lunedì, dicembre 13, 2010

Truffa a danno di un Paese

I conti segreti dell’Inps
Così caleranno le pensioni

Nel 2037 ai dipendenti il 47% del reddito, agli artigiani il 43

Le proiezioni sulla previdenza
I conti segreti dell’Inps
Così caleranno le pensioni
Nel 2037 ai dipendenti il 47% del reddito, agli artigiani il 43
Il commissario straordinario dell'Inps, Antonio 
Mastrapasqua  (Imago)
Il commissario straordinario dell'Inps, Antonio Mastrapasqua (Imago)
ROMA
— Pensioni sempre più basse in rapporto ai redditi da lavoro e bilanci in peggioramento a causa dell’invecchiamento della popolazione. La «verifica tecnico-attuariale» con le stime fino al 2037 è contenuta in una quarantina di dossier che fotografano l’evoluzione delle pensioni di ciascuna categoria, accompagnati da una relazione generale: documenti licenziati lo scorso settembre ma finora non divulgati dall’Inps. Decisa dal commissario straordinario, Antonio Mastrapasqua, anche in seguito al decreto del ministro del Lavoro che aveva disposto un esercizio analogo per le casse privatizzate, la verifica mostra come il sistema di calcolo contributivo ( pensioni commisurate ai contributi versati in tutta la vita lavorativa) cominci a mordere, riducendo l’importo degli assegni. Un effetto che proseguirà anche dopo il 2037, se si tiene conto che solo verso il 2050 l’Inps non pagherà più pensioni calcolate col più vantaggioso metodo retributivo.
Nonostante ciò, l’invecchiamento della società metterà a dura prova i conti, determinando un peggioramento dei bilanci d’esercizio e degli stati patrimoniali. Va detto però che le ultime riforme decise lo scorso luglio — la «finestra mobile», che ritarda il pensionamento di un anno rispetto alla maturazione dei requisiti, e l’adeguamento dell’età pensionabile alla speranza di vita a partire dal 2015 — non sono calcolate in questi bilanci tecnici, che sono fatti con le norme vigenti al primo gennaio 2009. Semmai, i dati che emergono dimostrano ancora di più come fosse necessario decidere appunto un ulteriore aumento dell’età di pensionamento. Resta invece da risolvere il problema della sostenibilità sociale del sistema, cioè dell’adeguatezza delle pensioni rispetto al precedente tenore di vita. La soluzione della previdenza integrativa appare ancora insufficiente.
Lavoratori dipendenti in rosso dal 2014
Il grado di copertura delle pensioni dei lavoratori dipendenti passerà dall’attuale 52% della retribuzione (54% considerando anche le «gestioni separate» di elettrici, telefonici, trasporti, dirigenti d’azienda) al 54% nel 2015 per poi scendere fino al 46% nel 2037. L’iniziale aumento delle pensioni medie in rapporto alle retribuzioni medie è dovuto al fatto che nei prossimi anni si ritirerà dal lavoro la generazione del baby boom con una robusta vita lavorativa alle spalle e con l’assegno in buona parte ancora calcolato col retributivo. Inoltre, va considerato che se si guarda alle sole pensioni di vecchiaia e anzianità, escludendo cioè quelle di invalidità e reversibilità che sono più povere, il grado di copertura è maggiore: si passa infatti dal 62,5% attuale al 51,5% del 2037, comunque con una perdita di 11 punti. Il bilancio di esercizio del fondo lavoratori dipendenti è previsto in attivo fino al 2013, «ma tale tendenza si invertirà rapidamente già a partire dal 2014», con un rosso di 311 milioni che salirà esponenzialmente fino a toccare 61,6 miliardi nel 2037. «Conseguentemente la situazione patrimoniale netta peggiora», passando da un disavanzo di 117 miliardi a ben 702 miliardi nel 2037. Incidono negativamente i pesanti passivi delle «gestioni separate». Per i prossimi anni a compensare la situazione ci penserà il forte attivo della gestione «prestazioni temporanee», cioè i contributi che affluiscono per far fronte ad assegni familiari, cassa integrazione, disoccupazione, malattia e la maternità. Qui però le previsioni non vanno oltre il 2017, con un attivo di 8 miliardi. Dopo non basterà più e si può solo sperare negli effetti dell’ultima riforma, quella di luglio appunto, che però debbono ancora essere misurati.
Artigiani, deficit senza fine
