestina a colpi di preferenze sarà tra gli ex dc Giuseppe Gargani (al quarto posto) e Mastella (al settimo). In lista anche Franco Malvano, ex questore di Napoli e oggi senatore.

PD - Confermati i capilista del Pd nelle circoscrizioni Nord-ovest (Valle d'Aosta, Piemonte, Lombardia e Liguria), Centro (Toscana, Umbria, Marche, Lazio e Abruzzo) e Isole (Sicilia e Sardegna): sono Sergio Cofferati, David Sassoli e Rita Borsellino. A Nord-ovest la lista del Pd include i quattro europarlamentari uscenti (Patrizia Toia, Gianluca Susta, Antonio Panzeri e Francesco Ferrari), lo sfidante di Veltroni alle primarie, Ivan Scalfarotto, l'assessore al Bilancio del Comune di Genova, Francesca Balzani, l'ex presidente dell'Agenzia spaziale italiana, Giovanni Bignami, e il segretario regionale aostano del Pd Raimondo Donzel e il sindaco di None (To), Maria Luigia Simeone. Nelle Isole candidati inoltre il sindaco di Gela Rosario Crocetta, la giovane messinese Maria Flavia Timbro e il segretario siciliano della Cgil Italo Tripi. Al Centro insieme a Sassoli ci sono il sindaco di Firenze Leonardo Domenici, l'assessore del Lazio alla scuola Silvia Costa, il presidente del consiglio regionale del Lazio Guido Milana, il presidente della provincia di Pesaro-Urbino Palmiro Ucchielli e la campionessa olimpica di windsurf Alessandra Sensini.


Umberto Bossi (Imagoeconomica)
LEGA - La Lega presenta il leader Umberto Bossi a Nord-ovest (e al Centro) insieme all'astro nascente leghista Matteo Salvini e agli eurodeputati uscenti Mario Borghezio e Francesco Speroni.

IDV - Antonio Di Pietro è capolista in quattro circoscrizioni. Come già annunciato nelle scorse settimane, tra i candidati figurano anche l'ex pm Luigi De Magistris, il filosofo Gianni Vattimo e l'hostess Maruska Piredda. Nelle Isole capolista è Leoluca Orlando seguito da Di Pietro.

LISTA COMUNISTA E ANTICAPITALISTA - Riunisce Rifondazione comunista, Comunisti italiani, Socialismo 2000 di Cesare Salvi e Consumatori uniti e avrà falce e martello nel simbolo. Capilista saranno il leader no-global Vittorio Agnoletto nel Nord-ovest e al Sud, il segretario Pdci Oliviero Diliberto al Centro, la femminista e antimilitarista Lidia Menapace nel Nord-est e l'astrofisica Margherita Hack nelle Isole. Non mancano esponenti del mondo della cultura e dello spettacolo: lo scrittore di fantasy Valerio Evangelisti, l'attrice rom Dijana Pavolovic, il primario di cardiologia a Trieste Sergio Minutillo, il palestinese Bassam Saleh e la somala Suad Omar.

SINISTRA E LIBERTÀ -La lista di Nichi Vendola, Verdi e Ps avrà capolista a Nord-est l'eurodeputata uscente (eletta nel 2004 con l'Ulivo) e presidente dell'Internazionale socialista donne Pia Locatelli, candidato anche Mauro Palma, presidente del Comitato europeo per la prevenzione della tortura, direttore dell'Enciclopedia Treccani ed ex presidente dell'Associazione Antigone.

UDC - Emanuele Filiberto di Savoia sarà capolista nel Nord-ovest insieme al giornalista Magdi Cristiano Allam. L'Udc conferma Gianni Rivera al Centro insieme a Carlo Casini, presidente del Movimento per la vita.

LISTA BONINO-PANNELLA - Emma Bonino, Marco Pannella, l'urbanista Aldo Loris Rossi, Marco Cappato e Mina Schett Welby guideranno le cinque circoscrizioni. In lista anche il segretario di Nessuno tocchi Caino Sergio D'Elia al Sud e Silvio Viale a Nord-ovest. Sempre a Nord-ovest i co-presidenti dell'associazione Coscioni Gilberto Corbellini e Maria Antonietta Farina Coscioni.

MPA - Il sindaco di Salemi (Trapani) Vittorio Sgarbi è invece candidato con il Movimento per l'autonomia di Raffaele Lombardo nella circoscrizione Sicilia e Sardegna.

Un intervento di Severgnini




Cittadini di un Paese ormai psichedelico

Torno dagli Stati Uniti e volevo raccontarvi di case invendute sotto il sole d'aprile, della crisi dell'auto, degli amici americani che hanno smesso di fare gli spiritosi quando parlano della nostra Fiat. Descrivere la Forgotten Coast, la "costa dimenticata" a nord-ovest della Florida, dove i rednecks della Georgia e dell'Alabama scendono al mare. Parli di "influenza suina" e ti guardano storto: hot dogs con la febbre?

Volevo raccontarvi di queste cose, ma lo farò la prossima volta. Mi sembra, rientrando in Italia, che le urgenze siano altre. Ad esempio: perché quella signorina lo chiama "papi"?

Siamo ormai un Paese psichedelico, guidato da un leader escatologico, con tratti bulimici. I fini ultimo del nostro primo ministro sono misteriosi, ma le sue trovate sono tali e tante da sconfiggere la presunta perfidia dalla stampa estera. "Divertimento dell'imperatore"? Signora Veronica, questa è pop art! Se un corrispondente straniero scrivesse che l'organizzatore del G8 cambia l'agenda per volare a Napoli e partecipare alla festa di una diciottenne in discoteca, in redazione non gli crederebbero.

Neanch'io volevo crederci, mentre scendevo sopra il Piemonte allagato, arrivando dalla notte atlantica. Confesso che non potevo immaginare la nomina di Mara Carfagna, ma poi è successo. Ero incredulo alla notizia che le gemelle De Vivo, fugaci apparizioni all'Isola dei Famosi, fossero ricevute per un'ora a Palazzo Grazioli (prima di un ricevimento a Villa Taverna dall'ambasciatore americano): ma è accaduto. Fatico ad ammettere che letteronze e troniste vengano candidate al Parlamento europeo: ma avverrà (e io non voto).

"Ciarpame senza pudore"? E perché, signora Veronica? Suo marito è l'autobiografia onirica della nazione: fa le cose che tanti sognano. Le proteste a sinistra sono sospette perché preconcette: da quelle parti contestano Berlusconi anche se si gratta il naso. Altre reazioni non ci sono. Nel Dna civile di noi italiani è iscritta la Signoria, come in quello dei russi c'è lo zar: il capo non si critica, al massimo s'invidia. "Le donne, i cavallier, l'arme, gli amori, le cortesie": la psicologia del potere non è cambiata dai tempi dell'Ariosto. In poche ore si passa dal ricevimento per Lukashenko, l'ultimo dittatore d'Europa, al ciondolo d'oro con diamanti per la ragazzina partenopea. Indignarsi? Sentimento antico, stancante e velleitario. Vediamo di suggerire, invece, qualcosa capace di stupire ancora.

Che so, un Consiglio dei Ministri organizzato come il Grande Fratello, con tanto di televoto: sarà il pubblico a decidere quale ministro dovrà uscire dalla casa. Oppure un altro trasferimento del G8. Non a Roma, non in Sardegna, non in Abruzzo. In discoteca! I colloqui tra i leader avverranno sulla pista da ballo, mentre ministri e diplomatici si divincolano sui cubi, battendo le mani ("Rock the World, Baby!").

Sì, questa è una buona idea. Il mondo, visto quello che sta passando, ha bisogno d'allegria. Di questa materia prima, siamo i più grandi produttori mondiali. Vendiamola cara, al prezzo del petrolio.

(Dal Corriere della Sera, 30 aprile 2009)

Cifre da un matrimonio



Fonte: Corriere
LA FIRST LADY «SONO UNA DONNA ORAMAI ABITUATA ALLA SOLITUDINE»
Veronica, tormento e affondo
«Prima o poi penserò a me». Lo sfogo: lotto per i ragazzi. La «sorpresa» di Marina e Piersilvio

MILANO - È l’ora, in parti colare, ad aver stupito tutti: le 22 e 38. Chi la conosce bene, sa che i colpi di testa non appartengo no a Veronica Lario. E invece, quel comunicato inviato all’An sa a tarda sera, dimostrerebbe l’esatto contrario. Ecco perché molti si sono chiesti che cosa possa aver scate nato l’irritazione improvvisa del la moglie del presidente del Con siglio. Arrivati a questa fase del la vicenda, sono rimasti in pochi a credere al movente della gelo sia. Al di là delle foto ufficiali e dei servizi posati e concordati— come quello a Portofino con tut ta la famiglia allargata — per i Berlusconi il Mulino Bianco sem bra essere un’idea oramai sbiadi ta. D’altronde, da anni Veronica Lario coltiva con passione la sua immagine di donna forte, anti conformista e intellettualmente indipendente, anche rispetto al marito. Basta ricordare le sue di chiarazioni su alcune vicende pubbliche, come la fecondazio ne assistita o il caso Englaro. E per questo appare difficile imma ginare che possa ancora ingelo sirsi per le boutade o le iniziati ve folcloristiche di Silvio Berlu sconi. Lei stessa nella sua lettera pubblica del 31 gennaio 2007 scriveva: «Nel corso del rappor to con mio marito ho scelto di non lasciare spazio al conflitto coniugale, anche quando i suoi comportamenti ne hanno creato i presupposti».

Allora la lite fu composta con le pubbliche scu se del consorte, che misero a ta cere anche le insistenti voci di di vorzio. Poi arrivò la «trasforma zione » di Veronica: capelli mossi e non più lisci, abiti colorati neo-folk, l’adorato nipotino Ales sandro, il figlio di Barbara, esibi to con orgoglio. E spesso accan to, per un improvviso restyling familiare, Silvio Berlusconi. Tutto inutile. La tregua appa rente è stata rotta l’altro ieri da quel comunicato carico d’ira e d’indignazione. E nulla esclude che Veronica possa rendere an cora più esplicito il conflitto e abbandonare le convenienze. Sa rebbe nel suo stile. A infastidir la, stavolta, l’improvvisata di Berlusconi a Napoli, alla festa di 18 anni di Noemi Letizia. In un momento delicato in cui forse lei avrebbe preferito che il mari to rimanesse a casa, magari ac canto alla figlia Barbara, al setti mo mese di gravidanza, in atte sa del secondo bambino. Ma in tanto chi conosce bene i Berlu sconi sa che vivono da anni in case diverse: Veronica a Mache rio, Silvio ad Arcore. Difficili da credere, dunque, le frequenti battute del premier su episodi di quotidianità familiare.

