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Marina Berlusconi annuncia querele
«Fininvest, nessuna zona d'ombra»
La presidente del gruppo e figlia del premier: «La nostra azienda infangata da professionisti della diffamazione»
Marina Berlusconi (La Presse) |
«AFFERMAZIONI GRAVEMENTE DIFFAMATORIE» - Con riferimento alle affermazioni gravemente diffamatorie contenute in un articolo odierno di Repubblica in cui si insinua che il 20% di Mediaset appartenga alla mafia, Mediaset agirà giudizialmente contro gli autori dell'articolo e il direttore responsabile di Repubblica - rende noto un comunicato dell'azienda -. L'azione verrà effettuata a tutela dell'onore e della reputazione di una società quotata al cui capitale partecipano primari investitori istituzionali - nazionali e internazionali - e più di 200.000 risparmiatori italiani».
«IL 100% DELLA FININVEST APPARTIENE A NOI» - «Il 100% della Fininvest, come emerge incontrovertibilmente da tutti i documenti, appartiene alla nostra famiglia, a Silvio Berlusconi e ai suoi figli» spiega la figlia del premier e presidente della Fininvest riferendosi alla seconda puntata dell'inchiesta di Attilio Bolzoni e Giuseppe D'Avanzo. «Così è oggi e così è da sempre, non c'è mai stata una sola azione della Fininvest che non facesse capo alla famiglia Berlusconi -prosegue-. Anni e anni di indagini e perizie ordinate proprio dalla Procura di Palermo, durante i quali è stato rovistato in ogni angolo della nostra storia, si sono conclusi con l'unico possibile risultato, sottoscritto dal consulente della stessa Procura: nell'azionariato Fininvest non sono mai entrati una lira o un euro dall'esterno, non esistono zone d'ombra. Ma tutto questo per chi persegue un preciso disegno politico di annientamento non conta nulla. L'importante è mettere su, senza nessun appiglio minimamente credibile, una sconcertante operazione di killeraggio per la quale provo rabbia e disgusto. Abbiamo già dato mandato ai legali di Fininvest -conclude Marina Berlusconi- di procedere sia in sede penale sia in sede civile, con un'azione adeguata all'enormità della calunnia, nei confronti di Repubblica e dei signori Bolzoni e D'Avanzo».
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