venerdì, febbraio 20, 2009

La grande cultura italiana




La si può pensare come si vuole e la legge, come si dice sempre, farà il suo corso. A me comunque che uno così fosse alla testa di un premio talmente importante fa un certo effetto. Ovviamente negativo.

«Multato per un cappuccino», Soria, parla il maggiordomo. «Via 30 euro in caso di pulizie contestate. Provò a entrare nel mio letto, mi chiamava schiavo»

di Giusi Fasano
FONTE: Corriere

TORINO — «Quando provavo a difendermi diceva: forse non hai capito bene. La legge qui sono io. Io sono grande e tu sei piccolo, ti schiaccio come e quando voglio, chiaro?». Nitish si schiarisce un po' la voce e scandisce ogni sillaba: «Era ve-ra-mente ca-tti-vo». Mette assieme i ricordi di un anno e tre mesi «da incubo», come dice lui: quelli passati al servizio (come aiutante tuttofare) di Giuliano Soria, fondatore, padre e padrone del Premio letterario Grinzane Cavour. Oggi le parti sono invertite. Il «grande» adesso è lui, il ragazzo mauriziano di 28 anni che si fa chiamare Nitish (in realtà si chiama Hemratjing Dabeedin) e che con la sua denuncia, con le sue quattro ore di interrogatorio davanti ai pubblici ministeri, con la sua audio-prova registrata con il telefonino ha fatto decollare uno scandalo che rischia di distruggere il Premio Grinzane. E il «piccolo» del momento, Soria, per adesso incassa i colpi di Nitish, comprese le accuse di molestie sessuali e di maltrattamenti e vessazioni di ogni genere.

«Voleva che io fossi a disposizione giorno e notte, magari per dirmi di lavare le scale all'una del mattino. Si arrabbiava ogni volta che non era soddisfatto: mi diceva "ti butto giù dal balcone" e mi toglieva soldi dalla paga, 30 euro se pulivo male, 50 per un cappuccino che non gli piaceva. Ma le parole che mi ferivano di più erano quelle razziste: negro, non sei fatto per vivere qui, sei un bastardo schiavo, mi diceva. E quando l'altra domestica lo pregava di smetterla lui urlava ancora di più: "È qui per lavorare, non per dormire. E deve fare quello che dico io". Mi costringeva perfino a mangiare carne rossa che per gli induisti come me non è consentito». Nitish dice di temere ritorsioni. «Ho paura che mi faccia cacciare dal-l'Italia. Lo diceva sempre: "Io ho tanti amici in polizia... una persona del suo giro mi ha mandato un sms di minaccia... ma io non ho fatto nulla di male. Ho studiato biologia e vorrei finire gli studi e vivere in Italia. Lo so che sono stato sfortunato. A parte lui io sono grato a questo Paese».

La procura torinese accusa Soria di maltrattamenti («qualche volta mi ha dato sberle», racconta Nitish), di violenza sessuale per le avances registrate in audio dal ragazzo («ha provato a entrare nel mio letto, mi ha messo le mani addosso») e di malversazione, perché avrebbe usato illecitamente i fondi pubblici destinati alle attività culturali. Ma di quest'ultima accusa non è Nitish l'autore. Sono le decine di suoi ex collaboratori che stanno aiutando i pm a ricostruire il puzzle del potere di Soria, capace come nessun altro, in Piemonte, di raccogliere milioni di euro di finanziamenti. Su una cosa sono tutti d'accordo, amici e nemici: Giuliano Soria non è un campione di rapporti umani. Conosce la diplomazia se deve trattare con premi Nobel e letterati, «ma è anche un uomo che vive di prepotenza, forse perché alla fine è un tipo insicuro » valuta Luciano De Venezia, per un anno e mezzo suo consulente per le comunicazioni esterne. «Io sono di Napoli e quando mi vide la prima volta mi disse "tu saresti il terrone che vuole venire a lavorare qui al Nord...". Fortuna che ero stato avvertito del suo carattere. Gli ho risposto per le rime ed è rimasto così spiazzato che poi andavamo quasi d'accordo. Ma se ti mostravi più debole era un disastro. Si partiva da cose tipo "oggi lei è vestito che è uno schifo" oppure "lei è troppo idiota per restare qui" fino alle fobie sulla segretezza dei computer».

Eppure quel «disastro» di padre- padrone in questa settimana nera ha raccolto un migliaio di messaggi di solidarietà. Il mondo letterario lo difende. Primo fra tutti il suo amico Sepúlveda. L'ultima a fargli sapere che lo stima è stata Ingrid Betancourt, qualche giorno fa. Lui passa di tanto in tanto dai suoi dipendenti, al Grinzane, prova a convincerli che la bufera passerà: «Lo so che è dura, ragazzi, ma vedrete che ce la faremo. Contro di me hanno montato attacchi personali. Tanto onore, tanti nemici. Ma il Premio deve andare avanti ».

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