Alle amiche più care, poche e selezionate, la riservatissima Ve ronica avrebbe più volte confida to la sua solitudine: «Abbiamo esistenze separate. Io sono una donna oramai abituata alla soli tudine. Ma per fortuna mi onora e mi rafforza il mio ruolo di mamma e di nonna. È per i miei figli che vivo. E combatto. A me? Ci penserò solo quando tutto sa rà a posto». Una frase sibillina. Che però, chi la conosce bene, interpreta nell’ottica della grande questio ne, tuttora irrisolta, della sparti­zione ereditaria. Aspetto che sa rebbe pesantemente dietro la sua esternazione di martedì se ra. Il futuro manageriale e patri moniale dei suoi tre figli — Bar bara, Eleonora e Luigi — sta par­ticolarmente a cuore a Veronica Lario. Che spesso avrebbe mani festato i suoi timori di vederli pe­nalizzati rispetto a Marina e Pier silvio, nati dal primo matrimo nio del Cavaliere con Carla Elvi ra Dall’Oglio. È la Fininvest, la «cassaforte» di famiglia, ad esse re al centro della contesa. C’è poi da definire l’eredità patrimonia le di Berlusconi. Nel 2006 è stato assegnato a ognuno dei tre figli avuti da Veronica Lario il 7,6 per cento di Fininvest. Ma c’è anco ra da fare. Sia per quanto riguar da il 63 per cento del gruppo an cora in mano al Cavaliere, sia per stabilire chi comanderà dav vero domani. Ciò nonostante, se condo indiscrezioni, Marina e Piersilvio ieri avrebbero accolto con sorpresa la dichiarazione al l’Ansa di Veronica.

Infine, un’altra questione di fondo riguarderebbe l’esito di un’eventuale separazione. Di qui quel «poi penserò a me», spesso ripetuto alle amiche. Si dice in fatti che la sua lettera pubblica del gennaio 2007 avrebbe dato il via a una sorta di «lodo» (smenti to dall’avvocato del premier, Nic colò Ghedini) che prevedereb be, in caso di separazione, una diversa e più cospicua sistema zione patrimoniale per Veronica Lario. Fin qui le ipotesi. Resta il ge sto di grande rottura scelto dalla signora Berlusconi. Rispetto al quale sono arrivati, naturalmen te, apprezzamenti da sinistra. Ad esempio quello di Giovanna Me landri. Ma il «popolo» azzurro ha gradito davvero poco. Ieri, in fatti, il sito del Pdl è stato bom bardato con email d’ira e di pro testa. Il bersaglio, si capisce, era lei, Veronica. Il capo d’imputazio ne: ha danneggiato l’immagine del premier. E così c’è chi, come Andrea, scrive: «Caro Presiden te, dica a sua moglie di compor tarsi da vera first lady e di accom­pagnarLa nei suoi viaggi istitu zionali come fanno le altre. Altro che comunicati indignati».

Angela Frenda

Ecco, mi avete fatto incazzare Papi!

Oddìo, quando non è truccata da professionisti la Noemi qualche pecca la mostra e come.


Quello che fa sorridere è che nell'italietta berlusconiana il "sogno" ha ormai preso il posto della realtà. Uno Stato allo sfascio, un'economia in rovina, nessuna possibilità di un lavoro degno per i giovani di almeno 5 delle più popolose regioni del paese (Puglia, Calabria, Campania, Sicilia e per ovvi motivi Abruzzo) e poi alla gente non solo non fa effetto che una sbarbina di 18 anni si permetta di dire "mi interessa anche la politica vedrà papi Silvio". È vero che la fanciulla ha "solo" 18 anni, ma se ha l'età per andare a sculettare malamente in tv allora può anche per stare attenta alle stupidaggini dette ai giornali. Se poi i genitori, veri morti di fama come direbbe D'Agostino sono tutti contenti. Béh, francamente, cazzi loro.
Eppure il popolo, ebete, gioisce, anche perché non esiste nulla dall'altra parte, nella sedicente opposizione, dove Franceschini ha appena lodato la Carfagna "che è preparata". Scusi Franceschini, ma cos'ha fatto il Ministro? Politicamente dico. Magari Lei crede che con queste affermazioni vuote si recuperano voti? Guardi i voti si recupereranno facendo lavoro sul territorio. Candidando gente giovane e preparata e non cariatidi. Ce ne sono anche in Italia, sa? Lo so che forse Le sfugge, ma incredibilmente è così.
Il popolo sarà anche bue, ma "cime" in quella che dovrebbe essere l'elite, non se ne vedono. E non è grave che Berlusconi ne approfitti, almeno lui è coerente. È grave che glielo lascino fare. Il giochino è sempre lo stesso: spararle grosse per vedere l'effetto che fa e poi eventualmente ritirarsi o negare. Sono 15 anni che va avanti così e i geni del centrosinistra non lo hanno ancora capito?

Fonte: Corriere.it
La mamma di Noemi irritata . «Squallore sulla mia bimba». La famiglia della teenager al centro del caso

«Voglio fare politica. Con papi cantiamo le canzone di Scugnizzi»
NAPOLI - Noemi non risponde più al cellulare. Se non riconosce il numero lascia squillare, o al massimo risponde una voce maschile che gentilmente dice: «Noemi non c'è», come se fosse credibile che una ragazzina di 18 anni si separi per ore dal suo cellulare e dai messaggini e tutto il resto, e pure dalla rubrica su cui è memorizzato il numero diretto di papi, come lei chiama Berlusconi.

Deserta pure la sua bacheca su Facebook, fino all'altro giorno piena di «botta e risposta» tra lei e suoi tantissimi amici. La stessa voce maschile ricompare implacabile pure al telefono di casa. Ma siccome quest'uomo pure avrà bisogno di allontanarsi un attimo, ecco che per una volta risponde la mamma di Noemi, la signora Anna. Che però ha perso la disponibilità del primo giorno, quando raccontava pure lei di papi e delle apparizioni televisive della figlia. E chiederle un commento alle parole di Veronica Lario è un modo sicuro per farla indispettire: «Ma perché dovete trasformare in un affare squallido una cosa che ha fatto tanto felice la mia bambina? Non lo so perché la signora Lario ha detto quelle cose. Mi dispiace che le abbia dette, ma non ho idea del perché l'abbia fatto. Se conosco anche lei come conosco Silvio? Arrivederci». Clic. Fine delle comunicazioni. Per tutto il resto della giornata risponde sempre il body guard telefonico, e di essere ricevuti a casa un'altra volta non se ne parla nemmeno.

Nessuno, quindi, che racconti come Berlusconi sia diventato amico della famiglia Letizia, mamma Anna, papà Benedetto e Noemi, che aveva un fratello morto sette anni fa in un incidente stradale. Benedetto ha commentato con qualche conoscente la visita del premier al compleanno di Noemi dicendo che lo ha fatto «per la nostra antica amicizia». Berlusconi dice che lui quell'uomo lo conosce da anni: «È un vecchio socialista, era l'autista di Craxi». Ma si sbaglia, assicura chi l'autista di Craxi lo conosceva bene. Come Bobo, il figlio: «L'autista di mio padre si chiamava Nicola, era veneto ed è morto». Pure due socialisti napoletani che furono in auge nell'era pre-tangentopoli, Giulio Di Donato e Silvano Masciari, escludono che Craxi, anche nelle sue visite a Napoli, abbia mai avuto un autista che si chiamava Benedetto Letizia. Quindi Berlusconi proprio si confonde. Benedetto Letizia fu effettivamente molto vicino al Psi, però non ha mai fatto l'autista ma sempre l'impiegato comunale. E lo faceva anche nel febbraio 1993, quando fu arrestato con l'accusa di peculato e concussione per una tangente da 35 milioni. Una vicenda giudiziaria ormai estinta, e lui, dopo tre sospensioni, nel 2007 è tornato definitivamente a lavorare al Comune di Napoli.

Fulvio Bufi

Reducing House

mercoledì, aprile 29, 2009

Quello che pensa Paolo Guzzanti.

Fonte: paologuzzanti.it

ESCLUSIVA: I PIANI SEGRETI DI BERLUSCONI Stroncare questa legislatura grazie al referendum o alle riforme elettorali e costituzionali, sostituire quasi tutti i suoi deputati con ragazzini clonati, essere eletto al Quirinale dalle nuove Camere e di lì guidare governi di suoi fidati come la Gelmini o Alfano, raggiungere il 51 per cento mettendo la Lega in un angolo e umiliare Fini stroncandone le aspettative. Quanto ai tempi, tutto dipende dall’erosione o dalla stabilità del consenso.
8 Aprile 2009
Le informazioni e le ipotesi che seguono sono frutto di una serie di colloqui con amici di Forza Italia con accesso diretto alle fonti. Queste informazioni invitano a concludere che l’attuale legislatura è destinata a morire in anticipo rispetto ai tempi, affinché i piani di Silvio Berlusconi possano realizzarsi.

Berlusconi ha vari problemi e una soluzione unica per tutti: elezioni anticipate stroncando l’attuale legislatura, malgrado la maggioranza bulgara di cui dispone.

Come è possibile? Basta guardare i fatti.

Primo: questo Parlamento non è quello che eleggerà il prossimo Presidente della Repubblica. Dunque se Berlusconi vuole diventare capo dello Stato, deve aspettare il prossimo Parlamento. Ma il prossimo Parlamento sarà eletto soltanto fra quattro anni e Berlusconi sa che quattro anni di crisi economica sono lunghi e corrosivi. Oggi è al massimo del consenso, ma nessuno può dire che cosa accadrà fra quattro anni. Anzi, secondo le previsioni più ragonevoli, un governo che affronti una dura crisi economica, secondo quanto insgna la storia europea, alla fine perde le elezioni, o comunque raccoglie meno consenso di quello che aveva avuto all’origine.

Altro problema: l’espansione della Lega Nord che in regioni come il Veneto marcia verso il 40 per cento.

E ancora: la concorrenza di Fini che ha preso seriamente le distanze da lui, candidandosi come futuro leader del centro destra. Berlusconi non vuole che, quando e se salirà al Quirinale, governi Fini. Vuole che governi uno dei suoi: presumibilmente Alfano o la Gelimini. Berlusconi pensa di usare il settennato al Quirinale per seguitare ad avere un ruolo di comando sulla politica e i governi, scegliendo un primo ministro proveniente dalla sua nidiata e che esegua i suoi ordini, creando così di fatto un sistema presidenzialista alla francese, con un Presidente con ampi poteri e un primo ministro più o meno sottomesso. Come fare? occorre stroncare questa legislatura.

Ma come si fa a stroncare una legislatura in cui ha già la maggioranza assoluta?

In due modi: facendo in modo che il referendum abbia successo e vinca, oppure - se il referendum fallisce - attuando riforme costituzionali che costringano il Capo dello Stato a prendere atto del fatto che sono state approvate nuove regole che delegittimano le vecchie e che richiedono dunque elezioni generali anticipate.

Al Congresso di unificazione le prime file sono state occupate da giovani che saranno i deputati della prossima Camera, tutti berluscones intorno ai 30 anni, tanti carfagnini e carfagnine d’allevamento, di bella presenza e cresciuti in batteria nel pollaio del berlusconismo più puro.

Questi giovani riempiranno il prossimo Parlamento e circa l’80 per cento degli attuali parlamentari saranno licenziati. Questa conclusione è stata valutata da tutti come il risultato anche scenografico della scelta di relegare alle terze e quarte file gli attuali politici, privilegiando una generazione clonata e pronta ad eseguire con gioiosa passività gli ordini del capo. Sono giovani che non hanno mai conosciuto la vera politica, la democrazia, i partiti, le idee e le ideologie. Sono ragazzi opachi e entusiasti che recitano il breviario berlusconiano come un catechismo e sono ambiziosi, carrieristi e animati da uno spirito di pura adorazione del leader.

Se il referendum dovesse funzionare, sarebbe facile per Berlusconi chiedere al capo dello Stato di concordare un calendario che conduca allo scioglimento di un Parlamento ormai delegittimato.

Berlusconi vuole anche sconfiggere la Lega Nord dando seguito all’annuncio fatto: lui vuole il 51 per cento, da solo e senza Lega.

