Pentma vuol dire pietra, ma questo blog è solo un sassolino, come ce ne sono tanti. Forse solo un po' più striato.
domenica, gennaio 31, 2010
Very material girl
"Una pazza scatenata, una fuori di testa! Pensa che mi obbligava a fare sesso con il sottofondo delle sue canzoni. Amava particolarmente farlo sulla 'Sound', una poltrona dotata di un sistema audio integrato per l'ascolto stereofonico della musica, collegabile a un qualsiasi lettore mp3 ha due altoparlanti invisibili nella spalliera. Ne possedeva 10 di colori diversi. Era maniaca del Made in Italy, se le faceva arrivare dall'Italia perché andava matta per il design della prestigiosa griffe Natuzzi. Io preferivo il sesso sul letto ma lei lo voleva complicato. Ed ecco che mi costringeva a rapporti con la sua musica in sottofondo. Conosco a memoria Secrets, Vogue, Holiday e tutte le sue oltre 500 canzoni perché ero costretto ad ascoltarle anche nei momenti più intimi". La clamorosa rivelazione è stata fatta dall'ex marito di Madonna, il regista Guy Ritchie che in Italia con il suo film Sherlock Holmes ha sorpassato il film di Natale di Christian de Sica. La confessione furtivamente raccolta da un cronista del periodico Girl svela piccanti retroscena sulla separazione della coppia che ha recentemente divorziato. "Sia chiaro, Veronica è una donna geniale ma è ossessiva e narcisista. Mette sempre se stessa al centro del mondo
venerdì, gennaio 29, 2010
Panorama ha messo l'elmetto?
Vien voglia di dire: "bum!"
«D'Addario indagata per complotto»
Fonte Corriere
«D'Addario indagata per complotto»
Ma la Procura di Bari smentisce
Per il settimanale della famiglia Berlusconi inchiesta anche su magistrati, politici e giornalisti
BARI - L'escort barese Patrizia D'Addario e una dozzina di persone (tra cui magistrati, politici e giornalisti) sarebbe indagate dalla procura della Repubblica di Bari per «avere ordito un complotto contro Berlusconi». Lo scrive il settimanale Panorama nel numero in uscita venerdì, del quale ha dato un'anticipazione.
Ma nella serata di giovedì arriva la smentita da ambienti giudiziari della Procura di Bari secondo cui non sarebbero in corso indagini. Al vaglio, invece, degli inquirenti baresi, le «fughe» di notizie, probabilmente diffuse da pubblici ufficiali che avrebbero fornito ai giornalisti gli interrogatori secretati dell'imprenditore barese Giampaolo Tarantini, coinvolto in inchieste sugli appalti di forniture sanitarie, e che aveva presentato Patrizia D'Addario, ed altre ragazze, al premier in occasione delle feste nella residenza del Presidente del Consiglio. Ma la direzione di Panorama, in relazione a quanto attribuito a «fonti giudiziarie baresi» rispetto all'anticipazione del settimanale, conferma integralmente il contenuto dell'articolo in tutte le sue parti. Alla direzione di Panorama, inoltre, non risulta alcuna smentita da parte dell'ufficio della Procura della Repubblica di Bari.
L'INCHIESTA - E allora ecco il contenuto dell'articolo del settimanale della famiglia Berlusconi. Secondo i risultati dell'inchiesta - seguita personalmente dal procuratore, Antonio Laudati, e alla quale sono applicati i pm Giuseppe Dentamaro e Teresa Iodice, scrive il settimanale - la D'Addario «sarebbe stata selezionata e successivamente «consegnata» a Tarantini. Selezionata affinchè portasse a termine la missione di compromettere la reputazione del presidente del Consiglio, mettendolo politicamente in difficoltà». Panorama afferma che «a breve, nei confronti di alcuni giudici che avrebbero partecipato a quello che appare come un vero e proprio complotto ai danni del premier dovrebbe scattare un procedimento parallelo» che sarà affidato alla procura di Lecce. Nella vicenda «un ruolo non secondario lo avrebbero recitato alcuni giornalisti, ai quali sarebbero state passate notizie allo scopo di alimentare il clima a sostegno della tesi di D'Addario. Alcuni articoli sarebbero stati persino utilizzati per indirizzare le indagini». Il settimanale aggiunge che per questo filone «sarebbero già pronte le richieste di misure cautelari per diversi personaggi, compresi alcuni appartenenti alle forze dell'ordine». Al vaglio dell'inchiesta, infine - sempre secondo quanto scrive Panorama - ci sono anche accertamenti patrimoniali sulla D'Addario («sarebbe risultata intestataria di numerosi conti correnti, direttamente o attraverso prestanome») e in particolare «alcuni movimenti di denaro di entità rilevante» come un trasferimento in Qatar nel febbraio 2008 di un milione e mezzo di euro fatto «fisicamente» dalla stessa escort.
mercoledì, gennaio 27, 2010
Sul cinema italiano
L'ho trovato in rete e lo posto
E poi - scusate se vado sul tecnico ma ho un po' studiato teatro - c'è il problema della recitazione!
Gli attori italiani non usano il metodo Strasberg (come invece tutti gli americani), né tecniche teatrali-corporee (alla Volonté).
L'ultimo borgataro ventenne di Harlem diplomatosi all'Actor Studio di New York è 100.000 volte superiore, sul piano della capacità tecnica, ai vari Silvio Muccino e Stefano Accorsi!
Questi qua usano una sorta di naturalismo spontaneo. Il paradigma dell'attore che non è attore è uno dei numerosi danni arecati da Nanni Moretti al cinema italiano.
Uno degli aspetti del metodo Strasberg è la costruzione psicologica del personaggio attraverso un lungo e faticosissimo lavoro fatto di cerchio neutro, reviviscenza e altre cose così. Quindi se vedi De Niro su "Cape Fear" o su "Jackie Brown", lo vedi alle prese con due strutture psicologiche diverse.
Ebbene, prendiamo Laura Morante: che differenza c'è tra il "personaggio" de "Il Nascondiglio" e quello de "La stanza del figlio"? Nessuna. Prendiamo Silvio Orlando: che differenza c'è tra il personaggio de "Il Portaborse" e quello de "Il Caimano"? Nessuna. Questi qua non sanno nulla di costruzione del personaggio. Sono sempre loro stessi e, con l'esperienza e l'istrionismo, recitano le battute con il naturalismo che gli viene. E ho citato due che, comunque, esprimono un certa forza espressiva. L'assoluta assenza di tecnica in Jasmine Trinca o Luigi Lo Cascio è ancor più terrificante!
Infine, siamo arrivati alla frutta, ai non-attori assoluti: come l'ultimo film della Comencini che vede come protagonisti Fabio Volo e Ambra Angiolini!
Bisognerebbe dire basta ai finanziamenti ministeriali!
E poi - scusate se vado sul tecnico ma ho un po' studiato teatro - c'è il problema della recitazione!
Gli attori italiani non usano il metodo Strasberg (come invece tutti gli americani), né tecniche teatrali-corporee (alla Volonté).
L'ultimo borgataro ventenne di Harlem diplomatosi all'Actor Studio di New York è 100.000 volte superiore, sul piano della capacità tecnica, ai vari Silvio Muccino e Stefano Accorsi!
Questi qua usano una sorta di naturalismo spontaneo. Il paradigma dell'attore che non è attore è uno dei numerosi danni arecati da Nanni Moretti al cinema italiano.
Uno degli aspetti del metodo Strasberg è la costruzione psicologica del personaggio attraverso un lungo e faticosissimo lavoro fatto di cerchio neutro, reviviscenza e altre cose così. Quindi se vedi De Niro su "Cape Fear" o su "Jackie Brown", lo vedi alle prese con due strutture psicologiche diverse.
Ebbene, prendiamo Laura Morante: che differenza c'è tra il "personaggio" de "Il Nascondiglio" e quello de "La stanza del figlio"? Nessuna. Prendiamo Silvio Orlando: che differenza c'è tra il personaggio de "Il Portaborse" e quello de "Il Caimano"? Nessuna. Questi qua non sanno nulla di costruzione del personaggio. Sono sempre loro stessi e, con l'esperienza e l'istrionismo, recitano le battute con il naturalismo che gli viene. E ho citato due che, comunque, esprimono un certa forza espressiva. L'assoluta assenza di tecnica in Jasmine Trinca o Luigi Lo Cascio è ancor più terrificante!
Infine, siamo arrivati alla frutta, ai non-attori assoluti: come l'ultimo film della Comencini che vede come protagonisti Fabio Volo e Ambra Angiolini!
Bisognerebbe dire basta ai finanziamenti ministeriali!
martedì, gennaio 26, 2010
Mister discrezione
Il corrierone ovviamente ci va con i piedi di piombo, ma fa sorridere che il ricco e annoiato rampollo di un grande gruppo industriale vada a travestiti alla guida di una Ferrari gialla da centinaia di migliaia di euro. Un po' come Marrazzo che andava con l'auto di servizio. Un amico mi ha fatto notare che perdere il senno e credere di potersi permettere tutto perché tanto si ha il potere è uno degli elementi negativi di queste vite. Poi ci si rinchiude in convento oppure si pretende il rispetto della privacy. Ridicolo. Se ti beccano non puoi lamentarti. Potevi stare più attento.
Fonte Corriere.
Quella notte in Ferrari gialla. Gli scatti «rubati» di Lapo. Su "Oggi" alcune immagini al centro dell’inchiesta del pm Frank Di Maio sui fotoricatti.
MILANO — Sarà il settimanale Oggi a pubblicare, domani, alcune delle immagini di Lapo Elkann al centro dell’inchiesta del pm Frank Di Maio sui fotoricatti. Il rampollo di casa Agnelli è ritratto mentre esce da un palazzo della periferia milanese e sale a bordo della sua Ferrari F430 giallo canarino.
Nell’appartamento, dicono i vicini di casa, vive un transessuale che il giovane Elkann avrebbe frequentato per mesi. Il servizio era stato offerto al periodico diretto da Andrea Monti nel giugno dello scorso anno. «Noi riflettiamo e decidiamo di non fare niente. Oggi è un settimanale familiare, le storie inutilmente scabrose non fanno per noi. Quelle foto, in quel momento, nulla aggiungono a ciò che già si sa di un uomo e delle sue debolezze. Non c’è nessuna rilevanza sociale o di denuncia, sarebbe solo un’indebita intrusione nella privacy di una persona», spiega il giornale ai lettori. Il settimanale, insomma, mantiene la stessa linea adottata ai tempi del video di Piero Marrazzo, lo scorso autunno. Non è materiale di interesse, va restituito a chi lo offre.
Di diverso, adesso, c’è l’inchiesta in corso. La magistratura indaga e quelle immagini rappresentano una notizia. Fabrizio Corona dice di aver offerto quegli scatti pure al Corriere della Sera, alla fine del 2009 (anche se questo non è mai avvenuto). Lo dichiara in un’intervista ad Alessandro Penna e Giuseppe Fumagalli, che sarà pubblicata domani insieme con il servizio fotografico della Ferrari gialla. «Il 29 dicembre scorso ho mandato al direttore Ferruccio de Bortoli due pagine in cui raccontavo le avventure parigine di Lapo e il salvataggio di Signorini, uno dei più imponenti ritiri nella storia del giornalismo gossipparo italiano. E facevo una riflessione. Come mai il "testimone" Signorini, che nel processo a mio carico aveva detto di non conoscere e di non aver mai usato la pratica dei "ritiri", potesse usare il "metodo Corona" senza finire nel mirino della giustizia (...) Alla lettera, poi, allegavo l’offerta di un servizio fotografico: Lapo che va a trans a Milano, in Ferrari gialla. Sono scatti che hanno una storia interessante ».
