lunedì, agosto 11, 2008

Un cumulo di contraddizioni



Oriana Fallaci era una grande giornalista. Su questo non ci piove. Purtroppo è stata anche una persona estremamente contraddittoria. A mio parere sempre attirata dal più forte. Se fosse vero quello che va affermando la sorella sarebbe gravissimo, l'ennesima dimostrazione del carattere di una persona che chiedeva per gli altri regole che non rispettava. Leggere i primi libri della scrittrice e le ultime schifezze come "la Rabbia e l'Orgoglio" ne è la prova lampante. Da leggere e conservare.

Francesco Olivo per La Stampa

“Oriana è morta con l’eutanasia”. Ne è sicura Paola Fallaci, sorella della giornalista scomparsa due anni fa. Lo dice senza giri di parole in un’intervista a Sky Tg24 e lo conferma alla Stampa: «Tornò a Firenze trasportata con una barella, era uno scheletro. A New York aveva subito terapie tremende. Soffriva molto e ha chiesto un’iniezione di morfina, sapendo benissimo che non si sarebbe più risvegliata, lo sapevano anche alla clinica».

Paola Fallaci dice la sua anche su «Un cappello pieno di ciliege» il libro postumo, uscito per Rizzoli da pochi giorni: «Non doveva essere pubblicato, è incompleto manca la parte relativa al Novecento, quella alla quale lei teneva di più». L’accusa è diretta al figlio Edoardo Perazzi, nipote prediletto ed erede unico di Oriana, con il quale Paola è in rotta: «Quando i parenti di un grande artista hanno in mano il manoscritto non resistono alla tentazione di guadagnarci un sacco di soldi».

Tesi che viene smentita da Gianni Vallardi, l’uomo che seguì la Fallaci per la Rizzoli: «Oriana voleva che fosse pubblicato - spiega Vallardi, oggi manager della Mondadori - Prima di morire mi disse “del libro fate quello che volete”, capisco lo stato d’animo di Paola, ma sono sicuro di quello che dico».

Si commuove Paola Fallaci quando ricorda gli ultimi giorni della sorella: «In clinica le chiedemmo se avesse voluto un’iniezione per porre fine a quelle sofferenze, lei rispose con un filo di voce, “no! Voglio continuare guardare dalla finestra il campanile di Giotto”. Poi però il dolore si fece insopportabile, il campanile non riusciva più a vederlo, così ci implorò: “fate qualcosa, aiutatemi”». Quell’aiuto, secondo Paola, era la morfina, somministrata in dosi tali da mandarla in stato di incoscienza, «dite quello che volete ma per me questa pratica si chiama in un solo modo: eutanasia».

Eppure contro la «dolce morte» la Fallaci si era scagliata duramente. Parlando della Corte Suprema che aveva concesso l’interruzione dei trattamenti che tenevano in vita Terry Schiavo, aveva parlato di «giudici becchini». «E’ vero - spiega la sorella - era contraria, ma a differenza della ragazza americana, lei era lucida quando chiese di farla finita».

Il caso di Oriana non è il primo di questo tipo nella famiglia Fallaci: «Mia madre era malata terminale di cancro, fu proprio Oriana a chiedere di fare l’iniezione di morfina che la ridusse in stato di incoscienza. Lo stesso avvenne con il nostro babbo. Anche io ho il cancro, e quando sarà il momento farò la stessa scelta, la trovo una cosa giusta».

L’ultimo periodo della sorella continua a perseguitare Paola, «un giorno Oriana mi disse, “ho un tumore al cervello accompagnami a New York”. Io non me la sentii, intanto perché, anche se lei non lo sapeva, io stessa avevo il cancro, e poi perché temevo le sue sfuriate folli. Lei si offese tremendamente». Gli infermieri e i badanti che la seguirono nei giorni della malattia furono accolti con poco entusiasmo, «non li prese a calci solo perché era troppo debole. In effetti, stava malissimo, il console italiano andò a visitarla e la trovò a terra in fondo alle scale».

Le rivelazioni di Paola Fallaci sulla morte della sorella vengono smentite dalla direzione della casa di cura Santa Chiara di Firenze, dove la scrittrice fu ricoverata: «Un’assurdità. Certo che chiese di non soffrire più, ma non si è assolutamente fatto ricorso all’eutanasia - spiega Francesco Matera, amministratore delegato dell’istituto -, ricordo perfettamente quelle ore drammatiche, le abbiamo somministrato dei farmaci per alleviare il dolore, come la morfina o altri antidolorifici, nei casi dei malati terminali è una pratica normalissima».
(Ha collaborato Gianpiero Calapà)

1 commento:

Anonimo ha detto...

Ciao, mi ritengo essere una grande ammiratrice di Oriana Fallaci e mi dispiace molto trovarti come un ennesimo fraintenditore di Oriana. "Intervista con la storia" è una prova fortissima del suo essere profondamente anarchica e lo dimostra la stessa dedica del libro: "a tutti coloro che non amano il potere". A tuo parere attirata dal piu' forte? Questa cosa offende addirittura la sua memoria. Se tu avessi letto Intervista con la storia, scusa se lo nomino ancora ma è un'opera emblematica per capire il rapporto di Oriana col potere, sapresti che non mando' mai le cose a dire quando parlo' con Kissinger, Colby, e gli altri. Ti prego, leggi il libro, noterai che c'è un'intervista, con un certo Helder Camara, egli non è un potente: è la piu' bella, curata e commovente intervista del libro. "La rabbia e l'orgoglio", condivisibile o meno, rappresenta quella che oggi in Italia è scomparsa: la libertà di parola. Ella fu profondamente colpita dai fatti dell'11 Settembre, che tu lo condivida o meno, il suo pensiero (e non ti credere, io non lo condivido), devi rispettarlo e non definirlo come lo hai definito: schifezza.
Troppo spesso si parla senza sapere, io ho letto tutto di Oriana, e posso dire che fu la piu' grande giornalista italiana, la prima che ebbe il coraggio di mostrare che oltre ai capelli lunghi e al rossetto aveva anche un cervello.
Scusa per la critica ma le tue parole mi hanno fatto salire il veleno, ciao
Nicole.

p.s. la sua ultima "schifezza" è "Un cappello pieno di ciliege" ti consiglio di LEGGERLO...siccome non mi sembra tu abbia letto molto...