Il che significa: Noi vogliamo governare con una maggioranza assoluta che non abbia bisogno di voi.Che poi Berlusconi abbia usato parole di delirante amore per la Lega non significa nulla. L’obiettivo è renderla non indispensabile.

Se il referendum fallisse non raggiungendo il 51 per cento, ci sono le riforme istituzionali e elettorali che possono rendere l’attuale Parlamento delegittimato da nuove regole. Berlusconi non ha fretta: segue i sondaggi e vede come va il trend: finché è stabile o in salita, condensa le cose da fare, aspettando la prova delle regionali del prossimo anno.

Ma se dovesse emergere una tendenza al ribasso che lasci prevedere un declino del PDL e una sua erosione veloce, Berlusconi è pronto a giocare il tutto per tutto: approvare leggi elettorali e istituzionali alla svelta e correre al Quirinale. Occorre naturalmente che Napolitano sia della partita, ma il Capo dello Stato non ha molte alternative.

Se il piano funzionerà, Berluscni di fatto governerà l’Italia non solo per quel che resta di questa legislatura, ma di fatto anche durante il settennato quirinalizio, guidando governi di gente sua e relegando le ambizioni di Fini alla soffitta dei sogni.

Non è una strada tutta in discesa: Berlusconi deve fare i conti con Lega e AN, è una partita dura e complessa, che prevede fra l’altro una tenuta flebile ma non rovinosa del PD di cui Berlusconi ha bisogno come elemento legittimatore. Questa è la ragione per cui PDL e PD d’accordo hanno voluto impedire che alle europee i piccoli partiti fossero rappresentati: grazie allo sbarramento al 4 per cento, il PD può fare il pieno dei voti di sinistra, senza mostrare per intero tutta la sua crisi e questo è un favore che Berlsusconi ha reso prima a Veltroni e poi a Franceschini.

Inutile dire che noi ci batteremo affinché tutto ciò non accada e che non si instauri una riforma costituzionale cesarista mascherata. Ma saranno anni di dura battaglia per la difesa della democrazia parlamentare

Papi il cazzaro

BOBO CRAXI, AUTISTA MIO PADRE? ERA UN ALTRO, NON PADRE NOEMI
(V. 'BERLUSCONI, FESTA DI NOEMI? SUO PADRE ERA...' DELLE 16.34)
Fonte (ANSA) - ROMA, 29 APR - "Cado dalle nuvole. L'autista di mio padre si chiamava Nicola, era veneto, ed è morto da qualche anno. Io questa Noemi e suo padre non li conosco davvero...".
Bobo Craxi, il figlio del leader socialista scomparso, commenta così la notizia secondo la quale il padre di Noemi Letizia, la giovane napoletana che il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è andato a trovare per i suoi 18 anni, fosse la
figlia dell'autista di suo padre.
"E' comunque possibile che mio padre c'entri qualcosa - ironizza Bobo Craxi - perché in Italia ogni volta che c'é un mistero mio padre c'entra sempre...".(ANSA).

Io non c'ero e se c'ero guardavo altrove



Da notare la vigliaccheria del povero vigile:
"Lei è testimone".
"No, io non sono testimone di niente" (Come sarebbe, stai lì davanti a una telecamera e ti tiri indietro?)

Cavi Italiani!

Sua altezza il principe Emanuele, candidato, en passant, di un partito repubblicano



EMANUELE FILIBERTO CON UDC:CONOSCO METÀ DEI CAPI STATO UE...

Fonte (Apcom) -

"Parlo cinque lingue, conosco personalmente la metà dei capi di stato europei e dell'altra metà sono parente...". Si presenta così Emanuele Filiberto di Savoia, nella sua prima conferenza stampa a Montecitorio da candidato dell'Udc alle prossime elezioni europee.

"E' stata una scelta molto riflettuta - spiega il nipote dell'ultimo re d'Italia - ci siamo incontrati più volte con Casini e Cesa...". Ma poi, racconta, non ha avuto dubbi: "L'Udc è un partito di centro e moderato e come me difende la famiglia e i valori cristiani". Lo slogan che porterà in campagna elettorale sarà "I valori per l'Italia, per il futuro dell'Europa" e, promette il principe, girerà "nei caffè, nei mercati, nelle discoteche" ma anche "su facebook": "La mia sarà una campagna elettorale moderna".

Quanto al recente successo nella trasmissione televisiva 'Ballando con le stelle', Emanuele Filiberto afferma: "Non sono il primo, né sarà l'ultimo ad aver 'bucato' il video. La televisione è importante, ti porta davanti agli italiani.
Guardate Obama...". E sulle giovani attrici e soubrette candidate con il Pdl non si sbilancia: "Sono scelte di Berlusconi.
Sicuramente avrà un buon motivo per farle...".



PDL E EUROPEE: FUORI «LA ROSSA» SOZIO, DENTRO L'ATTRICE ED EX TRONISTA FERRANTI...

Fonte "Corriere.it" -

In casa Pdl è tutto un rincorrersi di voci, conferme e smentite sulle possibili candidature alle Europee di giugno e sui "volti noti" annunciati dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Le liste dovranno essere presentate entro mercoledì mattina e fino a quel momento i coordinatori Ignazio la Russa e Denis Verdini lavoreranno a ritmi serrati, nel loro ufficio di dell'Umiltà, per risolvere gli ultimi nodi.

I nomi dati quasi per certi sono quelli di Barbara Matera (ex annunciatrice Rai) e Camilla Ferranti (ex tronista di Uomini e donne e protagonista di Incantesimo). Non dovrebbero invece trovare spazio, a meno di sorprese dell'ultima ora, Eleonora Gaggioli (già attrice in Elisa di Rivombrosa) e Angela Sozio («la rossa» che partecipò all'edizione numero tre del Grande Fratello).

In pole position ci sarebbero poi altre tre o quattro giovani scelte tra quelle che hanno partecipato al corso di formazione che si è tenuto la scorsa settimana a via dell'Umiltà. Tra queste Cristina Ravot, giovane cantante sassarese, Rachele Restivo, giornalista tv, e Laura Comi. Gli apparati di partito cercano di non far escludere «gli uscenti»: dovrebbero essere «recuperati» i vari Bonsignore, Iva Zanicchi, Albertini, Gargani, Zappalà, Antoniozzi.

Alcune delle deputate "precettate" dal premier, inoltre, dovrebbero correre per l'Europarlamento, per poi rinunciare una volta elette. Fra loro Gabriella Giammanco e Laura Ravetto, mentre sono in forse Annagrazia Calabria e Beatrice Lorenzin. Per An ci saranno sicuramente in lista Roberta Angelilli e Cristiana Muscardini, mentre si rincorrono le voci del possibile inserimento della figlia di Guido Bertolaso.

DOPO LE EUROPEE IL MINI-RIMPASTO IN CASA PDL...

fonte Affaritaliani.it -
Ci siamo. Il mini-rimpasto di governo è ormai pronto. Secondo quanto Affaritaliani.it ha appreso da fonti parlamentari del Popolo della Libertà - salvo colpi di scena - dopo le elezioni europee e prima della pausa estiva ci sarà la promozione a ministro del Turismo di Michela Vittoria Brambilla e a ministro della Salute di Ferruccio Fazio. Entrambi in quota Forza Italia. Non solo. Promozione in vista anche per un altro azzurro. Paolo Romani diventerà viceministro con delega alle Comunicazioni, sempre all'interno del dicastero dello Sviluppo Economico. E le altre componenti della maggioranza? Per Alleanza Nazionale è in arrivo il ruolo di vice con la responsabilità del Commercio Estero per Adolfo Urso. Infine la Lega. Come più volte richiesto da Umberto Bossi, Roberto Castelli sarà viceministro alle Infrastrutture con una speciale delega per il Nord e l'Expo del 2015.

Papi chulo

Ma che scherzi? Una così dà una festa e tu non ci vai?




Fonte: corriere.it

Ecco la bella Noemi, la diciottenne
che chiama Berlusconi «papi»
«Per me Silvio è un secondo papà: mi telefona e lo raggiungo. Poi insieme cantiamo le canzoni di Scugnizzi»

Dal nostro inviato
PORTICI — Il suo motto è «Amali tutti, ma non sposar nessuno». Noemi Letizia è una statuaria ragazza, di scintillante bellezza, figlia di un dipendente comunale di Napoli del settore fognature e di una bella signora di Portici, ex miss Tirreno, titolare di un negozio di cosmetici a Secondigliano che le fa da assistente-ombra. È per i diciotto anni di Noemi che Silvio Berlusconi è atterrato in gran segreto a Capodichino domenica sera e ha raggiunto il locale sulla circumvallazione di Casoria dove la festeggiata aveva radunato un centinaio di invitati.



Nell’appartamento di via Libertà a Portici Noemi ci accoglie in cucina, benché si faccia trovare già pronta, in abito lungo e capelli sistemati a boccoli dal parrucchiere, per la trasmissione tv «Stelle emergenti», condotta da Francesca Rettondini, che tutti i martedì su TeleA la impegna come ballerina-valletta-showgirl. «È stata la sorpresa più bella, quella di papi Silvio».

Noemi, lei chiama ‘‘Papi’’ il presidente Berlusconi?
«Sì, per me è come se fosse un secondo padre. Mi ha allevata».

Ha mai conosciuto qualcuno dei figli del Cavaliere?
«No, mai. Anche se lui mi ripete che gli ricordo Barbara, sua figlia. Che ora studia in America».

Com’è nata la vostra amicizia?
«È un amico di famiglia. Dei miei genitori». «Diciamo», interviene mamma Anna, «che l’ha conosciuto mio marito ai tempi del partito socialista. Ma non possiamo dire di più».

Non capita a tutte le belle ragazze di ritrovarsi il presidente del Consiglio alla festa di compleanno?
«Infatti, io alla mia non l’aspettavo. È stata una vera sorpresa. Né ho mai raccontato in giro di questa amicizia così forte con Papi Silvio. Nessuno mi avrebbe creduta. Ora, invece, l’hanno visto tutti...»

Cosa le ha regalato?
«Una collana d’oro con un ciondolo».

Berlusconi è sempre stato presente alle sue feste di compleanno?
«No, ma non mi ha mai fatto mancare le sue attenzioni. Un anno, ricordo, mi ha regalato un diamantino. Un’altra volta, una collanina. Insomma, ogni volta mi riempie di attenzioni».

Suo padre non è geloso?
«Assolutamente no. È devotissimo di Papi Silvio».

E la mamma?
«Assolutamente no», risponde la signora Anna, «e poi gelosi di chi, di Silvio?». In cameretta, incorniciata, anche una foto con dedica del premier: "Ad Anna con gli auguri più affettuosi - 20 novembre 2008 - Silvio Berlusconi».

Noemi, lei frequenta il quarto anno della scuola per grafici pubblicitari?
«Sì, la Francesco Saverio Nitti di Portici e sono la prima della classe. La mia insegnante di italiano dice che ho inventato il ‘‘metodo letiziano’’: ho una grande capacità espressiva. Mi piace molto studiare».

Sa chi fu Nitti?
«Nitti...Nitti... Lo abbiamo anche studiato a scuola».

Fu un grande meridionalista e presidente del Consiglio.
«Ah, sì».

Cosa vorrà fare da grande?
«La showgirl. Ho studiato danza, ho iniziato a 6 anni. Ora sto seguendo un corso per guida turistica: al Maggio dei Monumenti sarò impegnata nel Duomo di Napoli. Mi interessa anche la politica. Sono pronta a cogliere qualunque opportunità, a trecentosessanta gradi. Ma non scenderò mai a compromessi».

