domenica, luglio 16, 2006

Propaganda




Fra le varie stupidaggini che posto, segnalo una cosa seria. La guerra che sta insanguinando il medio oriente. Le colpe non stanno solo da una parte. Non è vero che Israele non abbia colpe. Il compito di un giornalista dovrebbe essere quello di spiegare che cosa succede senza prendere posizione. Senza timore di accusare i colpevoli. In Italia esiste un sito di pura propaganda sionista. Si chiama informazione corretta - www.informazionecorretta.com (il massimo). Purtroppo, nella desolante superficialità del giornalismo italiano questo sito ci sguazza. Posto un articolo sulla tragedia di Marwahin. Cosa sia Marwahin lo spiegherò in un altro post.

16.07.2006 Omissioni e invenzioni per demonizzare Israele
cronache scorette sui bombardamenti del Libano e sulla tragedia di Marwahin

Testata:La Stampa - La Repubblica
Autore: Giuseppe Zaccaria - la redazione
Titolo: «Come topi in trappola sotto il rombo dei jet - Obbedivano all´ordine di evacuazione così sono state distrutte due famiglie»



«Ancora una volta in trappola come topi...», berciava ieri mattina l’autista Hussein, continuando a cimentarsi in percorsi sterrati e facendo seguire a constatazioni in lingua inglese elaborati improperii in un purissimo arabo da angiporto. Qualsiasi linguaggio si voglia usare la realtà è questa, in pochi giorni la capitale mediorientale del disordine è ripiombata nell’isolamento e nelle psicosi di trent’anni.
Nello stesso tempo però è pronta a partorire le medesime disperate reazioni: se i bombardamenti non saranno fermati presto, davvero «questa campagna di distruzione si trasformerà in guerra aperta» come minaccia in televisione Hassan Nasrallah, capo del «partito di Dio».

Zaccaria dimentica che l'aggressione viene da Hezbollah, e dai suoi mandanti, e adotta acriticamente il medesimo linguaggio di Hezbollah

Il nuovo apartheid
L’altra sera il capo sciita scampato all’incursione dei «jet» ha detto alla sua televisione che il movimento hezbollah «è pronto alla guerra totale» annunciando che al largo di Beirut una nave israeliana stava bruciando colpita da un missile «Debka» di produzione iraniana. Ha detto «guardate l’orizzonte e vedrete le fiamme» e anche se le fiamme non si vedevano, ci crediate o no in quel momento esatto nei quartieri sciiti della capitale sono cominciati i festeggiamenti.
Qui stiamo parliamo di gente povera, affamata, arretrata, devastata, bombardata, isolata dal mondo ma come in ogni angolo del globo i disperati non hanno bisogno di vedere l’orizzonte, gli basta immaginarlo.

La rappresentazione della comunità sciita libanese fatta da Zaccaria è stereotipata, lontana dalla realtà e propagandistica: mira a suggerire una giustificazione per il sostegno all'aggressione di Hezbollah e una più forte condanna di Israele, che si accanisce sui "disperati della terra".

Ed ecco che nelle sentine di quel nuovo «apartheid» che i missili aria-terra stanno cercando di creare

che i missili aria-terra israeliani mirino a creare un "nuovo apartheid" è una pura invenzione di Zaccaria: i missili mirano a fermare l'aggressione di Hezbollah.
Zaccaria non è forse conoscenza dell'attacco in cui sono morti 8 soldati israeliani e due sono stati rapiti e della pioggia di razzi katiuscia su Israele?


si sono visti cortei di auto strombazzanti come da noi per la vittoria nel mondiale, donne velate che per le strade lanciavano la «zalhouta», l’urlo stridulo che incita all’azione, ragazzi e bambine trovavano momenti di contatto saltellando insieme come per celebrare chissà quale vittoria.
Israele continua a picchiare con bombardamenti di precisione che in luogo del bisturi adoperano il «machete» e forse la strage di ieri, quella delle due famiglie carbonizzate in un pullmino a Marwahin, segnerà il punto di svolta del conflitto. Le ali di Davide possono pure lanciare su Beirut volantini che raffigurano Nasrallah come un serpente cobra che inghiotte la nazione, però bisogna rendersi conto che in Libano la modernissima idea della «guerra chirurgica» sta subendo aggiornamenti quotidiani e terribili estensioni.
La «svolta democratica»
Qui per colpire gli hezbollah si sta annullando l’esistenza di un Paese intero, le vie di comunicazione sono interrotte, si bombardano porti e centrali elettriche, strade, ponti, minareti, impianti idrici e distributori del gas, bruciano depositi di carburante, la benzina diventa introvabile mentre nel Sud per raggiungere gli ammalati i medici devono guadare i fiumi. Morti e feriti civili non si contano più.

