venerdì, gennaio 25, 2008

I romeni di Mastella


da left.it

Con l’ingresso di Bucarest nella Ue e la possibilità di votare per le comunali e le europee, sono spuntati molti partiti di ispirazione etnica. Guardano al centro, a destra e anche a sinistra. Ma, in prospettiva, il vero affare se l’è assicurato l’Udeur di Clemente Mastella
di Paolo Fantauzzi
Almeno a giudicare dalla frammentazione politica, si direbbe che l’integrazione della comunità romena in Italia è riuscita benissimo. Da quando Bucarest è entrata nella Ue, per i 500.000 neocomunitari presenti regolarmente sul territorio nazionale si sono aperte le porte del voto nei comuni di residenza. Ma contemporaneamente si sono scatenati gli appetiti di quanti hanno visto un ghiotto boccone in tanti potenziali nuovi elettori e sfruttando la rete dell’associazionismo e delle parrocchie cattoliche e ortodosse, infinitesimali partiti di ispirazione etnica sono spuntati in pochi mesi. Un processo che sembra attirare per lo più i lavoratori autonomi, in crescita soprattutto al Nord, i quali per le loro attività professionali sono maggiormente interessati ad avere diretti referenti politici negli enti locali. È tuttavia difficile stabilire il livello di effettiva rappresentatività di queste micro-formazioni, che sulla carta vantano tutte qualche migliaio di iscritti. Di rado superano un rigido localismo, si basano unicamente sulla capacità dei loro rappresentanti di fare breccia fra i connazionali e si limitano a presentare candidature nelle liste del partito alleato: tutti fattori che rischiano di farli assomigliare a mere consorterie di potere per la gestione di pacchetti di voti.

Il più recente è Europa progress, sorto nel 2003 come lista per il Consiglio dei stranieri del comune di Firenze e a novembre trasformatosi in soggetto politico sotto l’egida del Pd. A guidarlo, rispettivamente nel ruolo di segretaria e presidente, la titolare di una ditta di trasporti e un’infermiera, che a scanso di equivoci durante la presentazione hanno subito fatto sapere di condividere l’ordinanza contro i lavavetri del sindaco Dominici. Paradossale è invece il caso del Partito europeo dei romeni, che a dispetto del nome altisonante opera unicamente ad Alessandria. Il suo artefice, Gheorghe Raica, traduttore di tribunale soprannominato il “leghista romeno”, si è presentato alle elezioni comunali del capoluogo piemontese col Carroccio, che pure per i suoi connazionali ha invocato il ritorno ai permessi di soggiorno. Con un centinaio di preferenze è divenuto consigliere di circoscrizione e poi, in completa solitudine, ha fondato il partito, del quale si è fatto eleggere presidente.

Nella stessa comunità romena, però, non tutti concordano con questa proliferazione, come spiega Aurelia Mirita, presidente dell’associazione Fratia, che a Torino opera nel campo dell’integrazione e ha diversi progetti con gli enti locali: «In un momento in cui fra gli italiani c’è forte sfiducia verso la classe politica, fondare nuovi partiti non ha senso. Il vero riconoscimento per i romeni semmai è entrare in quelli già esistenti».
L’esperimento più significativo per capire le logiche che si muovono dietro quelli che vorrebbero essere dei laboratori di integrazione lo sta conducendo tuttavia il Partito di identità romena (Pir), denominazione che è valsa da più parti l’accusa di etnicismo e che peraltro stride con un orientamento dichiaratamente centrista. «Siamo consapevoli che è un nome forte, ma lo abbiamo scelto per attrarre quei rumeni che vogliono mantenere la loro identità nazionale», ammette senza troppi giri di parole la segretaria Geta Lupu. Deus ex machina dell’“operazione Pir”, primo in ordine di tempo a dare il via all’arcipelago di partiti romeni, è però il presidente, l’avvocato Giancarlo Germani. Coniugato sì con una romena, ma italianissimo.
Subito dopo la fondazione, Germani capisce che per contare qualcosa il Pir ha bisogno di un alleato. Ha contatti coi Verdi, l’Italia dei valori, gli autonomisti siciliani dell’Mpa di Raffaele Lombardo. Ma è con l’Udeur che la trattativa va in porto. Tramite l’ex sottosegretario alla Difesa Verzaschi, Germani arriva al ministro Mastella e il gioco è fatto: il Pir cerca un referente, l’Udeur visibilità e voti. Un do ut des senza tanto spazio all’idealità, mitigato appena dal richiamo comune al cristianesimo, trovato come comune riferimento per suggellare l’intesa, firmata da Germani e dallo stesso Guardasigilli.

In occasione delle amministrative del 2007 nasce così un’alleanza col Campanile, che Mastella non manca di presentare ufficialmente in una conferenza stampa alla Camera. E che non traballa nemmeno quando l’Udeur vira verso destra, come a Civitavecchia, dove appoggia un sindaco sostenuto anche da An. Ma il risultato delle otto candidature, da Genova a Verona a Latina, è deludente: in tutto meno di 200 voti.
Il vero traguardo sono però le europee del 2009. L’accordo è di cinque candidature nelle liste dell’Udeur, una per collegio. Un affare per il partito del Campanile, che potrebbe mettere le mani su una fetta consistente della comunità romena che avrà optato per il voto in Italia quasi a costo zero (per la campagna elettorale del Pir ha speso finora appena 5.000 euro). «Hanno grosse potenzialità e se si muovono bene possono rappresentare per noi un bel serbatoio elettorale», gongola il responsabile dell’organizzazione dell’Udeur, Angelo Picano. Certo, molto dipenderà dalla capacità del Pir di portare al voto i connazionali in Italia, che hanno già mostrato un evidente disinteresse per la politica a novembre, quando solo in 2.000 si sono recati al voto per l’elezione dei rappresentanti di Bucarest al parlamento di Strasburgo.

Un banco di prova per iniziare a convogliare sull’Udeur le preferenze della comunità saranno le amministrative della prossima primavera, che complessivamente riguarderanno oltre 10.000.000 di italiani. «L’Udeur per noi è un cavallo di Troia», dice con schiettezza Germani. «Noi gli portiamo voti che non avrebbero mai preso, loro ci consentono di costruire il partito che non avremmo mai avuto. Sono piccoli, non hanno pretese egemoniche e ci mettono a disposizione le loro sedi per riunirci». Convincendo gli esponenti di diverse associazioni romene a entrare nell’organizzazione, il Pir - che dovrebbe presentare una dozzina di candidati - è già riuscito ad assicurarsi 40 rappresentanti in tutta Italia. I settimanali Actualitate e Gazeta româneasc? (su quest’ultimo Germani ha perfino una rubrica giuridica in cui dispensa consigli legali ai lettori), stampati a Bucarest ma rivolti agli emigrati in Italia, gli danno ampio spazio. I partiti romeni gli strizzano l’occhio per ricevere indicazioni di voto in loro favore. E dopo la caccia alle streghe aizzata in seguito all’omicidio di Tor di Quinto anche la tv di Bucarest ha iniziato a occuparsene. Per miopia e tornaconto elettorale, così, anziché favorire l’integrazione, la classe politica italiana rischia di esporre larghi settori della più numerosa comunità straniera alle sirene del richiamo identitario. Per la gioia di quanti sono pronti a specularci sopra. E di tutta Ceppaloni.

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