Sa che ha provocato una fiammante polemica il fatto che Berlusconi vorrebbe candidare letterine e donne dello spettacolo alle europee?
«Fa bene, vuole ringiovanire. E poi se Papi pensa di fare così, stia certo che non sbaglia. Sceglie queste ragazze perché intelligenti e capaci. Non solo perché belle. Il mio motto in politica sarà: ‘‘Meno tasse, più controlli’’. Basta con i furbi che non rispettano le regole».

Lei vuole diventare showgirl e avviarsi all’attività politica. E lo studio?
«Papi Silvio mi ripete sempre che la prima cosa è studiare. Lo sa che ha fondato una università a Milano? L’anno prossimo vorrei frequentarla. Mi iscriverò a scienze politiche».

Noemi, lei ha girato anche un cortometraggio?
«Si chiama Scaccomatto. È stato presentato a Venezia a dicembre scorso. Io interpreto il ruolo della fidanzata di un politico. È tutta una storia di mafia, di intrighi, di caccia ad un diamante».

Insomma, una trama di grande attualità. Torniamo a Berlusconi?
«Lo adoro. Gli faccio compagnia. Lui mi chiama, mi dice che ha qualche momento libero e io lo raggiungo. Resto ad ascoltarlo. Ed è questo che lui desidera da me. Poi, cantiamo assieme».

Quali canzoni?
«Non ricordo il titolo della sua preferita: aspetti che vedo sui suoi cd. Li ho tutti. Ma come fa quella... ‘‘Mon amour, lalalala’’»

Lei quali canzoni preferisce?
«A me piace la musica italiana. Non le canzoni classiche. I miei cantanti preferiti sono Laura Pausini, Tiziano Ferro, Nek. E poi c’è la colonna sonora di Scugnizzi, che io canto spesso con Papi Silvio al pianoforte o al karaoke».

Mi racconta qual è la sua barzelletta preferita tra le tante che il premier le racconta?
«Vi sono due ministri del governo Prodi che vanno in Africa, su un’isola deserta, e vengono catturati da una tribù di indigeni. Il capo tribù interpella il primo ostaggio e gli propone: ‘‘Vuoi morire o bunga-bunga?’’. Il ministro sceglie: ‘‘bunga-bunga’’. E viene violentato. Il secondo prigioniero, anche lui messo dinanzi alla scelta, non indugia e risponde: ‘‘Voglio morire!’’. Ma il capo tribù: ‘‘Prima bunga-bunga e poi morire».

Nei momenti di relax, Berlusconi cosa le confida?
«Fa tanto per il popolo. È il politico numero uno. Non dorme mai. Io non riuscirei a fare la sua stessa vita. Quando vado da lui ha sempre la scrivania sommersa dalle carte. Dice che vorrebbe mettersi su una barca per dedicarsi alla lettura. Talvolta è deluso dal fatto che viene giudicato male. Io lo incoraggio, gli spiego che chi lo giudica male non guarda al di là del proprio naso. Nessuno può immaginare quanto Papi sia sensibile. Pensi che gli sono stata vicinissima quando è morta, di recente, la sorella Maria Antonietta. Gli dicevo che soltanto io potevo capire il suo dolore».

Perché?
«Ho perso un fratello, Yuri, sette anni fa. A causa di un incidente stradale. Ora è il mio angelo custode».

Noemi, per quale squadra tiene?
«Sono patriottica, tifo Napoli. Poi, la mia seconda squadra è il Milan».

Noemi, quando la vedremo in politica, alle prossime regionali?
«No, preferisco candidarmi alla Camera, al parlamento. Ci penserà Papi Silvio».

Angelo Agrippa

La festicciuola incriminata



Fonte:la Repubblica
Berlusconi, blitz sui rifiuti ma prima va alla festa di Noemi. La visita del premier: party a Casoria per il compleanno di una diciottenne
di Conchita Sannino

Mezzanotte in una villa kitsch di Casoria. Ricevimento per un centinaio di persone, quasi tutte under 25. Con sorpresa. Già, perché alla festa di compleanno di domenica sera a "Villa Santa Chiara" sulla Circumvallazione esterna, ecco spuntare, d´improvviso, Silvio Berlusconi. La festa era un omaggio a tale Noemi L. Frequentazione di passerelle campane, nel futuro aspirazioni artistiche, alle spalle un papà imprenditore evidentemente amico del premier.

È il retroscena, da tenere riservato, della quattordicesima visita del presidente del Consiglio a Napoli, sintetizzata poi in una riunione sul caso rifiuti di appena 40 minuti, ieri, in prefettura. A tal punto era consigliato il riserbo che, appena entrato nel palazzo di governo, alle 10, lo staff del presidente del Consiglio ha chiesto a funzionari e uffici stampa: «Non è mica uscito qualcosa sulla festa privata dov´è stato il presidente?».

Più che una visita, un blitz. Al vertice istituzionale c´erano il prefetto Alessandro Pansa, il sottosegretario Guido Bertolaso con il suo vicario, il generale Franco Giannini. Tra gli ospiti in attesa nei corridoi della prefettura anche il direttore del Mattino, Mario Orfeo. Un incontro di cui persino negli uffici istituzionali, fino alle 21 di domenica, si ignoravano obiettivo e urgenza. Sul tema rifiuti, d´altra parte, il Cavaliere, assorbito da più urgenti fronti, non aveva da consegnare annunci clamorosi. «Acerra funziona benissimo, l´inquinamento è vicino allo zero», ha ripetuto Berlusconi contestato tuttavia da poche persone in piazza.

Poco prima, il premier aveva animato un siparietto sarcastico anti magistratura, dopo alcuni scambi con Pansa e con il prefetto Franco Malvano (ex parlamentare Pdl, oggi responsabile sicurezza degli impianti). Quest´ultimo è stato citato nella recente requisitoria di un pm anticamorra, Paolo Itri, per una sua presunta presenza a un vertice tra alcuni boss, oltre vent´anni fa: un summit dopo il quale l´allora vicequestore si sarebbe limitato ad arrestare solo uno dei presenti. «Magistrati che cercano il protagonismo», avrebbe commentato il premier. Ma Malvano, interpellato, taglia corto: «Ma no, abbiamo solo parlato di rifiuti».

Berlusconi insiste: «La gestione del ciclo sta per essere completata secondo il piano Bertolaso». Tra un mese aprirà anche la discarica di Terzigno. Ma su questo, il presidente del parco nazionale del Vesuvio, Ugo Leone, annuncia un doppio ricorso: al Tar e all´Unione europea. L´idea dello sversatoio sul vulcano era stata già criticata da Bruxelles.

Che cosa resta dunque, della speciale sortita partenopea numero 14? La festa per Noemi, il premier applaudito dalle sue giovani amiche e dai genitori di lei. E poi il rientro, quasi all´una e mezza di notte all´hotel Vesuvio, dove Berlusconi incontra il presidente del Napoli, Aurelio De Laurentiis, tra abbracci e pacche sulle spalle. «Abbiamo vinto», gli fa festa il patron del Milan.

Tra gli invitati all´hotel, anche stavolta, la prediletta candidata di Fuorigrotta, Francesca Pascale, esile e bionda napoletana che corre nel collegio di Posillipo per le provinciali. Esclusi tanti altri, da Luigi Cesaro, candidato alla Provincia, al sottosegretario Nicola Cosentino. Parlamentari ed esponenti del Pdl campano tenuti fuori dalla breve sosta. Il sindaco di centrodestra di Casoria, Stefano Ferrara, pur rimasto fuori da Villa Santa Chiara, era così orgoglioso quando ha saputo che Berlusconi aveva trascorso una piacevole serata sul "suo" suolo. Casoria come Portofino, per una notte almeno.

martedì, aprile 28, 2009

La compagna Veronica



Fonte La Repubblica

La moglie del premier attacca dopo l'articolo su "Fare Futuro"
"Io e i miei figli siamo vittime e non complici di questa situazione"
Veronica Lario: "Le veline candidate?
"Ciarpame senza pudore per il potere". Difende il ruolo delle donne nella politica "da Nilde Jotti alla Prestigiacomo". "Ma qui emerge la sfrontatezza e la mancanza di pudore"

ROMA - "Ciarpame senza pudore". Il vaso si è colmato di nuovo e Veronica Lario esplode come già fece alla fine di gennaio di due anni fa con la famosa lettera a Repubblica. Questa volta, la moglie del premier attacca sull'uso delle candidature delle donne che a suo avviso si sta facendo per le elezioni europee.

Questa volta, Veronica Lario ha deciso di mettere per iscritto in una mail - in risposta ad alcune domande poste dall'Ansa sul dibattito aperto dall'articolo pubblicato ieri dalla Fondazione Farefuturo - il suo stato d'animo di fronte a ciò che hanno scritto oggi i giornali sulle possibili candidate del Pdl alle europee. "Voglio che sia chiaro - spiega - che io e i miei figli siamo vittime e non complici di questa situazione. Dobbiamo subirla e ci fa soffrire".

Alla domanda su cosa pensa del ruolo delle donne in politica, alla luce delle polemiche di queste ore, Veronica Lario risponde che "per fortuna è da tempo che c'è un futuro al femminile sia nell'imprenditoria che nella politica e questa è una realtà globale. C'è stata la Thatcher e oggi abbiamo la Merkel, giusto per citare alcune donne, per potere dire che esiste una carriera politica al femminile".

"In Italia - aggiunge la moglie del presidente del Consiglio - la storia va da Nilde Jotti e prosegue con la Prestigiacomo. Le donne oggi sono e possono essere più belle; e che ci siano belle donne anche nella politica non è un merito nè un demerito. Ma quello che emerge oggi attraverso il paravento delle curve e della bellezza femminile, e che è ancora più grave, è la sfrontatezza e la mancanza di ritegno del potere che offende la credibilità di tutte e questo va contro le donne in genere e soprattutto contro quelle che sono state sempre in prima linea e che ancora lo sono a tutela dei loro diritti".

"Qualcuno - osserva Veronica Lario - ha scritto che tutto questo è a sostegno del divertimento dell'imperatore. Condivido: quello che emerge dai giornali è un ciarpame senza pudore, tutto in nome del potere".

La signora Berlusconi prende anche l'iniziativa di parlare della notizia, pubblicata oggi da la Repubblica, secondo cui il premier sarebbe stato domenica notte in una discoteca di Napoli a una festa di compleanno d'una ragazza di 18 anni: "Che cosa ne penso? La cosa mi ha sorpreso molto, anche perchè non è mai venuto a nessun diciottesimo dei suoi figli pur essendo stato invitato".

Berlusconi: "Candidature inventate". LE proprio poche ore prima, lo stesso premier era intervenuto da Varsavia sul tema sollevato da "Fare Futuro". Berlusconi definisce "deludenti" le polemiche sulle "soubrette" nelle liste del Pdl: "Le candidature che ho letto sui giornali sono quasi tutte inventate. E' veramente assurdo - continua - che se una persona ha una o due lauree e conosce due o tre lingue, per il solo motivo che sia stato in tv o abbia fatto cose nell'informazione o nello spettacolo sia da considerarsi preclusa per quanto riguarda la politica".

