mercoledì, gennaio 25, 2006

Che noiachebarbachenoia



Lo spot della Mondaini - "Cavaliere, uomo da amare".
di SEBASTIANO MESSINA

L'AUTHORITY dice che la tv non deve favorire nessuno? Ma certo. L'opposizione invoca la par condicio? Ma naturalmente. Confalonieri ha promesso che Mediaset si comporterà "in modo corretto"? Ma ci mancherebbe. Poi uno accende Canale5 e trova un superspot per "l'amico Silvio".

"Un uomo che bisogna conoscere per poter amare", come assicura Sandra Mondaini con il cuore in mano. Cose che capitano alle cinque della sera, lontano dai telegiornali, dai Porta a porta e dai Matrix, in trasmissioni dove tutto ti aspetteresti tranne che di veder germogliare d'un tratto un fioretto, anzi un mazzolin di fiori per "il nostro datore di lavoro", come lo chiama con rispettoso trasporto la Mondaini, ovvero "per il nostro presidente del Consiglio" come precisa con compita devozione la bella Paola Perego.

Siamo a "Verissimo", trasmissione a cavallo tra la cronaca e il gossip, due milioni e mezzo di telespettatori che di solito non restano in piedi fino all'una di notte per aspettare Vespa o Mentana, e che magari non guardano neanche i telegiornali. Un target polposo di elettorato popolare, insomma. Cosa c'entra Berlusconi con la cronaca rosa o con i pettegolezzi?

Nulla, si capisce. Ma a casa propria, sulle sue reti, ognuno è padrone di fare come gli pare. E non ci vuole poi tanto a montare una bella telepromozione politica, uno spottone mascherato, un consiglio per le elezioni in formato famiglia. Se poi uno è bravo, riesce pure a mascherarlo da servizio giornalistico o da duetto improvvisato, sfuggendo a ogni rilevamento, a ogni regola, a ogni misurazione.

Si fa così. Si estrapolano da un'intervista al premier "scevra di domande" (come l'ha definita lo stesso intervistatore, Paolo Bonolis) tre brani strappacore. Quelli in cui il presidente del Consiglio parla della moglie conquistata "dopo un colpo di fulmine", dei figli che "sanno fare a memoria le divisioni a più cifre e accompagnano i malati a Lourdes" e di mamma Rosa, "una donna da combattimento" che metteva in fuga i nazisti. Quelli, insomma, come spiega la conduttrice alla Mondaini, "in cui non è il politico che parla ma l'uomo: il tuo amico, Sandra".

Poi, con gli occhi lucidi di ammirazione, interviene la moglie di Raimondo Vianello (indimenticato protagonista, nel 1994, di uno spot identico, quello in cui annunciava a "Pressing" che avrebbe votato per l'unico uomo politico che conosceva personalmente: Berlusconi). E lei, alla domanda sul "peggior difetto" del suo amico Silvio, risponde così: "Io ho dei punti fermi. Mio marito. I miei figli. Il professor Veronesi. E il signor Berlusconi. Siamo amici, ecco. In trent'anni che ho vissuto a Roma non ho mai voluto conoscere dei politici, perché i politici non mi piacciono. Ma ho avuto la disgrazia di conoscere un signore, di volergli bene: il mio datore di lavoro. Gentile. Divertente. Simpatico. Ottimista. Io mi sono molto affezionata a lui. E' un uomo che bisogna conoscere per poter amare. E io, essendo in un paese libero, lo dico: voglio molto bene a Berlusconi".

Quale bilancia dell'Authority, quale par condicio, quale cronometro arbitrale potrà mai stabilire il valore aureo di una simile dichiarazione di ardenti affetti aziendali e di cieca fiducia politica? E quale compensazione potranno pretendere concorrenti e avversari, quando l'esempio della Mondaini sarà imitato - da qui al 9 aprile - dagli altri conduttori di Cologno Monzese, esattamente come accadde undici anni fa, quando Vianello fu seguito a ruota da Mike Bongiorno, da Iva Zanicchi, da Ambra Angiolini, da Alberto Castagna, da Patrizia Rossetti, da Gerry Scotti e da tutte le star del firmamento Mediaset? Se non stanno attenti, Rutelli e Fassino rischiano di essere ricompensati con la stessa moneta che è toccata la settimana scorsa a Romano Prodi, al quale il Tg di Italia Uno ha dato spazio solo per insinuare il dubbio che abbia barato, partecipando alla maratona di Reggio Emilia.

In fondo, è la solita regola delle tv berlusconiane: quando il gioco si fa duro, i divi cominciano a giocare.

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