sabato, gennaio 24, 2009

Pensiero stupendo?

Pensiero debolissimo

dall'espressonline
di Marco Damilano e Denise Pardo
Ferrara in declino. Pera fatto fuori. In ribasso i crociati alla Socci e Allam. Il centrodestra si scopre a corto di ideologi e miti. E prova a pescare a sinistra Giuliano FerraraFosse stato scritto da un intellettuale di sinistra che bombarda il suo campo, l'effetto sarebbe stato deflagrante: dibattiti, invettive, scomuniche, anatemi, processi per alto tradimento. Scritto da un pensatore-polemista (di talento e di destra) come Pietrangelo Buttafuoco, 'Cabaret Voltaire', una sorta di 'Versetti satanici' all'incontrario, un j'accuse contro la destra italiana priva di identità e senza 'attributi', prona al cospetto del dio Occidente, con la tesi scandalosa che a resistere possano essere solo le culture religiose con il senso del sacro, Islam in testa, ha messo sì il dito nella dolente piaga. Ma i concetti espressi, al limite del paradossale, e l'impietosa fotografia delle radici e del futuro hanno toccato questioni così sensibili da essere irrisolte e suscitato così tanto fastidio da render necessario il silenziatore. Recensioni dovute, paginate riempite, elogi e lodi, ma il guanto della sfida interna e domestica rifiutato. Anzi, rispedito al mittente.

Troppo esplosivo affrontare il cuore della questione: l'identità e le idee della destra, alla vigilia del grande parto: la nascita del partito unico dei moderati (si fa per dire) e dei conservatori. Troppo pesante il tema. Troppo leggero il carrello delle risposte. Né Friedrich Nietzsche, né Giovanni Gentile e tanto meno Luigi Einaudi. Meglio 'Farefuturo', la fondazione di Gianfranco Fini, che pensare presente. Meglio "coltivare non piccoli progetti, ma grandi ambizioni" come sostiene beatamente uno dei 'pensatori' della destra, il maestro Sandro Bondi che in effetti l'ardua scalata l'ha azzeccata, arrampicandosi da segretario di Berlusconi alla vetta di ministro della Cultura.

Perché alla fine, il problema è la casa. Anche per quelli della Pdl stravittoriosi. E sì che adesso hanno in mano tutto, il governo, il potere, il consenso. E il ben di Dio che ne consegue: la Rai, le case editrici, il cinema, gli enti lirici, gli assessorati alla Cultura. E perfino il sommo ministero, quello che fu di Giovanni Spadolini e di Alberto Ronchey. Con tutto questo po' po' di roba, manca ancora il tetto. O almeno neanche una pietra dove poggiare il capo, tanto per citare il Vangelo. Una disperazione. Sono di destra e questo è sicuro. Si dicono intellettuali. E va bene. Peccato che manchi il pensiero. Se ne è reso conto persino 'il Giornale' della famiglia Berlusconi che ha lanciato il sasso nello stagno. Sette giorni a tutta pagina, titoli e proclami "per farla finita" una volta per tutte con i piagnistei sulla destra culturale che non c'è. E a rispondere alla provocazione vecchi guru e nouveaux philosophes, da Gianni Baget Bozzo al politologo in ascesa Alessandro Campi, il Raymond Aron di Fini. Per tirare una sudata conclusione: "A destra c'è disinteresse se non disprezzo verso l'elaborazione culturale, ritenuta un freno, uno spreco di tempo, un inutile lusso sulla strada delle decisioni", ha chiuso sconsolato Stenio Solinas, libero battitore nel mare magnum del Popolo delle libertà.


Un dibattito random di quelli che piacerebbero a sinistra. Un tormentone tafazziano che dilanierebbe piacevolmente gli uomini e le donne del Pd. E che invece non pare affatto esacerbare gli animi dei brain trust della destra. Anche se alla vigilia della nascita del nuovo grande contenitore di Forza Italia e Alleanza nazionale, la questione dovrebbe diventare vitale. Che casa è quella del Popolo delle libertà? Più che una casa, sarebbe meglio definirla una fondazione visto il proliferare di think tank, pensatoi e fabbriche di convegni in un magma indistinto di liberismo e post fascismo: lo specchio del nuovo partito. In principio, c'era la Fondazione Magna Charta creata da Marcello Pera, l'ex presidente del Senato "uno dei punti più alti della riflessione culturale in Occidente" ha certificato Bondi. Talmente alto che, appena persa la presidenza di Palazzo Madama, il forzista Pera è stato fatto fuori dal suo Bruto, Gaetano Quagliariello, ora fidatissimo proprio di Bondi e in ansiosa attesa di emularlo al governo.