Il premier si lamenta delle critiche: "Si dice sempre che si vuole il 50 per cento di donne. Poi quando vai a prendere candidate, che non ho scelto io, e che vengono a fare un corso, per il semplice motivo che hanno un aspetto gradevole si polemizza. È Una delusione totale. Escludo comunque che ci sia qualche candidata che non sia stata attiva in An o in Forza Italia". Berlusconi 'sponsorizza' però uno dei nomi usciti sulla stampa. "Sono supporter di Lara Comi, è bravissima".

Non sapeva ancora che Veronica Lario era pronta a lanciare il suo secondo grande attacco.

Disturbed?



Sempre la stessa storia: LEi non sa chi sono io... la Carlucci a un convegno e la risposta del giornalista Alessandro Gilioli sul suo blog piovono rane, sull'Espressonline

AIUTATE L'ONOREVOLE CARLUCCI

Come impressione a caldo sull’incontro che c’è stato oggi alla Camera sulla legislazione per la Rete posso solo dire che la Carlucci non sta affatto bene.

No, dico davvero: aggredisce, urla, s’incazza con chiunque, a un certo punto mi ha augurato che mio figlio venga adescato dai pedofili su Facebook (giuro). Poi ha raccontato che lei passa le sue giornate alla polizia postale cercando di rintracciare chi la insulta on line. Mamma mia, mi dispiace.

Lo so che bisogna ridurre i costi della politica, ma una distribuzione mirata di benzodiazepine alla Camera sarebbe molto opportuna. Io non ho capito com’è che la mandano in giro. No davvero, non è questione di destra o di sinistra, è questione di Tso. Va beh.

Quanto agli altri, giudicate voi, se avete voglia di sciropparvi il video. A me pare che Palmieri, Cassinelli e Melandri abbiano detto cose più o meno condivisibili, ma comunque sono ragionanti, e quindi in confronto a Carlucci hanno giganteggiato. Il radicale Perduca parlava d’altro. D’Alia è semplicemente uno che non sa una mazza di ciò su cui ha legiferato, ora si sta rendendo vagamente conto di aver fatto una cazzata mostruosa e cerca di uscirne limitando i danni.

Comunque il problema vero, in termini politici, è capire che cosa uscirà dalle cogitazioni in corso nel Pdl per sostituire l’emendamento D’Alia con un’altra legge. Palmieri non si è voluto sbottonare in merito, peccato.

Ecco, insomma, la vera legge su Internet - aldilà di D’Alia e Carlucci - la stanno ancora decidendo. Incrociamo le dita.

Le elezioni fantaeuropee

La bellissima Ravetto, un'altra candidata-civetta? Chissà...ma avremo delle sorprese.



Fonte: Corriere.it

Pdl e Europee: fuori «la rossa» Sozio, dentro l'attrice ed ex tronista Ferranti. Toto-candidature in vista del voto di giugno: in pole anche l'ex annunciatrice Matera

La ex annunciatrice Rai Barbara Matera è una delle più probabili candidate del Pdl alle Europee di giugno In casa Pdl è tutto un rincorrersi di voci, conferme e smentite sulle possibili candidature alle Europee di giugno e sui "volti noti" annunciati dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. Le liste dovranno essere presentate entro mercoledì mattina e fino a quel momento i coordinatori Ignazio la Russa e Denis Verdini lavoreranno a ritmi serrati, nel loro ufficio di dell’Umiltà, per risolvere gli ultimi nodi. I nomi dati quasi per certi sono quelli di Barbara Matera (ex annunciatrice Rai) e Camilla Ferranti (ex tronista di Uomini e donne e protagonista di Incantesimo). Non dovrebbero invece trovare spazio, a meno di sorprese dell’ultima ora, Eleonora Gaggioli (già attrice in Elisa di Rivombrosa) e Angela Sozio («la rossa» che partecipò all'edizione numero tre del Grande Fratello).

LE ALTRE IN POLE E I «RECUPERATI» - In pole position ci sarebbero poi altre tre o quattro giovani scelte tra quelle che hanno partecipato al corso di formazione che si è tenuto la scorsa settimana a via dell’Umiltà. Tra queste Cristina Ravot, giovane cantante sassarese, Rachele Restivo, giornalista tv, e Laura Comi. Gli apparati di partito cercano di non far escludere «gli uscenti»: dovrebbero essere «recuperati» i vari Bonsignore, Iva Zanicchi, Albertini, Gargani, Zappalà, Antoniozzi. Alcune delle deputate "precettate" dal premier, inoltre, dovrebbero correre per l’Europarlamento, per poi rinunciare una volta elette. Fra loro Gabriella Giammanco e Laura Ravetto, mentre sono in forse Annagrazia Calabria e Beatrice Lorenzin. Per An ci saranno sicuramente in lista Roberta Angelilli e Cristiana Muscardini, mentre si rincorrono le voci del possibile inserimento della figlia di Guido Bertolaso.

LA CRITICA DI FAREFUTURO - La parole definitiva sulle liste del Pdl e sulle "new entry" spetterà a Silvio Berlusconi. Intanto c'è spazio per una piccola polemica: in un editoriale il quotidiano online di FareFuturo, la fondazione promossa da Gianfranco Fini, ha criticato il Pdl per le candidature alle Europee, soprattutto per le candidature femminili e ha puntato il dito contro le veline e il «velinismo». «Le donne non sono gingilli da utilizzare come specchietti per le allodole» si legge. «Il Web Magazine della Fondazione FareFuturo non ha certo necessità di concordare con me ogni suo quotidiano intervento - ha detto, intervenendo in merito, il presidente della Camera -. È una condizione di libertà e di fiducia che può però portare, come nel caso odierno sulle candidature femminili per le prossime elezioni Europee, a valutazioni comprensibili ma eccessive, e pertanto non totalmente condivisibili».

Fantastico....

Se avesse fatto la stessa cosa Prodi sarebbe stato crocifisso. Ma Lui può.

Quattro strappone contro lo zoo


Certo che la Peta a parte fare spogliare n paio di raggazzotte ogni 5 minuti non è che abbia molta fantasia nella sua campagna mediatica. ma evidentemente funziona. Qui siamo a Manila e manifestano contro lo zoo.

domenica, aprile 26, 2009

Nella migliore tradizione italiana

...tutti ladri nessun ladro e i repubblichini erano camerati che sbagliavano.

Fonte: La Repubblica
Berlusconi: "Il 25 aprile sia festa di libertà. Rispetto per tutti, ma non equidistanza"

ONNA - I tempi sono maturi perché la festa della liberazione "diventi festa di libertà". La resistenza è un valore "fondante della Costituzione" ma bisogna avere rispetto per tutti i combattenti, fossero essi partigiani o repubblichini, perché questo non vuol dire essere neutrali. Il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha scelto Onna per il suo 'battesimo' della liberazione, la sua prima celebrazione del 25 aprile. Scelta simbolica di una cittadina che oggi è stata ferita dal terremoto e che 64 anni fa lo fu dalla strage di civili fatta dalla Wermacht in ritirata.

Prima di volare in Abruzzo, il premier si è recato all'Altare della Patria per rendere omaggio insieme alle alte cariche dello Stato al milite ignoto. Arrivato ad Onna, ha pronunciato il suo discorso ufficiale, in cui ha trovato spazio anche il ricordo personale del padre costretto a stare lontano e della madre obbligata a badare da sola alla famiglia.

Il premier ha spiegato che dalla "parte sbagliata", quella dei repubblichini, c'erano delle persone in buona fede così come "dalla parte giusta", quella dei partigiani, ci fu chi "commise errori e colpe". "Ricordare con rispetto tutti i caduti, anche quelli che hanno combattuto dalla parte sbagliata sacrificando la propria vita ad una causa già perduta - ha affermato Berlusconi- non è neutralità nè indifferenza". Prima, da Roma, aveva fatto un'apertura all'equiparazione tra reduci di Salò e repubblichini, scatendo le critiche dell'opposizione e incassando l'altolà di Dario Franceschini. Che non condivide neppure l'ipotesi di cambiare nome alla festa della Liberazione: "Quel nome l'hanno deciso i nostri padri e non si tocca", ha tuonato il segretario del Pd, ammettendo però che il premier ha usato oggi parole importanti nel suo intervento.

Il presidente del Consiglio ha sottolineato poi che la "resistenza è un valore fondante" dell'Italia, ed ha accolto l'omaggio di un gruppo di partigiani della Brigata Maiella, da lui ricordata nel suo discorso, che gli hanno appeso al collo il foulard tricolore simbolo della formazione partigiana.

Ha lanciato poi un invito a riflettere non solo sul passato ma anche sul futuro: "64 anni dopo la liberazione e venti anni dopo la caduta del muro", esorta, si può "costruire finalmente un sentimento nazionale unitario" e "farlo tutti insieme, quale che sia l'appartenenza politica".

Il premier si dice quindi convinto che i tempi siano maturi "perché la festa della liberazione possa diventare festa di libertà" lasciando da parte contrapposizioni e polemiche. Anzi, "festa di tutti gli italiani che amano la libertà e che vogliono restare liberi". Poi suggella così la sua prima volta: "Viva questa festa, viva la festa della libertà riconquistata".

Scafroglia di domenica

sabato, aprile 25, 2009

Siccome è il 25 aprile...

Risky business



Very dangerous if two disturbed people (like these two fatty agents) are not able to behave. A taser is a weapon not a toy...

Nelson Mandela went to jail for over 30 yrs....




....for this?

The rise of Jacob Zuma; polygamist, ‘Zulu peasant’ and president in waiting
He is branded a ‘bumbling clown’ and faces the threat of a bribery trial, yet is set to lead South Africa. Meet the man behind the caricatures
It was May 10, 1994. The whole world had come to Pretoria to see the inauguration of Nelson Mandela as the first democratically elected South African president. The march past was led by the army, and nine air force Mirages flew overhead, dipping their wings in salute. Mandela spoke of “a rainbow nation at peace with itself and the world at large”.

The euphoria that day was completely overblown, of course, and the sense of anticlimax was correspondingly deep. The formal economy shrank. Crime soared. Begging at traffic lights - by all races - became a general phenomenon.

President Thabo Mbeki, Mandela’s successor, won notoriety as an Aids denier while deaths from the disease rose to 1,000 a day. Government ministers disregarded the basic rationale of democratic capitalism. Politics was haunted by scandal, corruption and cover-up. Many wealthier and better educated South Africans fled as fast as they could.

The economy bounced back but politics did not. This month, after years of turmoil, South Africa will hold an election that seems sure to give it a new president, Jacob Zuma, whose reputation is the opposite of Mandela’s 15 years ago. This earthy populist has been on trial for rape, has left wives and at least 18 children in his wake, is lampooned at home as a bumbling clown and has long been under investigation for alleged corruption. Tomorrow, barely two weeks before the election, prosecutors will announce whether or not they are dropping bribery charges against him.

Whatever their decision, Desmond Tutu, the former Archbishop of Cape Town, has declared Zuma “unfit to become president”. Mbeki has dismissed him as “a Zulu peasant” who would make South Africa “a neo-colonial basket case”.

Is this the end of the “rainbow” dream and the moment South Africa starts to become a greater Zimbabwe? Not necessarily. Although Zuma is portrayed as an ignorant sexist who has clawed his way to the top, there is more to him than the caricatures and calumnies suggest.

A couple of months ago the official spokesman of the African National Congress (ANC) denounced as “lies” reports that Zuma, the party president, was to marry a fifth wife. It turned out to be true, however - and there were soon reports that he was courting a sixth. While the ANC is embarrassed, Zuma is unusual in his frank acknowledgment of his own polygamy. In the eyes of many educated Africans, this is a shameful sign of his cultural backwardness, but among the less educated - Zuma’s natural followers - polygamy is more easily accepted.