La lettera di cui parla Corona arriva in redazione nella versione definitiva l’11 gennaio, data in cui nulla era trapelato sulla inchiesta. Come è sua consuetudine, il Corriere accetta di ospitare le due pagine purché sia data la possibilità agli altri due diretti interessati, Lapo Elkann e Alfonso Signorini, di replicare. Ma su questo punto Fabrizio Corona non è disponibile. Quindi la pubblicazione non avviene. Per quanto riguarda gli scatti, non sono mai stati offerti alla Direzione del Corriere. Corona parlò sempre e solo di una lettera. L’impresario già condannato a tre anni e otto mesi per 4 estorsioni, tre tentate e una riuscita, nel processo Vallettopoli a Milano, era in possesso soltanto delle foto milanesi di Lapo Elkann. Racconta invece di come secondo lui sarebbe avvenuto il passaggio degli scatti fatti al Bois de Boulogne dall’agenzia francese proprietaria delle immagini allo stesso giovane erede Agnelli.
«I paparazzi dell’agenzia francese le hanno passate alla Unopress, il cui titolare, Tonino Di Filippo, è un grande amico di Signorini. E Signorini quelle immagini non le ha nemmeno fatte passare dal suo giornale. Le ha bloccate e ha avvisato Lapo della loro esistenza... ». Assicura di rendersi conto della gravità delle sue affermazioni e di avere le prove di quanto dice: «Ce le ho, io. E ce le ha anche la procura. Usciranno al momento giusto».
El. Ser.
Un Avvenire normalizzato?
e su di esso, come dicevano i compagni, non splende nemmeno il sol....ma dopo quello che gli ha fatto il Giornale ci si aspettava almeno un po' di obiettività. Ci si sbagliava...
Avvenire contro Bonino. Sul fronte regionali, intanto, l'Avvenire sferra un duro attacco alla candidata del centrosinistra Emma Bonino. Una scelta che, per il quotidiano dei vescovi, "è stata accolta senza neppure un minimo di discussione", che dimostra come sia "crescente la difficoltà del Pd", che a tratti fornisce un'immagine di "subalternità venata di opportunismo".
lunedì, gennaio 25, 2010
Dalla & De Gregori, che tristezza
Malcom Pagani per "Il Fatto"
"Voglio ringraziare sentitamente il sindaco di Novellara per l'ospitalità e per l'aceto balsamico che ci ha donato". Si suona invece a Nonantola, bassa modenese, tra torrioni silenziosi, bar di provincia in cui il rosso scorre dalle prime ore del pomeriggio e il lapsus di Lucio Dalla, qui riunito con De Gregori per un revival di "Banana Republic" è la nitida fotografia di una notte imperfetta. Un migliaio di persone assiepate in un club vintage. Poltrone rosse e nere, prosciutti, disimpegno. Nostalgici con figli al seguito, carabinieri spaesati in timida perlustrazione, colleghi più o meno entusiasti.
Antonacci, un irriconoscibile Luca Carboni, Ligabue che nei camerini abbraccia De Gregori: "Sei un modello, mi piacerebbe che venissi a vedere un mio concerto". Baci, saluti, promesse. Troppe per stendere la linea di difesa di un'operazione incerta. La gente, scissa tra il miracolo della riapparizione improvvisa e l' artistica brevità del tutto, riflette. C'è chi apprezza le "sporcature" della session, i suoni esitanti, il valore documentale di un incontro speciale e chi non riesce a capacitarsi della beffa. "Ho fatto 800 chilometri per ritrovare un pezzo di ciò che ero e non sono neanche riuscito ad ambientarmi".
In un angolo c'è Bobo Craxi. I figli non pagano mai le colpe dei padri e il Benedetto che "aveva gli occhi dello schiavo e lo sguardo del padrone", lo stesso che atteggiandosi a Mitterrand agiva peggio di Nerone, è un capitolo già ampiamente affrontato tra rivalutazioni postume e terrazze trasteverine in cui De Gregori e Craxi si incontravano, incrociando "voce di tuono" e chitarre.
Oggi Bobo, amico di entrambi, accende sigarette in zona proibita e come un ragazzino qualunque, fa ondeggiare il telefonino sulle teste per catturare le immagini di oggi e qualcosa delle storie di ieri che i due gli hanno regalato. Più Dalla e De Gregori allontanano il precedente, più quello riemerge. E' un'onda, fortissima. E' meglio rimanere attaccati ai ricordi, in questa sera frettolosa, strana e profonda, in cui sul palco le canzoni scorrono rapide, una dopo l'altra. Nessuna concessione al pubblico, battute avare, una corsa senza fermate o stazioni verso la fine.
Un'ora di concerto, un bis appena, 35 euro di ingresso e la giustificazione di Dalla (con De Gregori che lo spinge fisicamente lontano dal palco): "Ci dispiace, non abbiamo pezzi". E il non averne, ovviamente, significa non averli provati, perché come dice De Gregori: "Abbiamo una certà età e l'idea di chiuderci in clausura per due settimane non ci entusiasmava".
Quattro soli giorni dunque e si sentono. L' attesa messianica richiedeva uno sforzo di generosità. E la delusione (contenuta e sovrastata dagli applausi) di una platea che avrebbe fatto qualunque cosa per prolungare l'evento, indulgente nei confronti delle parole dimenticate e dell'atmosfera rarefatta, è una macchia che si poteva lavare facilmente. Ma c'è la conferenza stampa fissata per le 22.15, i giornali che devono chiudere, i camion da riempire, la linea della vita. I due lo ripetono fino alla noia.
"Work in progress" è la formula dietro cui celarsi per giustificare la fame che aggredisce gli ospiti appena alzati da tavola, l'incompiutezza che si fa dispiacere, le rare facce perplesse di chi è salito fin qui. Sul divano, lontani dai suoni, tra la smania di fuggire e la promessa di ripetere (suonando più a lungo) l'esperienza, Lucio e Francesco ripercorrono la loro amicizia, non misconoscono i contrasti.
"La diversità è preziosa", postulano la necessità di non perdersi di vista. L'innesto non è ancora una tournée, sette date secche tra Milano e Roma a maggio, ma la sensazione è che ‘Banana Republic' non tornerà più. Non è questione di talento. Il duo ha scritto (e in qualche caso continua a produrre) insieme con un'oligarchia composta da Conte, De Andrè, Battiato e Guccini, le più belle canzoni italiane del dopoguerra.
C'è altro, dietro la sensazione dolce-amara che, una volta usciti nel gelo di un'Emilia distratta, fa cercare il disco dell'epoca, per riascoltare quello che in questa staffetta a rispettare le scadenze prestabilite, si fatica a percepire. In un angolo, il volto affilato dell'organizzatore Michele Mondella, storico globetrotter del meglio della nostra canzone d'autore, si guarda intorno. "All' epoca fu un successo inatteso. Crebbe senza avviso."Repubblica" scrisse che interpretavo più ruoli, senza omettere che l'onore di portare a pisciare il cane di De Gregori, Ghera, toccava a me.
Non era vero. Facevo molto altro, ma il guinzaglio del cane di Francesco, non lo agitavo io". Ride e si capisce, mentre strizza gli occhi, che per i presenti, facce e voci che si frequentano da anni, il pregio dell'evento risieda proprio nell'esserci ancora. Nell' inseguire un pezzo di esistenza cancellato dal riflusso. Il paragone impossibile. Il senso dell'irrecuperabile che va trasformato, salvandolo dalla trappola nostalgica. La ricerca di affinità elettive o di similitudini con l'originale, un lusso per chi ha tempo da perdere. In fondo, lo sapevano anche allora, quando avevano giurato, d'accordo con Venturi e Ballandi, i rispettivi manager, che sarebbe finita lì, senza riesumazioni o accanimenti terapeutici.
"E' una cosa irripetibile. Costa troppa fatica psicologica, finanziaria, musicale". Hanno cambiato idea, ne hanno diritto. Desiderio di dividere lo spazio scenico. Uno istrione, l'altro riottoso a interviste e giornali: "L' ultimo rifugio dei vigliacchi, la comunicazione". Allora, nel 1978, il tour partì quasi per caso. De Gregori sulla terrazza del Gianicolo, aveva inventato i primi versi di "Come fanno i marinai".
Il suo amico Lo Cascio, fermò il momento sulla pagina. "Creò senza preparazione. Cantavamo e battevamo i talloni in aria, alla maniera di Popeye". Poi Francesco affinò il testo con Dalla e mise tutto in un 45 giri in vendita a febbraio (doppio lato, "Ma come fanno i marinai" e "Cosa sarà"). Infine, dopo una tappa romana allo stadio Flaminio, messa in piedi dalla Fgci, con Veltroni in prima fila, 40.000 persone sugli spalti e i due sul palco, l'intuizione si fece tour. De Gregori tradusse un pezzo, magnifico, di Steve Goodman, Banana Republic. Partirono.
Il biglietto d'ingresso a 1.500 lire. L'inflazione al 22%, le elezioni appena archiviate, l'Italia che va in vacanza ma prima di stipare il bagagliaio, decide di affollare gli stadi. A Nonantola (minimalità pretesa), niente dell'organizzazione dell'epoca, delle 400.000 copie vendute che confinarono nelle retrovie i Supertramp di "Breakfast in America". Nulla del palco appositamente offerto dalla Rca o dell'impianto da 36.000 watt che cullò la benevola invidia di Venditti (presente all'esordio savonese).
"Belle le casse, penso possano andare bene anche per me, magari ci scriviamo il mio nome sopra", degli accendini che commuovevano Lucio: "Una sera mi voltai per mettere a posto la chitarra e osservai migliaia di luci". Qui, a Nonantola, dove il tempo si è fermato e i due cantano vicendevolmente le creazioni dell' altro, scorre un fluido differente. Sorrisi, calembour di Dalla, fumo negli occhi necessario a coprire lacrime e impreparazione. Del giro d'Italia a tappe di allora rimangono sul palco pezzi di vetro.
"Viva l'Italia", interpretata da Dalla al piano, "Com'è profondo il mare" (notevole approccio di De Gregori), i marinai che invecchiati hanno imparato a leggere le rotte e "Santa Lucia", la canzone che Dalla invidia a De Gregori. Quel che Francesco non concede, lo offre a fine concerto, con un inedito "scritto in pochi giorni", di oggettiva poesia. Lo firmano entrambi ma le influenze di Francesco (qui ai livelli di capolavori come ‘Bene' o ‘Festival') sono evidenti.
Si intitola "Non basta saper cantare", parla con dolorosa cognizione del presente ed è la perla che interroga sul perché il resto della collana, viri a nero. Stavolta, a guardare nei ricordi non sembra ancora ieri. Mancano indizi persino sulla competizione di coppia, che De Gregori non cancella e che fu alla base delle tante leggende raccontate solo in seguito. Fin dalle prove che precedettero il peregrinare confuso tra una città (per cantare) e l'altra. Il tour fu pieno di tensioni, gelosie tenute a freno, equivoci.
Un giorno L'espresso mandò Bocca e Zanetti, editorialista e direttore, a cercare di capire ragioni e conseguenze di quel filo prodigioso. Che spingeva per strda, dopo un decennio di lutti. Cercarono per primo Dalla e De Gregori si incupì. Così a cena con le penne d'oro finì Lucio e De Gregori, allora 29enne, restò a guardare le stelle dalla finestra di un anonimo albergo. Poi i litigi tra George Sims e Dalla, l'abbandono prematuro della tournée del chitarrista, la fisicità di Dalla che occupa l'immaginario e il pudore di Francesco, nascosto sotto il Panama.
Non hanno smesso di essere diversi, ma si sono voluti bene. Oggi, se possibile, rafforzati dalla distanza, si riconoscono senza barriere. Come ai tempi in cui a cena per vedere il risultato filmico dell'avventura (un documentario omonimo al disco) a un' attonita moglie di De Gregori, Dalla disse d'un fiato: "Guarda quanto è bravo, ti rendi conto di chi abbiamo sposato?".
Adesso che i caratteri hanno incontrato la quiete dell'età e le diffidenze perdono il confronto con l' adrenalina della ripetizione, chiedersi mentre si sale in macchina e Lucio indossa una giacca leopardata che rimanda a se stesso, al cucciolo Alfredo e ai ‘70, se ne sia valsa la pena, è inutile. Chi c'era non ha avuto ragione, chi è rimasto fuori, non riesce a sommare i torti. Equilibrio. E' quasi giorno, quasi casa, quasi amore.
