venerdì, luglio 03, 2009

Cecchinaggio mediatico



Al solito, prima Libero e il Giornale, e adesso Panorama, si concentrano nella distruzione di un teste: Patrizia D'Addario. In realtà in un Paese serio questo articolo non farebbe che "corroborare" l'indignazione nei confronti del premier. Sarebbero ancora più rapide le sue dimissioni. La D'Addario ormai si è capito che razza di persona sia e portarsi in casa una del genere vuol dire essere "almeno" dei sempliciotti. Ma questo Panorama non lo dice. Non potrebbe parlar male del proprietario. Inverosimile come si stravolga la realtà. Il fatto che una persona del genere abbia avuto una vita talmente ricca di avventure non dimostra altro che il premier non è evidentemente in grado di far bene il suo mestiere. Già il fatto che un uomo, all'epoca sposato e che si considera difensore dei valori cristiani, viva così è scandaloso, ma che razza si servizio segreto è quello che fa entrare questa gente in contatto col premier? Ah, Nuzzi, Nuzzi che brutta cosa voler essere più papisti del Papa.

Gianluigi Nuzzi per "Panorama"

La trappola si è inceppata. Le manette che dovevano scattare alla vigilia del G8 nell'inchiesta sul sexgate all'italiana sono rimaste appese al muro. Niente arresti, niente retate nel filone che vuole la cocaina stivata in valigie alla volta della villa dell'imprenditore Gianpaolo Tarantini, a Capriccioli in Costa Smeralda, dominus del gossip su spartiti giudiziari. In procura a Bari volano le colombe.

Il capo, Emilio Marzano, prima si è spazientito per le deformazioni apparse sui giornali, le fughe di notizie sull'inchiesta. Poi, anticipando di suo e di poche ore il monito del presidente Giorgio Napolitano sulla «tregua» per il simposio all'Aquila, ha impartito la linea della prudenza. Manette rinviate, spazzate via le nubi e la pioggia acida che poteva cadere sui grandi della Terra con i fumi velenosi di intercettazioni, i nuovi gossip e le delazioni nel ventilatore.

Che si trattasse di una trappola non lo fa supporre solo una certa sincronia giudiziaria, apparente replica del 1994 a Napoli, il summit internazionale sulla criminalità organizzata e quell'avviso di garanzia che dal pool di Milano azzoppò il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.

È la genesi stessa di questo rozzo sex-gate, la storia opaca di Patrizia D'Addario, le sue frequentazioni e i piani d'assalto, le confessioni delle sue amiche, a imporre questa deduzione.

Serve anzitutto conoscere D'Addario, al di là della lieta trilogia precotta finora sapientemente distribuita. Prima scena: Patrizia prostituta vittima del suo protettore che si ribella e lo fa arrestare. Seconda: Patrizia donna avvenente che si concede al premier per una notte registrando scene dell'incontro dopo essere stata pagata 1.000 euro da un imprenditore, che Berlusconi incautamente ha per amico.

Terza e ultima scena: Patrizia chiede al premier la solita, italica spintarella su un progetto edilizio. Lamenta di essere stata illusa (ma illudere una prostituta pare una contraddizione in termini, in genere avviene il contrario) e si vendica raccontando ai giornali fatti privati del presidente del Consiglio.

La storia è andata diversamente. Lo svelano gli investigatori, che loro malgrado hanno avuto a che fare con D'Addario negli ultimi 5-6 anni a Bari. Tutti mostrano diffidenza, fastidio nei suoi confronti. Lo raccontano i faldoni di atti su questa donna, custoditi negli archivi della questura e dei carabinieri in città. Patrizia, donna che fa degli altrui segreti e debolezze arma impropria di sopravvivenza.

«Ogni volta che D'Addario veniva a questuare» racconta un inquirente «lasciavo sempre la porta dell'ufficio aperta. Perché? È una donna contraddittoria, crea problemi, è pericolosa». Come mostrano alcuni retroscena della sua vita.

Berlusconi fotografato il 31 maggio 2009 davanti all'ingresso dell'hotel Palace di Bari, alle sue spalle Patrizia D'Addario
Tutto inizia nel 2005. Patrizia vive di prostituzione. Adesca i clienti nella discoteca di Bisceglie, la vedono allo Sheraton di Bari, nelle masserie della zona. Alle forze di polizia è pressoché sconosciuta, sebbene abbia alcuni singolari primati. È una delle poche, forse l'unica italiana, a risalire i flussi migratori delle colleghe slave. Nel 2007 compie infatti trasferte in Montenegro, dove va a lavorare, raccontano in questura, accompagnando alcuni ladri che s'occupano di esportare auto di lusso.

