martedì, gennaio 17, 2006

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La donna era affetta dalla nascita da un deficit mentale, dietro di lei una lunga storia di violenze familiari segregata dalla madre per 30 anni. L'incubo di una disabile a Pescara

PESCARA - "Mi vergognavo di lei". Con queste parole ha tentato di giustificarsi Annina, una donna di 73 anni di Pescara, che per una vita intera ha tenuto segregata in una stanzetta la figlia affetta da un grave dificit mentale. La 52enne Giuseppina ha trascorso 30 anni trattata come una bestia selvatica, nutrita con avanzi di cibo e lavata sul balcone di casa con un tubo da giardino.

La sconvolgente vicenda scoperta nei giorni scorsi si è consumata in un alloggio popolare di via Caduti per servizio, nella periferia del capoluogo abruzzese. L'anziana donna è stata denunciata e la procura della Repubblica di Pescara ha disposto l'allontanamento dalla casa familiare e il divieto di incontrare la figlia. Indagato anche il marito della donna, che non è il padre di Giuseppina, e la sorella della vittima, di due anni più piccola, colpevoli entrambi di non aver mai denunciato le brutali violenze.

Giuseppina, che non ha mai conosciuto il suo vero padre, è nata con un grave disturbo mentale che la rende quasi incapace di parlare. La donna ha trascorso la sua vita chiusa a chiave in una stanza di circa sei metri quadri, nutrita come un animale, costretta a dormire su una brandina, senza luce elettrica e senza mai poter uscire. Il suo incubo è finito quando gli agenti della squadra mobile di Pescara, guidati da Nicola Zupo, sono intervenuti nell'appartamento. Al momento Giuseppina è ricoverata in ospedale per accertamenti e presto sarà condotta in un istituto specializzato.

Le indagini sul passato di Giuseppina hanno rivelato che sia lei che la sorella vennero mandate in un istituto subito dopo la nascita per volontà della madre. La sorella minore però tornò in famiglia all'età di nove anni e cominciò a subire violenze da parte della madre. Picchiata, chiusa in bagno per punizione e talvolta lasciata sul balcone al freddo durante la notte, la ragazza era riuscita a fuggire a 18 anni e solo recentemente si era riavvicinata alla famiglia. Giuseppina invece fu affidata a una zia dopo aver lasciato il centro e, dopo la morte di questa parente, ritornò dalla madre, che intanto si era risposata.

Giuseppina ha vissuto "in condizioni che neanche una bestia meriterebbe - ha affermato il dirigente della squadra mobile di Pescara Nicola Zupo - anzi il cane della famiglia riceveva un trattamento migliore, visto che mangiava nelle sue ciotole in cucina". La donna è stata registrata all'anagrafe nel 1996, all'età di 42 anni, per farle ottenere la pensione d'invalidità. Da allora ogni mese usciva dalla sua prigione, assieme alla madre, per ritirare i soldi alle poste.

"In molti sapevano - ha fatto notare Zupo - ma nessuno ha parlato, e Giuseppina a poco a poco si
è quasi adeguata alla sua condizione. Oggi parla e cammina con difficoltà, e per via della cataratta ci vede pochissimo". La donna, probabilmente, veniva anche picchiata duramente, visto che nella stanzetta è stato trovato anche un bastone. "Non abbiamo ancora capito - ha poi aggiunto Zupo - le motivazioni che hanno spinto i parenti a denunciare la situazione solo adesso". Intanto i medici hanno disposto anche una perizia psichiatrica. Le sue torture sono terminate, ma per Giuseppina adesso inizierà un difficile periodo di recupero.
(da Repubblica.it)

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