I pornoverbali
Gian Marco Chiocci per il Giornale
Ecco la seconda parte dell'interrogatorio di Francesco "Bicio" Pensa al pm di Potenza Woodcock che l'ha trasmesso al pm milanese Frank Di Maio, titolare di Vallettopoli-bis. Le rivelazioni di Bicio sono oggetto di approfondimento.
Pm Woodcock «... nel pagamento che fa il giornale, nella specifica, lui paga semplicemente 20.000 euro a Corona? Oppure specifica quello che va a Corona e quello che va al fotografo?».
Pensa: «Noi non sappiamo quello che l'agenzia, quello che la redazione paga a Corona. Noi vediamo solo questi fogli, che possono essere facilmente falsificabili. Infatti, Lelio è presente, molti dei miei buoni che sono stati fatti negli ultimi cinque anni, a volte ci sono degli ammanchi di 5-6-7-8mila euro.
Le faccio un esempio: due copertine fatte a Lapo, a New York, da dei fotografi romani, fatti su due buoni, ok? Su uno c'era scritto 60mila, sull'altro 50mila. Corona cosa ha fatto? Ci ha messo 50 su due servizi, ne ha fatti risultare due al posto di uno e ha rubato 60mila a questi poveri cristi. E dei 50mila gli è arrivato il 50% di provvigione. Questo l'ha fatto per 5 anni, immagini il business, soldi che Corona rubava ai fotografi».
1 - «NINA MORIC SAPEVA TUTTO»
Pm:«Invece i rapporti con la Moric lei non sa quali siano? Cioè il ruolo che svolge e ha svolto, appunto, la Moric...».
Pensa: «Allora, la Moric la vedo come una psicopatica che è stata rovinata dal marito, totalmente rifatta. A me fa un po' pena la Moric. Però, lei, sicuramente, sia lei che la madre sapevano tutto di quello che faceva Corona, secondo me».
2 - «FU GILARDINO A CHIAMARE»
Avvocato: «Cioè, Gilardino sostiene di essere stato ricattato però nonostante questo fa avvisare, sembrerebbe abbia avvisato, infatti è stato indagato per favoreggiamento, sembrerebbe che poi abbia avvisato Corona che c'erano indagini su di lui. Però pare un po' strano e contraddittorio che prima uno...».
Pensa: «Apparentemente è stato Gilardino a chiamare Corona».
Pm: «Eh?».
Pensa: «Apparentemente... perché conosco il fotografo che ha fatto quelle foto, che tra l'altro non ha visto neanche una lira, povero Mauro, che apparentemente sia stato Gilardino dopo... che mi ha detto la Sonia che... "È stato Giardino a chiamarmi", se non sbaglio. Poi vabbè, non ricordo».
3 - AIDA IN BARCA CON 4 ARABI...
Pensa: «Poi c'è un'altra parte...».
Pm: «Un'altra parte?».
Pensa: «Secondo me c'è un fatto che ha a che fare con la prostituzione all'interno. Cioè, tipo, ci sono già dei personaggi di Lele Mora, una è Aida Yespica, noi l'avevamo pubblicata su Star Tv facente parte di questo sito tra le vip porno (...). Io ero a Formentera, e Corona mi dice. "Bicio, c'è l'Aida che è stata pagata, è in barca con quattro arabi, se la (...) - scusi l'espressione - fai le foto. Non l'ho mai trovata. Però la Yespica, come tante, faceva proprio lavoro a prostitute».
CINQUEMILA EURO E STAI VICINO ALLA ARCURI
Pensa: «Per far sì che tu diventi amico delle aziende, cioè come, insomma, praticamente tu porti delle persone con il cash e le fai sedere accanto a una Aida Yespica e gli dici: "Guarda che se vuoi ti ci puoi divertire, dipende da lei", insomma... Cioè Corona si affittava i posti a sedere a 5mila euro».
Pm: «Dove, alla...».
Pensa: «Posto a sedere vicino alla Arcuri? 5mila. Posto a sedere vicino alla Aida? 2mila euro. Poi se vuoi l'extra sono cavoli vostri, ti metti tu d'accordo con loro (...)».
Pm: «Mi interessa l'operazione evento, il posto a sedere accanto alla Yespica e l'extra».
Pensa:«Tante persone, tanti stupidi ciccioni, pieni di soldi, pagavano per sedersi vicino alla Yespica o per magari andarci a cena o per essere pubblicati, come Guru o Tommaso Buti. Uscì, con le foto che ho fatto io, a mia insaputa. E mi fa: "Guarda devi andare là, fidati, quando questi escono dal ristorante si danno un bacio". E questi si sono fidanzati e si sono dati il bacio. Ho detto: "Che cacchio hai, è proprio un mago?".
E poi ho iniziato a capire com'è. Che l'Arcuri, comunque, aveva preso tipo 40-50mila euro per stare con Buti un mese. Dopo un mese è andato con un'altra. So cose che sono più alte di me, ma io sono una persona che osserva, com'è che la Nora sta una settimana con uno e...».
Pm: «La?». Pensa: "Nora Amaral, quella di Pupe e Secchioni (Nora Amile, ndr). O una Natia Bush (Natasha Bush, ndr), una settimana con uno, tre settimane dopo con un altro. E quindi Corona...».
Pm: «Ma lei dice che questi, in realtà, appunto poi prendono soldi per andarci a letto?». Pensa: «Secondo me, sì. Poi le dico: una volta Corona mi ha fatto proprio la battuta: "Guarda, fammi questo servizio e dimmi chi ti vuoi trombare". Gli ho detto: "Guarda, l'Aida mi vorrei trombare". Fa: "Vabbè, mi costa caro ma te la do"».
LA PORNOSTAR IN PREMIO
Pensa: «Queste cose diceva. Io... sapevo perché me l'aveva detto Filippo, dice: "Bicio, non sai cosa abbiamo fatto? L'ufficio ha chiuso perché Corona ci ha fatto un regalo". Si sono fatti mandare una donna Schicchi, che gli ha fatto lo spogliarello ed è stata con loro un'ora. Queste erano cose che succedevano».
Pm: «Cioè lei dice che tutte queste che erano dell'agenzia di Mora».
Pensa: «Secondo me sì».
Pm: «Venivano messe a disposizione per questi eventi...».
Pensa: «Sì, sì. E Corona si vendeva a 5mila euro il posto al ristorante, piuttosto che... (...). Poteva essere il ristorante, ogni personaggio ha il suo prezzo. Ma si vendevano proprio il pacchetto servizio».
Pm: «Pacchetto-servizio che comprendeva, appunto, il dopocena, rapporti...».
Pensa: «Sì, perché questi ci andavano in vacanza insieme, poi noi non vedevamo cosa succedeva...».
domenica, gennaio 24, 2010
Chi è causa del suo mal....
Non me ne frega nulla dei suoi fatti privati, ma la tristezza di com'è finito uno che voleva fare la rivoluzione. Magari qualche party in meno e qualche responsabilitâ in più.....
R. Zuc. per Corriere dela Sera
Lella e Fausto Bertinotti, il giorno dopo. Dopo cioè che la notizia della separazione di fatto, rivelata da Dagospia, è apparsa su quasi tutti i quotidiani. Loro, l'ex inossidabile coppia del socialismo, prima reale e poi antagonista, sposati nell'ormai lontano '45 in chiesa, se li sono letti con attenzione, così come fanno ogni mattina. E non hanno proprio gradito.
Si è scritto che hanno litigato per questioni che riguardano il figlio Duccio, ormai quarantenne. Che non vivono più insieme. E molto altro. Non spiegano se sia vero o falso. Perché per entrambi si tratta di «questioni private» che non dovrebbero andare a finire in pasto al grande pubblico. E, per entrambi, sarebbe quindi meglio parlarne il meno possibile. Ma quando è troppo è troppo.
Ecco perché, ognuno a modo suo, hanno preso carta e penna per rispondere ai passaggi che non sono riusciti proprio a digerire. Lei, Gabriella Fagno Bertinotti, se l'è presa in particolare con un'articolo apparso sul Riformista. Decidendo di rispondere con una lettera, nella quale parla di «notizie infondate » e racconta: «Non è vero che l'ultima uscita pubblica insieme a mio marito è stata all'inaugurazione del Maxxi. Per impegni reciproci, non ci è stato possibile andare insieme all'inaugurazione e comunque non esiste, né esisterà, una nostra ultima uscita pubblica».
Ma, soprattutto, afferma: «Non è vero che a sinistra non ci si separa. È piena la storia di uomini e donne della sinistra separati e divorziati». Insomma, Lella smonta la teoria della presunta inseparabilità della «coppia militante comunista» d'antan. Precisa inoltre, per la cronaca: «Non è vero che la mia pelle è mattonata dalle lampade uva». Perché lei, «per natura», ha «una pelle ambrata» e quindi non ha «alcun bisogno di lampade ».
Infine: «Non è vero che sono la regina dei salotti. A casa Angiolillo, in 30 anni di vita a Roma, sono stata soltanto due volte. Purtroppo! Purtroppo la signora Angiolillo è scomparsa, altrimenti ci sarei tornata volentieri».
Lui, invece, non ha gradito l'articolo uscito sulla Stampa, perché ad un certo punto si fa allusione ad un possibile tradimento, dello stesso Fausto, con un'altra. Reazione, la stessa. Lettera di risposta, più corta di quella della consorte, ma altrettanto dura. In cui si ribadisce che si tratta di una vicenda che attiene alla «sfera privata». E quindi che non ha assolutamente intenzione di chiarire alcunché.
E allora perché rispondere? Perché ciò che l'ex segretario di Rifondazione Comunista ed ex Presidente della Camera, non riesce a far passare sotto silenzio è quella «voce» sul tradimento. Che smentisce categoricamente. Aggiungendo: «È offensivo solo pensare una cosa del genere».
Condivisibile
Bertolaso: «Ad Haiti gli Usa confondono l’intervento militare con l'emergenza». Il capo della Protezione civile: «Situazione patetica, manca un coordinamento. Troppi show per la tv».
MILANO - «Ci sono enormi organizzazioni coinvolte e moltissimo da fare, ma la situazione è patetica, e tutto si sarebbe potuto gestire molto meglio». Il capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, critica duramente la gestione degli aiuti dopo il terremoto di Haiti. E, durante la trasmissione "In mezz'ora" su Raitre, spiega che «il mondo poteva dare prova di poter gestire al meglio una situazione come questa, ma finora non ha funzionato». Riguardo alla massiccia presenza di forze militari Usa, Bertolaso ha aggiunto: «Era inevitabile e indispensabile una forte presenza dell’esercito americano, anche se i 15mila uomini non sono utilizzati in modo migliore. Le navi ospedale, le portaerei, non hanno rapporti stretti con il territorio, con le organizzazioni umanitarie che sono presenti sul posto. Ognuno fa la sua parte, ma in modo svincolato».
TECNICA D'INTERVENTO - «Gli americani - ha aggiunto - tendono a confondere l’intervento militare con quello di emergenza. Manca una capacità di coordinamento, utile per non disperdere gli aiuti che sono stati inviati. È stato fatto uno sforzo impressionante, encomiabile, ma non c’è una leadership. Serve un uomo, serve un Obama che gestisca le emergenze». Ed anche «Clinton che scarica le cassette della frutta» non è servito. «Sarebbe stata la svolta se lui avesse gestito l’emergenza in prima persona, invece se n’è andato». La «tecnica d’intervento» ad Haiti applicata dagli Usa, secondo Bertolaso, è quella già usata in passato a Goma, Ruanda e Cambogia. «Si viene qui, si dà un po’ da mangiare, bere e il problema per loro è risolto, ma è una contraddizione se non si pongono le basi per la vita futura».
BELLA FIGURA - «Troppo spesso - rileva Bertolaso - una volta arrivati sul luogo di un disastro, si pensa subito a mettere un grande manifesto con lo stemma della propria organizzazione, a fare bella figura davanti alle telecamere, piuttosto che mettersi a lavorare per portare soccorso a chi ha bisogno».
