Pentma vuol dire pietra, ma questo blog è solo un sassolino, come ce ne sono tanti. Forse solo un po' più striato.
mercoledì, luglio 16, 2008
L'impareggiabile Betulla
Betulla era il nome in codice del grande giornalista (poi cacciato dall'Ordine) che giocava a fare la spia per i servizi segreti e che poi è entrato in Parlamento grazie a una legge elettorale che NON permette preferenze. Insomma (spiace dirlo) un deputato di quel che resta della Repubblica italiana. Il nostro si avventura spesso in campi a lui ignoti. Ultimamente ha preso la passata per Francesco Cossiga e lo intervista, lo intervista.....
Questa è un'altra mirabolante avventura. Lui vorrebbe farla passare per intervista. In realtà è una conversazione fra un politico e un'altra persona che tutto può dirsi meno che giornalista obiettivo. Enjoy!
Renato Farina per “Libero”
Toscana, luglio. Non si può scrivere il nome preciso del luogo medievale inondato di cipressi e di tortore dove sta Francesco Cossiga. Ragioni di sicurezza, anche se lui se ne impipa.
Senatore, chi dovrebbe mandarle contro un commando? Veltroni o Berlusconi?
«No, loro sono bravi ragazzi. Berlusconi poi al massimo potrebbe spedirmi un manipolo di signorine, le chiamerei le Brigate Gnocche, ma non ho l’età. Veltroni mi invierebbe Rin tin tin».
Non divaghi.
«Il Fronte nazionale per la liberazione della Palestina, l’ala estremista e marxista palestinese, da Beirut mi ha lanciato un anatema pubblico dopo che ho ricordato una verità nota anche ai magistrati di Bologna che non ne vogliono prendere atto. E cioè che la strage dell’80 è stato un incidente causato dal trasporto di esplosivo a opera di questo gruppo».
Dica qualche parola per stemperare la tensione. Abbiamo già abbastanza guai senza bisogno di averci contro le Brigate rosse palestinesi…
«Non mi lascio intimidire. Nessuna parola di mediazione. Certo se chiedessi un consiglio a Gianni Letta, mi direbbe: “Hanno le loro ragioni. Arrenditi e ti garantisco che te la cavi”. E se lo domandassi a Niccolò Ghedini suggerirebbe un emendamentino che mi eviti il tribunale del popolo ma mi sputtani vita natural durante e anche dopo».
Ho capito la metafora. Sta parlando del modo come Berlusconi sta affrontando la questione della giustizia.
«Ho spedito una lettera a Berlusconi sul tema. Gliel’ho spedita con le mie gloriose insegne di Gatto Mammone».
Che cosa sostiene nella missiva?
«Mi rivolgo al leader del Popolo della libertà ancora in libertà (ma per quanto?). Gli do i miei consigli che non seguirà. Lui segue solo quelli di Niccolò Ghedini».
Dargli torto come si fa? È il miglior avvocato in circolazione…
«Sarà. Ma di strategie politico-legislative non comprende proprio, tanto per usare una parola molto usata nel lessico sassarese, un beneamato cazzo! Ha fatto avventurare il suo governo in strade impervie, non dico difficili, ma assolutamente inutili, verso opinabili riforme della giustizia: con il risultato di aver sollevato un casino enorme senza alcun vantaggio».
Il “rinvia processi” non è male. Alleggerisce il lavoro dei tribunali.
«È una calata di braghe di portata storica. Lo dico anche a te, che la voterai da bravo deputato berlusconian-ghediniano».
Piano con le parole…
«Avete rafforzato enormemente i poteri discrezionali dei giudici. Con il testo precedente, peraltro pessimo, se non altro i giudici avrebbero dovuto attenersi a regole stabilite dal Parlamento secondo criteri non discrezionali. Invece ora avranno il diritto di dire: “Questo processo, siccome riguarda nostri amici, io lo rinvio; quest’altro processo che serve a fare il culo così a uno di Forza Italia, lo faccio subito!”. Peggio di prima. Una pistolata maiuscola».