Other ANC leaders are far less open about their own multiple wives and mistresses, ex-wives and unacknowledged and hidden children. Officially, Mandela has been serially monogamous with three consecutive wives. But it is no secret that when he was young he was a philanderer on a large scale and there are rumours of illegitimate children. Mbeki was also known to be a ladies’ man on an almost industrial scale.

The incident that has most damaged Zuma’s reputation was an accusation of rape three years ago. He was found not guilty at his trial, which appeared to be the result of a honeytrap set by political enemies, but he admitted having unprotected sex with the young woman while knowing she was HIV positive.

Feminists were outraged by Zuma’s excuse that the young woman had seemed keen to seduce him and was wearing a short skirt, as well as by his offhand assurance that he had showered after sex as an anti-Aids precaution.

Zuma’s sympathisers are not suggesting he is a paragon of virtue but that his sexual behaviour - and honesty about it - should be seen in context. The same applies to his politics and the corruption charges.

Widely portrayed as a leftist firebrand, Zuma is in fact a rather complex figure. He was born in 1942 in the deep Zulu countryside, the son of a policeman and a domestic servant. After his father died, he worked as a cattle herder and, unable to continue school through lack of money, followed his mother to Durban where he became a “kitchen boy”. He was an eager student at political classes laid on by the ANC and the Communist party.

Zuma joined the ANC’s armed wing, Umkhonto we Sizwe (MK), when it was formed in 1962 but was arrested trying to leave the country for military training and was brutally beaten by the police. He was jailed for 10 years for conspiring to overthrow the apartheid regime and was imprisoned with Mandela on Robben Island, where his political education was nurtured and his genial personality won friends.

Ebrahim Ebrahim, a former cell-mate, said: “He has always been a likeable person with a big laugh. He’s always cheerful. People always tended to be around him.”

On his release in 1974 he worked in the ANC underground before going into exile. He rose through the MK’s ranks after military training in the Soviet Union and led the ANC’s intelligence wing.

When he returned to South Africa in 1990 it was with a reputation as a fearless fighter and militant communist who had learnt to read and write English from Harry Gwala, his mentor and fellow Zulu.

Gwala was the ANC warlord of the KwaZulu-Natal midlands, where a bloody civil war had raged with the rival Inkatha movement for more than a decade. He was a ruthless killer who cut down not only the enemy but also rivals on his own side.

On the ANC’s instructions, Zuma edged out Gwala - surviving the old man’s attempts to kill him - and then showed himself to be moderate and conciliatory, ending the civil war and joining Chief Buthelezi of Inkatha to celebrate Shaka Day in loincloth and leopard skins.

During the early years after Mandela became president there was a great deal of distrust within the ANC as rivals jockeyed for power and wealth, some settling their differences violently. Mbeki was essentially running the country as vice-president and was preoccupied with clearing the way for his own succession to Mandela. Zuma was an Mbeki loyalist. In his eyes nothing, not even South Africa’s new constitution, was above the ANC.

When Winnie Mandela, the president’s disgraced but still influential former wife, made an unauthorised challenge for the party's vice-presidential nomination, Mbeki steered it Zuma’s way instead. Many greeted with virtual stupefaction the idea of Zuma - probably the least educated of the ANC elite - becoming the country’s No 2. He had been an administrative disaster as a provincial cabinet minister in KwaZulu-Natal.

Mandela himself cautioned Mbeki that Zuma was seen as so close to him that to choose him would simply reinforce Mbeki’s reputation for wanting only yes men. This advice was, of course, ignored. If no one could imagine Zuma as president, Mbeki thought he could safely pick him with no fear that he would become a rival. So how did Zuma become Mbeki’s nemesis and South Africa’s next president?

The answer lies in a scandal known in South Africa simply as “the arms deal”.

In its days in exile, the ANC’s membership had included principled heroes, Stalinist apparatchiks and plain thugs. Among those regarded as a thug was Joe Modise, the head of MK. When I interviewed operatives of the old apartheid security police years later, I found they universally agreed that he had also been an informer for the white regime.

Modise was determined to become the first ANC defence minister, a post he saw as a passport to great wealth. The greatest threat to his ambition was Chris Hani, his No 2 in MK, a charismatic and militant leftwinger. Hani was an obvious candidate for defence minister and was so popular with the ANC rank and file that he even seemed likely to overtake Mbeki in the race to be Mandela’s vice-president and eventual president.

In the infighting with Hani, Modise threw all his weight behind Mbeki. The alliance between them was the pivot on which ANC politics turned. Mbeki seemed oblivious to Modise’s unsavoury reputation and was happy to embrace him - and in future years would risk his name by continuing to stand up for him.

In April 1993, two weeks after he had threatened to expose Modise for stealing £2.5m from the ANC, Hani was assassinated. The killer was a Polish immigrant from the far right. But few thought he had acted alone.

It has since emerged that the National Intelligence Service, a key arm of the outgoing white regime, had advance warning. I also learnt there had been a plot within the ANC itself to kill Hani. The names of various ANC leaders were ascribed to the plot, including Modise’s.

On becoming defence minister in 1994, Modise was in no doubt that he had been handed the keys of the kingdom and proceeded to take advantage of this in a highly predictable way. In effect he was allowed to do as he liked.

Mbeki was head of the cabinet committee on the multi-billion-dollar arms deal that Modise signed. When there was a hue and cry over alleged corruption and demands for an independent inquiry, he used the full weight of the presidential office to force even allegedly independent bodies and institutions into line.

Modise died in 2001 but the arms deal - and its association with the Hani assassination - continue to overshadow political life.

In the 1980s and early 1990s many of the white elite who rubbed shoulders with Mbeki had come away impressed. After succeeding Mandela in 1999, however, he became arrogant and inaccessible. Even Mandela found that for months Mbeki would not take his calls.

By late 2000 the collapse in confidence in Mbeki was visible in the polls, particularly for his views on Aids. Already there was murmuring that perhaps even Zuma, the uneducated vice-president, would make a better president. The gossip ignited Mbeki’s paranoia. His recovery strategy consisted of preemptive attacks on anyone considered a possible threat or rival, including Zuma.

The National Prosecuting Authority (and the special police unit, the Scorpions, that fell under it) began a formal investigation of Zuma’s possible involvement in corruption linked to the arms deal. The case centres on accusations that he accepted bribes for protecting Thales, the French arms company.

This investigation, which involved an enormous commitment of the scarce time, money and man-power of an already overstretched police force, could not possibly have started - or continued - without strong presidential backing.

In 2005 Zuma was dismissed as vice-president after his financial adviser was convicted of corruption. But, with the backing of the left, he began a political fightback against the unpopular Mbeki. The war between them became more vicious.

On the eve of an ANC conference in 2007 - at which Zuma was preparing to challenge Mbeki for the party leadership - details of a suicide note left by one of his wives were sent to the media. She described “24 years of hell” while married to him.

Despite the smears and numerous attempts to prosecute, Zuma crushed Mbeki and seized the ANC leadership, thanks to strong backing from the leftist groups that still mourned Hani.

Within 10 days the Scorpions served Zuma an indictment to stand trial for racketeering, money laundering, corruption and fraud. Last September a judge threw out the charges on a procedural point and added that he believed political interference had played a role in the charges - a comment that enabled the ANC to force Mbeki to resign.

The judgment was later reversed - but not Mbeki’s resignation - and the drama continues to go up to the wire as the prosecuting authority keeps the nation waiting this weekend for its decision on whether or not to continue the case.

When they finally get to vote on April 22, South Africans will be able to choose between the ANC and a breakaway group, the Congress of the People, as well as more than 20 other parties. Nobody seems in much doubt, however, that the ANC will win and the new parliament will elect Zuma as president.

What kind of leader will he make? Whereas Mbeki is a man of ideas but often uncomfortable with people, Zuma is barely educated but has a warm, genial presence - a man who is happy in his own skin.

Talking about his long fight with Mbeki, he said: “There were times when I just wondered how on earth am I going to navigate my way through this? Every part of the state machine was out to get me.”

He added that while “I knew I was innocent, I also knew that wasn’t enough. Sometimes, when I realised there was year after year of this to come, I couldn’t even talk to friends about how high a wall I faced”.

It is no secret that Mandela finds Mbeki difficult but has a soft spot for Zuma and I can see why - Zuma talks the same language of reconciliation: “We have to make all South Africans, no matter what their race, feel they have a contribution to make, that they’re wanted here and that they’ll be protected here.”

Don't mess with UAE...

THIS IS A VIOLENT VIDEO, YOU ARE ADVISED

Il coraggio non s'inventa




Lo so che Gianni Alemanno ha detto che non andrà alle celebrazioni del 25 aprile per timore delle contestazioni, ma è un rischio quando si ha una storia come la sua. È un rischio da affrontare quando si fa il sindaco di una capitale. Poi non ci si può offendere perché un omologo, chessò, parigino, lo chiama fascista.

Ma ci sono anche donne che meritano




Fonte: Denise Pardo l'Espresso

Tanto per cominciare, è donna ed è potente. E questo, per la Rai, è un ossimoro, una contraddizione in termini per un'azienda perfino più macho del Vaticano. Che invece l'ha scelta, e da un pezzo, come suo punto di riferimento in quel coacervo irto di satanici peccati che è viale Mazzini e affini. I nemici di Lorenza Lei le possono rimproverare tutto ma non di aver peccato in vanità (caso mai in astuzia).

Mai una foto, mai una prima fila, mai la posa per una paparazzata. Fino a pochi giorni fa. Quando si è materializzata per un evento di beneficenza ed è stata intercettata da un incredulo Umberto Pizzi che non ha mollato la preda accecandola con i suoi flash, messi poco dopo trionfalmente in rete su Dagospia.

Così per anni, Lorenza Lei, bolognese, un figlio chef, direttore delle Risorse televisive, simpatico posticino dove con un malloppo annuale di circa trecentotrenta milioni di euro si trattano e si negoziano i contratti Rai, avendo a che fare con l'ego sconfinato dello showbiz, si è trincerata dietro la maschera di ferro dell'anonimato. E per una laureata in antropologia filosofica, sopravvissuta a tre direttori generali, che ha partecipato a 297 sedute del consiglio d'amministrazione Rai e che lavora nell'industria dell'apparire, questa scelta non può non avere un preciso significato.

Il potere dell'ombra più gratificante di quello esibito? L'intuizione del pericolo dell'esposizione per una donna perdippiù in un posto chiave? Orgoglio o pregiudizio, fatto sta che i suoi nemici le rimproverano i modi da 'generale' e l'ambizione sfrenata unita a una rigidità "prussiana". I suoi estimatori, invece, ne lodano il rigore e la dedizione totale al lavoro.

Candidata a succulente poltrone mai occupate prima da lombi femminili, come la vice direzione generale della Rai o la responsabilità della prima rete, all'arrivo del nuovo direttore generale Mauro Masi si è infilata la tuta da top gun e si è lanciata in un'esercitazione nello stile "Ti sono utile, ti sono leale".

Prima degli altri, ha capito che Masi, uomo affabilissimo, in realtà, è un genus da maneggiare con cura, con il quale è complicato entrare in rapporto. Ma intanto, lei ha già centrato un obiettivo considerevole. Quello di essersi adoperata molto, e con successo, per appianare, prima della nomina a direttore generale, le vecchie ruggini del Vaticano nei confronti della laicità di Masi.

