Enrico Pedemonte per “L’espresso”
L'idea è intrigante: liberarsi dei rifiuti radioattivi e seppellirli nel deserto dello Utah, nel West degli Stati Uniti. Niente di meglio per un paese come l'Italia dove nessuno vuole discariche vicino casa. E infatti la Sogin, la società romana del ministero dell'Economia che si occupa dello smantellamento degli impianti nucleari, l'anno scorso ha firmato un'intesa con un'azienda americana per spedire oltre Atlantico le nostre scorie.
Nessuno immaginava che questo avrebbe scatenato un movimento di protesta negli Stati Uniti, né che un gruppo di deputati avrebbe presentato una legge per bloccare i rifiuti in arrivo dall'Italia, né tanto meno che dovesse scomodarsi il presidente George Bush per dire la parola definitiva sulla vicenda. Ma andiamo con ordine.
Tutto comincia nel settembre dell'anno scorso, quando la Sogin firma un'intesa con l'americana Energy Solutions, una società che ha sede nello Utah e con i suoi 5 mila dipendenti è uno dei leader mondiali nel 'decommissioning' delle vecchie centrali nucleari: smantellamento e smaltimento dei rifiuti. Stando a fonti interne all'azienda romana, sono i dirigenti della Energy Solutions a farsi vivi e a lanciare l'idea, per trasformare in profitto le difficoltà dell'Italia a gestire i rifiuti 'a bassa radioattività' stoccati nei siti degli otto impianti nucleari italiani, cioè le quattro centrali dismesse (a Caorso, Trino Vercellese, Latina e sul Garigliano) e i quattro laboratori di ricerca dell'Enea nel Lazio, in Basilicata e due in Piemonte.
Qui non si parla delle barre di combustibile nucleare, che già da anni vengono inviate all'estero (prima in Gran Bretagna, ora in Francia) per i trattamenti previsti. In questo caso si parla di fanghi, tubi, fili elettrici, tutti gli scarti inquinati che emergono dagli impianti smontati pezzo per pezzo. Oggi, dicono i tecnici della Sogin, intorno agli otto impianti sono accatastate 25 mila tonnellate di queste scorie che, quando lo smantellamento sarà completato, saliranno a 70-80 mila, una montagna di radioattività.
Ormai i depositi 'temporanei' che accolgono i rifiuti sono quasi pieni e questo potrebbe bloccare i lavori di smantellamento per anni. A Caorso la situazione è vicina al collasso. Così, quando Energy Solutions propone di trasportare parte delle scorie negli Usa, liberando spazio nei depositi, i dirigenti Sogin accettano l'idea e nel corso del 2007 intavolano una trattativa con gli americani per esportare le prime 1.700 tonnellate di materiale radioattivo. Il costo dell'operazione non è stabilito nel dettaglio ma, stando a fonti Sogin, "si parla di diverse decine di milioni di euro".
Dopo aver firmato l'intesa, i vertici di Energy Solutions chiedono subito l'autorizzazione alla National Regulatory Commission (l'ente regolatore americano), per importare non 1.700, bensì 20 mila tonnellate di rifiuti radioattivi dal nostro Paese. La scommessa dell'azienda americana è che il business con l'Italia sia destinato a espandersi: se fosse esteso a tutte le scorie che prevedibilmente saranno create nei prossimi anni, supererebbe il miliardo di euro.
In passato Energy Solutions ha già ottenuto diverse volte il permesso di importare scorie negli Usa, ma si trattava di piccoli trasporti: quello più grosso, 6 mila tonnellate, arrivò qualche anno fa dal Canada. Questa volta, di fronte alle 20 mila tonnellate targate Italia, scatta la reazione di rigetto. I primi a mobilitarsi sono gli ambientalisti: "Se apriamo la porta agli italiani, riceveremo radiazioni da tutto il mondo", attacca Tom Clements, dirigente di Friends of the Earth.
Presto la protesta dilaga al Congresso. Bart Gordon, deputato democratico e presidente della commissione parlamentare per la Scienza e la Tecnologia, scrive una lettera di fuoco alla Nrc, poi invita i governatori di otto Stati americani a opporsi e, a marzo, presenta al Congresso una proposta di legge per proibire l'importazione di scorie straniere. In pochi giorni trova 25 colleghi disposti a co-firmare la legge: "Gli Usa non devono diventare la pattumiera nucleare del resto del mondo", si indigna Gordon.
Comitati di protesta si moltiplicano negli Stati direttamente interessati. Si prevede che le navi di rifiuti in arrivo dall'Italia attracchino nel porto di New Orleans. Da qui le scorie dovranno percorrere un migliaio di chilometri, attraverso la Louisiana e il Mississippi, per raggiungere lo stabilimento di Bear Creek, in Tennessee.
Il portavoce dell'azienda spiega che qui la gran parte del materiale sarà incenerita o riciclata per l'industria delle costruzioni giapponese. Solo l'8 per cento sarà trasferito nell'enorme deposito sotterraneo di Clive, 80 miglia a ovest di Salt Lake City, nel deserto dello Utah, e stoccato in grandi cassoni di cemento. Ma per arrivare a Clive i camion di scorie dovranno viaggiare per altri 2.500 chilometri, attraverso Missouri, Kansas e Colorado.
La Energy Solutions promette che limiterà al 5 per cento la quota riservata ai rifiuti stranieri in arrivo da alcuni paesi europei, tra cui l'Italia e la Gran Bretagna, dove la società di Salt Lake City ha vinto un contratto per lo smantellamento di 22 vecchi reattori Magnox a grafite, simili a quello italiano di Latina. D'altra parte il deposito di Clive, dicono i portavoce dell'azienda, è talmente grande da poter accogliere, nei prossimi decenni, le scorie a bassa emissione di tutti i 104 impianti nucleari oggi in funzione negli Usa.
E a quel punto ci saranno ancora un milione e mezzo di metri cubi vuoti. In questo contesto i 28 mila metri cubi attesi dall'Italia sono una goccia nel mare. Gli ecologisti temono però che nel carico italiano possano esserci anche sostanze ad alta radioattività, come il plutonio. Ma i vertici della Energy Solutions negano una simile possibilità e assicurano che non esiste alcuna minaccia alla salute dei cittadini.
Gli esperti ritengono che ben difficilmente la Nrc, che è un organo tecnico, negherà all'azienda dello Utah il permesso di importare i rifiuti italiani. La minaccia più seria all'accordo con la Sogin viene dal Congresso, che nei prossimi mesi potrebbe approvare la legge proposta da Gordon e mandare tutto all'aria.
A questo punto resterebbe un'ultima via di uscita: l'intervento della Casa Bianca. Qualche giorno fa, in un'intervista alla rivista 'Spectrum', il fisico nucleare Ivan Oelrich, dirigente della Federation of American Scientists, ha detto che la legge promossa da Gordon potrebbe essere vanificata da un veto personale imposto da Bush.
Secondo Oelrich, una legge che proibisce l'importazione di rifiuti radioattivi potrebbe danneggiare la Global Nuclear Energy Partnership, il programma che da anni consente di importare negli Usa rifiuti radioattivi con due obiettivi principali: riutilizzare il plutonio per la produzione di energia e, contemporaneamente, toglierlo di mezzo sottraendolo ai mercanti di combustibile nucleare. Bush è assai sensibile ai rischi della proliferazione, assai meno alle proteste degli ecologisti americani: per questo il suo veto è ritenuto probabile. Per i verdi italiani che non vogliono rifiuti vicino casa, questa volta è un buon alleato.
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