domenica, gennaio 23, 2011

La Rai secondo il PDL

Il nuovo regolamento per la ‘Par Condicio‘ Rai, presentato mercoledì dal senatore PdL Alessio Butti alla commissione di Vigilanza, ha l’aria di un vero capolavoro. In virtù della necessaria completezza, oggettività e pluralità dell’informazione, la Tv di Stato dovrebbe adottare nuove norme che prevedano quanto segue.


* Sperimentare “format di approfondimento giornalistico innovativi che prevedano anche la presenza in studio di due conduttori di diversa estrazione culturale“; e la domanda nasce spontanea: l’idea di un giornalismo obiettivo in Italia non si prende proprio più in considerazione, eh? E ci sembra davvero grave, una vera e propria sconfitta per l’onestà intellettuale, che non viene proprio più contemplata come principio base di una convivenza civile.
* E ancora: “Qualora non si opti per una doppia conduzione, bisognerà garantire, laddove il format della trasmissione preveda l’intervento di un opinionista a sostegno di una tesi, uno spazio adeguato anche alla rappresentazione di altre sensibilità culturali“. “E ciò è ancor più necessario per quelle trasmissioni che, apparentemente di satira o di varietà, diventano poi occasione per dibattere temi di attualità politica e sociale, senza quelle tutele previste per trasmissioni più propriamente giornalistiche“;
* tornando al conduttore, egli “è sempre responsabile dell’attendibilità e della qualità delle fonti e delle notizie, sollevando la Rai da responsabilità civili e/o penali“. Inoltre “non deve solamente essere imparziale, ma anche apparire tale nella sostanza, moderando la trasmissione in modo da garantire agli ospiti equità nella distribuzione dei tempi e l’assoluta imparzialità della linea editoriale del programma“. Deve inoltre “garantire, al più tardi nella prima puntata successiva, l’esercizio del diritto di rettifica a beneficio di qualunque soggetto sia stato destinatario di informazioni contrarie alla verità o comunque lesive e che non abbia avuto alcuna possibilità di difendersi“. E si sente l’eco delle polemiche tra Maroni e Vieni Via con Me.
* E siamo a una delle prime chicche, in cui non è difficile riscontrare un preciso tentativo di fare definitivamente fuori Michele Santoro (al di là delle decisioni della magistratura che non hanno ‘permesso alla Rai di innovare’, come ha detto qualche tempo fa il dg Masi): “La conduzione non può essere affidata a chiunque abbia interrotto la professione giornalistica per assumere ruoli politici“, come Santoro, ex europarlamentare per i DS.
* Si ribadisce, inoltre, il ‘divieto’ di rappresentare le intercettazioni a mo’ di docufiction, come fa Annozero;
* e qui siamo alla genialata pura: “per garantire l’originalità dei palinsesti, i temi prevalenti, di attualità, politica o cronaca, trattati da un programma non devono costituire oggetto di approfondimento di altri programmi, anche di altre reti, almeno nell’arco degli otto giorni successivi alla loro messa in onda“!. Ovvero, se il lunedì Berlusconi va da Bruno Vespa per parlare di Ruby, Ballarò e Annozero (nonché L’Ultima Parola et alii) non potranno occuparsene. Questo dovrebbe valere anche per la cronaca, a quanto scritto: ergo se Uno Mattina si occupa di Sarah Scazzi nessun’altra trasmissione tv può farlo per una settimana? Abbiamo qualche difficoltà a crederlo… una proposta davvero assurda!
* E ancora: “Per consentire a tutti libertà di pensiero, bisognerà oculatamente filtrare messaggi di posta elettronica e sms“. E meno male che bisognava tutelare la libertà di pensiero!


Tutte le indicazioni sono ispirate, a detta di Butti, dalla necessità che “tutti i partiti presenti in Parlamento devono trovare, in proporzione al proprio consenso, opportuni spazi nelle trasmissioni di approfondimento giornalistico” e dalla consapevolezza che “il mancato rispetto dell’assegnazione proporzionale degli spazi televisivi costituisce violazione del principio democratico“. Il che, tradotto, vuol dire che i partiti politici dovranno avere uno spazio proporzionale al loro consenso elettorale… “Il rispetto di tale disposizione viene affidato al buon senso dei conduttori e dei direttori di rete o testata – continua – perché il servizio pubblico radiotelevisivo deve rappresentare il Paese reale, non le élite culturali né i cosiddetti poteri forti“. Ci sembra di notare un’altra leggerissima contraddizione: tutti devono avere spazio, ma chi vince di più… proprio la base della democrazia! Ma dove stiamo arrivando?

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