domenica, aprile 09, 2006

Joan Lui

Trascritto da Repubblica.

Quel principe kafkiano che ora teme la metamorfosi.

Dalle corna alle chat-line, con lui il potere s´è fatto irridente il Cavaliere

Non ha paura della vendetta o dell´esilio, ma del dimenticatoio: per questo vuole la sua Sant´Elena.
Agli amici ha confidato che Bush è pronto a sostenerlo come segretario generale dell´Onu, ma in realtà sa di non essere adeguato, perché troppo controverso, un leader di parte non adatto a cariche ecumeniche
E´ diventato uno degli uomini più conosciuti al mondo e, dopo Mussolini, è l´italiano sul quale si è più scritto. Per trovare da noi un altro principe delle facezie bisogna risalire a Ferdinando di Borbone

FRANCESCO MERLO

Silvio Berlusconi non teme piazzale Loreto, ma al contrario un futuro da "pirla". Chiuso nella sua Sardegna, tra gli amatissimi cactus, con le mani dei fedeli massaggiatori che gli impastano sul corpo rimproveri impertinenti e prediche umilianti, non ha paura della soluzione tragica ma di un´uscita di scena da "pistola", del ruzzolone da comica finale. Se, dunque, con lazzi e allegri sarcasmi, ha messo tutto sottosopra, anche se stesso, non lo ha fatto tanto per vincere le elezioni, quanto per guadagnarsi davvero, con la probabile sconfitta, il suo Piazzale Loreto o, meglio ancora, la sua Sant´Elena. Insomma, non è vero che Berlusconi ha terrore delle vendette e dei plotoni d´esecuzione, dell´esilio e della galera, come ha sostenuto Fedele Confalonieri.
Paventa, al contrario, un futuro da omiciattolo. Non un destino a tinte fosche, come capitò a Napoleone, a Mussolini, allo stesso Craxi o a Saddam, ma un pietoso finalissimo, il silenzio dopo una salva di pernacchie: «Se devo perdere, che almeno perda bene» aveva deciso un anno fa, proprio qui in Sardegna, quando gli suggerirono di passare la mano a Gianni Letta.
Perciò ora, a tormentarlo nell´ultima domenica, non sono i sondaggisti che prevedono corda e ghigliottina a partire da domani sera, quando probabilmente dovrà lasciare tutto e pagare per tutti, come vuole quella legge italiana che nessun Cirami e nessun Cirielli riusciranno mai a cancellare: «Quando si perde, perdono in tanti, ma il conto si presenta solo a uno». La verità è che Berlusconi non vuole percorrere al contrario quella metamorfosi di Kafka che, da imprenditore - scarafaggio, lo ha portato a presidente degli italiani. Ecco perché, prima ancora che si consumi il tradimento, si sente già tradito da tutti, tranne che da Emilio Fede.
La villa dove si è rinchiuso, in attesa di andare domani a Macherio, non è come il bunker di Hitler, ma somiglia di più alla casa di Diabolik: c´è sempre lo champagne al fresco, uno scafo che parte o che rientra, tanti bikini al sole. Il cavaliere non è prenotato per una saga nibelungica; e anche questa sua vigilia di uomo solo, sfinito dal carnevale elettorale e dalla sbornia di parole, è comunque piena di maggiordomi e cicisbei, di signore e signorine, e persino di quelle chat line alle quali - come ha raccontato - chiede di se stesso, perché il cav. si rilassa solo quando può parlare di se stesso.
Socievole e ottimista, per un momento ieri si è eccitato quando gli hanno raccontato che Raffaele Selvatico, il piu noto dei playboy italiani da casinò, lo dà vincente 53 a 47.
Berlusconi ci crede e non ci crede. Dice che le coccarde «santo subito» non gli sembrano all´altezza delle bandane con su scritto «non sono un coglione». Ma si sa che non è un realista, meno che mai quando rimane a rimuginare, a ripensare, specie adesso che è in cura cortisonica, che la voce gli si sta affievolendo e ogni tanto gli viene anche la febbre. Davvero somiglia al Mazzarò di Giovanni Verga, che distruggeva la sua roba quando stava per essere destituito dalla vita, non voleva lasciare nulla a chi non lo meritava.
Così Berlusconi, passando all´opposizione, mena colpi per sfasciare tutto. Quello ammazzava gli animali, e questo abolisce le tasse. Le entrate dello Stato sono come la roba di Mazzarò, un Mazzarò in versione vip, un Mazzarò con l´estetica da piano bar: «Quando gli dissero che era tempo di lasciare la roba, per pensare all´anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a colpi di bastone le sue anatre e i suoi tacchini, e strillava: roba mia, vienitene con me».
Agli amici ha confidato che Bush è pronto a piazzarlo all´Onu, come segretario al posto di Kofi Annan. Ma, più che un serio progetto alternativo, Berlusconi di nuovo rivela la paura di finire nel dimenticatoio, di rifare a ritroso quel cammino kafkiano e di ritrovarsi insetto. E non solo perché capisce bene, anche per averlo frequentato e non sempre indegnamente, che l´Onu, per quanto mal ridotto, non è una Asl di provincia.
In realtà sa di non essere adeguato perché è troppo controverso, un uomo che divide, un leader di parte. Nessuno come Berlusconi capisce che mai cariche ecumeniche saranno offerte a Berlusconi.
