sabato, gennaio 21, 2006

La guerra del calcio



....il primo a scriverne fu Ryszard Kapuscynsky

Il paradiso dei trafficanti di calcio - dal Togo al Camerun, giocatori come merce: "È il nuovo schiavismo"
 
Ragazzini pieni di talento e di miseria, procuratori avidi e senza scrupoli: così l´Europa recluta i giocatori africani Ma spesso il sogno finisce male. Dietro lo show della Coppa, decine di storie di sopraffazione. L´ex udinese Tchangai: "A me è andata bene, ma c´è chi è finito a raccogliere pomodori"
 
EMILIO MARRESE
IL CAIRO - A Massamasso Tchangai è andata anche bene. Gli dissero che avrebbe giocato nella serie A italiana, quando arrivò a Udine 7 anni fa dal Togo, e invece è a Benevento in C2, vabbè, dopo essere stato in Slovenia, Olanda e a Viterbo. Coi friulani ha fatto giusto un ritiro estivo, «perché solo dopo avermi fatto il contratto mi dissero che per la legge sugli extracomunitari non potevano tesserarmi». Però Massamasso, che significa «grazie a Dio», è felice: andrà ai Mondiali e ora è alla Coppa d´Africa, anche se le magliette per il debutto di oggi non sono ancora arrivate. «I dirigenti togolesi hanno intascato i soldi dello sponsor ma non gli hanno mai ordinato le mute. Il presidente non si fa vedere, siamo andati noi giocatori a parlare con lo sponsor. Per ora abbiamo divise coi colori di altre nazionali e ci abbiamo appiccicato uno stemma». Ma almeno i soldi sono arrivati: «Dovevamo partire martedì ma il premio promesso non s´era ancora visto, così dall´aeroporto siamo tornati a casa. La gente è scesa per strada a protestare perché ci pagassero e mercoledì notte è arrivato un ministro con una valigia, ci ha dato 27mila euro a testa cash e giovedì siamo partiti. L´hanno detto loro, i politici, che grazie al calcio ora non c´è la guerra civile nel nostro paese: si parla solo di noi. Allora ci diano quello che ci hanno promesso, invece di sperperare miliardi per le parate militari». Il 10 ottobre, giorno della qualificazione mondiali, l´hanno fatto festa nazionale.

A Tchangai è andata bene: «Perché sono partito a 18 anni, ma ai ragazzi che lasciano l´Africa per giocare a pallone dovrebbero garantire anche una scuola. Invece prima ti chiamano e poi scompaiono. Spesso i procuratori ti portano in Europa, anche in Italia, e poi ti salutano. Ho conosciuto dei ghanesi a Roma che non sapevano dove andare a dormire. Blatter ha parlato di schiavismo e ha ragione. Come minimo siamo pacchi postali. Se l´Udinese mi avesse spiegato prima la legge sugli extracomunitari non avrei firmato: mi davano 7 milioni di lire al mese, ma avevo anche offerte da Francia e Olanda, mi hanno bloccato tante chances». A Udine in quel periodo c´era il ghanese Gargo, quello che arrivò nel ‘91 da ragazzino insieme a Kuffour importato dal Torino: il presidente Borsano non li poteva tesserare e li assunse come fattorini nella sua ditta. «Però sono contento lo stesso - dice Tchengai - perché io ci sono stato ad accompagnare i miei amici a raccogliere i pomodori a Foggia. Quelli che mi fanno arrabbiare sono i nostri fratelli che diventano famosi e poi fanno i fenomeni, come Adebayor. E´ cambiato, come è cambiato anche Zoro: quando stava a Salerno sopportava insulti di tutti i tipi, è arrivato in A e ha fatto quella scena».
La tratta dei calciatori neri è una piaga ora meno marcia, rispetto a 10 anni fa, ma non guarita. I giocatori dei club principali hanno imparato a evitare le trappole: i dirigenti sono più accorti, colleghi già emigrati danno le dritte giuste. E allora i ciarlatani e i trafficanti di piedi puntano sui giovanissimi, anche bambini che alla fame preferiscono inseguire un sogno impossibile. C´è una piazza a Lagos in Nigeria che si chiama Evans Square, nel quartiere Oniyngbo: è una specie di mercato bestiame del pallone, si improvvisano squadre che durano dalla mattina alla sera, i ragazzini ci vanno per guadagnarsi 5 euro, i cacciatori di talenti per vederli, i faccendieri per raccogliere le scommesse, tipo combattimento di galli. E´ il Jeunjeun football, calcio a pagamento: Martins dell´Inter si costruì una fama lì. «Ci sono dei banditi che fanno base in Europa - denuncia il presidente della federazione togolese Gnassinbe - che vendono delle false lettere di invito da parte di club professionisti ai giovani. E c´è chi ci casca».
Alex Dosseu, togolese che gioca nella B francese, sbarcò da clandestino a Malta, insieme a tanti altri: «Ma solo chi aveva i soldi da dare ai poliziotti - ha raccontato - poteva restare là». E lui non li aveva. Ci ha riprovato andando in Libia dentro un camion cisterna e da lì in Algeria dove per un anno, prima che arrivasse dal Togo il permesso d´uscita per poter giocare nel Kabylie, ha fatto lavori di tutti i tipi «trattato come uno schiavo». Il somalo Dahir Alì ha raccontato la sua storia alla Bbc: 600 km di autobus per arrivare in Etiopia, poi a piedi in Sudan attraversando una foresta, poi in fuoristrada a Tripoli e mille dollari pagati per la traversata in Italia su un barcone. Ma è finito in una retata della polizia libica e l´hanno rispedito a Mogadiscio.
Un camerunense della under 17 ha fatto una colletta per mettere assieme mille euro da dare ad un procuratore portoghese, che solo in aereo gli ha detto che sarebbero andati a Parigi anziché in Portogallo. Lui e altri tre. Poi l´ha spedito a Lione, con 20 euro in tasca, dove gli ha raccontato che avrebbe trovato i dirigenti dell´Olympique. Ovviamente non c´era nessuno ad aspettarlo. Di casi simili Jean Claude Mbvoumin, ex nazionale camerunense e presidente dell´associazione cultura calcio in Francia, dove nella sola serie B uno su 4 ha origini africane, ne ha raccolti almeno 600. Nelle banlieues parigine ci sono campi dove giocano i "sans papier" dai 15 ai 30 anni. Arrivano procuratori che promettono un posto in Moldavia, Romania o Albania, e raccolgono qualche euro: a volte è vero, molte altre spariscono. Queste specie di Cpt del pallone illegali, centri di smistamento di manodopera calcistica a buon mercato anche di under 14, ci sono in Spagna, Portogallo e, secondo Le Monde, pure nel sud Italia.
da - la Repubblica

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