venerdì, dicembre 03, 2010

Riottoso

Fonte: Dagospia

Paolo Bracalini per "il Giornale"
RIOTTA
Una meravigliosa suite all'Hotel d'Inghilterra, uno dei più prestigiosi e cari alberghi di Roma, una residenza categoria luxury che sorge in una palazzo del XVII secolo, tra piazza di Spagna e Montecitorio, appartenuto ai principi di Torlonia. Per due mesi e mezzo ospite lì, il conto totale a Viale Mazzini: 50mila euro circa, 650 euro a notte.
L'ospite però era di quelli illustri, l'allora neodirettore del Tg1 Gianni Riotta, appena nominato in epoca governo Prodi (settembre 2006) per sostituire Clemente J. Mimun, di area berlusconiana e quindi da epurare. Un gran bel soggiorno romano, ma il primo giornalista del primo telegiornale italiano merita questo ed altri benefit. Veramente un touch of excellence, come recita l'home page dell'hotel, in perfetto american-riottiano, con alle spalle 160 years of hosting royalty, celebrities and international travellers, insomma famiglie reali e Vip di tutto il mondo, come il direttore del Sole 24Ore Gianni Riotta.
MAURO MASI INGRID NUCCITELLI
L'incartamento Riotta, con le copie delle fatture spese per il soggiorno cinque stelle del predecessore di Minzolini, è piombato qualche giorno fa nell'aula della Vigilanza Rai. Si doveva discutere l'atto di accusa all'attuale direttore del Tg1 Augusto Minzolini, per aver speso in un anno 66mila euro con la carta di credito aziendale, e chiedere spiegazioni a Masi, torchiandolo a dovere.
Un esborso prontamente denunciato dall'opposizione, fortissima e trasversale (finiani in prima linea), al direttore troppo berluscones del Tg1, con conseguente indignazione pubblica e articoli di giornale. Peccato che c'era quel precedente, di cui ci si è ricordati al momento giusto, che riguarda un direttore chiamato dal centrosinistra al Tg1 e considerato, al contrario di Minzolini, un campione di correttezza e responsabilità istituzionale.
ROMANO PRODI
L'audizione di Masi in Vigilanza, davanti ai membri d'opposizione caricati a molla sulle spese di Minzolini, sembrava dover essere una prova del fuoco a tutti gli effetti. Bastava leggere i comunicati del Pd per inquadrare il clima, paraculismi da uomo qualunque tipo: «Mentre l'Italia reale fa i sacrifici e soffre non è sopportabile che qualcuno, come Minzolini, offra così tante colazioni da spendere in un solo mese l'equivalente dello stipendio di quattro lavoratori dell'industria», cioè 5.500 euro al mese sulla carta aziendale.

Non sapevano, però, che Masi aveva l'asso nella manica: copia delle fatture emesse per il soggiorno in hotel di un «altro direttore» (Masi non ha voluto specificare il nome davanti alla Vigilanza), che altri non era se non Gianni Riotta, un americano a Roma. Neppure potevano sapere che le spese del direttore moderato e anglofono del Tg1 erano state non di 5.500, ma di quasi 20mila euro al mese. Pari a quante volte lo stipendio di un lavoratore dell'industria? Chiedere al Pd.
AUGUSTO MINZOLINI
Certo, il trasferimento a Roma, in seguito alla nomina, giustifica perfettamente un periodo in hotel, e a carico dell'azienda, non certo del giornalista. Ma ciò che fa storcere il naso a qualcuno è il tipo di sistemazione scelta e i costi da emirato arabo.
«È una cosa vergognosa - erompe Alessio Butti, capogruppo Pdl in Vigilanza Rai e autore di una mozione al Senato sull'egemonia della sinistra in Rai -. Soprattutto mi colpisce il doppiopesismo del centrosinistra che appena può attacca i giornalisti di centrodestra ma poi tace su faziosità e spese allegre di quelli amici. Noi sapevamo di quei 50mila euro per l'hotel a Riotta, ma non abbiamo voluto infierire. Però è giusto che si sappia».
Nelle spese dell'ex direttore del Tg1 risulterebbero anche dei viaggi, a cavallo di Capodanno, in Sicilia (Riotta è nato a Palermo) e a New York. Tutte presentate come «trasferte», anche qui con costi notevoli. Ma non è una grande novità, né qualcosa che distingue Riotta. Le spese per il personale a Viale Mazzini sono sempre state una voce abnorme del bilancio.
Tant'è che si sta cercando in tutti i modi di contenerle, con un regime di austerity. Negli ultimi giorni il direttore generale ha preso le forbici per liofilizzare le uscite, a partire dai cellulari aziendali dei dirigenti, invitati - come si legge in una circolare aziendale scoperta dal Velino - a ridurre la spesa «in misura non inferiore al 20 per cento quanto a consumi riferiti complessivamente alla telefonia fissa e mobile». Meno telefonate. Soprattutto quelle da e verso i luxury hotel.

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