Scandali
Dagli scatti a Lapo alle interviste-trappola tutti i colpi dell'agenzia amica di "Chi"
di PAOLO BERIZZI per Repubblica
MILANO - Chi si è sporcato le mani di fango nell'affaire Lapo-bis? Quali connessioni esistono tra l'agenzia fotogiornalistica milanese UnoPress e Alfonso Signorini, il potente direttore di Chi e cioè il "grillo" che, tre mesi fa, avrebbe informato Lapo Elkann dell'esistenza degli scatti proibiti al Bois de Boulogne, acquistati dalla UnoPress e poi tolti dal mercato del gossip dallo stesso Lapo per la non modica cifra di 300 mila euro? Per ricostruire la vicenda può essere utile ripercorrere alcuni "colpi" della UnoPress, tra molte luci e qualche ombra.
Tra le cose certe c'è che Parigi, per questa agenzia la cui "filosofia aziendale - si legge sul sito - è l'attenzione per il cliente e il rispetto dell'etica", è una buona stella. Saranno il caso o le congiunture favorevoli, l'esperienza o gli ottimi contatti. Sta di fatto che è sull'asse Roma-Milano-Parigi che lievitano alcuni tra gli scoop messi a segno in questi anni dall'agenzia finita al centro del foto-ricatto che ha impallinato Elkann, per la seconda volta e sempre per le stesse debolezze.
Se lo ricordano ancora, gli esperti di "rosa", il colpo del settimanale Oggi che per primo e con una fortunata copertina mise le mani sulla storia - ancora agli albori - tra Sabrina Ferilli e Flavio Cattaneo. Roberta Arrigoni, boss bergamasca della UnoPress (sua per il 98%, l'altro 2% è della madre Lina Pozzi) sguinzagliò i suoi fotografi sotto la Tour Eiffel dove i due fidanzati si erano concessi un weekend di relax: e i paparazzi tornarono con l'osso in bocca. Quanto bastò a Oggi per uscire con lo strillo su "Sabrina e il direttore". "Chi sta nell'ambiente sa che le cose pregiate si pagano", spiega un fotografo che fa la spola tra Milano e la capitale a caccia di vip. Il riferimento è al tariffario della UnoPress. Che - è opinione diffusa - è adeguato al prodotto offerto. Quasi sempre di prima fascia. In pratica: siccome l'agenzia paga (bene) e si fa pagare, è negli uffici di via Gaio che da qualche anno confluiscono scoop da copertina. E a chi si può rivolgere, in prima battuta, un'agenzia con queste caratteristiche e con merce garantita? "Facile - risponde l'ex direttore di un periodico del settore - Al settimanale che paga di più. Chi. Quello che accade dopo l'acquisto delle foto, io però non posso saperlo...".
Chi e UnoPress, hanno un rapporto di lavoro consolidato. Ma non è solo questione di affinità elettive. Quando la UnoPress (fondata 21 anni fa) offre scatti saporiti a chi può permetterseli c'è sempre di mezzo uno dei pezzi da novanta dell'agenzia, chi la amministra: Tonino De Filippo, napoletano sulla sessantina, grande amico di Alfonso Signorini. Tanto che il direttore di Chi e Tv Sorrisi e Canzoni ne ha celebrato il matrimonio civile nel settembre 2008 a palazzo Dugnani a Milano (le foto su Chi). "Il ricatto a Lapo? Non ne so niente, io sono solo un venditore dell'agenzia, non ho comprato niente - taglia corto De Filippo - Se volete chiamate lunedì in agenzia".
Tra storie di tradimenti veri o presunti e baggatelle da rotocalco, all'abilità della UnoPress vengono ascritte molte pagine della cronaca rosa e della dolce vita dello showbiz. Elisabetta Gregoraci, Sara Varone, la stessa Ferilli e tante altre hanno dovuto vedersela coi fotografi di Roberta Arrigoni e di Tonino De Filippo. E chissà se tutto quanto è stato impresso su pellicola è stato poi anche pubblicato.
Anche un giornalista dell'Espresso, Marco Lillo, ebbe modo di conoscere la UnoPress. Nella persona della sua titolare. È il 27 maggio 2009 al ristorante La Scialuppa di Napoli. In piena bufera Noemi-Berlusconi post Casoria. Squilla il cellulare del giornalista ed è Roberta Arrigoni. Gli dice che può metterlo in contatto con una ragazza che è stata l'amante del premier e per questo è stata favorita nel concorso del Grande Fratello. Se fosse vero sarebbe un caso lampante di conflitto d'interessi. Scatta l'appuntamento alla Scialuppa. Entra in scena Laura Drzewicka, già concorrente del Gf. Che chiede 50mila euro ai giornalisti (muniti di registratore) per un'intervista. La proposta viene rifiutata. Intanto i due cronisti si accorgono di essere stati spiati e fotografati da un tavolo vicino. A quel punto la trappola è evidente. La magistratura di Napoli ci sta ancora lavorando.
di PAOLO BERIZZI per Repubblica
MILANO - Chi si è sporcato le mani di fango nell'affaire Lapo-bis? Quali connessioni esistono tra l'agenzia fotogiornalistica milanese UnoPress e Alfonso Signorini, il potente direttore di Chi e cioè il "grillo" che, tre mesi fa, avrebbe informato Lapo Elkann dell'esistenza degli scatti proibiti al Bois de Boulogne, acquistati dalla UnoPress e poi tolti dal mercato del gossip dallo stesso Lapo per la non modica cifra di 300 mila euro? Per ricostruire la vicenda può essere utile ripercorrere alcuni "colpi" della UnoPress, tra molte luci e qualche ombra.
Tra le cose certe c'è che Parigi, per questa agenzia la cui "filosofia aziendale - si legge sul sito - è l'attenzione per il cliente e il rispetto dell'etica", è una buona stella. Saranno il caso o le congiunture favorevoli, l'esperienza o gli ottimi contatti. Sta di fatto che è sull'asse Roma-Milano-Parigi che lievitano alcuni tra gli scoop messi a segno in questi anni dall'agenzia finita al centro del foto-ricatto che ha impallinato Elkann, per la seconda volta e sempre per le stesse debolezze.
Se lo ricordano ancora, gli esperti di "rosa", il colpo del settimanale Oggi che per primo e con una fortunata copertina mise le mani sulla storia - ancora agli albori - tra Sabrina Ferilli e Flavio Cattaneo. Roberta Arrigoni, boss bergamasca della UnoPress (sua per il 98%, l'altro 2% è della madre Lina Pozzi) sguinzagliò i suoi fotografi sotto la Tour Eiffel dove i due fidanzati si erano concessi un weekend di relax: e i paparazzi tornarono con l'osso in bocca. Quanto bastò a Oggi per uscire con lo strillo su "Sabrina e il direttore". "Chi sta nell'ambiente sa che le cose pregiate si pagano", spiega un fotografo che fa la spola tra Milano e la capitale a caccia di vip. Il riferimento è al tariffario della UnoPress. Che - è opinione diffusa - è adeguato al prodotto offerto. Quasi sempre di prima fascia. In pratica: siccome l'agenzia paga (bene) e si fa pagare, è negli uffici di via Gaio che da qualche anno confluiscono scoop da copertina. E a chi si può rivolgere, in prima battuta, un'agenzia con queste caratteristiche e con merce garantita? "Facile - risponde l'ex direttore di un periodico del settore - Al settimanale che paga di più. Chi. Quello che accade dopo l'acquisto delle foto, io però non posso saperlo...".
Chi e UnoPress, hanno un rapporto di lavoro consolidato. Ma non è solo questione di affinità elettive. Quando la UnoPress (fondata 21 anni fa) offre scatti saporiti a chi può permetterseli c'è sempre di mezzo uno dei pezzi da novanta dell'agenzia, chi la amministra: Tonino De Filippo, napoletano sulla sessantina, grande amico di Alfonso Signorini. Tanto che il direttore di Chi e Tv Sorrisi e Canzoni ne ha celebrato il matrimonio civile nel settembre 2008 a palazzo Dugnani a Milano (le foto su Chi). "Il ricatto a Lapo? Non ne so niente, io sono solo un venditore dell'agenzia, non ho comprato niente - taglia corto De Filippo - Se volete chiamate lunedì in agenzia".
Tra storie di tradimenti veri o presunti e baggatelle da rotocalco, all'abilità della UnoPress vengono ascritte molte pagine della cronaca rosa e della dolce vita dello showbiz. Elisabetta Gregoraci, Sara Varone, la stessa Ferilli e tante altre hanno dovuto vedersela coi fotografi di Roberta Arrigoni e di Tonino De Filippo. E chissà se tutto quanto è stato impresso su pellicola è stato poi anche pubblicato.
Anche un giornalista dell'Espresso, Marco Lillo, ebbe modo di conoscere la UnoPress. Nella persona della sua titolare. È il 27 maggio 2009 al ristorante La Scialuppa di Napoli. In piena bufera Noemi-Berlusconi post Casoria. Squilla il cellulare del giornalista ed è Roberta Arrigoni. Gli dice che può metterlo in contatto con una ragazza che è stata l'amante del premier e per questo è stata favorita nel concorso del Grande Fratello. Se fosse vero sarebbe un caso lampante di conflitto d'interessi. Scatta l'appuntamento alla Scialuppa. Entra in scena Laura Drzewicka, già concorrente del Gf. Che chiede 50mila euro ai giornalisti (muniti di registratore) per un'intervista. La proposta viene rifiutata. Intanto i due cronisti si accorgono di essere stati spiati e fotografati da un tavolo vicino. A quel punto la trappola è evidente. La magistratura di Napoli ci sta ancora lavorando.
Semiconduttori coraggiosi
Il coraggiosissimo Giovanni Floris che si è sempre distinto per essere un durissimo giornalista. Uno che ha sempre difeso i suoi collaboratori. Come in questo caso. Dove non gli viene nemmeno in mente di rispondere a tono per difendere NON Ballarò, ma un suo giornalista: Alessandro Poggi. Per chi non lo sapesse i pezzi, le interviste e tutto quanto trasmette Ballarò vengono passati e visionati da Floris. Ergo se Gasparri offende la redazione, offende anche Floris. Ma che Floris lo capisca è forse pretendere troppo.
Da Repubblica
Maurizio Gasparri lo dice sorridendo. Ma i toni che usa nei confronti dell'inviato della trasmissione di Rai Tre Ballarò,Alessandro Poggi, non fanno ridere per nulla. Anche se, dopo le polemiche, tutto si risolve in un abbraccio.
Tutto inziia durante la convention di Arezzo, quando il capogruppo del Pdl al Senato si rivolge alla platea: "C'è uno sfigato che passa la vita a inseguirci. Solo che oggi non ci sono gossip, non ci sono polemiche e lui non ha un c... da fare...". E, sorridendo, invita tutti a "fargli un applauso". Un'uscita che il conduttore di Ballarò liquida seccamente: "'A Ballaro' mai fatto gossip" dice Giovanni Floris.
Polemiche le reazioni dell'opposizione. "Da Gasparri un attacco ad personam contro chi lavora nell'informazione. E' un sintomo della voglia di censura e di repressione che trasuda da una destra diventata berlusconiana, senza avere mai acquisito veramente i principi della democrazia" dice Vincenzo Vita del Pd. "Chi fa informazione non va indicato al pubblico dileggio" rincara Maurizio Ronconi dell'Udc. "Sconcerta il duro attacco di Gasparri alla libertà d'informazione, ancor più grave perchè colpisce un singolo giornalista" afferma Matteo Orfini della segreteria del Pd. "E' evidente che a Gasparri è scappata la frizione di fronte ad una platea compiacente. L'ironia e lo scherno verso chi svolge il proprio lavoro sono di cattivo gusto" afferma Roberto Rao dell'Udc.
