Marco Travaglio per “l’Unità”
Nell’ambito della semplificazione della politica e della corsa sfrenata verso l’età della pietra, ecco a voi la Lista No Aborto, per gli inglesi Pro Life, del Platinette Barbuto. Il quale, sempre spiritoso oltreché molto intelligente, assicura: «Correrò da solo» (già allertata la Protezione civile). Noi, nel nostro piccolo, siamo con lui. La Lista Platinette presenta infatti almeno tre vantaggi.
Primo: il nostro lascia “Otto e mezzo” e almeno per un paio di mesi ce lo leviamo dai piedi (il programma sarà condotto dalla sola Armeni e ribattezzato “Mezzo”). Secondo: la nobile, disinteressata battaglia ideale «per la vita» che tanti ammiratori platinettiani aveva subornato negli ultimi mesi si rivela finalmente per quel che è: un espediente furbesco per abbindolare qualche beghina raccontandole che, votando lui, diminuiranno miracolosamente gli aborti; seminare zizzania nel centrosinistra, dove c’è sempre qualche Binetti che abbocca; e portare acqua al mulino del Caimano, che peraltro dell’aborto se ne infischia allegramente, visto che la sua signora ha dichiarato di aver abortito fra il sesto e il settimo mese, e lui è molto interessato a far abortire il processo Mills, il processo Mediaset, il processo Saccà e la sentenza della Corte di Lussemburgo su Europa7.
Terzo: lo spettacolo del Platinette che torna candidato dopo gli strepitosi trionfi del Mugello (dove, nel ’97, si presentò contro Di Pietro e portò il Polo al minimo storico, riuscendo a trasformare in dipietristi pure gli elettori berlusconiani) aggiunge un tocco di classe a una campagna elettorale che è meglio del cabaret. Anzi è leggermente più bigotta di un conclave. Pare quasi che non si elegga il nuovo Parlamento, ma il nuovo Papa. Uòlter conciona a Spello tra un convento e l’altro. Piercasinando, escluso dal Partito dei Prescritti in Libertà, corre a telefonare a Ruini in lacrime perché quei cattivoni di Silvio e Gianfranco gli han fatto la bua e non lo fanno più amico.
Ruini, anzichè rifilargli una sacrosanta sculacciata e rammentargli che ha 50 anni suonati, lo accoglie all’ombra della sua sottana e manda in tv il direttore di “Avvenire”, con quella faccia da bollino rosso, a lanciare oscuri messaggi attribuiti a misteriosi «umori che ho raccolto» per dire che Piercasinando è tutti noi e gli facessero un po’ di posto e forza Udc. Intanto giunge notizia da Oltretevere che Gianni Letta, con quella faccia da sua sorella, è stato nominato dal Papa «gentiluomo di Sua Santità».
Il che, spiegano i bene informati, gli dà diritto a comparire sull’Annuario Pontificio (che è già una bella soddisfazione) e per giunta a «stare a contatto col Papa e con la Curia nelle cerimonie e nelle udienze con i capi di Stato e di governo». Fra un paio di mesi, quando il Cainano piduista e divorziato, dunque molto religioso, prenderà i voti (alle elezioni) e andrà a baciare la sacra pantofola per grazia ricevuta accompagnato da una delle sue famiglie a scelta, Letta Continua accompagnerà entrambi: sia papa Silvio, sia Benedetto suo vice.
Se poi si pensa che solo 14 anni fa stavano per arrestarlo per le presunte tangenti sulle frequenze tv e ora lo chiamano «gentiluomo», vuol dire che c’è davvero speranza per tutti. Più che in una campagna elettorale, pare di vivere nel film «Il marchese del Grillo» di Alberto Sordi, anche lui gentiluomo di Sua Santità addetto al trasporto del medesimo sulla sedia gestatoria, ma molto più laico e disincantato di questo branco di fanatici e opportunisti che di religioso non hanno nulla.
Tutto questo rimestare nei feti da parte di noti ex abortisti, questo appellarsi all’etica da parte di conclamati ladroni e malfattori, questo sventolare i valori della famiglia da parte di celebri puttanieri, questo commuoversi per la sacralità vita da parte dei peggiori guerrafondai, sostenitori di Guantanamo e Abu Ghraib, questo intenerirsi per i bambinelli da parte di chi vorrebbe cacciare dagli asili i figli dei clandestini, questo portare a spasso le madonne pellegrine da parte di fior di miscredenti deve aver allarmato anche gli ambienti più avveduti della Santa Sede, che l’altroieri ha sottolineato la distinzione tra Chiesa universale e la Cei ruinesca (che ieri ha detto la sua anche sul film “Caos calmo”).
A riprova del fatto che le ingerenze del Vaticano nella politica sono una cosa grave, ma mai quanto l’arrendevolezza della politica. In una celebre vignetta di Altan, un prete infila un ombrello aperto nel sedere di un passante e domanda: «Disturbo?». Il passante, rassegnato, risponde: «Si figuri, lei sfonda una porta aperta».
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