Nel 2010 un artigiano va in pensione in media con la metà di quanto guadagna lavorando: circa 10 mila euro contro 20 mila. Il grado di copertura salirà fino al 53% nel 2018, anche qui per effetto delle robuste pensioni retributive, per poi scendere fino al 43% nel 2037. Come per gli altri fondi, le medie nascondo situazioni diverse. Se si considerano per esempio le sole pensioni di anzianità, che sono le più ricche, il grado di copertura varia dal 73% attuale al 62% del 2037. Passando ai conti, dalle proiezioni di bilancio «emerge un quadro molto sconfortante», dice la relazione dell’Inps. «La situazione patrimoniale della gestione peggiora di oltre 24 volte nel corso dei trenta anni considerati (nel 2037 il disavanzo sarà di 334 miliardi, ndr.). Il risultato economico passa da una perdita di poco più di 3 miliardi e mezzo fino a diventare quasi 5 volte maggiore nel 2037 (15,5 miliardi)».
Il disavanzo dei commercianti
La situazione è analoga a quella degli artigiani. Il grado di copertura delle pensioni, che attualmente è del 46% in media (cioè considerando insieme le prestazioni di vecchiaia, anzianità, invalidità e reversibilità) salirà fino al 52% nel 2017 per poi scendere fino al 44% nel 2037: 21 mila euro contro 48 mila di reddito da lavoro. Il peggioramento nel rapporto tra lavoratori attivi e pensionati, comune a tutti i fondi, si scaricherà pure sui conti di questa gestione, anche se bisogna ripetere che la situazione migliorerà per effetto, ancora non calcolato, della riforma dello scorso luglio che aumenta progressivamente l’età di pensionamento. Le previsioni dell’Inps, al netto di questo effetto, dicono comunque che «lo squilibrio annuale tra entrate ed uscite della gestione appare destinato a crescere». Il risultato d’esercizio passerà da un deficit di 841 milioni a uno di 8,7 miliardi nel 2037. Di conseguenza lo stato patrimoniale andrà in rosso dal 2014 e peggiorerà fino a raggiungere 127,5 miliardi nel 2037.
Parasubordinati, pensioni da fame
È uno dei dossier più delicati. Qui le stime dicono addirittura che nel 2037 la pensione media sarebbe pari al 14% della retribuzione. Ma si tratta di un dato poco significativo, perché tiene insieme tutto. Bisogna infatti considerare che nella gestione dei parasubordinati bastano 5 anni di contributi per maturare una pensione, fosse anche di pochi euro al mese. Si tratta cioè di un calcolo teorico che non distingue tra contribuenti esclusivi e chi ha un lavoro ma versa anche in questa gestione per consulenze o prestazioni accessorie alla sua occupazione principale. Insomma, per farsi un’idea di quale sarà la pensione di un precario tipo, uno che cambia più volte lavoro con numerosi intervalli di disoccupazione, meglio rifarsi ai vari centri di ricerca che stimano un grado di copertura fra il 36 e il 50-55%. Molto più interessante, invece, la parte sui conti. Nato nel ’96, il fondo per i lavoratori atipici è vissuto finora e lo farà ancora a lungo quasi esclusivamente delle entrate contributive. Solo dal 2031 verranno pagate pensioni con 35 anni di contributi. Per questo la gestione vede attivi crescenti. Quello d’esercizio dagli attuali 8 ai 17,6 miliardi del 2037 mentre quello patrimoniale salirà fino a 438 miliardi. Questi attivi sosterranno ancora a lungo i conti Inps. Anche se, si sottolinea, «la dinamica dei saldi, per quanto cospicui e in sistematica crescita, non è mai sufficiente ad assorbire l’enorme deficit creato dalle tre gestioni speciali dei lavoratori autonomi»: artigiani, commercianti e coltivatori diretti. Sarà sufficiente l’ultima stretta? La domanda viene spontanea leggendo i dati complessivi. Il bilancio dell’insieme delle gestioni Inps andrà in rosso dal 2015 per 41 milioni, che saliranno a 2,5 miliardi nel 2017, dove si fermano queste stime. Il patrimonio netto resterà in attivo per una quarantina di miliardi all’anno fino al 2017 grazie all’avanzo di 200 miliardi l’anno delle prestazioni temporanee e di altri 130 miliardi della gestione parasubordinati. Ma dopo? Si spera nella riforma dello scorso luglio. Già nel 2017 i primi effetti. In pensione di vecchiaia, stima l’Inps, si andrà allora a 66,3 mesi (61,3 le donne) e di anzianità a 62,3. Nel 2037 le età saranno salite rispettivamente a 68,6 e 64,6. E nel 2050 ci si avvicinerà ai 70 anni. Forse era inevitabile. Ma resta il problema di come alzare l’importo delle pensioni.
Enrico Marro

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