Renato BrunettaPoi è arrivato Fini che ha tagliato il nastro di 'Farefuturo', affidato a Campi e a Angelo Mellone, il nuovo intellettuale di destra, categoria 'giovani'. E che dire di Novarespublica e Free di Renato Brunetta e dei giornali e delle riviste che abbracciano tutte le sfaccettature del nuovo soggetto politico: 'Ideazione' di Domenico Menniti; 'L'ircocervo'di Fabrizio Cicchitto; ' Il Domenicale' di Marcello Dell'Utri; e 'L'occidentale' di Giancarlo Loquenzi? Nulla. Testate fantasiose, d'accordo. Vanità dei direttori-pensatori più che accontentata. Ma messi tutti insieme, non smuovono una piuma. In questo cosmo, poteva mai mancare l'impronta del Cavaliere? No. Infatti per non smentire la sua solita grandeur proclama la partenza di, niente po' po' di meno, che l'Università Internazionale del Pensiero Liberale. Un'Ena, la famosa école francese, alla cassoeula per formare la classe dirigente del futuro, sede in Brianza e parterre di docenti che, a parole, si arricchisce di settimana in settimana: come minimo Gorbaciov, Blair, Clinton, Putin e George W. E sicuramente dopo il 20 gennaio, spenderà anche il nome di Obama. È vero che della faraonica impresa parla da almeno due anni ma è anche vero che a tutt'oggi la campanella di inizio lezioni non ha mai suonato. In compenso, quello che doveva essere il magnifico rettore cioè Ferdinando Adornato, nel frattempo ha ri-cambiato casacca ed è passato da Tocqueville a Ratzinger. Anzi, da Berlusconi a Lorenzo Cesa. Ma il futuro del pensiero liberale è legato al destino delle giravolte di viale Mazzini. Né Giuliano Urbani, né Angelo Maria Petroni, consiglieri d'amministrazione Rai, finora sono stati liberi di vivere la nuova, esaltante impresa di formare i futuri piccoli Schifani di domani.

Il problema è che sono solo poltrone. Poltrone prive di qualunque influenza, incapaci di lasciar alcun segno. E che la vecchia identità non esiste più: né quella nazionale e sociale partita dalla marcia su Roma e arrivata fino a Giorgio Almirante. Né quella liberale che in Forza Italia è sempre stata minoritaria. E nemmeno quella cattolica che negli ultimi anni sembrava aver conquistato l'egemonia: in netto ribasso le quotazioni dei ciellini all'Antonio Socci lo 'strano cristiano' e alla Renato Farina, l'agente Betulla, esclusi dal governo e senza più voce in capitolo nei dibattiti culturali. Fuori corso i crociati, i custodi della sacre radici cristiane forgiati sui testi di Oriana Fallaci: Magdi Allam, da quando è diventato Cristiano, è sparito dalle prime pagine e dai talk-show e medita una listarella personale per le europee.

Stesso destino per Marcello Pera: il suo volumetto 'Perché dobbiamo dirci cristiani' poteva vantare la prefazione nientemeno che del papa, ma nessuno, o quasi, se l'è filato. Infine, travolto dall'imbarazzante débâcle elettorale della lista sull'aborto, è stata sancita la fine del vero mito culturale riconosciuto da tutti, anche a sinistra, invidiato e temuto, quello del 'Foglio' di Giuliano Ferrara (destinatario non a caso del libro di Buttafuoco), forse l'unica casa abitabile dagli intellettuali prodotti dalla destra negli ultimi 15 anni. E anche la materializzazione dell'idea che una élite pensante potesse guidare con le sue battaglie culturali il corpaccione amorfo e allo sbando del centrodestra. Come se non bastasse sono arrivati anche il ciclone Obama e la crisi economica a spazzare via le residue certezze ideologiche della destra: i dogmi dei neo con e dell'iper-liberismo.

Sandro BondiFinita quell'ambizione cosa resta? Resta la ricerca di una legittimazione, andando a pescare alla rinfusa nei miti della sinistra, come fa ogni settimana il 'Secolo d'Italia' di Luciano Lanna, a caccia di icone come Che Guevara, Vasco Rossi e Nanni Moretti, da riabilitare come punti di riferimento anche per i post-fascisti. "La destra non è altro che la sinistra al culmine della sua fase senile" scrive Buttafuoco. Una sorta di veltronismo di destra, predicato non a caso dall'ideologo del successore al Campidoglio del leader Pd, quell'Umberto Croppi, assessore alla Cultura di Roma, ora impegnato nella mostra sul futurismo con la partecipazione straordinaria di Renato Nicolini. Restano i voli intellettuali di Giulio Tremonti, autore secondo molti dell'unico, vero manifesto ideologico della nuova destra italiana, con la riscoperta dell'immortale triade Dio-patria-famiglia. E il fulminante giudizio di chi ha scritto 'Cabaret Voltaire': "Quando sento il siciliano Ignazio La Russa invocare una messa riparatoria per la preghiera islamica in piazza Duomo mi torna in mente Irene Pivetti con i suoi rosari dopo l'edificazione della moschea di Roma. Una posizione caricaturale. Attenzione, Ignazio: se la cicogna avesse allungato di qualche chilometro ti saresti ritrovato abitante del Maghreb". Ma per Buttafuoco quel che resta è "soprattutto la cieca obbedienza al modello marines di politici interamente sposati alla causa del liberal-capitalismo, in coda per essere ricevuti all'ambasciata americana". Ora, però, dopo la vittoria di Obama, rischiano di non essere ricevuti neppure lì.

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