Si doveva mollare qualcosa dopo il lodo Alfano che toglie dalle grinfie dei magistrati politicizzati le cariche istituzionali…
«Ho scritto a Berlusconi: “Hai lasciato introdurre la clausola della “rinunciabilità” a esso, come se si trattasse di un “privilegio” e non di una “prerogativa”, per sua natura irrinunciabile. Tanti, tanti anni fa quando insegnavo all’Università se tu mi avessi detto una cosa simile a un esame, ti avrei fatto ritirare, e Ghedini l’avrei bocciato con 8/30. Che cosa farai al momento opportuno: non rinuncerai allo scudo e farai una figura escrementizia anche all’estero, o rinuncerai e andrai sotto processo? La bella Anna Finocchiaro ha detto che se anche tu fossi condannato per corruzione di testimone potresti rimanere al tuo posto. E così lo sputtanamento internazionale tuo e dell’Italia sarebbe definitivo. Altro che gnocche…».
Ma queste mosse sono dei cerotti… Su “Libero” abbiamo sostenuto che adesso servono a limitare le prepotenze delle toghe anti-Cavaliere. Poi si passerà alla vera riforma della giustizia.
«Magari. Io non credo che il governo abbia la forza di fare vere riforme della giustizia. Ai leghisti non gliene importa un baffo, e del resto erano favorevoli a “Mani pulite”».
Non è così. Ritengono più urgente il federalismo fiscale.
«E fa bene Tremonti ad accelerare per impedire che i leghisti vadano a sinistra seguendo Maroni. Ma il prezzo – se si farà questo federalismo fiscale – saranno delle rivolte al Sud, delle jacquerie tragiche. Oltretutto An non vuole né il federalismo fiscale né le riforme della giustizia».
Non è così. Lei è male informato.
«Me ne intendo. I “fascisti revisionisti” del Popolo della Libertà sono fieri giustizialisti. Sono devoti del Codice Rocco, il primo amore non si scorda mai».
Vediamo allora quali riforme proporrebbe e chi le potrebbe condividere…
«Elenco: profonda riforma del Consiglio Superiore della Magistratura; affidamento della giustizia disciplinare a un organo neutro rispetto ai magistrati. Abolizione della obbligatorietà dell’azione penale. Divisione della carriera dei giudici da quella dei funzionari del pubblico ministero; reclutamento dei giudici o esclusivamente tra gli avvocati, i notai, i funzionari dello Stato; o come in Germania con un concorso dopo il superamento del Rigorosum».
Rigorosum mi ricorda il rigor mortis…
«Lei non è attrezzato, vedo. È un esame che si sostiene, dopo la licenza o il dottorato in diritto, avendo fatto per un certo periodo il procuratore, l’avvocato, l’esperto legale nell’Amministrazione pubblica o nell’impresa; oppure dopo aver raggiunto un certo grado nelle amministrazioni del Bund o dei Länder».
Continui in questo libro dei sogni giudiziari…
«Perché sogni? In altri Paesi sono cose reali. Sono sogni finché Berlusconi non si decide a trovare un interlocutore serio nella sinistra. Ma non può essere Veltroni, perché le matrici culturali del Pd sono illiberali ed è legatissimo agli Umberto Eco e ai Gianni Vattimo con le loro piazze grilline e dipietriste. E non mi parli dei cattolici democratici, ormai cataro-democratici. I Franceschini, i Lusetti, lo sbardelliano Fioroni… I giudizi sul Papa espressi a piazza Navona non saranno da loro condivisi nella forma, ma lo sono nella sostanza: sono i più duri antiratzingeriani del circondario…».
Insomma, siamo al solito suo amore per D’Alema.