Davanti al montare del caso, il Pdl è costretto a precisare. "Nessuna offesa a Ballaro', ma solo una battuta goliardica ed un invito all'applauso della platea di Arezzo, scherzando sul fatto che il simpatico cronista cercando, legittimamente, spunti di divisione nel Pdl non ne avesse trovati nell'armonia del convegno" si legge in una nota l'ufficio stampa del Pdl al Senato. Poi scende in campo lo stesso Gasparri che cerca di chiudere la polemica: "Rispetto il lavoro di tutti i giornalisti, comunque la pensino. Tutti loro ad arezzo hanno svolto con grande correttezza il loro lavoro, compreso l'inviato Ballarò. Ora lo chiamerò". Poggi, nel frattempo, smorza: "Ma quale incidente, nessun incidente. Faccio il mio lavoro e basta". Poi, tra i due, c'è un abbraccio.
Da Repubblica
Maurizio Gasparri lo dice sorridendo. Ma i toni che usa nei confronti dell'inviato della trasmissione di Rai Tre Ballarò,Alessandro Poggi, non fanno ridere per nulla. Anche se, dopo le polemiche, tutto si risolve in un abbraccio.
Tutto inziia durante la convention di Arezzo, quando il capogruppo del Pdl al Senato si rivolge alla platea: "C'è uno sfigato che passa la vita a inseguirci. Solo che oggi non ci sono gossip, non ci sono polemiche e lui non ha un c... da fare...". E, sorridendo, invita tutti a "fargli un applauso". Un'uscita che il conduttore di Ballarò liquida seccamente: "'A Ballaro' mai fatto gossip" dice Giovanni Floris.
Polemiche le reazioni dell'opposizione. "Da Gasparri un attacco ad personam contro chi lavora nell'informazione. E' un sintomo della voglia di censura e di repressione che trasuda da una destra diventata berlusconiana, senza avere mai acquisito veramente i principi della democrazia" dice Vincenzo Vita del Pd. "Chi fa informazione non va indicato al pubblico dileggio" rincara Maurizio Ronconi dell'Udc. "Sconcerta il duro attacco di Gasparri alla libertà d'informazione, ancor più grave perchè colpisce un singolo giornalista" afferma Matteo Orfini della segreteria del Pd. "E' evidente che a Gasparri è scappata la frizione di fronte ad una platea compiacente. L'ironia e lo scherno verso chi svolge il proprio lavoro sono di cattivo gusto" afferma Roberto Rao dell'Udc.
Davanti al montare del caso, il Pdl è costretto a precisare. "Nessuna offesa a Ballaro', ma solo una battuta goliardica ed un invito all'applauso della platea di Arezzo, scherzando sul fatto che il simpatico cronista cercando, legittimamente, spunti di divisione nel Pdl non ne avesse trovati nell'armonia del convegno" si legge in una nota l'ufficio stampa del Pdl al Senato. Poi scende in campo lo stesso Gasparri che cerca di chiudere la polemica: "Rispetto il lavoro di tutti i giornalisti, comunque la pensino. Tutti loro ad arezzo hanno svolto con grande correttezza il loro lavoro, compreso l'inviato Ballarò. Ora lo chiamerò". Poggi, nel frattempo, smorza: "Ma quale incidente, nessun incidente. Faccio il mio lavoro e basta". Poi, tra i due, c'è un abbraccio.
sabato, gennaio 23, 2010
Polverone sulla Polverini?
Marco Lillo per Il Fatto
La prima scena consegnata ai biografi immortala la piccola Polverini nella sua modesta casa romana. Renata si è appena diplomata all'istituto di ragioneria della Magliana. La sua materia preferita è l'educazione fisica e vorrebbe iscriversi all'Isef.
Mamma Giovanna, umile sindacalista della vecchia Cisnal (il sindacato di destra che oggi si chiama Ugl) deve dirle di no. Rimasta vedova quando Renata aveva due anni, è stanca di tirare la carretta da sola. Guarda la figlia con gli occhi rossi e per la prima volta la tratta da donna: "Renata, non ce lo possiamo permettere".
In quell'istante, racconterà poi lady Ugl a Vittorio Zincone sulMagazine, "realizzai che le cene di mamma a base di pane e tè non erano solo una tecnica per restare leggeri". La scena finale è ritratta da Giovanna Vitale su Repubblica: "47 anni, da 4 alla guida dell'Ugl, il piccolo sindacato di destra che lei ha portato al tavolo dei grandi, corteggiatissima dai talk show e frequentatrice della Roma bene che ama ricevere nel suo salotto sull'Aventino".
Il passaggio dalla Magliana al salotto dell'Aventino sembra la declinazione immobiliare del "sogno italiano". Il catasto parla chiaro: Renata Polverini possiede due appartamenti (con quattro ingressi) per complessivi 16,5 vani catastali più tre box e due cantine in un palazzo non lussuoso ma incastonato nel verde della collina di San Saba, tra Aventino e Testaccio.
Come ha fatto ad accumulare un patrimonio che vale oggi circa 1,5 milioni di euro? La leader sindacale nel 2002 ha acquistato una delle sue case a prezzo stracciato dallo Ior, la banca del Vaticano. Mentre la seconda è arrivata (a prezzo più alto) da una società vicina allo Ior, la Marine Sud Investimenti, intestata per il 99 per cento a una società anonima.
Non solo: la leader sindacale ha comprato con lo sconto un appartamento all'Eur dell'Inpdap, l'ente nel quale l'Ugl è rappresentato o sovrarappresentato (vedi box). Non c'è nulla di illecito ma è bene chiarire tutto. Renata Polverini è sostenuta dalla Chiesa contro l'abortista Emma Bonino. Ma, per risanare la sanità laziale dovrà intervenire anche sulle cliniche del Vaticano.
E poi c'è la questione dei soldi. Ogni volta la sindacalista ha acceso un mutuo per comprare ma le rate sono state onorate grazie a uno stipendio rilevante per una sindacalista. Al Magazine, disse di guadagnare "solo" 3 mila euro al mese. Ma nella classifica delle dichiarazioni dei redditi pubblicate nel 2008 risultava davanti agli altri leader sindacali con 140 mila euro lordi annui.
Evidentemente i numeri (degli iscritti e dei redditi) non sono il suo forte. Per fortuna va meglio con gli affari. Il 28 marzo del 2002 compra dall'Inpdap vicino all'Eur, al Torrino, un secondo piano di sette vani catastali più box e cantina. Sono i palazzi abitati anche da sindacalisti e politici raccomandati, quelli descritti dal Giornale di Vittorio Feltri nel 1995.
Evidentemente Affittopoli non riguardava solo i sindacati di centrosinistra. Dopo quella campagna, alla fine degli anni novanta, l'allora rampante sindacalista ottiene un appartamento appena costruito in affitto. Poco dopo lo compra, grazie allo sconto riservato a tutti gli inquilini e pari al 40 per cento, al prezzo stracciato di 148 mila e 583 euro.
La casa sarà poi venduta il 4 aprile del 2007 per un prezzo dichiarato di 234 mila euro, 150 mila in contanti e il resto come accollo del mutuo. Il prezzo non è giusto nemmeno stavolta. Basti dire che il settimo piano dello stesso palazzo, molto più piccolo (4 vani contro sette) e senza box viene comprato all'asta negli stessi giorni a 256 mila euro. Il fatto è che Polverini vende al segretario confederale dell'Ugl (suo amico e sostenitore) Rolando Vicari.
Ancora più interessante è la storia dell'abitazione di San Saba. Polverini compra dallo Ior, la banca del Vaticano coinvolta in tanti scandali, il 17 dicembre del 2002 un primo piano con doppi ingressi, 5 camere, cameretta più tre bagni, cucina e tre balconi, più due box e cantina, al prezzo di 272 mila euro, un vero affare. Il prezzo di mercato è il doppio.
"Non c'è stato nessuno sconto dello Ior", dice oggi Renata Polverini, "ho seguito la stessa trafila degli altri acquirenti di appartamenti nel palazzo. Ho comprato tramite un'agenzia". Meno di due anni dopo, nel 2004, il leader Ugl compra un secondo appartamento gemello al piano terreno dalla Marine Sud Investimenti amministrata da Michele D'Adamo.
Il piano terra costa 666 mila euro, più del doppio, e ha solo un box. Le ipotesi sono due: lo Ior ha fatto un prezzo basso alla Polverini oppure ha dichiarato meno del pagamento reale. Comunque la sindacalista non si ferma. E subito dopo vende una delle stanze per poter pagare il mutuo. La vicina sgancia 50 mila euro. Per un solo vano.
Non dite cattiva alla Lega
Magari non accadrà nulla, siamo in Italia, ma che il ministro zaia parli come quei vecchi un po' fuori di testa "signora mia, i giudici pensino alle cose serie", dimostra la pochezza della classe politica italiana. Il giochino leghista (di questa dirigenza, perché dalla Lega se n'è andata tantissima gente seria) è quello di dire porcate da codice penale in provincia e parlare tranquillamente sulle tv nazionali. Ogni tanto però qualcuno va a vedere le carte e questo squallido giochino si dimostra un misero bluff. Questo è uno dei casi. Mi chiedo dove potrebbe mettersi Bossi i 300.000 fucili pronti nelle valli.
Fonte Repubblica
Le "Camicie verdi" un'associazione militare 36 rinvii a giudizio, c'è anche un deputato
VENEZIA - Trentasei militanti della Lega Nord, tra i quali il sindaco di Treviso Giampaolo Gobbo e il parlamentare Matteo Bragantini, sono stati rinviati a giudizio dal Gup di Verona. Il processo si aprirà il primo ottobre prossimo. Il giudice ha accolto la tesi della procura, che accusa le 'Camicie verdi' di essere un'associazione a carattere militare: il reato contestato è quello di costituzione di banda armata.
Il procedimento aveva subito due lunghi momenti di pausa, per attendere il pronunciamento dapprima di Strasburgo e poi della Corte Costituzionale, sulla posizione degli indagati che all'epoca ricoprivano la carica di eurodeputati o di parlamentari.
L'indagine aveva coinvolto anche i vertici del Carroccio, tra i quali il leader Umberto Bossi, Roberto Maroni e Roberto Calderoli - poi usciti definitivamente dall'inchiesta nel dicembre scorso - e fa riferimento al periodo tra il 1996 e il 1997. L'inchiesta - come riportano alcuni quotidiani locali - era stata avviata dall'allora procuratore Guido Papalia.
Secondo l'accusa - che nel corso delle udienze ha prodotto una lunga serie di intercettazioni telefoniche - la Guardia Nazionale Padana sarebbe stata allestita con l'obiettivo anche di organizzare attraverso un'organizzazione armata la resistenza e pianificare l'eventuale secessione. I 36 imputati, in gran parte lombardi e veneti, ma anche piemontesi, friulani, liguri ed emiliani, dovranno comparire in aula davanti al collegio presieduto da Marzio Bruno Guidorizzi.
Estremamente critico nei confronti dei magistrati il ministro delle Politiche agricole alimentari e forestali Luca Zaia: "La giustizia dovrebbe occuparsi di ben altro che di fatti accaduti in epoche ormai lontanissime. In realtà, al di là del paradosso di una complessa macchina giudiziaria impegnata per decenni in materie nebulose, va registrata ancora una volta la distanza tra quanto accade e quanto si attendono i cittadini".
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Il problema è la fica
Scriveva un noto quotidiano molto vicino al Cavaliere.
ROMA - "Questo Migliori avrà anche esperienza ma non ha proprio il fisico adatto, qui ci vuole una bella donna". Decisamente non ha fatto colpo sul Cavaliere l'ex An Riccardo Migliori, salito ieri a palazzo Grazioli per perorare la sua candidatura a governatore della Toscana. Il fatto è che la preferenza del premier per il sesso femminile (che nel caso toscano dovrebbe portare alla scelta di Monica Faenzi, ex sindaco di Castiglione della Pescaia) abbraccia tutto lo Stivale.
Ci risiamo? Stavolta, oltretutto, senza nemmeno l'impiccio di una Veronica che - come accadde in occasione delle ultime europee - protesta contro il "ciarpame". Insomma, sembra che da qualche giorno a palazzo Grazioli sia ricominciato un certo andirivieni. Ed è il primo indizio. Silvio Berlusconi ha poi ripreso da un paio di settimane a frequentare il negozietto di bigiotteria a via degli Astalli, dove vendono le famose farfalline e tartarughine. E siamo al secondo indizio. Inoltre c'è il tam-tam di "Radio Pdl", che riferisce di una precisa richiesta ai coordinatori che stanno compilando i listini delle regionali: in ogni Regione due posti vanno lasciati a disposizione "per il Presidente". A chi andranno questi seggi (sicuri) che la legge attribuisce al governatore vincente? Le indiscrezioni puntano sempre al medesimo identikit: donna, giovane e carina, spesso legata allo "showbiz".