Zaccaria dimentica di scrivere che gli Hezbollah agiscono utilizzando la popolazione civile come "scudo", collocano deliberatamentei loro depositi di munizioni in quartieri densamente popolati.
Dimentica anche di dire che la prima preoccupazione di Israele è stata quella di ridurre la capacità di movimento e l'operatività di Hezbollah.
Per farlo si dovevano necessariamente colpire anche infrastrutture civili.

Forse si è ancora in tempo per fermare tutto questo. Nel frattempo i libanesi rimasti a Beirut si sentono nuovamente topi in trappola, per i più anziani è una sensazione conosciuta mentre per la brillante gioventù metropolitana (quella che l’anno scorso faceva gridare alla «svolta democratica mediorientale») la sensazione svela qualcosa di terribilmente nuovo.
Alle 9 del mattino la radio nazionale ha appena parlato di nuovi bombardamenti verso Sud, il porto di Tiro è sotto tiro, se così si può dire, proviamo ad andare a vedere. Attraversare Beirut oggi è come percorrere un quadro di De Chirico privato di muse, per almeno un quarto d’ora la strada costiera sembra territorio privato e a percorrerla c’è soltanto la nostra vettura, l’interprete a un certo punto dice: «Guarda, le navi israeliane...». Nella foschia dell’orizzonte si distinguono a malapena alcune sagome ed è impossibile distinguere le insegne. La difesa libanese non ha alcuna possibilità di contrastare la supertecnologia militare israeliana nè di controllare l’esercito hezbollah, fino all’assassinio dell’ex premier Rafik Hariri - primavera 2005 - il Libano investiva in banche e edilizia di lusso senza dare un soldo all’esercito, poi l’attentato ha cambiato le cose.
Venti chilometri più avanti ecco la risposta: il viadotto di Damour Nahmeh è saltato. Immaginate un’autostrada deserta dove a un certo momento un’auto arriva in controsenso lampeggiando disperatamente. Verso le cinque del mattino due aerei di Davide sono sbucati dal nulla e hanno fatto saltare tutto, in quel momento passava l’auto di un capitano dell’esercito libanese e adesso l’uomo è in rianimazione con le gambe amputate.
Arrivano i «jet»
Bisogna tentare strade alternative. Ce n’è una che a monte attraversa sobborghi sciiti e il percorso contiene qualcosa di istruttivo poichè dimostra che a Beirut i quartieri altoborghesi sono rinserrati e come morti mentre in quelli devastati, poveri e polverosi in qualche modo la vita continua, donne velate stendono panni alle finestre e gli uomini aspettano di vedere cosa accade mentre si preparano a vendere cara la pelle. Ci sono profughi che arrivano con bambini protetti dal sole con una calza in testa.
I pochi soldati libanesi dei posti di blocco tentano di spiegare che non si va avanti, a un incrocio un minuscolo blindato dell’esercito rassomiglia a quelli delle nostre armate durante la campagna d’Africa, passa un jet di Israele. Chi non si è mai sentito passare un «jet» sulla testa non sa cosa significhi quel terribile «uuuaurrghhh» che squassa timpani e cervello e ti schiaccia in terra. È qualcosa che annienta e carica assieme poichè se la paura passa poi ti rialzi con dentro una rabbia animale e se potessi farlo addenteresti gli aerei in volo. Se questa è la reazione di un ratto occidentale non è difficile immaginare quella dei topi sciiti che stanno perdendo casa, lavoro, famiglia e patria.
Nove bambini inceneriti
Proseguendo lungo il tratturo è facile accorgersi che l’aviazione israeliana ha distrutto anche i piccoli ponti delle strade secondarie, verso Sud i porti di Sidone e Tiro sono isolati e nessuno sarà in grado di documentare quanto accade, comprese le stragi di civili.

