sabato, maggio 17, 2008

Armi di distrazione di massa



Poi dice che uno vota di Pietro. Un articolo assurdo, che poggia sull'aria fritta e che continua (presuntamente da sinistra) a sparare a palle incatenate contro quei pochi che non sono d'accordo col pensiero imperante di oggi.

Antonello Piroso per “Il Riformista”
Metti una sera, in una puntata immaginaria di un programma tv. Magari “Che tempo che fa” di Fabio Fazio (trasmissione la cui realizzazione è dalla Rai data in appalto. Alla società Endemol, di proprietà Mediaset. Ergo – se ragionassimo a caso di cane- Fazio sarebbe un impiegato di Berlusconi). Oppure meglio, per non salire antipaticamente in cattedra: magari “Omnibus”. Ospite unico: un giornalista dalla schiena diritta, uno che fa parte dell’associazione degli apoti, uno che non la beve e soprattutto le canta a destra come a sinistra.

Bene. A un certo punto, il sopra citato parte lancia in resta contro Antonio Di Pietro, con un intervento di questo tenore (comunque si può già vedere su YouTube): <

No. Qui si vuole citare un libro pubblicato nel maggio dell’anno scorso e che non risulta essere stato oggetto di querela alcuna. Ci riferiamo a Italiopoli di Oliviero Beha, un collega che collabora a l’Unità. Orbene, cosa si trova scritto in questo volume che ha la prefazione, pensate un po’, di Beppe Grillo, per la precisione a pagina 172, nel capitolo “Due storie semplici”? Che un avvocato sodale di Di Pietro nell’Italia dei Valori ha sporto denuncia contro di lui nell’autunno 2005, su “diverse condotte, tutte penalmente rilevanti e complesse... Gli addebiti spaziavano dal raggiro alla truffa contrattuale per il fine dell’ingiusto profitto personale…, dall’appropriazione indebita alla truffa nei confronti dello Stato per l’illegale ricorso al finanziamento pubblico ai partiti politici e tante altre ipotesi di reato tutte circostanziate” (applausi scoscianti).
E cari signori, sia ben chiaro: tali frasi testuali sono contenute, spiega Beha, in una lettera che il denunciante ha inviato nell’ottobre 2006 nientepopodimeno che al Capo dello Stato Giorgio Napolitano, nonché al Presidente del Consiglio Romano Prodi. Per farla breve, e sempre scorrendo l’opera: Di Pietro si è presentato all’Ikea della politica e ha messo in piedi un partito fai-da-te concentrato solo sulla sua persona, “fino al punto di ricevere tutti i finanziamenti pubblici previsti. Avrebbe poi trovato il modo di acquistare due immobili di pregio nel centro di Roma e Milano con una società di capitali con socio unico Di Pietro denominata An.To.Cri. srl, acronimo delle iniziali dei tre figli di Di Pietro, immobili poi affittati come sedi all’associazione Italia dei Valori” (applausi frenetici).
Saggiamente Beha aggiunge: “Nel momento in cui scrivo queste righe naturalmente io non so se tutto ciò sia vero. So solo che c’è un esposto in due Procure, non ancora archiviato anche se c’è stata di recente una richiesta in tal senso del sostituto procuratore di competenza in attesa delle decisioni del Tribunale”, e noi questa parte la sottoscriviamo in toto. Ma il problema rimane, sempre parafrasando l’autore: è vero o non è vero, che sia penalmente rilevante oppure no, quanto da Beha riportato? E perché non se ne parla? Per gli effetti debordanti che se ne avrebbero se fosse vero?
Mediaticamente, invece, c’è il silenzio. Che è la colonna sonora di ogni regime. Eppure nell’autunno del 2007 Elio Veltri, uscito dall’IdV nel 2001, ha dichiarato a Il Giornale che Di Pietro ha ammesso lo sbaglio. E proprio alla presentazione di "Italiopoli", a Milano. È andato da Beha, e onestamente ha detto: "È stato un errore". Be’, miei cari signori: le scuse tardive non bastano. Non possono bastare (ovazione). Ci si attenderebbe un gesto conseguente da parte dell’onorevole Di Pietro, ovvero la sua definitiva uscita dalla politica: perché se il sospetto è l’anticamera della verità (e noi, come l’ex sindaco di Palermo Leoluca Orlando, anche lui nell’Idv, ne siamo intimamente convinti), qui siamo andati ben oltre. In nome delle leggi e della Costituzione, quindi, onorevole Di Pietro, si dimetta>> (standing ovation).

Ecco, questo parodia fa riferimento a “fatti” -contenuti “in un libro” che riporta “una denuncia”- come potrebbero essere richiamati in un qualsiasi talk show televisivo. E anche se è un sommesso esercizio di stile che non intende essere offensivo, sia ben chiaro fin d’ora che noi ci dissociamo. Perfino da noi stessi.

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