La bella Francesca Pascale, del club "Silvio ci manchi", carriera comica a "Telecafone", dovrebbe trovare rifugio nel listino laziale della Polverini. Ma si parla anche di Daniela Martani, l'ex hostess Alitalia protagonista del Grande Fratello9. Mentre Chiara Sgarbossa, ex Miss Veneto, meteorina al Tg4, ha puntato al listino di Zaia. Dalle feste a villa Certosa arriva invece la barese Graziana Capone, laurea in Giurisprudenza, soprannominata l'Angelina Jolie delle Puglie. Tanto per far capire come la pensava, lo scorso agosto concesse un'intervista a "Novella" in cui paragonava Berlusconi a Gesù ("come lui anche il presidente parla ai giovani") e se stessa alla moglie del premier ("magari sarò la nuova Veronica"). In alternativa a un posto da consigliere regionale, c'è chi giura che la "Lara Croft" del Tavoliere possa planare dritta all'ufficio stampa di palazzo Chigi.
C'è poi il listino della Lombardia. E qui val la pena riportare la voce che riguarda Lucia Ronzulli, la fisioterapista del Cavaliere diventata eurodeputata. Dopo l'aggressione di piazza Duomo la Ronzulli si è istallata a casa del premier per seguirne la convalescenza e la sua crescente influenza sul Capo ha dato la stura all'invidia dei berlusconiani, tanto che il nomignolo che le è stato affibbiato nel Pdl è quello di "Rasputin di Arcore". Rasputin-Ronzulli avrebbe quindi sussurrato nell'orecchio di Berlusconi il nome di un suo collega fisioterapista. Ma questi dovrà vedersela con l'igienista dentale del Cavaliere, con il suo geometra di fiducia (Francesco Magnano), con il massaggiatore del Milan e con la giovane Silvia Trevaini, già finalista di Miss Muretto, poi in forza a Studio Aperto. Proprio l'affascinante Trevaini partecipò, insieme ad altre trenta ragazze, al famoso "stage" a via dell'Umiltà prima delle Europee 2009. Quello che portò alla lettera della Lario contro Berlusconi.
Sofia Ventura, la politologa di Farefuturo che innescò per prima il caso "veline", oggi ascolta "incredula" i rumors sulle liste: "Mi auguro che non sia vero. Dopo tutto quello che è successo mi sembrerebbe davvero strano che Berlusconi facesse una scelta di questo genere. Ma forse sono solo un'ingenua".
Il vizietto?
"Foto con una trans a Parigi e Lapo pagò 300mila euro"
"Estorsioni fino a pochi giorni fa". Dopo quegli scatti Elkann fu lasciato dalla fidanzatadi DAVIDE CARLUCCI
FONTE RepubblicaMILANO - La vittima principale dei fotoricatti, ancora una volta, è lui: Lapo Elkann. Come nella prima inchiesta "vallettopoli", anche nella nuova indagine del pm Frank Di Maio sulle estorsioni ai danni dei vip da parte dei paparazzi spunta il nome del rampollo della famiglia Agnelli. Sarebbe stato lui a pagare la cifra più alta, 300mila euro, perché fosse ritirato dal mercato un servizio che lo ritraeva quest'estate al Bois de Boulogne, un parco di Parigi, in compagnia di una trans. Lo ha raccontato, nel corso degli interrogatori, uno dei quattro fotografi indagati nell'inchiesta, riferendo anche di aver sentito dire che il servizio sarebbe stato ritirato dal settimanale "Chi?", diretto da Alfonso Signorini. L'episodio sarebbe stato alla base della rottura tra Elkann e la sua fidanzata.
Di Maio sta verificando la veridicità del racconto. Così come sta acquisendo informazioni su un altro possibile tentativo di estorsione: quello che riguarda il ministro della Giustizia Angelino Alfano, ritratto alle Maldive durante le ultime feste natalizie mentre prende il sole con i familiari. A tentare il colpaccio sono stati Max Scarfone e Maurizio Sorge, due dei paparazzi indagati a Milano. Il servizio è stato pubblicato senza foto da Oggi, che racconta anche di come i due fotografi abbiano tentato di eludere il servizio d'ordine ma siano stati respinti. Qualche scatto, però, sarebbe stato rubato comunque e sarebbe stato proposto a "Chi", che però non l'avrebbe pubblicato. Alle Maldive in quei giorni c'era anche il ministro Ignazio La Russa, che però smentisce di essere stato paparazzo e tanto meno di aver ricevuto richieste in denaro. Stessa precisazione arriva anche da fonti vicine al ministro Alfano: "Non ci risulta che siano in circolazione foto che ritraggono il guardasigilli in costume da bagno e non c'è stato alcun contatto con fotografi intenzionati a pubblicarle". Tra le vittime dei fotoricatti ci sarebbe anche Silvia Toffanin, ex letterina di Passaparola, e attuale compagna di Piersilvio Berlusconi. Per lei sarebbe stato pagato, anni fa, un compenso di 200mila euro. Anche in quel caso il servizio sarebbe stato proposto a "Chi?". La circostanza però non è stata ancora verificata del tutto dagli investigatori.
Insomma, al centro delle trattative ci sarebbe stato, in più di un'occasione, Signorini. Il potente direttore, in stretti rapporti con il premier Silvio Berlusconi, potrebbe essere sentito nei prossimi giorni, com'era già successo durante la prima tranche dell'inchiesta, quando depose davanti a Di Maio come persona informata dei fatti. Ieri s'era diffusa la voce che il pm lo avesse interrogato ma dalla procura è arrivata una secca smentita, così come è stato negata la sua iscrizione nel registro degli indagati. Di lui, però, hanno parlato a lungo i fotografi interrogati dal pm. L'avvocato Silvia De Luca, legale di Sorge, precisa però che il suo assistito "nega di aver accusato in alcun modo Signorini. E comunque Sorge si dichiara estraneo a questi ricatti, non avendo partecipato in alcun modo, non essendo nemmeno, nella maggior parte dei casi, l'autore delle foto, alle presunte estorsioni".
Tra le ipotesi al vaglio della procura c'è anche la possibilità che la Spy One, l'agenzia fotografica con la quale collabora, dall'inizio del 2009, Sorge, fosse collegata con Signorini attraverso il giornalista Gabriele Parpiglia, il suo collaboratore. Una circostanza, però, che Alan Fiordalmondo, titolare della Spy One, nega con decisione: "Tra noi e Parpiglia ci sono solo contatti professionali come ce ne sono con tanti altri giornalisti". Ieri, inoltre, si è appreso che nell'inchiesta c'è un quarto indagato: si chiama Massimiliano Fullin ed è il titolare del sito internet www.710games. com (che si occupa di giochi d'azzardo on line). L'uomo è appena stato assolto dal giudice per le indagini preliminari di Potenza nell'ambito dell'inchiesta sui vip del Pm John Woodcock. Nei giorni scorsi, inoltre, nell'ufficio di Maio si è presentato Fabrizio Corona per fornire alcune puntualizzazioni su uno dei venti episodi al centro della nuova inchiesta. Il re dei paparazzi, anche lui assolto a Potenza e assistito dall'avvocato Giuseppe Lucibello, era stato convocato anche per far luce su un altro episodio nel quale è coinvolto, lo spaccio di banconote false. Poi il colloquio si è spostato sui contenuti della nuova inchiesta. E l'indagine, che si basa, oltre che sulle intercettazioni, anche sulle dichiarazioni del fotografo Fabrizio Pensa sull'esistenza della diffusione di un "metodo Corona" in molte agenzie fotografiche milanesi, ha preso il volo.
Di Maio sta verificando la veridicità del racconto. Così come sta acquisendo informazioni su un altro possibile tentativo di estorsione: quello che riguarda il ministro della Giustizia Angelino Alfano, ritratto alle Maldive durante le ultime feste natalizie mentre prende il sole con i familiari. A tentare il colpaccio sono stati Max Scarfone e Maurizio Sorge, due dei paparazzi indagati a Milano. Il servizio è stato pubblicato senza foto da Oggi, che racconta anche di come i due fotografi abbiano tentato di eludere il servizio d'ordine ma siano stati respinti. Qualche scatto, però, sarebbe stato rubato comunque e sarebbe stato proposto a "Chi", che però non l'avrebbe pubblicato. Alle Maldive in quei giorni c'era anche il ministro Ignazio La Russa, che però smentisce di essere stato paparazzo e tanto meno di aver ricevuto richieste in denaro. Stessa precisazione arriva anche da fonti vicine al ministro Alfano: "Non ci risulta che siano in circolazione foto che ritraggono il guardasigilli in costume da bagno e non c'è stato alcun contatto con fotografi intenzionati a pubblicarle". Tra le vittime dei fotoricatti ci sarebbe anche Silvia Toffanin, ex letterina di Passaparola, e attuale compagna di Piersilvio Berlusconi. Per lei sarebbe stato pagato, anni fa, un compenso di 200mila euro. Anche in quel caso il servizio sarebbe stato proposto a "Chi?". La circostanza però non è stata ancora verificata del tutto dagli investigatori.
Insomma, al centro delle trattative ci sarebbe stato, in più di un'occasione, Signorini. Il potente direttore, in stretti rapporti con il premier Silvio Berlusconi, potrebbe essere sentito nei prossimi giorni, com'era già successo durante la prima tranche dell'inchiesta, quando depose davanti a Di Maio come persona informata dei fatti. Ieri s'era diffusa la voce che il pm lo avesse interrogato ma dalla procura è arrivata una secca smentita, così come è stato negata la sua iscrizione nel registro degli indagati. Di lui, però, hanno parlato a lungo i fotografi interrogati dal pm. L'avvocato Silvia De Luca, legale di Sorge, precisa però che il suo assistito "nega di aver accusato in alcun modo Signorini. E comunque Sorge si dichiara estraneo a questi ricatti, non avendo partecipato in alcun modo, non essendo nemmeno, nella maggior parte dei casi, l'autore delle foto, alle presunte estorsioni".
Tra le ipotesi al vaglio della procura c'è anche la possibilità che la Spy One, l'agenzia fotografica con la quale collabora, dall'inizio del 2009, Sorge, fosse collegata con Signorini attraverso il giornalista Gabriele Parpiglia, il suo collaboratore. Una circostanza, però, che Alan Fiordalmondo, titolare della Spy One, nega con decisione: "Tra noi e Parpiglia ci sono solo contatti professionali come ce ne sono con tanti altri giornalisti". Ieri, inoltre, si è appreso che nell'inchiesta c'è un quarto indagato: si chiama Massimiliano Fullin ed è il titolare del sito internet www.710games. com (che si occupa di giochi d'azzardo on line). L'uomo è appena stato assolto dal giudice per le indagini preliminari di Potenza nell'ambito dell'inchiesta sui vip del Pm John Woodcock. Nei giorni scorsi, inoltre, nell'ufficio di Maio si è presentato Fabrizio Corona per fornire alcune puntualizzazioni su uno dei venti episodi al centro della nuova inchiesta. Il re dei paparazzi, anche lui assolto a Potenza e assistito dall'avvocato Giuseppe Lucibello, era stato convocato anche per far luce su un altro episodio nel quale è coinvolto, lo spaccio di banconote false. Poi il colloquio si è spostato sui contenuti della nuova inchiesta. E l'indagine, che si basa, oltre che sulle intercettazioni, anche sulle dichiarazioni del fotografo Fabrizio Pensa sull'esistenza della diffusione di un "metodo Corona" in molte agenzie fotografiche milanesi, ha preso il volo.
E pensate che accadrà nulla?