«D’Alema è serio, ha stima per Berlusconi, ricambiata. I suoi Red, dei quali ho disegnato il simbolo, un punto rosso con cerchio d’oro, si inseriscono nel filone del socialismo democratico europeo e secondo me potrebbero discutere di quel che ho enunciato finora».
Ci sono altri punti sulla riforma della giustizia sperabile?
«La gerarchizzazione del pubblico ministero con all’apice un procuratore generale che o dipende dal ministro della Giustizia come nel Bund e nei Länder tedeschi, in Belgio, nei Paesi Bassi e così via, o è membro del governo, come l’attorney general inglese o i lord advocate scozzese. O anche indipendente da esso ma eletto dal Parlamento e verso di esso responsabile come l’attorney general irlandese. Determinazione delle priorità nell’esercizio dell’azione penale da parte del Parlamento o del ministro della Giustizia che ne risponde al Parlamento. Il tutto con la totale indipendenza dei giudici i quali possono essere licenziati solo con doppia deliberazione conforme delle due camere sanzionata dal capo dello Stato. Ancora…».
Non basta?
«Non sono tante cose. È una sola. Scelta la filosofia, queste norme vengono a cascata, come logica. Qui si tratta di tornare ai princìpi liberali. Secondo i quali l’unico potere è quello derivato direttamente dal popolo. E quello giudiziario allora non può essere un potere addirittura soverchiante come ora, dove la deriva porterebbe alla Repubblica dei pm».
Proceda però solo un’altra gliene prendo.
«Ripristino integrale delle immunità parlamentari e delle particolari forme di procedimento penale per i reati ministeriali. Lo hanno stabilito i costituenti come un confine tra il Parlamento organo sovrano e i pm e i giudici».
Ma come ci si arriva?
«Non con le idee di Letta che vuole che Berlusca si arrenda ai giudici e neanche con quelle di Ghedini che riuscirà a farlo impiccare ai suoi cavilli. Il mio consiglio sarebbe quello di costituire presso Palazzo Chigi una commissione di studio di altissimo livello e poi sulle sue proposte di aprire un tavolo di confronto con l’opposizione, facendo riprendere i contatti con D‘Alema. C’è anche qualcosa d’altro che si sta muovendo».
Parla di Francesco Rutelli?
«Seguo con attenzione il suo disegno politico. Spero porti alla costituzione di un partito riformista d’ispirazione cattolico liberale nel quale confluiscano coloro che non intendono morire socialisti. Non sarebbe affatto un’anomalia rispetto allo schema bipartitico a esempio del Regno Unito e della Germania. Lì ci sono partiti liberal democratici importanti e carichi di storia. In Italia una simile scelta permetterebbe al Partito democratico di fare l’unica opzione che lo salverebbe, quella di diventare un partito socialista come vuole D’Alema. Lasciando liberi i cattolici ora con Veltroni, di essere un partito non distante ma distinto dal Pd».
Insomma, ci sono prospettive… Berlusconi, D’Alema, Rutelli…
«E io sarei disposto a fare il presidente della commissione di cui sopra e perfino ad accettare la nomina a ministro, libero però da vincoli di disciplina».
Ministro lei? Se lo sogna, presidente. Lei non è un ragazzo di bottega.
«Lo dico da patriota repubblicano. Anni fa l’amico Confalonieri mi confidò: “Caro Cossiga, lei si deve accontentare del fatto che Silvio le voglia bene. Lei sul piano privato potrà chiedere a Silvio qualunque cosa. Ma sul piano politico Silvio sarà sempre diffidente verso di lei e di lei non si fiderà mai". Però ci provo».
Ci sarà una risposta alla lettera?
«Legga qua».
No, mi rifiuto.
«Leggo io: “Tu, Silvio, mi manderai a fare in culo e io farò lo stesso con te, ma l’amicizia è comunque salva. Con cari saluti e con amicizia. Firmato: Francesco Cossiga detto “Gattomammone della Banda dei Quattro Gatti”».
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