Anche organizzando segreti incontri con porpore di altissimo livello. Nelle stanze sontuose e ambite che conosce bene, come quelle del cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, quelle del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei e successore di Camillo Ruini, molto venerato anche lui da Lei.

Nata da genitori comunisti ma (ci tiene a dire) non è di sinistra, presentata a Silvio Berlusconi solo di recente (pare), cattolica ma (ci tiene a dire anche questo) non dell'Udc come spesso è stata incasellata, Lorenza Lei arriva alla fede tardivamente. La folgorazione la colpisce solo tre giorni prima di partorire. Così, la pecorella smarrita viene accolta a braccia aperte alla corte di San Pietro che la scopre dopo aver apprezzato la mostra di icone russe messa su da lei, all'epoca, organizzatrice di eventi culturali. "Credo nella provvidenza. Ma talvolta, va aiutata", ha sottolineato una volta, non tanto estatica, più pragmatica.

E certo, lei non manca di farlo. In Rai, approda nel 1997 con un contratto a tempo determinato di consulente editoriale, nella scia della Rai International targata Renzo Arbore. Nella relazione al Parlamento del 2 marzo 1998, Roberto Zaccaria, presidente Rai in quota Ppi, riferendosi a Rai International, dichiara testualmente : "Questo gruppo si avvale dell'eccellente collaborazione di Lorenza Lei per la quale propongo l'assunzione...".

Tempo un anno, è fatta. E chi meglio di lei, tenuta in palmo di mano da Joaquin Navarro Valls e da tutta la nomenklatura pontificia, può diventare responsabile di Rai Giubileo? Da lì a Rai Uno, il passo è breve. Come capo struttura Pianificazione mezzi e risorse, prima lavora con il direttore della rete Maurizio Beretta, e poi con il suo successore, Agostino Saccà, l'uomo che le farà fare il vero salto professionale.

Gli sarà riconoscente. Quando quasi tutta la Rai volta le spalle a Saccà, caduto in disgrazia perché coinvolto nello scandalo delle telefonate con il premier (l'inchiesta è stata appena archiviata) e arriva la proposta di sostituirlo alla fiction, Lei, oltre all'avvallo del suo ex superiore, pone come condizione l'unanimità del cda (che non le viene assicurata).

Così, ringrazia e declina. Non ha dimenticato che nel 2002, appena conquistata la direzione generale, è Saccà a nominarla capo dello staff (sarà confermata sia da Flavio Cattaneo che da Alfredo Meocci). È una postazione nevralgica, da dove passa tutto e si sa tutto. E con misericordia, si possono aiutare tante persone meritevoli.

Estranea alle cordate di Gianfranco Comanducci, direttore Acquisti e servizi e di Guido Paglia, direttore delle Relazioni esterne, in compenso la Lei è nelle grazie dell'unica donna seduta al tavolo del cda Rai: l'ex deputata leghista Giovanna Bianchi Clerici. Una che la stima così tanto da proporla, nel 2006, per la poltrona di direttore generale insieme a Claudio Cappon e ad Antonello Perricone.

Anche i tubi di viale Mazzini sapevano che ce l'avrebbe fatta Cappon. Ma nello stupore generale, Lei perse per un solo voto. Bianchi Clerici, che parla, a dir poco, ogni morte di papa, stigmatizzò duramente: "Non una voce femminile si è levata per plaudere l'indicazione di un cda che ha saputo individuare una figura femminile di grande valore...". Cappon, però, non la confermò, promuovendola, invece, alla direzione Risorse Televisive, al posto di Alessio Gorla, fido del Cavaliere arrivato alla soglia della pensione, ora rientrato come consigliere Pdl, lato Forza Italia.

Plauso in Vaticano? Senza dubbio. Ma anche un entusiastico comunicato Codacons che inneggia a "questa nomina che soddisfa i consumatori". "Ha grande esperienza. Non ti regala niente, è tosta ma competente", commenta il potente produttore tv Bibi Ballandi. "E poi è cattolica come me: esserlo, è un privilegio, un dono di Dio".

"È preparata come poche, si merita il meglio", questa volta a parlare è Vittoria Cappelli dell'omonima società di programmi ed eventi televisivi. Ma c'è anche chi racconta di sadiche tecniche della regina dei contratti Rai: per esempio, artisti e press agent entrati con baldanzose pretese e scesi a più ragionevoli patti dopo attese snervanti in anticamere, guarda caso, senza aria condizionata d'estate o senza riscaldamento d'inverno.

Vicina a Guido Bertolaso conosciuto al tempo del Giubileo, nella fondazione Magna Charta a fianco di Gaetano Quagliariello, vice capogruppo Pdl al Senato, ovviamente seguita con benevolenza da Gianni Letta, sostenuta da Saccà che si è molto speso nei suoi confronti, Lorenza Lei sta giocando la partita decisiva del suo lungo campionato professionale in Rai. Confidando, come sempre, nell'aiuto di Dio e della provvidenza. Ma soprattutto in quello di Mauro Masi.

Fiche o fighe?



La politica secondo il Foglio

DA "IL FOGLIO"

1 - LA BARCA A VELINA DEL CAV.
Di tutte le soubrette attrici conduttrici letteronze troniste ed ex protagoniste del Grande fratello date per certe nelle liste del Pdl al Parlamento europeo, forse alla fine non più di tre o quattro saranno davvero candidate. E magari diventeranno vere secchione della politica: diligenti, sempre presenti e ingessate in tailleur pantalone d'ordinanza, come è successo a Mara Carfagna o a Michela Vittoria Brambilla e, prima ancora, a Gabriella Carlucci, per via di quel meccanismo che incita alla solerzia e alla severità chi vuole smentire a ogni costo la fama della miracolata per via del bel faccino.

Per ora, comunque, la reazione prevalente è: ecco il solito Berlusconi che fa concorrenza a Caligola, che trasforma il sistema di cooptazione della classe dirigente e governante nel casting di un reality, attento alle facce e al tasso di seduzione televisiva, invece che alla sostanza. I volti nuovi del Pdl sarebbero quindi soltanto volti, tutt'al più con abbinamento di curve in evidenza.

Ma, sempre per ora, nel Pdl minimizzano: alla scuola quadri per aspiranti europarlamentari - dedicata soltanto alle donne, perché la femminilizzazione del Pdl è una fissa del Cav., insieme con quella dello svecchiamento - tuttora in corso a via dell'Umiltà, su trenta ragazze, più di una ventina proverrebbero già da esperienze in consigli provinciali e comunali.


Le altre sono giornaliste e conduttrici televisive (Elisa Alloro, Rachele Restivo) e poi Barbara Matera, per ora l'unica sicuramente candidata, ex valletta, attrice, annunciatrice, laureata in Scienze dell'educazione; Camilla Ferranti, ballerina, ex tronista in "Uomini e donne" di Maria De Filippi, attrice nella serie "Incantesimo"; Eleonora Gaggioli, interprete e attrice televisiva in "Elisa di Rivombrosa" (allieva sveglia e informata, dice chi l'ha vista a lezione); Adriana Verdirosi, attrice, conduttrice e cantante di successo in Giappone; e infine Angela Sozio, che ha partecipato alla terza edizione del Grande fratello. Per lei già si era parlato di una candidatura alle politiche e agli sberleffi (anche del Foglio) ora come allora si oppone l'argomento di una sua lunga e attiva militanza in Forza Italia.


Di fronte a questi curricula, la scrittrice Lidia Ravera, sull'Unità, ha scritto di politica ridotta al gran varietà. Al Foglio, la Ravera dice di non pretendere "certo tre lauree da chi si candida a fare politica. Ma è evidente che queste ragazze sono state selezionate in quanto corpi, come belle decorazioni, come se il Parlamento europeo fosse un calendario. Un fatto grave, perché toglie spazio alle donne che fanno politica sul serio, anche a destra. A decidere così è un signore che si diverte a provocare, a dimostrare che fa quello che vuole, e lo fa passare pure per qualcosa di nuovo, mentre non lo è".

La giornalista Ritanna Armeni, sul Riformista, ha parlato invece di politica "col corpo delle donne", da distinguere, dice al Foglio, "dalla politica ‘sul' corpo delle donne (come quella, per capirsi, che reintroduce il diritto di stupro per i mariti in Afghanistan per conquistare il voto degli sciiti). Queste ragazze che dovrebbero essere candidate nel Pdl per volontà di Berlusconi non sono affatto obbligate a far politica: hanno però scelto di usare il loro corpo per fare politica, e Silvio Berlusconi sa bene che molti italiani hanno più confidenza con la faccia di Angela Sozio piuttosto che con quella di Anna Finocchiaro. Su quello che queste ragazze potrebbero diventare eventualmente dopo, se venissero elette, non saprei e non voglio pronunciarmi, anche perché, se penso al Parlamento, ci vedo molti velini. Ma certamente esiste un elemento di inganno nell'indicare la bellezza del corpo come qualità per governare e organizzare, che è poi la politica".


Martedì, al più tardi, si saprà se e quali belle figliole di belle speranze avranno conquistato un posto al pallido sole di Strasburgo e Bruxelles.

2 - MEGLIO LA SOZIO DI ZAGREBELSKY - A UNA DEMOCRAZIA SONO PIÙ ADATTE LE RAGAZZE DEL CAV. DELLE ÉLITE SACCENTI
L'Italia è una Repubblica democratica costruita dall'incontro di grandi forze popolari cattoliche e socialcomuniste. Nel sistema italiano, nella nostra Costituzione materiale, chiunque ha una funzione di rappresentanza sociale e di consenso (ieri i cafoni del sud promossi dal Pci oggi le ragazze e i ragazzi del sopra e sottomondo televisivo promossi da Berlusconi), ha un posto legittimo.

La Costituzione, che Napolitano difende con veemenza nelle riunioni un po' accademiche e parruccone della torinese, saccente, Biennale della democrazia, è la base di un sistema che non si può definire "liberale" e nemmeno "liberaldemocratico". Il liberalismo delle élite non è mai nato o se si preferisca è simbolicamente defunto con l'uno virgola qualcosa per cento del Partito d'Azione alla Costituente. In America la classe dirigente è selezionata dal denaro e dalla formazione nelle scuole di eccellenza. In Inghilterra governa un'aristocrazia della politica radicata nella storia e nella tradizione.

In Francia il repubblicanesimo ancorato nel programma dell'89 si esprime attraverso il dominio della formazione superiore. Da noi vale la legge del consenso, della simpatia e dell'affettività nel contatto con il pubblico attraverso il luogo deputato della comunicazione, la tv. Ieri c'erano i partiti a svolgere questa funzione, come filtro di qualità, ma gli stessi parrucconi che oggi sbraitano contro la democrazia del consenso li hanno eliminati come ospiti non grati della nostra storia attraverso l'attivismo mediatico-giudiziario.

Comunque, la cosa che colpisce non è la candidatura di Angela Sozio, ma l'incresciosa e bolsa lectio magistralis di un Gustavo Zagrebelsky, giusperito della democrazia che protesta moralisticamente contro la filosofia politica di Carl Schmitt, un Machiavelli del Novecento che analizzò la dialettica di amico-nemico nella crisi europea tra le due guerre. E protesta in nome di fatuità retoriche primitive e furbesche, come la funzione regale della parola nelle democrazie. Meglio Angela Sozio.

3 - SERRA DICE FICHE? SU REPUBBLICA? MA VAFFANGULO...
Cialtroni come noi, pazienza. Non siete tenuti a ricordarlo, voi, ma ricordiamo perfettamente, noi, di una volta che in codesta rubrica scrivemmo: "fiche". Ci venne, e giustamente, addosso il mondo. Venduti va bene, berlusconiani passi, cafoni si sa, ma "fiche", almeno "fiche" non si scrive. Chiedemmo scusa. Correggemmo in "fighe". Bon. Compriamo ieri Repubblica, guardiamo come buttano le solite Europee, passiamo a Serra, e ci leggiamo questo: "Il ricchissimo padrone ha trasformato la politica in un momento di svago per le sue maestranze". Che fin qui, niente da dire. Però continua: "Ex segretarie, signorine buonasera, interi cast televisivi, la popolosa filodrammatica di strada che popola i reality, un catalogo ammirevole di fiche di rappresentanza...". Come? Di fiche? Serra? Su Repubblica? Ma vaffangulo. (Andrea Marcenaro)

Il sagrestano



La foto del sacrestano pubblicata sul sito di L'informatore vigevanese

Nella parrocchia di San Francesco, accoglie i fedeli con una fascia col simbolo nazista. Rischia una denuncia per apologia. "Sono di estrema destra e fiero di esserlo"

Il sacrestano di Vigevano con la svastica al braccio

Fonte: la Repubblica

PAVIA - Accoglieva i fedeli della parrocchia di San Francesco a Vigevano, in provincia di Pavia, con una svastica al braccio. Protagonista, il sacrestano della chiesa, Angelo Idi, 51 anni, vigevanese, che ora rischia una denuncia per apologia del fascismo.

Idi è stato visto dai parrocchiani con il simbolo nazista legato al braccio sinistro martedì pomeriggio, proprio nella giornata in cui in Israele si ricordavano le vittime della Shoah. Un fotografo lo ha anche immortalato, mentre salutava i parrocchiani all'uscita dalla messa.

Lui, sacrista da 5 anni, non fa mistero delle sue preferenze politiche: "Sono di estrema destra e fiero di esserlo - spiega - sono un seguace della Repubblica di Salò". E sostiene che non esista alcuna contraddizione tra l'ideologia politica e il ruolo che ricopre. "Penso che non importi a nessuno delle mie idee politiche - dice - l'importante è che faccia bene il mio lavoro, come in effetti faccio. E poi, se vogliamo essere pignoli, allora andiamo a vedere quanti cattolici votano a sinistra oppure si sono espressi a favore dell'aborto".

Lo scorso anno - riferisce l'edizione online dell'Informatore vigevanese - prese a manganellate un ladro che aveva cercato di scassinare una cassetta delle elemosine. E al periodico La legione ha scritto una lettera con la quale si è "scusato", a nome dell'Italia, con la famiglia Mussolini.

Nessun commento dal vescovo della Diocesi di Vigevano, monsignor Claudio Baggini. Sul fronte politico locale è immediata la reazione di Rifondazione comunista: "E' un fatto gravissimo e intollerabile - commenta il leader del partito, Roberto Guarchi - ci auguriamo che il vescovo prenda gli opportuni provvedimenti".

venerdì, aprile 24, 2009

La locura de Pepep y Marcelo es un pobrecito




Il terrorismo conviene

Grande intervento di Loretta Napoleoni. Che bello se prendeste il tempo di ascoltarlo tutto...

Il Giornale indomito

Visto che il Giornale ha svariate migliaia di lettori, aldilà di quelli che non vogliono essere informati perché hanno il loro credo politico e odiano chi lo metta in dubbio, altri magari ritengono che la testata faccia un'informazione corretta. Accade spesso, ma non sempre. Almeno non quando si tratta di attaccare Silvio Berlusconi. L'Articolo di Brambilla non risponde al vero. Se non avessi visto Annnozero m'incazzerei anch'io. Ma l'ho visto e da Lerner a Mieli, a chiunque abbia parlato (tranne ovviamente Belpietro) hanno confermato il comportamento di Berlusconi alla famosa riunione. Io posto la telefonata di Montanelli al raggio verde che è stata ritrasmessa pari pari da Santoro. Belpietro è arrivato a confutare persino le parole di Montanelli stesso.

Ecco com'è andata nel montaggio originale. In seguito rileggetevi l'articolo del giornale. Ah, Brambilla! Che brutta cosa la partigianeria...



Santoro "usa" Montanelli Ma il suo teorema fa flop
di Michele Brambilla

Fonte: Il Giornale

Poveretti (senza offesa, naturalmente) stavolta sono stati Santoro e i suoi: non gliene è andata bene una, ieri ad Annozero. Avevano organizzato una puntata che, partendo da Montanelli, doveva attaccare di nuovo il Giornale e dimostrare il seguente teorema: giornalisti come il compagno Indro non ce ne sono più, oggi sono tutti asserviti al potere, cioè a Berlusconi, cioè al nuovo fascismo. Siamo nel «paese dei manganelli», diceva il titolone che dominava la scena.

Dovevano dimostrare tutto questo ma nessuno degli ospiti ha tenuto bordone né a Santoro né a Travaglio. Non Belpietro. Ma Belpietro, va be’, è stato direttore del Giornale. Però neanche Mieli, il direttore dell’endorsement pro-Prodi. E neanche Mentana, che non è proprio un berlusconiano. Perfino Gad Lerner in collegamento da Lampedusa è stato fiacco fiacco. Tanto è vero che a un certo punto Michele Santoro era così sconsolato che si è girato verso Margherita Granbassi e le ha detto: sentiamo qualche giovane fra il pubblico, magari viene fuori qualcosa di un po’ diverso. Così han potuto dare la parola a un giovane giornalista di un sito web di provincia - un soggetto che pareva uscito da Bianco Rosso e Verdone - che a furia di «cioè, sono un sacco democratico» ha potuto denunciare la censura, il regime, e così via.

Non gliene è andata bene una davvero. Perfino l’attesa gag di Sabina Guzzanti (irriconoscibile, una volta era molto più brava) si è esaurita in un’interminabile imitazione non del Cavaliere ma di Anna Finocchiaro (Pd). Santoro la guardava preoccupato e non faceva neanche finta di ridere, alla fine è partito qualche applauso più di pietà che di circostanza.

Ma andiamo con ordine. La puntata sul «paese dei manganelli» è partita con un nuovo attacco al Giornale. Non è vero, ha detto Santoro, che ho dato dei poveretti ai lettori (e qui basta rivedere il filmato, per giudicare se tutto il tono del discorso di Santoro non era di presa per i fondelli). Ci accusa poi di aver invocato la chiusura della sua trasmissione denunciandone i costi, ed è una balla. Dopo di che, tutto il taglia e cuci su Montanelli ha un duplice obiettivo: attaccare ancora il Giornale e porre una domanda retorica: ci sono ancora giornalisti con gli attributi, in grado di garantire una libertà di informazione? Oppure il berlusconismo ha appiattito tutto?
Si è partiti con un filmato di Montanelli che paventava, appunto, il rischio di una destra da manganello: più per colpa degli italiani, che volentieri si sottomettono a un despota, che per colpa di Berlusconi, diceva Indro. E tutto questo è incontestabile. Le posizioni del Montanelli degli ultimi dieci anni della sua vita sono arcinote, ed erano quelle. È inutile perfino discutere su chi avesse ragione e chi avesse torto, fra i due, al momento del divorzio: Berlusconi aveva il diritto di scendere in politica, e Montanelli aveva quello di non fare un giornale che non voleva fare.

È sul confronto fra ieri e oggi che Annozero è rimasta sola, ieri sera. Travaglio ha ricordato una telefonata del 1983 di Craxi a Berlusconi. L’allora premier socialista si lamenta per i continui attacchi di Montanelli sul Giornale e chiede a Berlusconi un intervento drastico. Berlusconi, al telefono, assicura che l’intervento ci sarà. Ma poi non chiama neppure Montanelli. Chiama Federico Orlando (allora molto craxiano, anche se oggi i suoi amici se ne guardano bene dal ricordarlo) e riferisce delle lamentele. L’aneddoto doveva servire a dimostrare che Montanelli era così forte che Berlusconi non sarebbe mai riuscito ad addomesticarlo, mentre i direttori di oggi, dice Travaglio, sono degli «zerbini». A questo punto, via al giro di pareri per dar forza alla tesi.

Ma qualcosa non funziona. Belpietro, il primo a intervenire, dice quel che chiunque lavori nei giornali sa benissimo: e cioè tutti gli editori ricevono pressioni dai politici; ma fanno solo finta di acconsentire, poi lasciano correre, e così accadde anche in quel 1983, tanto che Montanelli continuò ad attaccare Craxi e Berlusconi se ne guardò bene dal licenziarlo.

Si passa a Mieli. L’insospettabile Mieli. Chi può accusarlo di berlusconismo? Eppure le sue risposte sgretolano il teorema: «Tutti i direttori dei grandi giornali di oggi - dice - si sono distinti per non essere certo inclini a Berlusconi: diciamo che sono tutti tra l’ostile e il neutrale». Santoro sbanda, incalza, prova a insistere. Ma è come sbattere contro un muro di gomma, contro Mieli si rimbalza: «Ma in quale Stato - dice l’ex direttore del Corriere - il premier non ha mai fatto telefonate come quelle che fece Craxi a Berlusconi? Io in Italia ricordo solo Amato, come eccezione positiva. Gli altri si lamentano tutti. E badate bene che quel tipo di risposta che diede Berlusconi a Craxi a volte la danno anche i direttori di giornali. Anch’io spesso ho detto di sì al politico di turno, giusto per levarmelo dalle scatole. “Sì, sì, prenderò provvedimenti”, dico in quei casi. E poi faccio quello che voglio, cioè non prendo alcun provvedimento». Santoro abbozza, e Mieli affonda: «Guarda Michele che anche voi della tv fate pressioni, io per esempio sono stato sommerso dagli insulti per gli articoli di Aldo Grasso, e sai che cosa rispondevo? “Sì, quel Grasso va licenziato”. E Grasso ha sempre continuato a scrivere quel che voleva».

Si prova con l’episodio di Domenica In, con la conduttrice che cerca di mettere un’inutile pezza a un’innocua battuta del mago Silvan su Berlusconi. Questo è regime, perdio, si cerca di far dire a Mentana. Che però risponde che è «un po’ troppo facile prendersela con Lorena Bianchetti», e che da che mondo è mondo alla Rai, quando sono in vista le nomine dei direttori, sono sempre tutti attentissimi a non urtare il padrone del vapore.

Travaglio insiste: oggi, dice, i direttori sono molto più «permeabili» che ai tempi di Indro perché gli editori sono più deboli. Ma Mieli fa presente che «la risposta è nei fatti: al Corriere hanno appena nominato Ferruccio de Bortoli, che non è certo uno yes man del premier».

Non resta che mostrare la tragedia dei clandestini di Lampedusa. Ecco un filmato, dice Baffone Ruotolo, che i tg non hanno mandato in onda. Censura! Censura! Ma è ancora Mieli: «Oggi nascondere un fatto è tecnicamente impossibile. I mezzi di comunicazione sono infiniti, non c’è nulla che non finisca subito su Internet. Il direttore che occultasse una notizia farebbe immediatamente una figuraccia».
È andata male, insomma, ieri a Santoro. Che però, per una volta - non sappiamo quanto volontariamente - ha mandato in onda una puntata equilibrata.