Qui Zaccaria propone un'ipotesi priva di fondamento: Israele avrebbe distrutto i ponti per impedire la documentazione delle stragi di civili che intende compiere.
Un giornalismo che non si basa sui fatti, ma sulla demonizzazione

A poca distanza dal porto di Tiro, un attacco missilisticio israeliano ha incenerito un pullmino di persone in fuga: diciotto morti, nove bambini.
Il ritorno nella capitale non riserva sorprese, ma verso le 8 di sera perfino nell’albergo che ha investitori israeliani arrivano impiegati che ti costringono a scendere al piano interrato per via di un indecifrabile «allarme». Questo articolo viene trasmesso da un rifugio traboccante di bambini e signore della Beirut bene e povere colf cingalesi. La situazione libanese rischia davvero di scappare di mano a tutti.

Con il titolo "Obbedivano all´ordine di evacuazione così sono state distrutte due famiglie" La REPUBBLICA dà notizia della tragedia di Marwahin. Evidente è l'intento di far apparire la strage un atto intenzionale di Israele, che prima dà ordini di evacuazione e poi uccide chi li rispetta.
Ma il quotidiano tace completamente un fatto cruciale, che riprendiamo dalla corretta cronaca di Davide Frattini:

I famigliari delle vittime hanno accusato anche l'Unifil, forza dell'Onu nel sud del Libano, per non aver accolto gli abitanti del villaggio. «Se li avessero fatti entrare subito nella base, non sarebbero mai morti», racconta Mohammed Oqla alla
Reuters. Qualche ora prima un centinaio di residenti si era rivolto ai caschi blu, ma erano stati respinti perché i funzionari Onu non avevano potuto trovare conferme all'avvertimento dell'esercito israeliano.


Ecco il testo di REPUBBLICA:



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TIRO - Scappavano dal villaggio di Marwahin, dalla zona calda del sud del Libano con un minubus e un altro mezzo. In 21 sono morti, bruciati vivi o dilaniati da un missile israeliano. Nove erano bambini, uno di questi stringeva tra le mani un pezzo di pane: così è stato trovato dai soccorritori, che si sono visti davanti una scena agghiacciante (foto sopra e a destra) Il bombardamento è avvenuto nel villaggio di Shamaa, a poca distanza da Tiro. Le vittime erano componenti di due famiglie. L´invito ad evacuare entro due ore Marwahin, considerato una base operativa di Hezbollah, era stato dato attraverso proprio dagli israeliani.

2 commenti:

Pentma ha detto...

Il grassetto non è mio mai di quelli di Informazione Corretta...

Pentma ha detto...

Ecco un altro esempio dei deliri di Informazionecorretta. Che poi deliri non sono perché vengono scientemente compiuti:
Risale al 24/6/2004

Cosa faceva Francesca Fraccaroli, inviata dalla radio del Sole 24 ore il 24 giugno mattina sulla spiaggia di Gaza ? Guardava i pescatori palestinesi raccolgliere granchi e gamberi, come ci ha riferito nel giornale radio delle ore 7 del mattino (ora italiana, ore 8 a Gaza). Ci ha raccontato che per via dell'occupazione israeliana i pescatori non possino spingersi più in là di 4-5 km. e che la pesca, che un tempo era il 10% del PIL del'economia palestinese oggi è sceso quasi a zero, sempre per via dell'occupazione israeliana.
No, gentile Fraccaroli, o lei non conosce la storia e allora è meglio che si informi oppure ciurla nel manico. Se i palestinesi hanno, da quando è ripresa l'Intifada, difficoltà ad esportare il loro pesce in Israele, la colpa non è degli israeliani e dei loro posti di blocco, ma del terrorismo palestinese che i suddetti posto di blocco deve fermare. Se tutta l'economia palestinese, ma anche quella israeliana, non è in buone condizioni se ne deve rendere merito ad Arafat, Hamas, Brigate al-Aqsa e Co. che invece delle trattative hanno preferito le stragi di innocenti israeliani.
Gentile dott.Elia Zamboni, lei è il direttore della radio del Sole 24 Ore. Ha sentito il reportage della sua inviata Fraccaroli ? Le sembra un resoconto equilibrato ? Possibile che il "Tramballismo" del Sole24Ore cartaceo sia arrivato sino alla radio ? Non le chiediamo di essere a favore di niente e di nessuno. Meno che mai di Israele. Ma controllare il livello di informazione dei suoi collaboratori sì.