venerdì, agosto 29, 2008

Gasparri...e basta




Non c'è che dire. Oggi di fronte ad altri Gasparri sembra un gigante. È inutile incazzarsi. Questi sono oggi i rappresentanti politici.

Filippo Ceccarelli per “la Repubblica”
Nell´universo del potere, al giorno d´oggi, la fatica di esistere si combatte sparandole grosse, o meglio: sempre più grosse. Su questa linea di sopravvivenza l´ex ministro Gasparri si connota senz´altro come una figura esemplare. E in un certo senso, le polemiche sorte dall´accostamento fra Amato e Brusca, così come quelle del mese scorso tra il Csm e una «cloca», gli danno sciaguratamente ragione.

Come altrimenti poteva finire sui giornali d´agosto, Gasparri? Quale miglior sistema dell´insulto iperbolico e grossolano per farsi notare? Da questo punto di vista, considerato anche l´esito limitato della vicenda, si ha qualche remora a scomodare le culture politiche del secolo scorso, insomma il fascismo, a proposito del modulo comunicativo dell´esponente di An, che in verità sembra ispirarsi piuttosto alle tecniche del marketing.

Certo il linguaggio è quello che è. Formigoni, per dire, a suo tempo fatto segno di un´aggressione, automaticamente richiamò le pretese radici: «Gasparri - disse - non è un ex fascista, ma un fascista che insulta chi non condivide le sue idee». Ma l´evocazione non è che sia servita a molto.

Accreditate biografie, d´altra parte, (Gian Antonio Stella, “Tribù spa”, Feltrinelli, 2005) raccontano che dopo le sue sparate il personaggio, assai più benevolo di quel che appare in pubblico, non di rado spedisca al destinatario dei suoi continui improperi un biglietto autografo, una sorta di tagliando o cedola di riappacificazione con su scritto: «Buono per un vaffanculo», con il che Gasparri s´impegna ad accogliere di buon grado l´ingiuria, da lui stesso peraltro prescelta.

Insolenza, fantasia e intimismo: c´è poco da fare gli schizzinosi per farsi notare, lui è così, un giorno chiama «sciampiste» le donne del Pd, un altro non esclude in futuro leader gay per il Pdl, un altro ancora confessa l´astinenza in campagna elettorale, tutto fa brodo mediatico. Che s´ha da fa, appunto, per strappare un titolo e guadagnarsi la sospirata «ripresina», prova di vita e di vitalità.

Come si vede, la realtà della comunicazione politica supera di gran lunga l´indimenticabile parodia che dell´ex ministro delle Comunicazioni faceva anni orsono l´attore Neri Marcorè. A tale imitazione, che pure molto insisteva sulle caratteristiche fisiche, Gasparri non ha mai reagito con asprezza, dichiarandosi semmai grato perché gli assegnava «popolarità», concetto massimamente ambiguo, eppure per la maggior parte dei politici agognatissimo. Meno riconoscente, c´è da dire, «Maurizietto» si è mostrato di recente con Beppe Grillo, cui spetta il record della crudeltà fisiognomica: «Se fissi a lungo Gasparri, ti viene la labirintite». Ma tant´è.

Sono tempi in cui le offese, le più colorite, si scaricano e si restituiscono con straordinaria naturalezza e facilità. Per quanto riguarda il primo gruppo l´antologia gasparriana è ricca e spazia fra vari generi espressivi, dal pulp all´insinuante; dall´invito rivolto all´ex ministro Bianco di «farsi trovare con la testa in una pozza di sangue e la pistola al fianco» fino alla ripetuta promessa pre e post-elettorale di indagare sugli «stili di vita» del coordinatore Pd Goffredo Bettini.

Si tratta comunque di semplificazioni di vario registro, ma ad alto impatto. Quando il presidente della Rai Zaccaria mostrava di non volersene andare, in una gustosissima piazzata televisiva a «Quelli che il calcio», con la Ventura e Gene Gnocchi che ci davano dentro, l´allora neo ministro ha anche minacciato un libro bianco sulle «fidanzate» - niente di meno - della Rai. E quando i ds hanno candidato due vedove, D´Antona e Calipari, sempre a lui si deve l´impietosa notazione che quel partito si stava trasformando in un´agenzia di pompe funebri.

E tuttavia, come accade sul mercato dell´ingiuria scambievole e ad effetto, un po´ viene da chiedersi se nel suo caso le forme non sovrastino i contenuti. Per dirla tutta: da rimarchevole «sparafucile», l´impressione è che con particolarissima attenzione Gasparri cura i tempi e seleziona i suoi bersagli fra i più amati dal pubblico, secondo una logica di antagonismo parassitario. Da questo punto di vista, una sommaria indagine dei contusi allinea i nomi di Ciampi, Biagi, Montanelli, ma poi anche Baudo, Parietti, la Ferillona, Santoro, Claudio Amendola, Camilleri e il calciatore Montella, che secondo l´ex ministro doveva tagliarsi l´ingaggio.

Alle Comunicazioni Gasparri finiva più facilmente sui giornali: a volte bastava un francobollo bislacco o una consulenza creativa. Lì ha pure dato il suo nome a una legge che favorisce Mediaset e anche per questo ha molto patito la perdita del ministero e di rimbalzo lo scavalcamento da parte degli altri colonnelli (Alemanno, La Russa), maggiori (Ronchi, Bocchino) e capitani (Meloni) di An. Non tutte le battute sono cattive, né tutte gli vengono male. Tempo fa Alemanno l´ha ricevuto, con Ronchi e La Russa, sul celebre balcone con vista sui fori. Nel silenzio commosso Gasparri ha additato le rovine: «Ammazza, Gianni, guarda in pochi giorni come hai ridotto Roma!».

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