La storia si ingarbuglia. Sulla scena compare Giuseppe Barba, che divide la sua vita tra la casa di Patrizia e la sua famiglia, con moglie e figli. Barba, a detta di D'Addario, la costringe a prostituirsi. Sono anni bui. Le denunce fra i due si incrociano. Patrizia una volta bussa in questura con un braccio fasciato: «Mi picchia» dice. Un'altra volta scatta l'oltraggio a pubblico ufficiale perché non si ferma a un posto di blocco e insulta i poliziotti. Un'altra volta presenta una denuncia per molestie addirittura contro alcuni agenti che rispondono ipotizzando la calunnia.

La donna si attrezza e usa metodi più sofisticati, nemmeno Stefania Ariosto, che aveva presentato fior di denunce, predisponeva telecamere, microfoni e scatti fotografici. Patrizia filma un amplesso con il suo protettore Giuseppe. Chi l'ha esaminato racconta che nel video Patrizia si lamenta, dice che non ce la fa più a prostituirsi... E lui replica che hanno bisogno di soldi. Insomma, la prova dello sfruttamento. Il filmino finisce in procura, Barba viene arrestato, Patrizia affrancata, libera.

È il lieto fine atteso per ogni prostituta? Macché, quando il terribile magnaccia esce di galera, Patrizia delude tutti e torna a convivere con l'aguzzino. Gli apre le porte di casa. Strano no? La scelta la rende inaffidabile agli occhi degli investigatori. Ma lei cerca sempre comprensione e conforto. Punta in alto.

Non si sa per quale canale (ed è un mistero che si ritrova in tante storie di Patrizia) riesce ad avvicinare addirittura il questore Vincenzo Speranza. Teme di fare la fine di Marisa Scopece, un'amica prostituta finita carbonizzata che tempo prima aveva accompagnato dagli inquirenti. Ma anche qui le sue paure si rivelano infondate.

Arriviamo agli ultimi anni. Patrizia comincia a frequentare politici. Politici di sinistra che finora non sono emersi nell'inchiesta barese. Eppure, i racconti si sovrappongono facendo della cosiddetta questione morale un problema comunque senza colore politico. È la storia della villa disabitata alle porte di Matera dove è stata vista D'Addario. Una casa protetta da allarmi e soprattutto dall'omertà che lega certa politica agli appalti. A quelle commistioni che solo ora hanno convinto il governatore Nichi Vendola ad azzerare la giunta regionale. Con buona pace della procura di Bari.

La villa, a un'ora dall'epicentro del sexgate all'italiana, in terra lucana, viene tirata a lucido e aperta solo per le feste. Il padrone non vuole mischiare la famiglia agli affari. Così «i saloni, le camere si spalancano a festa tra balli e fiumi di champagne, cinque, sei volte l'anno» racconta il professionista barese rintracciato da Panorama e che ha partecipato a quegli incontri «fino all'alba.

Imprenditori che hanno tirato su imperi sul pubblico (sanità, infrastrutture, costruzioni soprattutto), gioiosi politici pugliesi targati Pd e un tripudio di bellezze locali, ragazze sfrontate nei loro modi spicci e diretti. Escort, insomma, a iniziare dall'intramontabile Patrizia D'Addario».

Che qui come in mille altri appuntamenti del potere pugliese era ora vicina, ora amica, ora qualcos'altro. Perché a suggerire di infilare le sue mosse in uno scacchiere studiato dalla sinistra per fare cadere Berlusconi sono vicinanze, fatti e racconti di amiche. Come quelli di Manila Gorio, un transessuale assai vicino a D'Addario: in un'intervista rilasciata a Grazia Longo sulla Stampa sostiene che «è stata direttamente Patrizia a chiedere aiuto a dei politici pugliesi spiegando il materiale bomba che aveva tra le mani». Ovvero i nastri di Palazzo Grazioli.

Peraltro la storia non sta in piedi. Come può essere credibile questo cambio strategico? Prima la prostituta decide di costituire prove audio e video dei suoi incontri nella capitale, lasciandoci ipotizzare che un domani avrebbe potuto rinfacciarli. Poi, solo per un'apparente delusione su un progetto edilizio, decide di azzerare il potenziale credito e ogni futuro «professionale» svelando le sue preziose informazioni. Segue, subito dopo, una serie infinita di coincidenze.

È una coincidenza che il suo avvocato, Maria Pia Vigilante, abbia in città rapporti solidi con la sinistra e con la procura, saldati fin dai tempi della difesa dei pentiti di Cerignola. Vigilante è collegata alla giunta regionale Vendola, che la sostiene finanziariamente nei suoi progetti contro la tratta di esseri umani; è in ottimi rapporti con il sindaco di Bari Michele Emiliano e con il senatore Alberto Maritati, entrambi del Pd ed ex magistrati; ha dispensato a D'Addario efficaci consigli di strategia mediatica.

A questo punto, saltata la trappola, per il G8, rimangono i fantasmi. Le foto della Sardegna, tra annunci e smentite di nuovi clic, o magari qualche spifferata dagli armadi blindati che custodiscono le «prove», non sui patti per dividersi gli appalti, tra feste, festini e accordi sottobanco, o sulla longa manus della Sacra corona unita, ma sugli incontri di Patrizia con il premier.

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