giovedì, febbraio 26, 2009

Rita Adria


In un Paese profondamente mafioso come l'Italia, le persone che combattono la mafia si ammazzano e poi gli si dedica un film. È sempre successo così e lo stanno rifacendo con Rita Adria. Un film onesto, ma non eccezionale. Io riposto invece un vecchio articolo dal Corsera su questa povera ragazza che si suicidò dopo la morte di Borsellino. Enjoy and be proud to be italian.

Adesso vuole trasferirla nella cappella della propria famiglia. Giovanna Cannova continua la sua guerra personale contro la figlia, Rita Adria, la giovanissima collaboratrice della giustizia che, dopo avere rivelato i segreti della mafia di Partanna al giudice Paolo Borsellino, si tolse la vita il 26 luglio del ' 92, ad appena una settimana dalla strage di via D' Amelio, dove il magistrato della lotta alle cosche trovo' la morte assieme alla sua scorta in uno spaventoso attentato. Giovanna Cannova non ha mai condiviso la scelta di Rita di collaborare con la giustizia. Per questo l' aveva rinnegata gia' da viva e dopo il suicidio non volle andare neanche ai suoi funerali. Attese poi la ricorrenza dei defunti per accanirsi a martellate sulla tomba: un odio che sembra inestinguibile, addirittura distrusse a martellate la foto sulla lapide della ragazza. Adesso vuole cancellarne la memoria, traslando la bara in una cappella chiusa da un cancello. Non le importa di contraddire la volonta' di Rita: "Sarei felice . aveva scritto nel suo diario la ragazza . se potessi stare dopo la mia morte insieme a Nicola e a mio padre". Era stata la cognata, Piera Aiello, moglie di Nicola, anche lei collaboratrice della giustizia, a disporre che la volonta' di Rita fosse rispettata. Da allora, la tomba e' diventata la meta abituale di centinaia di visitatori, soprattutto in occasione delle manifestazioni per la commemorazione delle vittime della strage di via D' Amelio. Era stato proprio quell' eccidio ad uccidere Rita, una ragazza di 17 anni, pentita di colpe che non erano sue e che aveva deciso di collaborare con la giustizia perche' dopo l' uccisione del padre Vito e del fratello Nicola da lei adorati, aveva capito che non poteva continuare a vivere in quel mondo sanguinario e violento. Per questo aveva deciso di rivelare al giudice Borsellino, allora procuratore della Repubblica di Marsala, tutto cio' che sapeva sulle cosche mafiose di Partanna e che aveva appreso dalle discussioni ascoltate in casa. Da quelle rivelazioni scaturi' un' inchiesta con ventiquattro imputati. Dopo la strage, Rita era sprofondata nella disperazione. Per lei Paolo Borsellino era come un padre, un punto di riferimento. Non le bastava piu' l' affetto della cognata, ne' della nipotina, Rita Maria di appena quattro anni. E cosi' , in una calda domenica di luglio decise di farla finita, lanciandosi dal balcone di un appartamento in un casermone della periferia romana che le era stato messo a disposizione dall' Alto Commissariato antimafia. Ed ora e' Piera Aiello a denunciare, in una lettera aperta inviata anche alla procura della Repubblica di Marsala, le intenzioni di Giovanna Cannova. Sarebbe la cancellazione della memoria della figlia lo scopo che spingerebbe la signora Cannova a chiedere l' autorizzazione al Comune di Partanna per traslare la salma di Rita e tumularla nella cappella della propria famiglia. "Diventerebbe impossibile . scrive Piera Aiello . avvicinarsi alle spoglie di Rita, perche' la cappella dei Cannova e' protetta dai cancelli". Lei, invece, vuole continuare a portarle "un fiore bianco sulla tomba", cosi' come si erano promesse reciprocamente, piangendo, il 19 luglio del ' 92, quando seppero dell' uccisione di Borsellino. "Vuole isolare Rita per la terza volta . continua Piera Aiello . perche' dopo la morte del padre la costringeva a vivere da reclusa, allontanandola dagli amici, ed e' stato per questo motivo che Rita si allontano' da lei, iniziando una nuova vita come collaboratrice di giustizia. La tomba dove si trova rappresenta per Rita la liberta' sempre negatale dalla madre ed ora finalmente raggiunta anche a costo della sua stessa vita". Denunciata per la profanazione del giorno dei morti, Giovanna Cannova e' stata condannata dal pretore di Partanna a due mesi e venti giorni di reclusione, pena sospesa. Ai giudici la donna tento' di spiegare durante il processo che non voleva oltraggiare la tomba, ma solo distruggere quella fotografia scelta da Piera Aiella, la nuora che, disse, "ha portato la disgrazia nella mia famiglia. Rita non sapeva nulla di quelle storie. E stata lei a convincerla a parlare. Se non l' avesse fatto, forse Rita sarebbe ancora viva".

Petta Giorgio
(6 settembre 1994) - Corriere della Sera)

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Perche non:)

Anonimo ha detto...

La ringrazio per Blog intiresny

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie