sabato, ottobre 28, 2006

Son of a beach

...ma i Beach Boys stavolta non c'entrano...


Usa, la gaffe di Cheney sulla tortura
Poi dietrofront: "Non volevo difenderla"


Il vicepresidente Usa Dick Cheney
WASHINGTON - Fa marcia indietro il vicepresidente
americano. Dick Cheney tenta di arginare le polemiche sollevate da una sua frase che sembrava avallare la tecnica di interrogatorio del 'water boarding', in cui si fa credere al detenuto che stia per annegare. Di ritorno da un viaggio in Missouri e Carolina del sud, il vice di Bush ha negato di essersi riferito a quella o ad altre tecniche per interrogare i presunti terroristi quando ha definito una cosa "ovvia" lasciar "inzuppare un po' nell'acqua" un detenuto. "Non parlo di tecniche, non lo farei mai", ha puntualizzato, "ho detto che un certo programma di interrogatori per un numero ristretto di detenuti è molto importante ed è stata una delle nostre più preziose fonti di informazioni".

Le parole di Cheney avevano provocato la furiosa reazione delle organizzazioni per i diritti umani: il 'water boarding', è stato paragonato da più parti a una forma di tortura. Cheney è stato accusato di aver dato la propria approvazione a interrogatori che prevedono un finto affogamento, ma la Casa Bianca ha negato che si riferisse ad alcun metodo specifico.

E così, a pochi giorni dalle elezioni di medio termine negli Stati Uniti, con le quali saranno rinnovati tutti i 435 seggi della Camera dei Rappresentanti e 33 su cento al Senato, la vicenda ha finito per diventare il caso del giorno per i giornalisti della Casa Bianca, che hanno approfittato di un incontro tra il presidente George W.Bush e il segretario generale della Nato, Jaap de Hoop Scheffer, per chiederne conto al presidente. "Questo Paese non tortura, non tortureremo - ha assicurato George W. Bush - interrogheremo le persone che catturiamo sul campo di battaglia per determinare se possiedano o meno informazioni che saranno utili a proteggere la nazione".

Intervistato dal conservatore Scott Hennen, Cheney è sembrato sostenere la necessità in casi estremi di ricorrere alla tecnica di interrogatorio che prevede di stimolare i sensi di un detenuto, in modo da dargli la sensazione di essere sul punto di affogare. Il metodo sarebbe stato utilizzato dalla Cia per ottenere informazioni da Khalid Sheikh Mohammed, il presunto stratega dell'attacco dell'11 settembre 2001. Gli interrogatori a Mohammed "ci hanno permesso di rendere più sicura la nazione - ha detto Cheney -, Mohammed ci ha fornito informazioni di enorme valore". Il vicepresidente non ha però apertamente confermato che il leader di al Qaeda sia stato sottoposto al 'water boarding'.

Il vicepresidente si è detto convinto che non ci sia molto da riflettere sul fatto di "inzuppare" un detenuto, se questo serve a salvare vite, ma ha aggiunto di essere stato "criticato più volte come 'vicepresidente per la tortura'. Noi non torturiamo - ha proseguito Cheney nell'intervista - non è ciò in cui siamo impegnati. Rispettiamo i nostri obblighi nei trattati internazionali di cui siamo parte e via dicendo. Ma il fatto è che si può avere un programma di interrogatori molto solido senza la tortura e abbiamo bisogno di essere in grado di attuarlo".

Human Rights Watch (Hrw) ha sostenuto che le affermazioni di Cheney sono in rotta di collisione con le nuove direttive del Pentagono sugli interrogatori militari e con una legge contro le torture, promossa dal senatore repubblicano John McCain e approvata dal Congresso. "Se l'Iran o la Siria catturassero un soldato americano - ha detto Tom Malinowski, un dirigente dell'organizzazione per i diritti umani - Cheney sta dicendo che sarebbe assolutamente accettabile per loro prendere il soldato e tenergli la testa sotto l'acqua fino a quando quasi affoga, se ciò è necessario a salvare vite iraniane o siriane".

Anche Amnesty International, per bocca del portavoce Larry Cox, ha sottolineato che nessun leader americano, "tanto meno un vicepresidente, dovrebbe promuovere la tortura".

Il 'water boarding' prevede di tenere un prigioniero in una posizione con i piedi rialzati rispetto alla testa, legato a una tavola, con il volto coperto da un pezzo di tessuto: in queste condizioni, viene fatta scorrere acqua su bocca e naso per dare la sensazione di essere sul punto di affogare. La tecnica è utilizzata da secoli in forme diverse e secondo Hrw era una di quelle preferite dai Khmer Rossi cambogiani nei loro interrogatori.

venerdì, ottobre 27, 2006

Fine pena mai




Attentati Madrid, dura requisitoria - Il pm chiede 14 anni per la 'mente'
Non usa mezzi termini la pubblica accusa nel processo a carico di Osman Rabei: "Ci troviamo di fronte a una cellula di assassini che ha già colpito e che ha intenzione di colpire ancora"


Milano, 27 ottobre 2007 - Quattordici anni di reclusione. È questa la pena chiesta nel pomeriggio dal pm Maurizio Romanelli nei confronti di Osman Rabei, l'egiziano accusato di terrorismo internazionale e indicato dagli inquirenti di mezza Europa come la 'mente strategica' della strage dll'11 marzo a Madrid nella quale morirono 192 persone. La richiesta è stata formulata dal magistrato al termine della sua requisitoria davanti ai giudici della prima corte d'Assise di Milano. Per il 'discepolo' di Rabei, Yahya, invece, l'accusa ha chiesto 7 anni.

"Ci troviamo di fronte a una cellula di assassini che ha già colpito in modo mortificante e che ha intenzione di colpire ancora ", aveva detto il Pm milanese Maurizio Romanelli all'inizio della sua requisitoria


Adesso, io magari sarò forcarolo, ma ad uno così il detto "fine pena mai" andrebbe bene. Ha fatto una scelta santa? Ne assuma le conseguenze. Una pena di 14 anni è ridicola. L'Italia non è un paese serio.

giovedì, ottobre 26, 2006

Lasciate che i bambini vadano a loro

Un fatto di cronaca

Un guasto improvviso blocca il treno sulla linea B tra Cavour e Calosseo
I passeggeri terrorizzati forzano le porte e scendono sulla banchina
Roma, metrò bloccato mezz'ora in galleria
Panico a borbo, insulti al macchinista


Un convoglio della metropolitana a Roma
ROMA - Ritorna il terrore sulla metropolitana di Roma. Un treno della linea B è rimasto bloccato in galleria trenta minitui per un guasto all'impianto frenante. I passeggeri si sono sentiti male, il caldo era asfissiante e nelle carozze si era sparso un inquietante odore di bruciato. La paura si è impadronita dei passeggeri che temevano potesse ripetersi la tragedia di dieci giorni fa, il drammatico tamponamento che ha provocato un morto e centinaia di feriti.

"Non ne potevamo più di sentire l'altoparlante che ripeteva di stare calmi, che era solo un guasto: abbiamo forzato le porte - spiega un passeggero - e siamo scesi sulla banchina. Abbiamo percorso tutta la galleria a piedi, fino alla stazione Cavour". Ma il macchinista ha dovuto richiudere le porte per consentire ai colleghi di rimorchiare il treno e allora è scoppiata la rabbia tra i passeggeri rimasti ancora a bordo.

"Mi hanno insultato - ha detto il macchinista - ma era mio dovere richiedere le porte". Dopo mezz'ora, il treno è stato sbloccato e riportato lentamente verso la stazione. "Il servizio è ripreso regolamente alle 14.55", come spiega la direzione della metropolitana. Ma la paura, questo pomeriggio, è stata tanta.

"La metropolitana si è fermata improvvisamente", ricorda un passeggero. "Eravamo tra la stazione Cavoure quella del Colosseo, in galleria. Eravamo lì, non sapevamo cos'era successo. Dopo dieci minuti si sono abbassate le luci; l'aria condizionata si è spenta e la gente ha iniziato a sentirsi male. Il caldo era insopportabile. Gli altoparlanti ripetevano che c'era un guasto e che dovevamo essere trainati, ma il treno stava ancora fermo e noi avevamo paura".

E' stato allora che i passeggeri hanno forzato le porte e si sono incamminati lungo la banchina verso la stazione di piazza Cavour distante circa duecento metri. Ma per rimorchiare il treno e trascinarlo in stazione, le porte dovevano essere richiuse: "Ho provato a farlo - spiega il macchinista - però la gente mi ha aggredito". Sono volati insulti, qualcuno voleva addirittura sputargli addosso. "Erano passeggeri presi dal panico", li giustifica la società Me.tro, ma precisa: "L'intervento del personale aziendale è stato reso oltremodo difficile e ostacolato dall'azionamento indebito del comando di apertura di emergenza delle porte e dall'uscita, lungo le banchine in galleria, dei passeggeri". E conclude: "Poco prima delle 15 il servizioè ripreso regolarmente in direzione Rebibbia, mentre il treno è stato avviato all'officina di Magliana per le necessarie verifiche".

mercoledì, ottobre 25, 2006

SILVIO PLAYBOY

Gian Antonio Stella per il Corriere della Sera

Non lo sapessimo concentratissimo sul Bene del Paese, avremmo il dubbio che il Cavalier Caliente abbia la testa altrove. Da due giorni va a parare sempre lì. Prima ha fatto l'occhiolino su Anna Falchi: «Macché povero Ricucci, ha una cosa che tutti gli invidiamo!». Poi, per fare amicizia col petroliere rosso Chávez, ha composto il numero di Aida Yespica, la mora venezuelana de «L’isola dei famosi», e ha allungato il cellulare: «Hugo, un'ammiratrice ti vuol parlare». Quindi ha riso con un gruppo di donne sulle tre «t» di Cremona: «torrazzo, tette, torrone». Per finire ha spiegato che votando contro le «quote rosa» elettorali i maschi hanno agito «per legittima difesa: alcuni deputati han fatto i calcoli: già rischiamo molto passando al proporzionale, se poi ogni tre di noi mettono una signora...».
Scherzava, si capisce. Sa che le sue belle glielo permettono. A un altro caverebbero la pelle. A lui perdonano tutto. D’aver fatto eleggere 13 donne su 168 deputati (7,7%), 5 su 75 senatori (6,6%) e 1 su 16 parlamentari a Strasburgo, percentuale umiliante rispetto alla media europea del 29,9%. Di averne portate al governo 8 su 98, pari a un 8,1%, ridicolo rispetto ai Paesi nordici o alla Spagna. Di non avere esercitato su questo tema quell’autorità che in certi casi, rogatorie o legge Cirami, ha fatto della destra italiana una falange compatta. Tutto perdonato.
Gabriella Carlucci, dopo la catastrofe sulle quote rosa, ha palpitato: «Ringrazio il presidente Berlusconi per l’appoggio morale con il quale ha sostenuto finora questa causa. Noi donne azzurre rimaniamo sue alleate fedeli». E la stessa Stefania Prestigiacomo, che pure era fuori dalla grazia di Dio per l’imboscata maschilista, ha sorvolato ieri sulla «legittima difesa» («legittima», sic) per dire: «Credo che le donne italiane abbiano il diritto di vedere riparata l’offesa subita alla Camera. Per questo ho chiesto che un istante dopo l’approvazione della legge elettorale venga avviato l’iter di un disegno di legge che introduca le quote. Berlusconi è d’accordo». Ha detto infatti: «A noi le signore, soprattutto belle, in Parlamento ci piacciono molto». Mal che vada, le manderà un immenso mazzo di rose. Una parure. O un anello d’oro con un gran diamante da posarci le labbra al prossimo baciamano. «Scusa, cara...».
Nessuno in Italia amoreggia e gioca con le donne come lui. Ogni occasione, le parole giuste. Ha davanti le casalinghe? «Anch’io sono stato un po’ donnina di casa, quando studiavo ed ero un ragazzo di famiglia, buttavo giù la polvere e ogni tanto facevo la spesa. So quanta fatica ci vuole per lavorare a casa, per creare un clima di serenità quando il marito torna...». Inaugura la Messina-Palermo? «Ah, la Sicilia! Avete la storia, il sole, un’ambiente straordinario, testimonianze di un passato glorioso... E poi, ragazze così belle!». Si lagna per la lentezza del Parlamento? I senatori tirano in lungo l’iter delle leggi perché devono dimostrare ai figli e alla moglie che non vanno a Roma solo perché hanno l’amante. Però sopra i 400 chilometri l’amante non conta. Come si dice a Napoli, «’A commare nun è peccato». Taglia il nastro al «Costa Smeralda»? «Ah, l’aereoporto di Olbia! Splendido! Rasenta il lusso. E poi, bellissime ragazze che fanno la felicità dei passeggeri maschi in arrivo e in partenza!».
E via così. Visita Alassio? «Penso ancora al "muretto" quando io, a quei tempi un vecchio playboy, vedevo tutte quelle belle ragazze... Parlando col sindaco gli ho chiesto se fossero ancora così belle, mi ha detto che oggi sono purtroppo tutte rifatte. Mah... Anch’io mi sono rifatto i capelli». Va al congresso di An? «Ma che belle gambe, che vedo nelle prime file!». Vuole spiegare perché il Polo si è incaponito sulla legge sul legittimo sospetto? «È un diritto dei cittadini rivolgersi alla Cassazione se l’atmosfera non fa presagire che ci sia un giudizio imparziale. Magari qualcuno ha fregato la fidanzata al presidente del tribunale. A noi succede: siamo tombeur de femmes . Mai di un amico. Però, di un magistrato, è decente...». Tira la volata alla Colli? «Votate l’Ombretta: è brava, l’è una bela tusa e canta bene». Prende la parola alla Fao sulla fame? «Un saluto a tutti voi, in particolare alle belle delegate!».
Quella volta, a dire il vero, alcune straniere si scandalizzarono: non era il caso, visto il tema. Lui ha tirato diritto. Offrendo il meglio nei rapporti internazionali. Va a Wall Street per incontrare i businessmen e ammicca: «Un altro motivo per investire in Italia è che oltre al bel tempo e alla bellezza del Paese, abbiamo anche bellissime segretarie». Va in Romania, spiega che ha avuto una fidanzata romena e sorride: «A me i capelli sono caduti per le troppe fidanzate». Parla delle relazioni con Parigi? «Non sono popolare tra i giornalisti e coloro che ne subiscono il fascino, ma tra i francesi sono popolarissimo: basta contare le fidanzate che ho avuto lì». Riceve Sali Berisha? «Sì, questa volta in Albania ci vengo. I socialisti di prima non mi avevano presentato mai una bella ragazza!». Riceve gli imprenditori turchi? «Sono con voi: da giovane ho avuto una meravigliosa fidanzata turca».
Ogni tanto, c’è chi sbarra gli occhi. Come fece con Tarja Halonen, quando lui se ne uscì: «Per portare l’authority alimentare a Parma ho rispolverato le mie doti di playboy col presidente finlandese». Helsinky s’indignò, convocò l’ambasciatore, piantò un casino. Lui sospirò: «C’è una generale mancanza di umorismo». Lo stesso mancante al cronista del Kommersant che descrisse la visita allo stabilimento Merloni di Lipetsk: «Il premier italiano era particolarmente attivo. Era chiaro che aveva un obiettivo. Ha detto a Putin: "Voglio baciare la lavoratrice più brava e più bella". Aveva già individuato la sua vittima. Si è avvicinato a una donna grande come la Sardegna e con tutto il corpo ha fatto il gesto tipico dei teppisti negli androni bui dei cortili, quando importunano una ragazza che rincasa. Lei s’è scansata ma Berlusconi in passato deve aver fatto esperienza con donne più rapide di questa: con due salti ha raggiunto la ragazza e ha iniziato spudoratamente a baciarla in faccia». Dura la vita, a tirar su il prestigio mondiale dell’Italia...

lunedì, ottobre 23, 2006

...noi in leggera controtendenza


Usa, scandalo Enron
24 anni all'ex amministratore
NEW YORK - L'ex amministratore delegato della Enron Jeffrey Skilling è stato condannato a 24 anni e quattro mesi di prigione per il suo ruolo in uno dei maggiori scandali della storia dell'industria americana.

Skilling è l'ultimo dei dirigenti al vertice del colosso energetico a essere punito per i trucchi e le frodi contabili costate migliaia di posti di lavoro e oltre due miliardi di dollari dei fondi pensione dei dipendenti. L'examministratore delegato, che ha 52 anni, ha ascoltato in silenzio la lettura della sentenza in un'aula di tribunale di Houston in Texas.

Il suo coimputato Kenneth Lay è morto lo scorso 5 luglio e la scorsa settimana la condanna nei suoi confronti è stata cancellata. L'ex direttore finanziario Andrew Fastow è stato condannato a sei anni di prigione dopo aver patteggiato con la magistratura una serie di confessioni che hanno portato alla condanna di Skilling.

mercoledì, ottobre 18, 2006

Cough, cough!



Pensando alla vicenda Saviano mi ritrovo a riflettere sulla vita di merda che fanno i latitanti. Qualcuno ha detto che "cummannari è megghiu 'cca futtiri", ma se questa è la vita di un capo, allora Saviano ha proprio ragione. Sono solo dei poveracci.

Camorra, arrestato latitante del clan 'Di Lauro'
Si era nascosto nel doppiofondo di un divano
Era in casa con moglie e figli. Tradito da un colpo di tosse

NAPOLI - Quando i carabinieri sono arrivati per arrestarlo Francesco Abbinante, 31 anni, ritenuto elemento di spicco del clan camorristico dei "Di Lauro", si è nascosto nel doppiofondo ricavato in un divano. Ma i carabinieri sono riusciti comunque a trovarlo e ad arrestarlo, ponendo fine a quattro anni di latitanza.

Abbinante, già condannato a 14 anni di reclusione per traffico internazionale di stupefacenti, era ricercato per due ordinanze di custodia cautelare in carcere emesse su richiesta della Dda nel settembre 2002 e nel gennaio 2003.

L'uomo si nascondeva, insieme alla moglie e tre figli, a Marano, in provincia di Napoli, in un appartamento di un parco residenziale. Il doppiofondo del divano all'interno del quale l'hanno trovato i carabinieri poteva essere chiuso dall'interno con un chiavistello.

Ad Abbinante i carabinieri sono arrivati seguendo gli spostamenti della moglie. Francesco Abbinante è il figlio di Raffaele, detto 'Papele', in carcere da tempo, dall'epoca della faida tra i 'dilauriani' e gli 'scissionisti'. Ma, ci sono altri esponenti di questa famiglia, rinchiusi in cella: ad esempio, Guido Abbinante, zio di Francesco e sua moglie, Raffaella De Felice.

martedì, ottobre 17, 2006

Destino cinico e baro

Iraq: Usa, morto primo eschimese inviato nel deserto
Ucciso durante addestramento in base, sepolto nel ghiaccio
(ANSA) - WASHINGTON, 17 OTT - Gli eschimesi inviati in Iraq
hanno avuto la prima vittima: il loro capo è morto prima
ancora di raggiungere il fronte.
Il sergente Billy Brown, che aveva promesso di riportare in
patria i suoi ragazzi 'tutti sani e salvi', è stato il
primo a tornare in Alaska: è morto nella base di Camp
Shelby, nel Mississippi. Il suo corpo è stato sepolto nel
ghiaccio a Barrow, il villaggio a 600 km dal Circolo Artico
dove viveva.

lunedì, ottobre 16, 2006

Saviano

da: l'espressonline

Saviano? No, grazie
di Gianluca Di Feo
Le lettere minatorie. I messaggi trasversali dei boss. L'emarginazione. Per l'autore di 'Gomorra' il prefetto ora studia un piano di protezione. In edicola Inferno napoletano

(English version)
Da Scampia si vede Pechino

Cronache
FOTO: TRA OMICIDI E RIFIUTI

L'appelloIl quartiere ScampiaPrima le lettere minatorie, le telefonate mute in piena notte, camerieri che dicono "Lei qui non è gradito", o negozianti che con tono supplichevole sussurrano "Ma lei deve proprio continuare a comprare il pane qui...". Poi il disprezzo delle autorità campane, anche le più importanti come il sindaco di Napoli Rosa Russo Iervolino. Infine i messaggi diffusi dai familiari dei boss: i padrini latitanti, quelli più feroci che sanno come fare arrivare sulla stampa locale i loro umori. Quanto basta a far scattare l'allarme e a trasformare il caso letterario dell'anno in una questione di sicurezza. Adesso per Roberto Saviano, 28 anni, autore del libro-inchiesta sulla camorra insediato da cinque mesi nelle classifiche di vendita, e collaboratore de 'L'espresso', saranno decise nuove misure di protezione: il prefetto di Caserta ha aperto un procedimento formale, che dovrà essere valutato dal comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza.

Il casus belli che ha alzato il livello di guardia, paradossalmente, è stato l'articolo di un piccolo quotidiano, sempre fin troppo attento a cogliere i gesti delle famiglie casertane. In ballo ci sono pezzi da novanta come Michele Zagari e Antonio Iovine, inclusi nella lista dei super-ricercati, o il più celebre Sandokan, al secolo Francesco Schiavone. Hanno mal tollerato il successo di 'Gomorra', il volume edito da Mondadori che ha imposto i loro traffici all'attenzione dei mass media. Si sono infuriati per la sfida che Saviano ha portato nel loro feudo, in quella Casal di Principe che negli anni Novanta aveva il record mondiale di omicidi. Il 23 settembre, a conclusione di quattro giornate di mobilitazione anticamorra aperta dal ministro Clemente Mastella, il giovane scrittore si è presentato sul palco assieme a Fausto Bertinotti. Nella piazza principale, davanti a tanti che non chinano la testa, il presidente della Camera si è lanciato contro le "cosche che non danno nulla ma tolgono e compromettono il futuro". Saviano invece ha chiamato i padrini per nome: "Iovine, Schiavone, Zagaria non valete nulla. Loro poggiano la loro potenza sulla vostra paura, se ne devono andare da questa terra".


Il 'Corriere di Caserta' ha prontamente registrato sia le assenze dei parlamentari eletti in città, sia la presenza del cugino di Sandokan che "inchiodava al muro un signore con uno sguardo feroce e si faceva dire, uno a uno, chi applaudiva troppo forte alle parole sui figli di Schiavone". Titolo: 'Un cugino di Schiavone origlia. Davanti al bar si fa raccontare tutto quello che è stato detto in piazza. E su chi c'era'. La stessa testata definiva 'spregiudicato' l'intervento dello scrittore e spiegava "che non tutti si sono lasciati impressionare dall'invettiva" di Saviano, descrivendo nei dettagli il dibattito su caldo e traffico che avveniva contemporaneamente nella sede dell'Udeur.

Potrebbero sembrare piccole beghe di campanile, ma a Casal di Principe non ci sono Pepponi mentre l'unico don Camillo è stato assassinato dai killer di camorra e - stando a una sentenza civile - diffamato dopo la morte proprio dal 'Corriere di Caserta'. Si chiamava don Peppino Diana ed è dal suo dramma che nasce il titolo di 'Gomorra'. Il libro edito da Mondadori ora marcia verso le 100 mila copie senza promozione, spinto dalla forza del tam tam dei lettori e dal lancio coraggioso della giuria che gli ha assegnato il premio Viareggio Repaci. Un risultato con pochi precedenti per l'opera prima di un autore giovanissimo, accolta dal consenso unanime della critica e che verrà stampata in Germania, Francia, Olanda, Gran Bretagna e Stati Uniti.

Il suo primo sponsor è stato Enzo Siciliano. A proposito di 'Gomorra', poco prima di morire disse: "Ricordiamoci che non è solo un bel libro; questo ragazzo rischia la vita". Sembrava una frase a metà tra il complimento e l'esagerazione, era una profezia. Saviano è riuscito a dare nuova energia a un genere che in Italia pareva dimenticato da quasi 15 anni, da quando opere come quelle di Corrado Stajano vennero sepolte da una slavina di instant book di ispirazione giudiziaria. 'Gomorra' invece ha il rigore di un saggio, l'anima di un romanzo e il ritmo del reportage reso più incisivo dal lessico che fonde dialetto e neologismo: è un tuffo nel vissuto della camorra, raccolto in prima persona e non attraverso il filtro dei rapporti di polizia. Saviano può vedere e può capire, perché è nato lì: in quel libro c'è la sua vita, il cuore della sua generazione costretta spesso a scegliere tra il crimine o l'emigrazione. E per quel libro ha già pagato un prezzo personale molto alto: i genitori gli hanno tolto il saluto, il fratello è stato costretto a trasferirsi al nord.

L'interesse di Schiavone, di Zagaria, di Iovine e degli altri padrini non sorprende. 'Gomorra' e gli articoli di Saviano su 'L'espresso' hanno costretto lo Stato a muoversi. Il Viminale sta mettendo a punto un piano per l'ordine pubblico in Campania e c'è un risveglio della mobilitazione civile. Mentre tutti guardano a Napoli e dintorni, il libro ha messo sotto gli occhi di tutti la potenza economica e militare dei clan casertani. Così forti e ramificati da avere colonizzato persino Aberdeen in Scozia. Chiaro che Sandokan & C. non potessero mandare giù un'opera nata nella memoria del sacrificio di don Diana, ucciso prima e delegittimato poi. Il segno dell'insidiosità della camorra, che sa trasformare la cronaca in strumento di pressione e sfruttare giornali con pochi scrupoli. Magari per fini economici, come è accaduto nel caso dell'ex editore del 'Corriere di Caserta', Maurizio Clemente, che il mese prossimo verrà processato per estorsione a mezzo stampa.

Se l'intimidazione dei clan era prevedibile, colpisce invece il disprezzo delle autorità locali, testimoniato dalle bordate di Rosa Russo Iervolino. Il sindaco partenopeo nel consegnare a Saviano il premio Siani lo ha definito "simbolo di quella Napoli che lui denuncia", offendendo sia l'autore, sia la memoria del giornalista ammazzato 21 anni fa. Di fronte alla denuncia de 'L'espresso' su Napoli perduta, poi, il primo cittadino ha commentato: "Quello è un fissato strabico".

Altri si stanno mobilitando. Un appello è stato improvvisato, raccogliendo firme di scrittori e lettori: tra i primi Massimo Carlotto e Giancarlo De Cataldo. Poche righe che denunciano "un isolamento fatto da ciò che non ti fanno e che vogliono farti credere ti faranno. Ma intanto ti fermano, creano diffidenza intorno, screditano, insultano, allontanano tutti dalla tua vita perché mettendo paura ti creano attorno il deserto. A questo punto devono venire fuori altre voci...". E ancora: "Quando Saviano ha 'cacciato' con le sue parole i boss dalla piazza di Casal di Principe e dalle vie di Secondigliano, quando ha raccontato il loro potere con la letteratura, quando ha fatto i nomi, quando accompagna il suo libro non è solo la sua voce a parlare. Lui lo ha detto e noi con lui".

L'iniziativa è partita da Sandrone Dazieri. Lo scrittore, sceneggiatore e manager editoriale, divenuto famoso con il personaggio de 'Il gorilla' ha lanciato l'appello. Racconta Massimo Carlotto, uno dei maestri del noir italiano: "Appena ho ricevuto la mail di Sandrone ho firmato subito. Stiamo pensando di organizzare una manifestazione di autori proprio nelle terre di Saviano, nel cuore del Casertano". Sfida accettata, dunque, e rilanciata. In attesa di eventuali decisioni sulla protezione, Saviano ora si prenderà una pausa lontano dalla Campania. Ma sarà solo una sosta di poche settimane, per alleggerire la pressione e concentrarsi su un nuovo progetto. Solo una parentesi, prima di ricominciare a misurarsi con il suo lavoro. Perché se a Napoli scrivere 'Gomorra' dovesse costringere a emigrare e obbligarlo a una vita blindata, allora sarebbe perduta anche l'ultima speranza. n
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domenica, ottobre 08, 2006

Per quei figli di puttana


...per quei vigliacchi che l'hanno ammazzata per qualche rublo/dollaro e un paio di serate con una prostituta di Mosca un solo pensiero. L'avete crivellata di colpi a casa sua, nell'ascensore. Avete fatto di questa donna una martire. Non è stata una grande idea. Qualcun altro ne prenderà il testimone.

Assassinata a Mosca Anna Politkovskaya, giornalista russa famosa in tutto il mondo per i suoi reportage sugli orrori della guerra in Cecenia e gli abusi compiuti dalle truppe federali. La donna è stata trovata morta nell'atrio dell'edificio in cui viveva da una vicina. Sul luogo del delitto, la polizia ha trovato una pistola e quattro bossoli.

Nata nel 1958, la Politkovskaya aveva due figli. Scriveva per il quotidiano dell'opposizione Novaya Gazeta. Nel settembre del 2004, mentre si apprestava a recarsi a Beslan per seguire il sequestro e il massacro degli ostaggi nella scuola numero 1 del capoluogo dell'Ossezia del Nord, era rimasta vittima di un misterioso avvelenamento da lei attribuito ai servizi segreti russi. Alle vicende del conflitto ceceno si era appassionata alla fine degli anni '90, e non solo come cronista: nel dicembre del 1999 fu lei a organizzare, sotto una pioggia di bombe, l'evacuazione dell' ospizio di Grozny, mettendo in salvo 89 anziani.

Dimitri Muratov, direttore del quotidiano Novaia Gazeta, ha dichiarato che l'omicidio "sembra essere una punizione per i suoi articoli". Politkovskaia aveva fra l'altro lavorato a una rigorosa inchiesta sulla corruzione in seno al ministero della Difesa e del contingente russo in Cecenia. Nella sua lunga attività di paladina dei diritti umani nella piccola repubblica caucasica, si era fatta molti nemici, sia fra le forze russe che fra i guerriglieri.

Madre di due figli, la Politkovskaya in passato era stata arrestata e anche più volte minacciata per la sua opposizione al governo e per le sue denunce di violazioni dei diritti umani commesse in Cecenia. Nell'ottobre del 2002, durante l'assalto al teatro Dubrovka di Mosca da parte di un commando di una cinquantina di terroristi ceceni aveva tentato di fare da mediatrice, ma poi l'irruzione delle forze speciali russe aveva vanificato i suoi sforzi.


Intervistata spesso anche dagli organi di stampa italiani in qualità di preziosa fonte indipendente sulle vicende dell'ex repubblica sovietica, nel 2004 Anna Politkovskaya era stata insignita con il premio intitolato all'ex premier svedese Olaf Palme in quanto "simbolo della lunga battaglia per i diritti umani in Russia". Nel suo paese aveva vinto il "Penna d'oro", l'equivalente del Pulitzer.

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Tra i tanti messaggi di dolore per la morte di Anna Politkovskaya anche quella dell'ex presidente dell'Urss Mikhail Gorbaciov che ha definito l'omicidio "un crimine grave contro il Paese, un crimine contro tutti noi, è un colpo all'intera stampa democratica e indipendente".

Con l'omicidio della cronista russa sale a 56 il numero dei giornalisti uccisi quest'anno nel mondo. Le ultime due vittime, sempre oggi, erano state due reporter tedeschi uccisi in un'imboscata nel nord dell'Afghanistan. Secondo i dati, diffusi dall'organizzazione Reporters sans frontieres, il 2006 potrebbe rivelarsi più sanguinoso persino dell'anno precedente, quello più tragico per i cronisti di tutto il mondo.

da Repubblica.it

sabato, ottobre 07, 2006

Sul caso Betulla


Massimo Alberizzi dixit, o meglio, scrissit.

Caro Franco,

ti scrivo dal Sudan. Sono nel sud, in un posto devastato che si chiama Juba, dove la guerra è finita, e andrò nel Darfur, dove la guerra invece continua.

In Darfur un paio di mesi fa è stato arrestato un mio amico, Paul Salopek, del Chicago Tribune, due volte premio Pulitzer. Io e Paul abbiamo lavorato assieme in Eritrea e nel 2004 in Sudan, proprio in Darfur dove il conflitto era appena cominciato. Eravamo entrati clandestini, cioè senza visto, in Sudan assieme ai guerriglieri che combattevano e combattono in Darfur.

Paul ha ritentato la stessa strada quest’estate ed è stato arrestato. Ovviamente è stato accusato di spionaggio.

Invece non è una spia ma un giornalista. E’ stato rilasciato perché ha potuto convincere, anche attraverso i buoni uffici di un governatore suo amico che è andato a parlare con il presidente sudanese, che tra spionaggio e giornalismo c’è incompatibilità e antagonismo. E che non ci sono giornalisti americani nel libro paga della CIA. Il presidente sudanese gli ha creduto e ha rilasciato Paul.

La legge americana, come per altro quella italiana, vieta alle agenzie di spionaggio di reclutare giornalisti.

Ebbene se mi dovessero arrestare per spionaggio ora glielo vai a spiegare tu ai servizi di sicurezza sudanesi che da noi non ci sono giornalisti spie? Che non ci sono colleghi al soldo del SISMI. Per favore non dirgli che sì, ce n’era uno ma è stato sospeso per un anno e che una volta finita la pena potrà tornare a fare ancora il giornalista? Altrimenti quelli non mi lasceranno andare via mai più e saranno convinti che effettivamente io sono una spia.

Renato Farina si è macchiata di una colpa gravissima, molto più grave di quella per cui fu radiato Osvaldo de Paolini, accusato di insider traiding. (mi domando poi perché per Osvaldo de Paolini non valga “il diritto come tutti i cittadini a un trattamento improntato a umanità e tendente alla sua rieducazione”).

Con il suo comportamento scellerato Farina ha messo in pericolo la vita di decine di colleghi che ogni giorno, nello svolgimento del loro lavoro, rischiano di essere accusati di spionaggio. E il prestigio e l’autorevolezza di un’intera categoria.

Tu parli di gogna mediatica, ma, scusami, non è francamente nulla rispetto alle conseguenze nefaste provocate dal suo comportamento. Sono spiacente ma non mi convinci!

Nella organizzazione di cui tu sei presidente, l’Ordine, non c’e spazio per tutti e due: o me o lui!

Con un cordiale saluto sperando che ti renda conto del grosso guaio che è stato combinato

Massimo A. Alberizzi
Consigliere Nazionale FNSI
Senza Bavaglio


Io mi trovo d'accordo. Questo Alberizzi mi pare persona seria (non lo conosco), ma forse per capire la sua indignazione ogni tanto bisognerebbe alzare il culo dalla sedia e fare davvero i giornalisti (e per carità non dico che Farina non lo abbia, mai fatto) . Divertirsi a fare lo 007 de' noantri però mi sembra semplicemente ridicolo (anche Giuliano Ferrara fece outing tempo fa). Sono questi signori che poi ci sputtanano in giro per il mondo creandoci (magari senza saperlo) dei problemi.