Perciò, alla fine ha sfidato il mondo intero, e anche la logica. Davvero preferirebbe che dei forsennati lo trascinassero per strada e gli infliggessero qualche atroce supplizio, sogna le mitragliate moralistiche e le invettive biliose di quella sinistra che in questi anni gli ha dato la carica ed è cresciuta grazie a lui. Patire, da sconfitto, una violenza, è il modo più sicuro per purificarsi, per farsi subito rimpiangere, per far credere agli italiani che era meglio tenersela cara quella loro abitudine, quel difetto nazionale, quel Cristo che andava protetto dagli squilibrati comunisti.
Ma state attenti a pensare davvero di liberarvi di Berlusconi con una risata o con una legge sul conflitto di interessi o con una sentenza. State attenti a deridere questo suo animo da resistente, a prenderlo in giro per questo suo atteggiarsi a Ferruccio Parri della gente comune, a Padre Pio in sintonia con il popolo. Intanto non è vero che Berlusconi ha soltanto pensato a difendere i suoi interessi, e che ha fatto politica soltanto per impedire alla giustizia di entrare nei suoi sporchi affari. Se così fosse, non sarebbe diventato, dopo Mussolini, l´italiano del quale si è più scritto, quello che più ha ispirato saggi, tesi di laurea, romanzi, film d´autore, commedie, poesie.
E´ invece vero che all´estero lo trovano buffo, ma solo perché lo trovano molto italiano, una specie di nuovo Alberto Sordi.
Berlusconi esprime infatti benissimo l´anima di un Paese che non si può prendere sul serio, la solita Italia delle trovate, delle corna e delle barzellette come versione brianzola degli antichi protocolli d´intesa e dei balli a corte. «Nelle occasioni formali bisogna creare amicizia, cordialità e simpatia» è la prima regola del berlusconismo e certo ci vorrebbe Freud o qualche altro professore dei dettagli per spiegare le fughe nella scanzonatura e nell´irresponsabilità, tutti gesti di ‘politica estera´ che, messi insieme, sono una patologia, ma anche una verità italiana. Pensate: sir John Le Carré ha dichiarato che se fosse in Italia voterebbe Berlusconi: «E´ un prodigio italiano». Perché all´estero, dove nessuno ha mai dato peso al broncio e all´aggrottar di ciglia italiani, Berlusconi sembra addirittura una felice invenzione della cultura italiana dell´antitaliano. E´ l´uomo che ha definitivamente strappato la politica italiana dalle mani di Cavour e l´ha restituita a Pulcinella.
Ecco perché è diventato uno degli uomini più conosciuti al mondo. A parte Fidel Castro e Saddam Hussein, è il più fotografato, il più popolare, il più discusso. Certamente non è amato, ma ispira familiarità perche la gente lo trova divertente e lui non cerca l´intelligenza delle persone ma il loro sorriso. Berlusconi non è un aforisma ma una gag; non un compendio politico, ma una sequela di battute al limite della licenza e qualche volta della decenza. Esordì con le barzellette ed esce di scena con il copione impazzito, con il turpiloquio e con i nostri telefonini che alla vigilia del voto sono pieni di messaggini-barzellette su Berlusconi, come quella sui "coglioni" che vinceranno perché sono il doppio delle "teste di cazzo". Per trovare nella storia d´Italia un altro Principe che raccontava e ispirava tante facezie bisogna forse risalire a Ferdinando di Borbone, re di crapule e di taverne.
Ma bisogna ammettere che l´humour di Berlusconi, nell´ammirare e nel servire se stesso, finisce con il farsi beffe di se stesso. Nessuno, prima di lui, aveva usato la comicità come arma del potere: per piegare l´opposizione, per smontare la domanda di un giornalista malizioso, per disarmare il sindacato, per sdrammatizzare gli appelli alle masse, per spuntare Karl Marx e Adam Smith. Nel paese di Bertoldo e di Giufà, il potere, da sempre irriso, è diventato irridente.
Sono stati affrontati i decreti legge come fossero atti comici; i ministri si sono comportati come gli ospiti e gli spettatori di Zelig, arrivando a chiamare porcate le loro stesse leggi. Con questa sorta di follia che si porta appresso, il cav. sembra un personaggio di John Fante, uno di quelli esagerati meridionali affetti da gigantismo americano, un Angelo Musco con la struttura di John Wayne che invece di sparare fa le corna, o invece di mettere mano alla fondina mette mano alla bottiglia, personaggi così eccessivi da fare simpatia, italiani che hanno messo a soqquadro e hanno cambiato l´America come Berlusconi ha messo a soqquadro e ha cambiato per sempre quella politica italiana che gli deve comunque l´onore delle armi. Ma se vincesse, concederebbe egli l´onore della armi?

1 commento:

Anonimo ha detto...

"Non si capisce perché Raitre, aggirando il silenzio stampa sul piano politico-elettorale, abbia mandato oggi in onda nella prima mattina di oggi un grottesco documentario sovietico, in lingua russa, con traduzione italiana, che parte dal nazismo, attraversa la seconda guerra mondiale e arriva fino ai tempi successivi, con accostamenti delle Ss ai Marines e altre amenità tipiche della cultura comunista". Lo afferma Fabrizio Cicchitto, vicecoordinatore di Forza Italia