Fonte Repubblica
Talpe Dda, Cuffaro condannato a 7 anni in appello
"L'ex governatore ha favorito Cosa Nostra"
PALERMO - L'ex governatore siciliano Salvatore Cuffaro, ora senatore dell'Udc, è stato condannato, in appello, a sette anni di reclusione per favoreggiamento aggravato dall'avere agevolato Cosa nostra e rivelazione di segreto istruttorio. In primo grado i giudici avevano escluso la sussistenza dell'aggravante mafiosa e avevano condannato il politico a cinque anni di reclusione. Il processo è stato celebrato davanti la terza sezione della corte d'appello di Palermo. Lasciando subito dopo l'aula bunker del carcere Pagliarelli, Cuffaro ha detto ai cronisti: ""So di non essere mafioso, so di non avere mai favorito la mafia. Ma questo non vuol dire che non si debbano rispettare le sentenze. Le sentenze sono espresse dalle istituzioni e vanno comunque accettate. Ne sento la pesantezza come cittadino e questo non modifica il mio percorso politico".
La terza sezione ha riformato le pene inflitte all'ex manager della sanità privata Michele Aiello, condannato a 15 anni e 6 mesi contro i 14 del primo grado per associazione mafiosa e ha modificato in concorso esterno all' associazione mafiosa l'accusa di favoreggiamento contestata all'ex maresciallo del Ros Giorgio Riolo, condannandolo a 8 anni di carcere. In primo grado Riolo aveva avuto 7 anni. La Corte ha dichiarato prescritto il reato contestato ad Adriana La Barbera per morte dell'imputata. 'Da quanto emerge dal dispositivo le nostre richieste sono state tutte accolte" commenta il pg Daniela Giglio.
La terza sezione ha riformato le pene inflitte all'ex manager della sanità privata Michele Aiello, condannato a 15 anni e 6 mesi contro i 14 del primo grado per associazione mafiosa e ha modificato in concorso esterno all' associazione mafiosa l'accusa di favoreggiamento contestata all'ex maresciallo del Ros Giorgio Riolo, condannandolo a 8 anni di carcere. In primo grado Riolo aveva avuto 7 anni. La Corte ha dichiarato prescritto il reato contestato ad Adriana La Barbera per morte dell'imputata. 'Da quanto emerge dal dispositivo le nostre richieste sono state tutte accolte" commenta il pg Daniela Giglio.
venerdì, gennaio 22, 2010
Casi creati ad arte
Un partito xenofobo come la Lega Nord che fa dire cose incredibili ai suoi membri che restano senza conseguenze, si offende per un annuncio che è nei diritti sacrosanti di chi lo pone. Sono libero di non volere un militante politico in casa mia. E il corriere gli viene dietro con un articolone.
Fonte corriere
«Cerco coinquilino, purché non leghista»
Annuncio di tre studenti vicino alla facoltà di Lettere: offrono alloggio ma niente militanti del Carroccio
PADOVA - Affittuario cercasi, purché non leghista: dopo meridionali e immigrati è ora il popolo del Carroccio a fare i conti con le «discriminazioni immobiliari». Da qualche giorno a Padova sul muro della sede del Consiglio di quartiere 1 - come riporta il Gazzettino - vicino alla facoltà di Lettere è stato apposto un cartello che offre ad uno studente «una stanza singola in un appartamento misto» dotata di ogni comfort, lavastoviglie e parcheggio sotto casa compresi, a patto che questi non sia un leghista.
«No Lega!!!» recita testualmente il cartello, sotto l’indicazione telefonica dei tre studenti pronti ad offrire l’alloggio. Ed è proprio uno degli inquilini a spiegare le ragioni dell’ostracismo nei confronti del partito di Umberto Bossi: «Diciamo che è un po' una provocazione - dice la studentessa - ma nel nostro appartamento abitano due ragazzi pugliesi, quindi, si può ben capire». «Naturalmente una convivenza è sempre possibile - si affretta ad aggiungere - noi non discriminiamo nessuno».
La rezione del Carroccio - L’iniziativa non è piaciuta al segretario provinciale padovano della Lega, Maurizio Conte, che sottolinea il clima di intolleranza nei confronti del Carroccio che a suo dire si respira da anni nell’ateneo. «Non mi sento di puntare il dito contro questi ragazzi - commenta - non mi stupisco però che una cosa del genere possa arrivare dal mondo dell’Università».
Botta e risposta - «Le accuse di intolleranza rivolte dal segretario provinciale del Carroccio, Maurizio Conte, agli studenti e ai docenti universitari padovani mi sembrano francamente una esagerazione frutto del pregiudizio e di una campagna elettorale che la Lega vuole esasperare nei torni e nei contenuti». Così Paolo Giacon, consigliere provinciale e responsabile regionale università del Pd del Veneto, in merito ai commenti sull’avviso affisso da alcuni studenti per offrire una stanza in affitto ma non a un leghista. «Questa volta la Lega Nord ha proprio sbagliato bersaglio - prosegue il democratico - e mi dispiace che Conte non sia orgoglioso del nostro Ateneo e non ne riconosca la storia, il prestigio, l’impegno per la libertà e soprattutto la sua costante attenzione verso il pluralismo ed il confronto. Le sue accuse ingenerose ed ingiustificate offendono tutti i padovani ed in questo modo l’esponente leghista rischia di essere pesantemente penalizzato nella prossima corsa alle regionali». Giacon ricorda poi che «La libertà ed il pluralismo sono un valore per gli atenei del Veneto, come dimostrano gli ospiti di ogni colore politico che hanno sempre arricchito convegni e spazi di confronto e dibattito». «Sulla vicenda del "No leghisti" nell’avviso studentesco - conclude Giacon - cercherei di non confondere il contesto universitario, per definizione plurale ed aperto, con le iniziative di un privato cittadino fuori dal contesto accademico. Il rischio quello di prendere granchi colossali, proprio come fa Conte sulla stampa».
Il giornalismo investigativo delle Iene
Beckham non è un genio, ma da qui a trattarlo come un pezzo di carne ce ne passa. E basta col considerare le Iene esempio di giornalismo investigativo.
IL CORPO DEL REATO
Massimo Gramellini per La Stampa
La Iena televisiva Elena Di Cioccio ha abbordato il calciatore Beckham in un locale di Milano e, munita di guanti di resina, gli ha tastato il pacco, estremità compresa, inseguendo poi il malcapitato al grido di «è piccolo, è piccolo!».
Le immagini suscitano un sorriso automatico, come il movimento del ginocchio colpito dal martelletto del medico. C'è del sadismo, in quella scena. C'è lo sberleffo nei confronti del ricco bello & famoso. E c'è il brivido del proibito (il palpamento dei genitali maschili da parte di una donna era uno degli ultimi tabù sopravvissuti).
Insomma, c'è la televisione come siamo stati abituati a conoscerla in questi anni: un meccanismo infernale e infantile dove anche i programmi di buona qualità e di qualche pretesa, come «Le Iene», per catturare l'attenzione di un pubblico sempre più intontito devono colpirgli, ormai non solo metaforicamente, le parti basse.
Eviterò di fare il moralista, ribaltando la scena: come avremmo reagito se una Iena-maschio avesse palpato il seno della moglie di Bechkam gridandole «è piccolo, è piccolo»? Ed eviterò di fare il penalista, rammentando che la molestia sessuale rimane un reato, anche se compiuta nei confronti di una persona nota, persino di una persona nota che ha posato per la pubblicità di una marca di intimo.
Non posso invece evitare di fare il femminista: era dunque questa la parità per cui ci siamo battuti, una parità al ribasso che consenta alle donne di trattare in pubblico il corpo degli uomini con lo stesso disprezzo con cui gli uomini trattano quello delle donne?
L'ultima cazzata radicale.
Se ne sentiva il bisogno. L'Italia merita di essere nella situazione in cui essa si trova. Non è possibile suicidarsi regoralmente. Brass è una persona estremamente preparata ed era un grande regista prima di vendersi al mercato mostrando un po' di pelo. Oggi il caravanserraglio radicale non manca di far parlare di sé. Nel peggiore di modi, quello più sciocco.
(ANSA) - 'I radicali mi hanno chiesto di candidarmi come nome di prestigio nelle liste Bonino-Pannella. Ho accettato. Mi presentero' nel Lazio e nel Veneto'. Tinto Brass ha dato la notizia ai microfoni del programma di radio2 'Un giorno da pecora' precisando che il suo programma avra' un solo punto: Eros e' liberazione'. Nessuna previsione sulle sue possibilita' di essere eletto, ma una certezza: 'Sicuramente - ha detto - portero' dei voti alla lista Bonino-Pannella'.
Tra l'altro, ha ricordato il regista, 'non e' la prima volta che mi candido con i radicali. Qualche anno fa mi candidai con il mio nome di battesimo Giuseppe Brass, nessuno mi riconobbe. Questa volta mi posso candidare con il mio nome d'arte Tinto Brass. Portero' tanti voti'. Interrogato dai due conduttori, Claudio Sabelli Fioretti e Giorgio Lauro sui temi caldi della politica Brass evita di entrare nelle polemiche sul processo breve ('non mi interessa, non ho processi in corso'), ma non in quelle riguardanti il body scanner: 'sono contrario' ha detto, 'aprendo' pero' ad una stretta sulla sicurezza negli aeroporti solo 'se io fossi uno degli addetti ai controlli'.
...e certo, meglio parlare di tette e culi invece dei problemi del Paese, vero?
(ANSA) - 'I radicali mi hanno chiesto di candidarmi come nome di prestigio nelle liste Bonino-Pannella. Ho accettato. Mi presentero' nel Lazio e nel Veneto'. Tinto Brass ha dato la notizia ai microfoni del programma di radio2 'Un giorno da pecora' precisando che il suo programma avra' un solo punto: Eros e' liberazione'. Nessuna previsione sulle sue possibilita' di essere eletto, ma una certezza: 'Sicuramente - ha detto - portero' dei voti alla lista Bonino-Pannella'.
Tra l'altro, ha ricordato il regista, 'non e' la prima volta che mi candido con i radicali. Qualche anno fa mi candidai con il mio nome di battesimo Giuseppe Brass, nessuno mi riconobbe. Questa volta mi posso candidare con il mio nome d'arte Tinto Brass. Portero' tanti voti'. Interrogato dai due conduttori, Claudio Sabelli Fioretti e Giorgio Lauro sui temi caldi della politica Brass evita di entrare nelle polemiche sul processo breve ('non mi interessa, non ho processi in corso'), ma non in quelle riguardanti il body scanner: 'sono contrario' ha detto, 'aprendo' pero' ad una stretta sulla sicurezza negli aeroporti solo 'se io fossi uno degli addetti ai controlli'.
...e certo, meglio parlare di tette e culi invece dei problemi del Paese, vero?
Danni d'immagine
Adesso, io mi chiedo. La Fiat è una società quotata in borsa che dovrebbe avere una sua immagine seria. È possibile che se il responsabile marketing della compagnia dovesse costituire un pregiudizio all'azienda medesima con i suoi comportamenti non accada nulla? Ci raccontiamo balle sui nostri industriali che si formano negli USA e nelle belle scuole del mondo intero, ma nei paesi seri se lo scandalo di cui pure sembra essere stato vittima Elkann, accadesse, gli si chiederebbe di allontanarsi per il bene dell'azienda e difficilmente gli verrebbe concesso di rivestire un ruolo dirigenziale. Oppure no? È ancora responsabile del brand del gruppo FIAT? Ci sono cose che da dirigente di una grossa impresa non si possono fare. Almeno fino a quando non ti beccano. Ma questo accade nei paesi seri. Non in Italia.
Fonte Corriere
Il 'foto-ricatto' da 300mila euro al centro della nuova inchiesta milanese su Vallettopoli sarebbe stato compiuto ai danni di Lapo Elkann e riguarderebbe fotografie compromettenti. È quanto si è appreso al Palazzo di giustizia a proposito degli interrogatori che si sono svolti in procura a Milano nei giorni scorsi, nell'ambito delle indagini coordinate dal pm Frank Di Maio.
