giovedì, gennaio 08, 2009

Vaticano -Israele 1 a 0

Scontro senza precedenti dopo la condanna della Chiesa, a rischio il viaggio del Papa

"La Striscia sembra un lager" l´attacco vaticano scuote Israele

Il governo ebraico: "Usate le stesse parole di Hamas"

Gerusalemme: "Ignorati i crimini contro di noi" La replica: "Attacchi ripugnanti davanti alla vita dei bambini"

ALBERTO MATTONE

ROMA - Sulla guerra nella Striscia è scontro durissimo tra Vaticano e Israele. «Gaza somiglia sempre più ad un campo di concentramento», accusa il cardinal Renato Raffaele Martino. Quel porporato «parla come Hamas», replica a stretto giro lo Stato ebraico. La tensione è alta tra il Palazzo apostolico e Israele, e adesso più di un prelato vede allontanarsi il viaggio del Papa in Terra Santa programmato per maggio.
L´ultimo incidente diplomatico tra Vaticano e Stato ebraico esplode quando le agenzie battono le parole del cardinal Martino sull´offensiva dell´esercito con la stella di David. «Israeliani e palestinesi - spiega in un´intervista a ilsussidiario.net il presidente del Pontificio consiglio per la giustizia e la pace, dopo aver paragonato Gaza a un lager - sono figli della stessa terra. Tutte e due le parti sono colpevoli. E a pagare sono sempre le popolazioni inermi».
Le accuse di Martino, uomo di spicco della curia romana, non piacciono a Israele. E ancor meno il riferimento al «campo di concentramento». Subito, arriva una dura replica. «Martino - accusa il portavoce del ministero degli Esteri - usa i termini della propaganda di Hamas. Fare affermazioni che sembrano provenire direttamente dal gruppo terrorista e ignorare gli impronunciabili crimini commessi da quest´ultimo che, con la violenza, ha fatto deragliare il processo di pace e ha trasformato Gaza in un gigantesco scudo umano - aggiunge Igal Palmor - non aiuta la gente ad avvicinarsi alla verità».
Monta l´irritazione israeliana verso il Vaticano, con cui i rapporti sono già freddi per la causa di beatificazione di Pio XII. Ma, il moltiplicarsi delle stragi di civili a Gaza, ha convinto la Santa Sede ad alzare sempre di più la voce. «Imploro - aveva detto Benedetto XVI il 28 dicembre scorso - la fine di quella violenza, che è da condannare in ogni sua manifestazione. Chiedo un sussulto di umanità e di saggezza a tutti coloro che hanno responsabilità in questa situazione». La rabbia dello Stato ebraico poi, probabilmente, è stata anche alimentata dalle dichiarazioni di alcuni esponenti della chiesa cattolica in Terra Santa. L´ultimo a parlare è stato il vescovo di Nazareth, Giacinto Boulos Marcuzzo che, lunedì, ha «esortato Israele a dialogare con i palestinesi, a partire da Hamas». E dalla Radio Vaticana è arrivata ieri anche la stoccata del cardinale Rodriguez Maradiaga, presidente della Caritas Internazionale: «Israele non ha giustificazioni. Le argomentazioni sulla proporzionalità degli attacchi sono moralmente ripugnanti di fronte alla vita di bambini innocenti».



Parla il cardinale Martino, ex nunzio vaticano all´Onu, che ha scatenato la polemica

"Dicano quello che vogliono ma la dignità umana è calpestata"

Non voglio certo difendere Hamas ma quello che sta succedendo è orribile

di MARCO POLITI

CITTÀ DEL VATICANO - «Dicano quello che vogliono. La situazione a Gaza è orribile». Con tanti anni passati alle Nazioni Unite da nunzio vaticano, assistendo ai dibattiti più roventi nel Palazzo di Vetro, il cardinale Renato Martino non si lascia impressionare da bordate propagandistiche né da attacchi personali. Il presidente del Consiglio vaticano Giustizia e Pace sa di essere nel solco di una decennale linea della Santa Sede. Come disse una volta l´allora Segretario di Stato cardinale Sodano: «Né i kamikaze né i carri armati risolveranno i problemi della Terrasanta».
Eminenza, al ministero della Difesa israeliano l´accusano di parlare come Hamas.
«Ah sì? Che dicano pure».
Il suo paragone sulla Striscia che assomiglia ad un campo di concentramento ha suscitato scalpore.
«Io dico di guardare alle condizioni della gente che ci vive. Circondata da un muro che è difficile varcare. In condizioni contrarie alla dignità umana. Quello che sta succedendo in questi giorni fa orrore. Ma quando parlo, si tenga conto di tutte le mie parole. A proposito di Milano ho affermato che è orribile quando si bruciano bandiere. Ho condannato i gesti di odio, so di essere stato apprezzato».
Quindi?
«Certe accuse non mi toccano. Nelle mie parole non c´è nulla che possa essere interpretato come antisraeliano».
Benedetto XVI non ha solo incoraggiato i costruttori di pace, ha anche giudicato una «violenza inaudita» ciò che accade da quando sono cominciati i bombardamenti su Gaza.
«Lo dico pure io. La situazione è veramente triste. La violenza genera violenza. Ciò che negli ultimi tempi era stato raggiunto attraverso il dialogo tra palestinesi e israeliani, ora viene completamente distrutto».
Hamas ha denunciato la tregua.
«Esatto. E i razzi di Hamas non sono certo confetti. Li condanno. Entrambe le parti hanno di che rimproverarsi. Israele ha certamente il diritto a difendersi e Hamas deve tenerne conto. Ma che dire quando si ammazzano tanti bambini, quando si bombardano scuole delle Nazioni Unite, pur essendo in possesso di tecnologie che permettono persino di individuare una formica sul terreno?».
In base alla sua esperienza diplomatica quale può essere la via d´uscita?
«Le due parti devono tornare sui propri passi. Israele ha diritto a vivere in pace, i palestinesi hanno diritto ad avere il proprio stato».
Sì, ma concretamente?
«Cosa si fa in famiglia quando due fratelli litigano? Anzitutto si dividono, poi si parla energicamente con l´uno e con l´altro».
Tradotto in politica?
«E´ urgente dividere le due parti. Serve una forza internazionale di interposizione. Il presidente Bush ad un certo momento è parso volerla, poi non lo ha fatto».
Giorni fa l´Osservatore romano ha pubblicato in prima pagina un´analisi che diceva testualmente: lo Stato ebraico non può più continuare a pensare di essere sicuro affidandosi esclusivamente alla soluzione militare, la sola idea di sicurezza possibile deve passare attraverso il dialogo con tutti, persino con chi non lo riconosce.
«A mio parere Hamas deve entrare in prospettiva di negoziato. Sedersi a un tavolo è già non uccidersi. Io spero che la tregua di tre ore possa trasformarsi in una tregua più lunga. Se Israele vuole vivere in pace, deve fare la pace con gli altri».
Però Hamas ha nel suo statuto l´obiettivo di distruggere Israele.
«Hamas non rappresenta tutti i palestinesi. Io non difendo Hamas: se vogliono una casa, se vogliono uno Stato palestinese, devono capire che la via imboccata è sbagliata».
Sull´Osservatore romano lei ha dichiarato che l´unica via resta il dialogo tra le religioni abramitiche. Ne è sempre convinto?
«Sedersi a un tavolo è già mettere in moto un processo. Io sto pregando per questo».

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