Il 'foto-ricatto' ai danni di Elkann, a quanto si è appreso, riguarderebbe fotografie scattate dopo l'episodio del ricovero per overdose che risale al 2005. Il nome di Elkann era già comparso quale vittima di una tentata estorsione da parte di Fabrizio Corona, in relazione all'episodio della serata trascorsa con un transessuale e conclusasi con l'overdose. Per quell'imputazione, però, Corona, condannato a tre anni e otto mesi nel primo filone dell'inchiesta, è stato prosciolto. Intanto, nell'ambito delle indagini, i magistrati starebbero ascoltando Alfonso Signorini.
QUARTO INDAGATO - Nella nuova inchiesta milanese sui "foto-ricatti" ai danni di personaggi noti del mondo dello spettacolo e della politica c'è un quarto indagato: è l'imprenditore veneziano Massimiliano Fullin. Il suo nome si aggiunge nel registro degli indagati dell'indagine coordinata dal pm Frank Di Maio a quello dei fotografi Max Scarfone e Maurizio Sorge e della titolare dell'agenzia fotografica Photo Masi, Carmen Masi.
Fullin, che si occupa di organizzazione di eventi e di pubbliche relazioni, è stato prosciolto nei giorni scorsi dal gup di Potenza nell'ambito dell'inchiesta "Vallettopoli": era accusato di favoreggiamento personale e ai tempi dell'indagine erano emerse alcune intercettazioni di colloqui tra lui e Fabrizio Corona.
VENTI EPISODI - Nell'inchiesta milanese dunque ci sono al momento quattro persone indagate, ma è al vaglio la posizione di altri. Negli interrogatori dei giorni scorsi sono stati analizzati alcuni dei venti episodi al centro dell'inchiesta e sarebbe emerso anche il nome del direttore di Chi Alfonso Signorini.
All'attenzione degli inquirenti ci sono anche casi di fotografie scattate a Roma, ma le trattative per il ritiro sono comunque avvenute tutte a Milano. Giovedì in Procura si è presentato nuovamente Fabrizio Corona per chiarire alcuni dettagli, ma non è indagato in questo nuovo filone.
Fonte Corriere
Il 'foto-ricatto' da 300mila euro al centro della nuova inchiesta milanese su Vallettopoli sarebbe stato compiuto ai danni di Lapo Elkann e riguarderebbe fotografie compromettenti. È quanto si è appreso al Palazzo di giustizia a proposito degli interrogatori che si sono svolti in procura a Milano nei giorni scorsi, nell'ambito delle indagini coordinate dal pm Frank Di Maio.
Il 'foto-ricatto' ai danni di Elkann, a quanto si è appreso, riguarderebbe fotografie scattate dopo l'episodio del ricovero per overdose che risale al 2005. Il nome di Elkann era già comparso quale vittima di una tentata estorsione da parte di Fabrizio Corona, in relazione all'episodio della serata trascorsa con un transessuale e conclusasi con l'overdose. Per quell'imputazione, però, Corona, condannato a tre anni e otto mesi nel primo filone dell'inchiesta, è stato prosciolto. Intanto, nell'ambito delle indagini, i magistrati starebbero ascoltando Alfonso Signorini.
QUARTO INDAGATO - Nella nuova inchiesta milanese sui "foto-ricatti" ai danni di personaggi noti del mondo dello spettacolo e della politica c'è un quarto indagato: è l'imprenditore veneziano Massimiliano Fullin. Il suo nome si aggiunge nel registro degli indagati dell'indagine coordinata dal pm Frank Di Maio a quello dei fotografi Max Scarfone e Maurizio Sorge e della titolare dell'agenzia fotografica Photo Masi, Carmen Masi.
Fullin, che si occupa di organizzazione di eventi e di pubbliche relazioni, è stato prosciolto nei giorni scorsi dal gup di Potenza nell'ambito dell'inchiesta "Vallettopoli": era accusato di favoreggiamento personale e ai tempi dell'indagine erano emerse alcune intercettazioni di colloqui tra lui e Fabrizio Corona.
VENTI EPISODI - Nell'inchiesta milanese dunque ci sono al momento quattro persone indagate, ma è al vaglio la posizione di altri. Negli interrogatori dei giorni scorsi sono stati analizzati alcuni dei venti episodi al centro dell'inchiesta e sarebbe emerso anche il nome del direttore di Chi Alfonso Signorini.
All'attenzione degli inquirenti ci sono anche casi di fotografie scattate a Roma, ma le trattative per il ritiro sono comunque avvenute tutte a Milano. Giovedì in Procura si è presentato nuovamente Fabrizio Corona per chiarire alcuni dettagli, ma non è indagato in questo nuovo filone.
Trampa! Trampa!
El lobo que aparecía saltando una valla en la imagen premiada de José Luis Rodríguez puede ser “un animal modelo”, por lo que el Museo de Historia Natural de Londres y la revista de naturaleza de la BBC han resuelto desposeer al fotógrafo abulense del premio Veolia que le habían otorgado.
Signorini mediatore????
Accipicchia lo scrive Repubblica.
Coinvolti politici e vip. Sotto esame le trattative di Signorini. Secondo due testi, dietro al business c'era una cabina di regia
Fotoricatti, venti casi sospetti
una vittima pagò 300 mila euro
di DAVIDE CARLUCCI e EMILIO RANDACIO
MILANO - Venti casi sospetti. Fotografie talmente imbarazzanti da spingere le vittime dell'appostamento a sborsare fino a 300 mila euro per ritirarle dal mercato. Ci sono anche i nomi di due politici di primo piano, ma soprattutto di personaggi del jet set milanese e romano, tra le presunte vittime di agenzie fotografiche, su cui da pochi giorni il pm di Milano, Frank Di Maio, sta indagando. Uno scenario inquietante, con una costante. Nei rapporti con le agenzie, un ruolo centrale nelle mediazioni lo ha svolto Alfonso Signorini, il potente direttore del settimanale della Mondadori "Chi", tenuto in alta considerazione anche dal Cavaliere.
Lo hanno voluto mettere a verbale mercoledì pomeriggio, due dei fotografi ascoltati come indagati del reato di estorsione in questa vicenda. Signorini, secondo la loro ricostruzione alla procura, avrebbe potuto scegliere cosa pubblicare (come d'altronde prevede il suo ruolo di direttore), le foto da fare sparire rapidamente, ma anche decidere il destino di un'agenzia fotografica che non voleva sottostare ai suoi diktat. Ombre e sospetti, che descrivono una sorta di cabina di regia capace di orientare un intero settore dell'informazione. Al momento questa è un'ipotesi, non si può escludere che presto possa toccare anche a lui spiegare quali scelte editoriali lo spingessero a stroncare un servizio, a spingerne un altro o magari a contattare direttamente gli interessati del servizio sconveniente.
Coincidenza vuole, però, che lo stesso schema si sia concretizzato l'estate scorsa, quando nel mirino finì l'allora governatore del Lazio, Piero Marrazzo. I tre carabinieri, poi arrestati per estorsione, si erano rivolti al fotografo Max Scarfone, sentito proprio 48 ore fa dal pm Di Maio. E Scarfone, coincidenza vuole, bussò alla porta di Signorini per provare a piazzare il video imbarazzante che coinvolge Marrazzo.
Per capire meglio come funziona questo mercato, è utile scorrere un verbale di due anni fa di uno dei collaboratori di Corona, "Bicio" Pensa. Il "business delle redazioni", lo definisce Pensa al magistrato di Potenza John Woodcock. È il 6 giugno del 2008, e questa ricostruzione è ora entrata nel fascicolo milanese per competenza territoriale. Poche settimane prima, Corona, secondo il ricordo vivo di Pensa, per fare solo un esempio, mette le mani su scatti che coinvolgono Simona Ventura in compagnia di un uomo. "Insomma il fotografo ha fatto le foto - ricorda l'episodio Pensa - alcune sono state messe su "Chi" ma effettivamente quelle che erano un attimino scandalose sono sparite". Il sospetto avanzato dal paparazzo è che quelle immagini siano state girate direttamente alla showgirl. Secondo il testimone, è Signorini a trattare direttamente con i vip. Con che ruolo, ora, lo cercherà di scoprire Di Maio.
Questo lo schema già emerso al momento dell'arresto di Corona. Con la figura centrale del paparazzo milanese e la sua agenzia. Ora, l'indagine che si allarga anche alle altre società con nuovi dati concreti. L'incipit arrivato alla procura di Milano è stato del tutto casuale. In parte alcuni verbali di Potenza, ma anche intercettazioni di oltre un anno fa, emerse da un'inchiesta su un giro di coca nella Milano bene. Nelle mani del magistrato, da ieri, sono finiti anche i primi servizi imbarazzanti venduti a settimanali, ma mai pubblicati, come quelli che hanno riguardato il regista Leonardo Pieraccioni e il finanziere Stefano Ricucci. Nomi e cognomi degli autori e delle vittime della paparazzata. Un bel rompicapo su cui magistratura e carabinieri cercano di mettere ordine per capire cosa si nasconda effettivamente, oltre a un mix di potere e denaro.
Lo hanno voluto mettere a verbale mercoledì pomeriggio, due dei fotografi ascoltati come indagati del reato di estorsione in questa vicenda. Signorini, secondo la loro ricostruzione alla procura, avrebbe potuto scegliere cosa pubblicare (come d'altronde prevede il suo ruolo di direttore), le foto da fare sparire rapidamente, ma anche decidere il destino di un'agenzia fotografica che non voleva sottostare ai suoi diktat. Ombre e sospetti, che descrivono una sorta di cabina di regia capace di orientare un intero settore dell'informazione. Al momento questa è un'ipotesi, non si può escludere che presto possa toccare anche a lui spiegare quali scelte editoriali lo spingessero a stroncare un servizio, a spingerne un altro o magari a contattare direttamente gli interessati del servizio sconveniente.
Coincidenza vuole, però, che lo stesso schema si sia concretizzato l'estate scorsa, quando nel mirino finì l'allora governatore del Lazio, Piero Marrazzo. I tre carabinieri, poi arrestati per estorsione, si erano rivolti al fotografo Max Scarfone, sentito proprio 48 ore fa dal pm Di Maio. E Scarfone, coincidenza vuole, bussò alla porta di Signorini per provare a piazzare il video imbarazzante che coinvolge Marrazzo.
Per capire meglio come funziona questo mercato, è utile scorrere un verbale di due anni fa di uno dei collaboratori di Corona, "Bicio" Pensa. Il "business delle redazioni", lo definisce Pensa al magistrato di Potenza John Woodcock. È il 6 giugno del 2008, e questa ricostruzione è ora entrata nel fascicolo milanese per competenza territoriale. Poche settimane prima, Corona, secondo il ricordo vivo di Pensa, per fare solo un esempio, mette le mani su scatti che coinvolgono Simona Ventura in compagnia di un uomo. "Insomma il fotografo ha fatto le foto - ricorda l'episodio Pensa - alcune sono state messe su "Chi" ma effettivamente quelle che erano un attimino scandalose sono sparite". Il sospetto avanzato dal paparazzo è che quelle immagini siano state girate direttamente alla showgirl. Secondo il testimone, è Signorini a trattare direttamente con i vip. Con che ruolo, ora, lo cercherà di scoprire Di Maio.
Questo lo schema già emerso al momento dell'arresto di Corona. Con la figura centrale del paparazzo milanese e la sua agenzia. Ora, l'indagine che si allarga anche alle altre società con nuovi dati concreti. L'incipit arrivato alla procura di Milano è stato del tutto casuale. In parte alcuni verbali di Potenza, ma anche intercettazioni di oltre un anno fa, emerse da un'inchiesta su un giro di coca nella Milano bene. Nelle mani del magistrato, da ieri, sono finiti anche i primi servizi imbarazzanti venduti a settimanali, ma mai pubblicati, come quelli che hanno riguardato il regista Leonardo Pieraccioni e il finanziere Stefano Ricucci. Nomi e cognomi degli autori e delle vittime della paparazzata. Un bel rompicapo su cui magistratura e carabinieri cercano di mettere ordine per capire cosa si nasconda effettivamente, oltre a un mix di potere e denaro.
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